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Le infezioni Corneali

di Gianfranco Burchielli gfburch@alice.it

Le condizioni che maggiormente predispongono alle infezioni corneali spesso rappresentate da lesioni dell’epite lio corneale (strato anteriore della cornea) sono causate da traumi, dal contatto con sostanze tossiche e chimiche, da virus e batteri, da fattori genetici, da alterazioni del film lacrimale, da farmaci, dal contatto con corpi estranei, da lenti a contatto non ben igienizzate. In particolare le lac spesso non acquistate senza conoscere le caratteristiche dell’occhio (parametri corneali, quantità e qualità delle lacrime) sono la principale causa predisponente alle infezioni.

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Il rischio di infezioni aumenta con il prolungato uso delle lenti stesse e aumenta fino a quindici volte se vengono indossate anche per tutta la notte.

Il perdurare anche di qualche giorno di tale stato sfocia in varie patologie: dalle congiuntiviti alle cheratiti ed infine ad abrasioni dell’epitelio corne- ale con relativa opacizzazione. Le cheratiti consistono in processi flogistici la cui eziologia può essere infettiva ed infiammatoria essa si sviluppa quando l’agente causale raggiunge l’epitelio e giunge nello stroma ( lo strato sottostante l’epitelio stesso. Le infezioni corneali, qualunque sia la loro eziopatogenesi risultano molto gravi, alcune volte invalidanti pertanto vanno subito diagnosticate. Sebbene le complicazioni gravi conseguenti all’uso delle lenti a contatto siano rare sono legate alla presenza sempre di microrganismi. Alcuni ricercatori indicano nello Pseudomonas aeruginosa ( batterio gram-negativo ) sarebbe il microrganismo più frequentemente responsabile delle cheratiti che insieme alla Serratia marcescens si trovano in alte concentrazioni in alcune delle soluzioni usate per il lavaggio e la conservazione delle lac. Altri microrganismi ritenuti responsabili delle infezio- ni sono l’Acantamoeba, lo Stafilococco aureus, lo Stafilococco epidermico e lo Streptococco, le quali possono essere evitate con disinfezioni efficaci ed adeguate. Continua nel prossimo numero

Ilfuoco arde caldo e inttenso nel camino. La tavola é apparecchiata in modo raffinato, con fiori freschi e bicchieri di cristallo. Nell’aria aleggia il profumo deciso dell’arrosto e ovunque nella sala, persone che sorridono e chiacchierano amabilmente con un flute di prosecco in mano. La struttura é molto accogliente, i padroni di casa molto gentili. Seduti al tavolo, da soli e un po’ in disparte, pronti a sbrigare la faccenda e poi a defilarsi, una mamma con il figlio. Giovanissima, esile, pallida, prova a sorridere ma é evidentemente a disagio. Il bambino, si e no dieci anni, col cellulare in mano, testa bassa, sguardo torvo, non alza mai lo sguardo dal telefono e risponde a monosillabi alla mamma che, nel tentativo di sentirsi meno sola, cerca almeno di parlare con lui. Li osservo meglio e capisco chi sono. Ci sediamo tutti intorno allo stesso tavolo, perché finalmente la cena sará servita ed io mi ritrovo accanto al bambino, che nell’avere accanto un’estranea, non si scompone minimamente. Continua nervosamente a scorrere immagini qualunque nel cellulare. Non tocca cibo e io lo sento. Lo sento ed é insostenibile, il muro che separa la nostra esistenza dalla loro, fuggiti dalle bombe di Kiev in una notte senza nemmeno una valigia. Rifugiati in una struttura ricettiva di lusso dove noi, bellamente, siamo in vacanza. E dove bellamente siamo tutti insieme, noi e loro, a “cena”. Tutti sappiamo, tutti sentiamo come stride la vita nella sola distanza di un piatto da un altro, ma si fa finta di niente. Impossibile abbattere un destino che ci vuole dalla parte sbagliata del mondo.