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SAFE HOUSE

Fulvio Colombo INTERVIEW BY Tobias Zielony, Maskirovka, 2016-2017. Courtesy l’artista e Fondazione San- dretto Re Rebaudengo, Torino. Foto: Sebastiano Pellion di Persano

fondazione sandretto re rebaudengo Safe House

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sette artisti da tutto il mondo esplorano il senso, le interpretazioni, le prospettive del concetto di invisibilità

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Sandra Mujinga, Touch-Face 1 – 3, 2018. Courtesy l’artista e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino. Foto: Sebastiano Pellion di Persano

Invisibilità! Come si intende nella nostra società contemporanea? Un concetto sempre più attuale, in un tempo definito da dispositivi tecnologici che controllano e registrano ogni nostra azione, movimento e dato personale. “È un tema ampio, che si articola in diversi aspetti. È una condizione che caratterizza le politiche di corporazioni e aziende, si pensi alle dinamiche che sottostanno all’archiviazione dei big data degli utenti da parte di giganti come Amazon e i social network. Piattaforme molto note che fanno dell’invisibilità una delle loro principali caratteristiche. In ambito politico, pensiamo a cosa significa secretare o desecretare i documenti, quindi rendere visibili o invisibili determinati passaggi della sfera pubblica. Invisibilità è anche il luogo all’interno del quale sono relegate soggettività che non rientrano nella norma, ai margini, quindi invisibili”, così introduce il tema Bernando Follini, assistente curatore presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino. Con Ilaria Calderoni, ha curato la mostra Safe House, di scena negli spazi della Fondazione fino al 30 gennaio 2022. Video, fotografie e installazioni: un mix di media e progetti, firmati da sette artisti internazionali, per esplorare il concetto di invisibilità da molteplici e inaspettate prospettive, ispirazioni e storie. Selezionati a quattro mani da Calderoni e Follini, da Hong Kong alla Germania, gli artisti sono: Sharon Hayes, Arthur Jafa, Ho Tzu Nyen, Sandra Mujinga, Muna Mussie, Samson Young e Tobias Zielony. “Si tratta di opere già esistenti, che potessero rappresentare il tema di Safe House nelle sue varie declinazioni”, spiega Bernando Follini. Safe House, casa sicura, è un’espressione utilizzata dalla polizia per designare appartamenti e strutture dove si nascondono persone che devono tutelare la propria sopravvivenza. Indica anche il luogo in cui piccoli gruppi di persone si riuniscono per non essere osservati. Cosa significa poter riflettere e discutere senza essere visti, senza quindi rischiare? “Per noi Safe House è un espediente narrativo: i singoli lavori vanno Invisibility is an increasingly topical concept. “It is a condition that characterizes the policies of big corporations today, but it is also the place where who doesn’t fall within the norm is relegated”, says Bernando Follini, assistant curator at the Fondazione Sandretto Re Rebaudengo in Turin. With Ilaria Calderoni, he curated the exhibition Safe House, staged until January 30, 2022. Videos, photographs, and installations to explore the concept of invisibility from multiple perspectives. The artists involved are Sharon Hayes, Arthur Jafa, Ho Tzu Nyen, Sandra Mujinga, Muna Mussie, Samson Young, and Tobias Zielony. Maskirovka, the title of the pictures of the German photographer Tobias Zielony, in Russian means masking. “The theme of masking calls to mi-

Ho Tzu Nyen, The Critical Dictionary of Southeast Asia, 2017-ongoing. Courtesy the artist and Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Turin. Foto: Sebastiano Pellion di Persano

COSA SIGNIFICA POTER RIFLETTERE E DISCUTERE SENZA ESSERE VISTI, SENZA QUINDI RISCHIARE? “SAFE HOUSE” È UN ESPEDIENTE NARRATIVO

Arthur Jafa, Black Flag 1, 2017. Courtesy l’artista e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino. Foto: Sebastiano Pellion di Persano

ad articolare il discorso”, dichiara Follini. Dal mascheramento militare e per autodifesa nelle proteste di piazza a quello delle feste della scena queer e tecno ucraina: questo, per esempio, è il filo conduttore delle immagini Maskirovka del fotografo tedesco Tobias Zielony. In russo significa mascheramento e indica una pratica militare diffusa nell’Unione Sovietica a partire dagli anni 20 che prevede strategie di camuffamento al fine di ingannare i nemici. Il termine è stato adottato nella comunicazione pubblica durante il conflitto con l’Ucraina e l’occupazione della Crimea nel 2014, quando i soldati venivano chiamati Little Green Men: privi di bandiere o contrassegni identificativi, non erano riconoscibili e riconducibili alla Russia. “Il tema del mascheramento in queste fotografie richiama all’utilizzo militare, ma anche alle proteste di piazza Maidan a Kiev, quando i manifestanti indossarono le maschere per nascondere la propria identità e litary use, but also to the Maidan Square protests in Kiev, when the demonstrators wore masks to hide their identity. In addition, the theme is conveyed in the queer and techno youth scene in Ukraine: masking as a ritual of parties”. In My Little Corner of the World, Anyone Would Love You, by American artist Sharon Hayes, is an installation of five

innovazione

Sharon Hayes, In My Little Corner of the World, Anyone Would Love You, 2016. Courtesy l’artista e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino. Foto: Sebastiano Pellion di Persan

proteggersi dai gas. Il tema del mascheramento nelle fotografie di Tobias Zielony viene trasportato nella scena queer e tecno giovanile in Ucraina: il suo obiettivo coglie i ragazzi immersi nella vita urbana e il mascheramento come rituale di feste”. In My Little Corner of the World, Anyone Would Love You è il lavoro dell’artista statunitense Sharon Hayes. Un’installazione di cinque video mostra tredici persone nelle stanze di uno stesso appartamento leggere alcune newsletter e articoli pubblicati negli Stati Uniti e in Inghilterra tra il 1955 e il 1977. “Newsletter anonime come spazi di comunicazione utilizzate dalla comunità queer, lesbian, gay e trans per comunicare e avviare conversazioni politiche”, dice Follini. Un’ulteriore riflessione sull’invisibilità è l’opera Touch-Face 1 – 3 di Sandra Mujinga, artista e musicista che vive tra Berlino e Oslo. “Una sorta di guardiani alti tre metri incappucciati. Un riferimento all’invisibilità sia fisica sia digitale. Sandra molto spesso crea delle connessioni tra essere umani e animali, studiando la tattiche camouflage che questi ultimi mettono in atto per sopravvivere. Le figure sono ispirate agli elefanti”, spiega il curatore. La mostra Safe House è il secondo capitolo di Verso, programma rivolto alle nuove generazioni che Fondazione Sandretto Re Rebaudengo promuove e sviluppa insieme all’Assessorato delle Politiche Giovanili della Regione Piemonte. Il progetto prevede tre appuntamenti, con altrettante stagioni di incontri pubblici e conversazioni con il coinvolgimento di una pluralità di voci - docenti universitari, studenti e attivisti - per approfondire temi politici e sociali. La prima mostra, “Burning Speech”, rifletteva sul linguaggio come spazio di auto-determniazione e della costruzione del sé e delle comunità ma anche come luogo di esclusione e discriminazione. “Con Verso ci interessa toccare tematiche politiche urgenti oggi e, attraverso la convergenza tra parte curatoriale e parte educativa, coinvolgere le nuove generazioni tra i 15 e i 29 anni”, conclude Bernando Follini. videos where thirteen people in an apartment read newsletters and articles published in the United States and England between 1955 and 1977, communication spaces used by the queer, lesbian, gay, and trans community to start political conversations. A further reflection on invisibility is the work Touch-Face 1-3 by Sandra Mujinga, an artist and musician who lives between Berlin and Oslo. “Some three-meter-high hooded guardians. A reference to both physical and digital invisibility”. The exhibition is the second chapter of Verso, a program aimed at new generations that Fondazione Sandretto Re Rebaudengo promotes together with the Youth Policy Department of the Piedmont Region. “With Verso we are interested in touching urgent political issues and involving the new generations”, says Follini.

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