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AGCOM detta le sue regole
AGCOM detta le sue regole sugli impianti verticali d’edificio … ma le perplessità rimangono
Di Luca Baldin
Lo scorso 23 settembre, al termine di una consultazione pubblica, AGCOM, l’Autorità garante per le comunicazioni, ha diramato un comunicato stampa col quale ha annunciato l’approvazione delle linee guida in materia di accesso alle unità immobiliari dei condomini per la realizzazione di reti in fibra ottica.
Lo scorso 23 settembre, al termine di una consultazione pubblica, Agcom, l’Autorità garante per le comunicazioni, ha diramato un comunicato stampa col quale ha annunciato l’approvazione delle linee guida in materia di accesso alle unità immobiliari dei condomini per la realizzazione di reti in fibra ottica, a cui ha fatto seguito la pubblicazione della delibera n. 293/21/ CONS. Un corposo documento che merita di essere letto nella sua interezza, sia nelle premesse che nelle considerazioni in merito a quanto riportato dalle numerose realtà che hanno partecipato alla consultazione riportate nell’allegato B. Un documento lungamente atteso dagli operatori del settore, dal momento che il problema di una regolamentazione si era posto, in tutta la sua evidenza, fin dal lontano 2014 quando, con l’approvazione della legge 164, era stato modificato il Testo Unico dell’edilizia introducendo l’art. 135 bis che stabiliva l’obbligo della predisposizione alla ricezione a banda larga per i nuovi edifici e per quelli profondamente ristrutturati, mediante la realizzazione di un impianto multiservizio proprietario. Una norma che, di fatto, equiparava i condomini agli operatori di telecomunicazioni (cosa di cui sembrava consapevole il Governo, a leggere la nota introduttiva a quella legge), innescando una querelle con questi ultimi sulla competenza del cosiddetto ultimo metro, ovvero la tratta verticale della rete. Questo solo per ricordare i fatti, a cui bisogna sicuramente aggiungere l’approvazione da parte del CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano), a cui spetta la determinazione della regola dell’arte, di una Guida tecnica apposita (la 306-22), successivamente inglobata nella nuovissima 306-2, che di fatto costituisce la regola dell’arte per qualsiasi impianto di telecomunicazione interno ad un edificio.
L’Autorità, quindi, interviene col preciso intento di mitigare la litigiosità tra i proprietari immobiliari e gli operatori, conflittualità che, indubbiamente, incide negativamente sulle tempistiche di realizzazione delle reti in fibra ottica. Per farlo riassume con dovizia sia i documenti di indirizzo europei che la normativa vigente, traendo da esse ispirazione per le proprie linee guida che si muovono, ovviamente, nell’ambito delle raccomandazioni, e non sarebbe né logico, né legittimo attendersi altro. Tuttavia un suggerimento sembra utile a chi si appresta alla loro lettura: ovvero di iniziare dall’allegato B, per cogliere come dato acquisito la profonda avversità degli operatori per la norma che ha introdotto gli impianti multiservizio obbligatori. Un’antipatia basata su una presunzione, tutta da dimostrare, che essi costituiscano un problema nella gestione dei servizi “end to end”. Dato ciò per assodato, la prima “stranezza” che incontriamo è relativa al riferimento che l’Autorità fa al nuovo Codice delle Comunicazioni Elettroniche Europeo, di cui l’autorità fa propria la definizione di reti ad altissima capacità (definite all’art. 2 comma 2), ovvero di reti costituite interamente in fibra almeno fino al punto di distribuzione del luogo servito, ovvero fino al “punto di accesso ad un edificio pluriresidenziale” (ovvero un codominio). Tutto logico e condivisibile, senonché l’Autorità non sembra trarne le logiche conclusioni, mancando di delineare con chiarezza un’architettura di rete che preveda e legittimi la presenza di almeno due attori, posti rispettivamente a monte e a valle del ROE, ovvero l’operatore di rete che porta la fibra alla base dell’edificio e la proprietà che distribuisce il segnale alle diverse unità abitative mediante un impianto multiservizio proprietario, affidato in gestione ad operatori qualificati e di fiducia. Uno schema che, come abbiamo rilevato più volte, accomuna tutti i sistemi di distribuzione delle altre commodities: dal gas, alla luce, all’acqua, ma che funziona anche per le TLC in altri Paesi europei. Le linee guida di Agcom, invece, affermano che per gestire e manutenere tratte di rete, qualsiasi esse siano, sia indispensabile essere operatori iscritti al ROC. In altri termini, che un tecnico di fiducia della proprietà può realizzare a regola d’arte un impianto, ma non lo può gestire e manutenere; cosa che appare quanto meno discutibile. Altro punto critico del documento sembrano essere le regole d’ingaggio nel caso in cui l’operatore trovi un impianto multiservizio già realizzato. In questo caso specifico Agcom non solo definisce in termini perentori il diritto dell’operatore ad utilizzare la porzione di impianto necessario ai servizi di telefonia e dati, ma va oltre, attribuendo al primo operatore che passi il diritto ad appropriarsi di fatto delle fibre necessarie, assumendone la gestione in termini di delivery e assurance, il tutto attraverso un’acquisizione di diritti pluriennali in IRU (Indefeasible Right of Use, in italiano diritto irrevocabile d'uso di durata di almeno 15 anni), rispetto ai quali il proprietario dell’immobile non ha possibilità di opposizione.
Cambiando prospettiva, invece, nell’allegato B si scopre che l’Autorità non ha rilevato dalla lettura del DM 33/2016 un effettivo “obbligo” da parte dell’operatore ad utilizzare l’impianto esistente, anche se offerto a condizioni eque e non discriminatorie, limitandosi ad una blanda “raccomandazione” a non duplicare gli impianti. Una posizione stupefacente, dal momento che sembra ignorare che l’art 4 comma 4 lettera “d” del Dlgs 33/2016 nel definire con chiarezza i casi in cui il proprietario può negare l'accesso all’immobile al gestore dell'infrastruttura e all'operatore di rete, inserisce quello in cui “siano disponibili, a condizioni eque e ragionevoli, mezzi alternativi di accesso all'ingrosso all'infrastruttura fisica, adatti all'alta velocità”, ovvero, per l’appunto, impianti multiservizio in fibra ottica proprietari. La domanda all’Autorità è quindi: se il condominio può legittimamente opporsi alla duplicazione, questo non costituisce di fatto un obbligo all’utilizzo? Perché se così non fosse trasformeremmo di fatto il possesso per legge di un impianto in un handicap per il proprietario.
Il testo delle Linee Guida sembra inoltre sottovalutare la qualifica di “titolare” dell’impianto in capo al proprietario, prevista proprio dall’art. 8 comma 1 del Dlgs. 33/2016. Una qualifica importante che, oltretutto, si lega al successivo comma 3 che sottolinea come “il provvedimento non pregiudica il diritto di proprietà del punto di accesso o dell’infrastruttura fisica interna all’edificio”. Dal combinato disposto di tali enunciati pare indubbio che l’impianto multiservizio sia di esclusiva proprietà del condominio e che in capo all’operatore di telecomunicazioni esista esclusivamente un diritto di accesso a tale infrastruttura a condizioni eque e non discriminatorie, diritto che si manifesta nel momento in cui un inquilino si abboni al suo servizio. Come tutto ciò si traduca automaticamente in una cessione di diritti pluriennali che comprendono gestione e manutenzione dell’impianto appare un mistero, spiegabile soltanto con una presunzione di incapacità che renderà felici tutte le aziende artigiane abilitate per legge ad operare su impianti di telecomunicazione. Al riguardo non va peraltro sottovalutato un altro elemento, ampiamente sottovalutato da Agcom, ovvero le modalità di manutenzione di un impianto che nasce “integrato” e multifibra, proprio per abilitare numerosi servizi. L’Autorità garante sembra sciogliere il nodo indicando che la cessione dei diritti pluriennali d’uso agli operatori riguarda “solo” quelle fibre che saranno necessarie a garantire i servizi di fonia e dati. Ma la manutenzione di un impianto integrato multifibra va considerata nel suo insieme e non certamente a spizzichi e bocconi. Se su quell’impianto potranno intervenire più tecnici, di chi sarà la responsabilità di eventuali malfunzionamenti?
Non fosse altro per le ragioni che ho appena indicato, insomma, la netta sensazione è di trovarsi di fronte ad un documento che crea
