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Intervista

INTERVISTA Beppe Bergomi

Lo Zio d’Italia

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ALBERTO CRISTANI/ANDREA LUZI

Il campionato di serie A 2020-2021 è andato in archivio al termine di una stagione che definire ‘strana’ è un eufemismo. La mancanza sugli spalti dei tifosi si è fatta sentire non poco, soprattutto nei confronti dei protagonisti. La vittoria dell’Inter ha messo d’accordo tutti: la squadra allenata da Conte ha vinto e convinto, sebbene non abbia espresso il miglior gioco. L’estate 2021 è però tutta dedicata alla nostra Nazionale, impegnata a ‘recuperare’ gli Europei. Di questo, e non solo, SportdiPiù magazine ne ha parlato con Beppe Bergomi, lo Zio Nazionale, che dopo una grande carriera con le maglie di Inter e Italia, si è reinventato opinionista formando con

l’amico Fabio Caressa, una della più affiatate coppie di telecronisti Sky ed esperti di calcio internazionale.

Beppe, quello che si è da poco concluso è stato un campionato di serie A molto particolare…

«È stata una stagione un po’ anomala, molto compressa con pochi giorni di preparazione, tante partite ravvicinate con impegni di coppe, Covid e tutto quello che ben sappiamo. Un campionato che ha visto l’Inter vincere lo scudetto, la squadra che ha avuto più continuità rispetto ad altre fortunatamente con pochi infortuni. Sotto l’aspetto tecnico è stato un buon campionato, con squadre che hanno provato a fare qualcosa di diverso con ottimi risultati. Il Milan ha fatto il suo bel percorso e l’Atalanta è ancora terza giocando un buon campionato e apportando un serie di aggiustamenti. La Juventus ha acciuffato la posizione nel finale e il Napoli - con la situazione difficile e particolare che ha avuto Gattuso - ha subito questo verdetto dal campionato. Nella parte bassa invece, le squadre che vengono dalla serie B trovano sempre grosse difficoltà. Due su quattro mediamente retrocedono. Crotone e Benevento non ce l’hanno fatta e le accompagna il Parma che con tutti questi cambiamenti ha trovato una condizione difficile».

La sorpresa in assoluto può considerarsi quindi il Milan?

«Direi di si. In realtà non sotto l’aspetto tecnico ma di soprattutto di gruppo; fin da inizio campionato vedevo qualcosa di speciale in questa squadra. La sorpresa assoluta in realtà rimane secondo me l’Atalanta, ancora in quella posizione di classifica pur dando via Papu Gomez e con Ilicic praticamente indisponibile. La Juve conferma una rosa molto competitiva ma con Pirlo si sono presi dei rischi centrando comunque l’obiettivo».

E la sorpresa in negativo?

«Direi il Cagliari, squadra strutturata bene ma che alla fine ha dovuto cambiare allenatore per invertire la rotta e uscire da un percorso difficile. Questione anche di obiettivi e qui anche il Torino, la Fiorentina e anche la Lazio, nonostante mi piaccia molto Inzaghi come impostazione e allenatore, ma è stata una squadra molto forte che però quest’anno ha fatto meno rispetto al passato».

Per quanto riguarda l’Hellas Verona si è confermato al 10°posto ma Juric ha lasciato nonostante un contratto pluriennale. A questo non viene da pensare che questi contratti siano solo simbolici?

«Ognuno di noi ha delle ambizioni e sia calciatori che allenatori, quando qualcuno non è contento o mira a qualcosa di diverso credo sia giusto non trattenerlo. Chiaramente sono dell’idea che i contratti devano essere rispettati ma è fondamentale trovare sempre un accordo comune anche per nei confronti dei propri tifosi».

Hai detto che le squadre cambiano. Le medio piccole cambiano spesso i propri giocatori nonostante i tifosi spesso non siano d’accordo. Ma, come successo per esempio nell’Hellas Verona che ha ‘sacrificato’ Kumbulla, Amrabat e Rrahmani, alla fine si è visto che è una situazione necessaria per andare avanti e affrontare un campionato come quest’anno.

«Tendenzialmente stiamo giocando in un campionato di contrazione, nel senso che ognuno guarda alla riduzione dei costi. Le piccole squadre hanno un riferimento

importante che è quello dell’Atalanta con una realtà molto solida alle spalle con un gruppo come Percassi e un settore giovanile di punta. Ma la grande differenza e il vero salto di qualità l’ha fatto con Gasperini. Anche loro hanno venduto calciatori come Gagliardini e Caldara ma per rimanere li hanno tenuto un gruppo. Se sei in grado di fare questo tipo di percorso puoi quindi tenere i giocatori ma deve avere questo tipo di basi altrimenti fai altre scelte, avendo la forza di far crescere certi giocator per poi lasciarli andar via, ricostruire una squadra mantenendo allo stesso tempo tenere la categoria. Occorre lavorare sui giovani, ed è quello che sta facendo il Verona. Credimi, dietro le quinte si parla bene di come gioca, di come valorizza i giocatori e di come sta in campo».

Mai come quest’anno tanti cambiamenti per quanto riguarda le panchine…

«La prima a cambiare è stata la Roma con Murinho, un bel personaggio e positivo per la squadra. Poi un valzer di panchine che ha coinvolto praticamente tutte le società, eccezion fatta per Atalanta, Milan e Udinese. Per giudicare tutti questi cambiamenti bisogna capire i ragionamenti e strategie che ci sono dietro e forse è ancora presto per comprenderlo»

A proposito di grandi allenatori, a Verona il mister per eccellenza rimane Bagnoli, che ha avuto una parentesi anche sulla panchina dell’Inter. Che ricordo hai di lui?

«Bagnoli è stato un grandissimo personaggio. L’ho avuto all’Inter e posso confermare che è stata una persona straordinaria di cui conservo un bellissimo ricordo. Con lui eravamo già allora avanti anni luce. Pensa solo che adesso di parla di difesa a 3 quando con lui era un modulo che già usavamo da tempo».

Tornando al campionato 2020-2021, c’è un giocatore che ti ha particolarmente impressionato?

«Quest’anno tanti giocatori hanno fato un campionato incredibile. Come difensori Bastoni è stato fondamentale, Barella e Kessie come centrocampisti sicuramente sopra la media e determinanti per rispettive squadre. Davanti direi Bluvic, questo ragazzo del 2000 che ha fatto cose straordinarie. Chiaramente sono solo alcuni nomi ce ne sono altri che hanno fatto veramente bene».

CR7 invece sembra allontanarsi dalla Juve e dall’Italia: secondo te è la scelta giusta?

«Premesso che quando parli di Cristiano Ronaldo va bene qualsiasi cosa penso che potrebbe anche rimanere alla Juventus ma il Club, l’allenatore o chi per esso deve riuscire a trovare il modo di gestirlo. Senza dimenticare che insieme a Messi è tra i più forti del mondo, se accettasse qualche panchina in più per giocare un po’ più fresco potrebbe essere già importante. I tifosi ad esempio non lo discutono ma anche loro in diversi casi sono stati favorevoli a toglierlo mezz’ora prima dello scadere per avere un attacco più fresco in campo ed essere sempre al 100%».

Beppe, veniamo a te: nel 1999 hai iniziato, con Tele+, la tua carriera di commentatore e con Fabio Caressa ha formato una delle coppie più collaudate e ‘resistenti’. Come è cambiato il linguaggio in questi anni?

«Il calcio cambia repentinamente. La telecronaca di oggi non può essere quella di 5-10 anni fa e chiaramente devi essere sempre aggiornato. Ad esempio quest’anno con l’emergenza Covid eravamo senza pubblico e la scelta è stata di ‘immergersi’ nelle partite con meno cronaca e più spazio a quello che

veniva detto in campo, cambiando totalmente il modo di ‘raccontare’ l’incontro. Sono tutti accorgimenti anche se ogni coppia ha il suo stile. Non possiamo piacere a tutti ma tra noi c’è effettivamente un buon feeling anche dal punto di vista innovazione».

Come vivi gli Europei e come vedi la Nazionale?

«Come dicevo prima il calcio è cambiato. È fondamentale trovare un gruppo che giochi da squadra e su questo Mancini ha fatto un ottimo lavoro. Gente giovane, un mix di giocatori esperti ed affiatati. Spero di portarla più in là possibile, ben oltre l’ultimo europeo. E su questo sono molto fiducioso».

Punti di forza?

«Tendenzialmente direi la mentalità, il fatto di voler fare la partita. Roberto Mancini in questo senso ha fatto un grandissimo lavoro in questi ultimi tre anni. Mi piace molto il centrocampo, con giocatori dinamici e di qualità. Abbiamo Insigne che ha fatto uno splendido campionato, Locatelli, Chiesa o Immobile che gioca sulla profondità. E poi non dimentichiamo il portiere Donnarumma è un top player».

Ultima domanda, da nostalgici della ‘tua epoca’: cosa ti manca di quel calcio?

«Amo anch’io il calcio polveroso degli Anni Ottanta e Novanta. Sono stato a contatto con giocatori storici come Mariolino Corso, Suarez: tutti giocatori straordinari. Quando hai un’attitudine, se portata alle conoscenze di oggi, ti porta ad essere ancora un campione. Alleno dei ragazzi del 2005 e quello che vedo è che oltre ad aver bisogno di esempi positivi hanno carenza di contatto umano nonostante ognuno di loro abbia una chiave d’entrata che magari una volta potevi scoprire prima mentre adesso con i social dove prevale arroganza e presunzione fai molta più fatica. Vanno capiti e qui l’enorme fatica da parte dell’allenatore e delle persone che gli stanno attorno».