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Andreas Gursky

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Palus Lotorum

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CINDY SHERMAN

«Quando andavo a scuola cominciava a disgustarmi la considerazione religiosa e sacrale dell’arte, e volevo fare qualcosa … che chiunque per strada potesse apprezzare… Ecco perché volevo imitare qualcosa di appartenente alla cultura, e nel contempo prendermi gioco di quella stessa cultura. Quando non ero al lavoro ero così ossessionata dal cambiare la mia identità che lo facevo anche senza predisporre prima la macchina fotografica, e anche se non c’era nessuno a guardarmi, per andare in giro».

Cindy Sherman è una fotografa e regista americana nata nel 1954 e considerata come una delle protagostiste dell’arte contemporanea.

Nel corso della sua carriera, l’artista ha svolto delle ricerche sulla costruzione dell’identità veicolata da diversi media: film, televisione, riviste, internet, ma anche dall’arte. L’opera della Sherman affronta le problematiche della rappresentazione delle donne, soggetto svilupato da numerose artiste americane femministe come Adrian Piper o Hannah Wilke.

Per piu di 30 anni Cindy Sherman ha interpretato diversi ruoli, entrando nei panni di personaggi che erano allo stesso tempo divertenti, scioccanti, commoventi e sgradevoli, utilizzando il suo arsenale di parruche, costumi, trucchi, protesi e attrezzi scenici. Fin bambina l’artista aveva una passione per i travestimenti, in particolare amava mascheransi da donna anziana. Le sue opere sono spesso lasciate senza titolo, scelta dovuta al rifiuto dell’artista di impostare un linguaggio descrittivo alle sue imagini, lasciando lo spettatore libero di immaginare una storia e un possibile titolo.

All’età di 10 anni, come molti bambini della sua età, Cindy Sherman comminciò a mettere insieme un album fotografico dove, al di sotto di ogni imagine, scriveva più volte la frase: “sono io”.

Questo aneddoto sembra strano se pensiamo che le opere più note di Cindy sono delle messe in scena in cui la fotografa rifiuta di svelare questo “io” identificandosi con diversi ruoli che annullano propria identità definita.

Nell’opera Untitled A-E (1975) la Sherman, trasformata dal trucco e dai costumi, incarna diversi personaggi tra cui una ragazzina e un clown. La figura del clown, che ritroviamo spesso nelle sue opere, è associata all’infanzia e al divertimento, ma anche alla regressione e la mostruosità. Un lavoro che prende spunto della tradizione dell’autoritratto e diventa gioco sulle identità.

Nel 1977, al suo arrivo a New York, l’artista mette insieme 70 negativi in bianco e nero. L’opera si intitola Untitled Film Stills e rappresenta un’imitazione delle fotografie scattate negli studi cinematigrafici hollywoodiani degli anni ’50.

Con History Portraits/Old Masters (1988-1990) Cindy Sherman si fa fotografare al centro di un quadro incarnando i modelli imaginari della storia della pittura figurativa, immersa in un modo completamente artificiale e caricaturale.

Definitivamente convertitasi al digitale, con il suo più recente lavoro sul “ritratto ufficiale” (del 2009), Cindy Sherman torna a parlare di stereotipi femminili e a impersonarli, volgendo la sua attenzione a quelle attempate signore dell’alta società, sprezzanti e sicure dei loro privilegi come della mascherata pacchiana dei loro abiti e del loro maquillage, nelle quali – a sua detta – si rispecchia per età, ma fortunatamente non riesce a riconoscersi. [7]

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