19 minute read

Wordaholic, di Lorenza Pellegri

LORENZA PELLEGRI Da copywriter e consulente di comunicazione dà voce ai brand che vogliono comunicare al meglio. Da coach allena le persone e le organizzazioni a diventare migliori, qualunque cosa significhi per loro. Il suo sito è lorenzapellegri.com

Wordaholic.

Quante volte vi capita di entrare in un’enoteca, o in un negozio di alimentari ben fornito, o in un e-commerce dedicato, per comprare una bottiglia di vino da portare in dono a casa di amici o da tenervi in casa vostra se sono gli amici a venire da voi?

A me, tante.

Come sono le vostre competenze in fatto di vini? Le mie, inesistenti.

Il mio vocabolario enoico è composto solo dalle seguenti parole: rosso, bianco, fermo, mosso e bollicine. So che ne esistono tante altre, e che sapientemente utilizzate possono suggerire esperienze celestiali, ma per me le note fruttate, speziate, agrumate e ammandorlate sono tutte uguali, e se c’è un sottofondo leggermente erbaceo o minerale, per carità, ci sarà senz’altro, io non saprei dove andare a cercarlo ma mi fido.

Però ho individuato una parola paracula come poche, con la quale, al ristorante, al momento di aiutare il sommelier a individuare il vino che mi piacerebbe bere, riesco a darmi un contegno. La sfoggio buttandola lì ma non subito, prima faccio finta di averla sulla punta della lingua e poi la tiro fuori con sicumera, come se fosse la parola risolutiva e definitiva ma soltanto per due intenditori sopraffini come noi: “Guardi, stasera avrei voglia di accompagnarmi con un vino rosso ma non importante, piuttosto… come dire… ecco, sì, ruffiano, questa per me è una serata da vino ruffiano!”

Ma dove invece la faccia tosta non ci aiuta, perché siamo davanti a scaffali analogici o digitali senza l’ombra di un esperto in giro, cosa intercetta il nostro sguardo vacuo e inconsapevole alla ricerca della bottiglia con cui fare bella figura?

Il mio, poco ma sicuro, l’etichetta.

L’etichetta sta al mio desiderio di mettere in tavola qualcosa di apprezzabile come il salvagente al nuotatore tutt’altro che provetto e spintosi troppo al largo.

L’etichetta è il lasciapassare per tutti i cialtroni come me, il condono sociale di ogni abuso di ignoranza.

Perché se una bottiglia di Merlot si chiama FISHING CAT e si presenta con l’illustrazione di un gatto appeso al filo della biancheria in mezzo alle sardine, non ce n’è, io me la bevo. In ogni senso.

Idem se la bottiglia di Shiraz si chiama TWO BLIND MICE e in etichetta ci mette due deliziosi topolini e una scritta in braille. La compro sulla fiducia, quella per chi è così inclusivo da rendersi leggibile e degustabile anche dagli ipovedenti.

E cosa dire di AESTHETE, che mette info e legal line sul retro delle proprie etichette così può dedicare il fronte delle stesse alla vision del brand? Per me è motivo sufficiente per scegliere, qui, in Italia, paese di poeti, santi, navigatori e viticoltori, una cantina californiana. Cheers!

Del resto, quella del marketing è dura lex sed lex: forse l’etichetta non fa il vino ma sicuramente fa l’acquisto.

Valentina Cresti & Associati, Prosecco Rosé – Anna Spinato

Cristina Ciamporcero, BiancOne – Piantagrassa

Andrea Castelletti, Pietramore – Antica Tenuta Pietramore

— Valentina Cresti

Fondatrice di Valentina Cresti & Associati

— Cristina Ciamporcero

Fondatrice di Winestylist

— Andrea Castelletti

Direttore Creativo, Art Director, Designer, Docente Lo studio grafico Valentina Cresti & Associati, fondato da Valentina Cresti nel 2016 a Siena, ha in poco tempo raggiunto livelli di com petenza e prestigio in ambito enologico e non solo. Complice una spiccata creatività e una ricerca continua, ha in pochi anni acqui - sito un know-how che le ha permesso di posizionarsi ai primi posti nell’ambito del label design italiano. Riconosciuti come “innovato - ri”, anche secondo gli svariati premi conquistati dalla fondazione ad oggi, Valentina Cresti & Associati ha reinterpretato l’evoluzione del contemporaneo mondo del vino, creando per ogni prodotto un’immagine grafica personale, strategica e vincente. Un team giovane ma altamente specializzato è oggi in grado di offrire alle aziende le proprie competenze professionali in molteplici campi progettuali, dal label design (per il vino e non solo), al packaging, al branding, fino a servizi di consulenza. Il know-how maturato nell’af frontare progetti di comunicazione complessi, si affianca sempre alla comprensione della realtà individuale del cliente, che si inter faccia con il team a partire dalla discussione del brief iniziale fino alla conclusione del lavoro.

www.valentinacrestieassociati.com

Winestylist, ovvero stilista del vino, nasce nel 2013 a Ivrea dopo un decennio di esperienza di Cristina Ciamporcero come wine designer e co-fondatrice di ArteVino nel 2001. La passione per il packaging desi gn da sempre caratterizza la carriera di Ciamporce ro, a partire dai primi anni di esperienza per Olivetti. Disegnare l’etichetta di un vino non è solo un lavoro di creatività ma è soprattutto un lavoro di ricerca, di gusto, di storia, di arte e di cultura legata al terroir nel quale il vino viene prodotto. Le etichette devono esprimere le loro radici e la personalità del Vino, al fine di farsi sempre riconoscere in mezzo alle altre bottiglie. Questa frase da più di venti anni rappresen ta la filosofia di wine designer di Cristina Ciampor cero.

www.winestylist.it

Nel 2008 inizia a lavorare in un’agenzia di comunicazione che opera tra Milano e New York. Nello stesso periodo realizza alcu ni poster con temi sociali. Alcune delle sue creazioni sono state esposte in più di 40 città e gallerie del mondo, tra cui il Palazzo delle Arti Decorative del Museo del Louvre di Parigi e La Trienna - le di Milano Design Museum e hanno ottenuto più di 60 ricono scimenti nazionali e internazionali, tra cui tre platini, nove ori e due argenti da Graphis New York. Nel 2010 inizia la sua carriera da creativo indipendente collaborando con diverse agenzie e aziende per la creazione di progetti di comunicazione, branding e packaging. Ha lavorato per clienti come Barilla, Lavazza, Pepsi, Technogym e McDonald’s. Dal 2014 si è specializzato in proget ti di packaging e comunicazione per il settore wine adottando un approccio che può essere definito di “agenzia fluida”, as semblando quindi di volta in volta team diversi composti dalle professionalità più adatte al singolo progetto. Vive e lavora tra Milano e le Marche, la sua regione d’origine.

www.acastelletti.com

Quali sono, in base alla vostra esperienza, le richieste più pressanti del settore in questo momento?

Le aziende, ora come non mai, sentono forte l’esigenza di Valentina Cresti — comunicare: la loro visione, la loro storia, la filosofia dietro i loro prodotti, i valori aziendali... Quando ci viene commissionato il lavoro perciò, non ci viene semplice - mente chiesto di “vestire bene” una bottiglia, ma di trasmettere ciò che c’è dietro quella bottiglia. Una grande attenzione viene riposta ad esempio sul trasmettere un messaggio di naturalità (come per i prodotti biologici) ma anche sul “fatto a mano”, sull’artigianalità e la cura messa nel produrre un determinato vino. Ciò fa sì che l’etichetta non sia solo un pezzo di carta, seppur bello, atto semplicemente a contenere le informazioni a norma di legge, ma un vero e proprio racconto, fatto di sensazioni tattili e visive, di ciò che il produttore desidera comunicare.

Il cliente e il consumatore sono oggi Cristina Ciamporcero — esattamente allineati sulle tematiche ambientali. Sappiamo or mai tutti che dobbiamo pensare e consumare “green”, e le nuo - ve generazioni nascono per fortuna già con questi principi. Nel mondo del packaging la sostenibilità ambientale è importan tissima: un progetto interamente eco-sostenibile è unico nel suo genere, è smart e ha un approccio sensoriale diverso con il consumatore. Le carte ecosostenibili ad esempio permettono di scoprire una nuova matericità, una naturalezza enfatizzata dall’imperfezione dei materiali impiegati nel produrla.

La com Andrea Castelletti — petizione si fa sempre più alta, le aziende e i prodotti sul mercato sono molteplici e altrettanti sono gli studi ai quali potersi affidare. A mio avviso (da sempre) la richiesta più pressante è e dev’essere la de finizione di un solido percorso stra - tegico per il brand e per i prodotti che vuole proporre.

È possibile individuare delle nuove tendenze in termini di design, lavorazioni, formati?

Per il consumatore medio decidere quale bottiglia di vino acquista Valentina Cresti — re può essere impegnativo, ma può essere altrettanto impegnativo per un produttore scegliere il look giusto per la propria bottiglia di vino. Infatti, se la scelta di usare una o più lavorazioni o fustelle particolari spesso è anche questione di budget, scegliere il giusto look per i propri prodotti è questione sì di gusto, ma anche di lungimiranza e precise scel - te di marketing. I trend attuali sono molteplici: c’è sempre chi non vuole perdere l’allure storica dei propri prodotti e si “limita” al restyling in chiave classica delle etichette, chi si riconosce in uno stile più moderno, ma sempre più produttori scelgono di rinnovare il loro catalogo con una veste quando minimalista, quando molto grafica e/o tipografica, quando decisamente artistica. D’altra parte, in un mondo pieno di competitor di livello, sapersi distinguere dagli altri risulta fondamentale, se non indispensabile.

Ho notato che in questi ultimi anni il Cristina Ciamporcero — minimalismo, che amo particolarmente, è stato un po’ abbando - nato e sostituito da un nuovo “art-deco” dove elaborati disegni a china con tratti che richiamano le tecniche a bulino ritornano alla ribalta in chiave moderna: la natura è protagonista. Questa nuova tendenza l’ho rilevata anche negli illustratori per l’editoria. Stanno tornando anche i rilievi a secco, la tattigrafia e l’utilizzo di lamine dai colori più inusuali, non a caso Luxoro ha proposto una nuova palette denominata “EXTRA!ordinari”. Il formato delle etichette è sicuramente molto fasciante, personalmente non ri esco più a pensare di dover disegnare un’etichetta piccola.

Andrea Castelletti — Non amo particolarmente le tendenze poiché rischia no di essere effimere e mol to limitanti. Il design deve aspirare all’eternità. Com - pito del designer è quello studiare, ricercare il bello, osare e di definire di volta in volta uno standard che pro penda verso l’immortalità.

Valentina Cresti, Ancestrale – Il Drago e la Fornace

Andrea Castelletti, Il Vicolo – La Cantina dei Colli Ripani

Cristina Ciamporcero, La Griffe des Lions

Qual è il vostro approccio al progetto?

Innanzitutto, affinché il progetto sia centrato al 100%, Valentina Cresti — è necessario conoscere non solo il prodotto, ma anche il produttore, e con ciò non intendo semplicemente “chi è” e “da dove viene”, ma tutto il ventaglio di dettagli che descrivono lui e il suo modo di vivere e lavorare. Ogni particolare, anche se può sembrare insignificante, può far scattare la scintilla dell’ispirazione: è per questo che ritengo fondamentale che ci sia un rapporto molto aperto e un confronto continuo con l’azienda, in modo da avere delle basi solide che ci permettano di “cucire su misura” l’abito adatto al prodotto. In secondo luogo, l’assaggio del vino può influenzare le scelte cromatiche o di finitura dell’etichetta: i profumi e i sapori si tra ducono in colori e forme, così l’aspetto esteriore della bottiglia anticipa, suggerisce, o per meglio dire “apre gli occhi” alla degustazione.

Assaggiare il vino del quale si dovrà disegnare Cristina Ciamporcero — o ridisegnare l’identità permette sicuramente di capirne a fondo l’anima: un’immagine antiquata che non rende giustizia al prodotto è purtroppo ancora oggi una prerogativa di tanti vini importanti. Altrettanto importan te è visitare la cantina; passeggiare tra i vigneti, conoscere il viticoltore e farsi raccontare qualche aneddoto aiuta sicuramente a entrare in em patia con il progetto, capirne i concetti fondamentali e intuire quale idea creativa seguire. Infine la ricerca filologica legata al territorio permette di conoscere il contesto storico e artistico del luogo. Cerco sempre di rende re uniche e irripetibili le mie etichette inserendo delle illustrazioni che re alizzo a mano e che hanno stili differenti a seconda del cliente e di quello che voglio raccontare al consumatore finale.

Il mio ap Andrea Castelletti — proccio è totalmente immersivo. Per il tipo di progettualità che por to avanti è fondamentale una co - noscenza molto approfondita del brand, dell’azienda, delle persone, dei prodotti, del contesto cultura le, storico, paesaggistico e natu - rale. Le fasi di studio preliminari — che possono essere anche molto lunghe— sono fondamentali per la buona riuscita del progetto.

Ci raccontate un progetto, realizzato per un cliente, che incarna pienamente la vostra filosofia di design?

Limitarsi a un Valentina Cresti — solo progetto è come scegliere il preferito fra i figli… è una cosa che non si può fare! Battute a par te, sicuramente poter avere carta bianca nella progettazione è un vantaggio non indifferente: spa - ziare liberamente tra supporti e finiture, poter dar libero sfogo alla creatività senza paletti, inutile dirlo, è una soddisfazione enorme, ma lo è ancora di più quando il frutto del tuo lavoro incontra pienamente il gusto del cliente prima, e dei suoi clienti, poi. Alcuni esempi di ciò sono il Giallo Paglia del Drago e la Fornace, vincitrice dell’etichetta dell’anno al Vinitaly nel 2017, che dopo anni non ha perso il suo for te impatto tra i consumatori, ma anche l’Ape del Poggio di Gavi, una nuova nata ma di grande succes - so, o la gamma delle bollicine per Anna Spinato, che verrà presentata a breve al grande pubblico.

L’esperienza più calzante riguarda il — Cristina Ciamporcero restyling grafico e il riposizionamento d’immagine della gamma completa di vini della cantina sociale di Alice Bel Colle nell’Alto Monferrato. Mi è stato chiesto di disegnare delle linee di eti chette che invitassero il consumatore a visitare la cantina. Mi sono talmente immedesimata nell’ambiente circostante che dal punto panoramico del cocuzzolo del piccolo borgo con una vista a 360° sulle dolci colline vitate, sull’Appennino ligure e giù fino al mare, ho pensato di disegnare esattamente quello che vedevo: allegre casette colorate con quelle meravigliose colline a perdita d’occhio sullo sfondo. Ed è così che chi guarda l’eti chetta e va sul punto panoramico ritrova quello che ho disegna - to: dal municipio alla chiesetta color rosso mattone e giallo ocra con annessa la casa azzurra del parroco, l’albergo-ristorante Belvedere rosa etc… sì perché in un piccolo paese di 700 anime tutti si conoscono e lavorano nella cooperativa come viticoltori. Per i tre vini top di gamma sono invece andata nel dettaglio: per Alix, un Barbera d’Asti Superiore, ho rappresentato un vecchio tralcio a simboleggiare le viti vecchie utilizzate per quel vino; per Monteridolfo che significa “lupo glorioso” ho disegnato la vallata di notte con un lupo sullo sfondo che ulula, in serigrafia trasparente su fondo blu notte. Per il Paiè, un Moscato d’Asti, ho disegnato tutto il bouquet di fiori bianchi che si ritrovano nell’a - romaticità del vino, dal mughetto fino al litchi. I fiori hanno un effetto perlescente e tridimensionale su carta cotone bianco.

Uno dei progetti più recenti è quello di Cossignani L.E. Tempo, Andrea Castelletti — azienda di spumanti biologici marchigiani per la quale abbiamo curato il posiziona mento strategico, il naming, l’identità fino ad arrivare ovviamente al packaging. Co - noscere ogni fase del processo produttivo del Metodo Classico e la storia di Letizia ed Edoardo Cossignani, i due fratelli dietro questa cantina, del loro nonno Saturnino e di tutta la famiglia è stato fondamentale per la buona riuscita di un progetto così complesso e sfidante. Il nome — L.E. Tempo— si compone di due anime. La prima, l’articolo creano è fatta dalle iniziali dei fratelli che quella legata alla tradizione, La omaggio alla tradizione vinicola della Sciampagna. determinativo francese: un seconda, quella più concettuale, riporta la parola tempo: l’elemento fondamentale della filiera produttiva (il metodo classico è una lavorazione molto lunga e artigia - Il tempo per i Cossignani nale) che assume anche un valore metaforico e mitico. che permette loro di realizzare prodotti unici, È il tempo, infatti, è un’opportunità. di studiare e preservare la terra che coltivano, di ricordare e celebrare l’eredità di Nel naming ritroviamo quindi i tre cardini di questa impresa: i fratelli, il famiglia. metodo classico e la risorsa più preziosa di tutte. L’immaginario visivo si ispira alla mitologia. Nell’antichità, il serpente era il simbolo di Chronos (che vede in Saturno il suo equivalente latino, e quindi Saturnino, il nonno di Letizia e Edoardo, ci ha di fatto suggerito la soluzione) la divinità che rappresenta il trascorrere del tempo. scrigno dell’U La leggenda racconta che il serpente diede vita all’uovo cosmico, Sono questi gli elementi che ritroviamo nel logo e niverso, da cui tutto ha origine. a un’identità memorabile. Il risultato è una bottiglia che danno forma nell’etichetta, solenne, preziosa e allo stesso tempo innovativa, nella quale viene rappresentato l’aspetto più magico della produzione e della storia dei Cossignani.

Valentina Cresti, Giallo Paglia – Il Drago e la Fornace

Cristina Ciamporcero, Paiè – Alice Bel Colle

Andrea Castelletti, L.E. Tempo – Tenute Cossignani

Come scegliete i materiali per realizzare i vostri progetti?

Tutto contribuisce a creare il risultato, anche le scelte che possono Valentina Cresti — sembrare secondarie: mentre progetto un nuovo prodotto, immagino già durante la fase di disegno le finiture che esso dovrà avere, l’effetto della luce, la forma della bottiglia con tutti i suoi dettagli, l’immagine complessiva risultante. Dalla capsula al collarino, dall’e tichetta alla retro, dal vino al vetro, tutto deve danzare insieme allo stesso ritmo. E poi è importante conoscere bene i materiali e le tecniche: dalla sua produzione alla tavola del consumatore una bottiglia di vino, e quindi la sua etichetta, passa per molte mani e situazioni. Le etichette vengono bagnate, raffreddate, riscaldate e maneggiate per gran parte del tempo. È necessario quindi conoscere perfettamente il materiale e il metodo di stampa, in modo che il prodotto non dia brutte sorprese durante il suo ciclo di vita.

Mi piace selezionare tra i vari Cristina Ciamporcero — fornitori chi è più attento al design e all’ecosostenibilità. Per le bottiglie amo molto le forme dalle linee pulite e la ricerca di “wild glass”. Per le etichette prediligo le carte na - turali, marcate a feltro e realizzate con l’impiego di fibre da materiali alternativi o che si rinnovano annualmente, come il cotone e la canapa. Mi piace la gamma Fedrigo ni Self-Adhesives perché la stessa gamma è disponibile anche per la cartotecnica nella creazione del packaging coordinato e per creare un’immagine corporate.

La scelta Andrea Castelletti — dei materiali è sempre funziona - le all’idea, al posizionamento e al percorso strategico che è stato definito a monte. Le nobilitazio - ni non sono mai fini a sé stesse. Il mio approccio si basa sulla ri cerca di un’idea e di un racconto che siano prima di tutto rilevanti per il consumatore.

Come scegliete le aziende di stampa cui affidarvi? Guardiamo al futuro: quali sfide attendono il settore?

Trovo che la parte finale del progetto, ovvero la produzione vera e Valentina Cresti — propria, sia un passaggio cruciale e particolarmente delicato del processo. Sbagliare for nitore significa compromettere la buona riuscita del lavoro, quindi, se è possibile, cerco sempre di avere un confronto continuo con i fornitori che scegliamo insieme all’azienda. Come tutti, ho dei fornitori di riferimento con cui lavoro da anni e di cui mi fido, ma capita anche che sia l’azienda stessa a indirizzarmi su uno dei propri, quindi non costituisce un vincolo. Va da sé però che, collaborando spesso con alcuni soggetti, si riesca ad avere una confidenza e un reciproco scambio per interfacciarsi apertamente e capire quali sono i punti cruciali su cui intervenire e quali scelte adottare in fase di stampa. Ciò che si dice un bel lavoro di squadra.

Mi piace creare con le tipografie un rap Cristina Ciamporcero — porto di stima e fiducia; non sempre è possibile perché tante volte è il cliente a scegliere direttamente la tipografia in base alle proprie esi genze logistiche o economiche, ma quando c’è possibilità di dialogo il risultato di stampa ne trae sicuramente beneficio. Pensare alle nobi litazioni di stampa e confrontarsi con il tipografo sull’effettiva fattibi - lità e qualità del risultato è importante e può fare la differenza tra un progetto stampato seguendo le nobilitazioni alla lettera e un progetto stampato seguendo iniziative tipografiche o esigenze economiche.

Andrea Castelletti — Il partner ideale è quello che è disposto a investi - re (con il designer e con l’azienda) sul progetto condividendo informa zioni, know how, e pro ponendo soluzioni. Sempre più attenzione viene riposta nelle opzioni Valentina Cresti — “green”, quindi nelle soluzioni sostenibili, nei supporti riciclati e ricicla bili, e anche gli attori del settore stampa vanno sempre di più in que sta direzione, proponendo innovazioni tecnologiche che vanno incon - tro alla sostenibilità ambientale. Questo tema sicuramente riscuote molto successo, ma al di là del concetto, il fatto che anche l’esteti - ca del prodotto possa raccontare le caratteristiche della sua anima green attraverso le scelte giuste (un vetro 100% riciclato e con una finitura irregolare, una carta con una componente di fibra vegetale a vista, eccetera) è un valore aggiunto che commercialmente premia.

Penso che il packaging di un vino dovrà di Cristina Ciamporcero — ventare completamente ecosostenibile: la bottiglia in vetro riciclato, l’etichetta in carta riciclata o da fonti alternative (cotone, canapa etc..), gli inchiostri di stampa realizzati con meno chimica possibile negli stabilimenti e completamente biodegradabili nell’ambiente, la capsula in materiale di recupero… L’etichetta dovrà raccontare al consumatore la sua storia, far veder come e dove viene prodotto il vino con l’ausilio della realtà aumentata. Sarà una sfida molto difficile perché ci dovrà essere molta sinergia tra tutti i fornitori ma è l’unico modo che abbiamo per contribuire alla salvaguardia dell’ambiente.

Per creare pro Andrea Castelletti — dotti in grado di spiccare credo sia fon - damentale diffondere sempre di più una cultura del progetto che si basi innanzitutto sul dare il giusto valore al tempo. Viviamo in un contesto storico in cui ci viene richiesto di proporre solu - zioni eccezionali a ritmi di un fast food. Rallentare non può che portare valore e qualità che durano.