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Mister

Terzo scudetto per Albi Chillon, che ne ha vinti due con la maglia del Rovigo e uno con quella del Petrarca

di Gianluca Barca

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Dopo lo scudetto, la pesca con la mosca. Domenica 28 maggio, Alberto “Albi” Chillon ha conquistato a Parma il suo terzo titolo tricolore. Tutti e tre sono stati vinti sull’asse Padova-Rovigo. Il primo al Battaglini, con la maglia del Petrarca, gli altri due con quella rossoblù del club polesano, battendo entrambe le volte gli avversari padovani.

Archiviata la sesta finale, tre vinte (2011, 2016 e 2023) e tre perse (2017, 2019, tutte e due contro Calvisano, e 2022, contro Padova), Chillon può dedicarsi ora al suo hobby preferito: la pesca alla trota sul Brenta.

A Rovigo, Albi non è l’unico appassionato di ami ed esche: Davide Giazzon, l’allenatore della mischia del club, è il titolare di un negozio specializzato nel settore, Magic Angler, a Mogliano.

“Ma la sua è una pesca da uomo di prima linea (carpfishing, ndr) - lo prende in giro l’ex mediano di mischia delle Zebre -, io corro su e giù per i torrenti, lui se ne sta seduto sulla riva ad aspettare, magari con la birretta in mano…”.

Chiusa la diatriba tra pescatori, possiamo passare all’analisi della stagione del Rovigo, sfociata nel trionfo di Parma.

“Anche stavolta, come nel 2016, lungo la strada che ha portato allo scudetto c’è stato un cambio di allenatore in corsa. Allora, alla vigilia di Natale, il Rovigo esonerò Frati per mettere al suo posto Joe McDonald. Quest’anno, a novembre, al posto di Allister Coetzee è arrivato Alessandro Lodi…”

Coetzee non funzionava?

“Penso che questo ambiente non fosse il suo: aveva lavorato con gli Springboks, era abituato ad avere un staff di dieci persone… Faticava a calarsi nella nostra mentalità, nello spirito con cui qui si preparano e si vivono una partita, una trasferta, non coglieva gli umori della settimana. Tutto troppo distante dalla sua mentalità. Con Ale Lodi siamo ripartiti praticamente da zero, con più entusiasmo, insistendo su quel senso di appartenenza che a Rovigo è fondamentale e che lui ha saputo gestire molto bene”.

Perché Rovigo è un posto speciale?

“Perché qui quando vai in campo c’è tutta una città che aspetta, qui non giochi solo per te stesso, dietro c’è tutta una comunità che spinge, che tifa”.

Tu però il primo scudetto l’ha vinto con la maglia del Petrarca, battendo il Rovigo in finale proprio al Battaglini.

“Quello ancora me lo rinfacciano: nella regular season avevamo perso entrambi gli scontri diretti, in finale, dopo mezz’ora, eravamo sotto 3-14. Poi loro non hanno fatto più un punto e noi abbiamo vinto 18-14”.

Li hai ricompensati con due titoli, quello del 2016 e quello di quest’anno. Però ti sei perso quello del 2021, la vittoria rossoblù al Plebiscito.

“Nel 2019, la stagione del covid, ero rientrato a Padova. Con la mia compagna avevamo deciso di mettere su casa insieme, giocare nel Petrarca mi sembrava la soluzione migliore. Poi però le cose non sono andate come mi aspettavo, c’è stata l’interruzione per la pandemia, non si sapeva bene come sarebbe andata a finire, perciò quando Manghi mi ha fatto la proposta di trasferirmi al Valorugby ho accettato volentieri. Il campionato 2020/2021 l’ho disputato con la formazione emiliana, in semifinale abbiamo battuto il Petrarca in trasferta, ma non è bastato per guadagnarci la finale. Poi Rovigo ha conquistato lo scudetto con quella meta proprio alla fine”. Come mai sei stato a Reggio solo una stagione?

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