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Poesia
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al professor Francesco Saverio Succi.
Il tradimento delle nostre stesse pietre si riflette nei letti degli uomini che verranno;
nella polvere di una muta preghiera, addosso alla porta della morte,
sopravviviamo, sudiamo e ci tratteniamo
mettendo così a tacere i possibili ricordi delle vite accanto.
Vi è una miseria che scorre nella nostra violenza,
e mentre moriamo così piano l’uno nell’altra,
torniamo a essere immortali tra le ombre dei morti, in mezzo ai vivi.
Nel tempo che prendiamo in prestito ogni giorno negli spazi tra le stelle e nei sussurri dei salici
tra acque nere che sono silenzi di guerra tra fratelli, osservo la tua grigia lapide, amico mio
per ventidue secondi, prima che vengano posati quei fiori
dopo sei lunghi anni di un tempo che non mi appartiene;
ma in questo spazio di attimi, su petali di magnolia seccati,
annaspo ancora per le parole ed aspetto le amate sabbie,
così da poter scrivere ancora della resa e del vanto che porta con sé.