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LA BELLEZZA CHE CI SALVA

DESIGN.ER LA BELLEZZA CHE CI SALVA

Marisa Coppiano - Loredana Barillaro

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Loredana Barillaro/ Marisa, puoi descriverci il tuo processo creativo?

Marisa Coppiano/ Il processo che conduce alla costruzione di un oggetto/progetto prende le mosse da quel sovrapporsi di pensieri ancora informi e contorti, estratti dal bagaglio delle conoscenze legate ai miei molteplici interessi, oggetto di studio costante e pervicace. È poi il foglio bianco il luogo che accoglie i primi appunti di percorso; si tratta non solo di schizzi e appunti ma anche di veri e propri assemblage di carte e talvolta oggetti: i miei collage, piccole partiture distillate da riviste e quotidiani, da cui minuziosamente ritaglio personaggi, oggetti o anche semplici superfici di colore. In tal senso si determina una forte approssimazione del design con l’arte, ove il progetto ne sfiora il confine. La mia progettualità è una narrazione per immagini e il progetto che ne deriva deve essere cangiante, incantatore, non rinunciando a dispensare nutrimento all’immaginazione.

LB/ Cosa vuol dire per te fare design e che significato pensi debba avere nella quotidianità delle persone?

MC/ Fare design vuol anche dire bellezza, se per bellezza si intende ciò che è in grado di inquietarci, o ciò che è in grado almeno di creare un sussulto, un fremito dello spirito. La bellezza salva, consola, riempie di significato l’esistenza ma al tempo stesso ferisce profondamente e inquieta. Un ambiente bello predispone l’animo a elevarsi, a esplorare nuovi territori. Di fronte ad una bella architettura o a un bell’oggetto possiamo anche piangere; ci commuoviamo, perché la bellezza ci riporta all’enigma della riconciliazione infinita a cui aspiriamo nel profondo del cuore. L’esperienza della bellezza ci proietta verso

ciò che è più elevato, verso il regno dei grandi valori, è la forza del trascendente.

LB/ Cos’è che prende vita maggiormente nei tuoi progetti, quali aspetti, quali visioni?

MC/ Progettare è prima di tutto una mia esigenza di espressione, un bisogno di manifestarmi, di conoscermi. C’è sempre un momento critico e di scoperta in cui mi confronto con me stessa attraverso lo scambio con la committenza; scambio che mi arricchisce e rafforza l’elaborazione del lavoro cui sto attendendo. Nell’affrontare un progetto mi metto innanzitutto in ascolto di scenari che si manifestano nella mia mente, li approfondisco diventandone testimone silenzioso, ambiguo, che scandaglia le possibili realtà attraverso l’elaborazione dell’immagine e la sua traduzione nella rappresentazione complessiva. Accolgo gli spunti e gli ammiccamenti che mi vengono dall’esterno - camminando per le strade, leggendo e studiando fenomeni, guardando sì, semplicemente osservando - e da lì prende avvio l’elaborazione dei miei lavori. Penso al progetto come ad un essere camaleontico capace si trasformarsi nel contatto con chi ne diventa fruitore. Non a caso mi sono dedicata e mi dedico all’exhibit design che vive dentro una sorta di provvisorietà legata alla temporaneità della narrazione, pur nel rigore dei contenuti che della rappresentazione restano i capisaldi. La tenda, altro elemento cardine della mia progettualità, è quel diaframma che separa senza alterare gli spazi originali, uno schermo flessibile che, filtrando luce e rumore, circoscrive un potente climax emotivo e trasforma lo spazio con leggerezza. Progettare è un ottimo antidoto al dolore, lenisce le ferite e consente di elaborare la resistenza come condizione unica di sopravvivenza per chi progetta e per la sua poetica.

Marisa Coppiano è Designer e Owner di MarisaCoppianoMaison.

Dall’alto: Un ritratto di Marisa Coppiano. Foto © Barbara Corsico. THE ENTRANCE, un dettaglio dello studio atelier, sulla parete due collages dell’artista. Foto © Barbara Corsico. Per entrambe courtesy Marisa Coppiano.

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