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MARIANGELA GINEVRA CALISTI

Teaching beauty, passing it on to their children, respecting their independence and finding them beside, competent and avant-garde.

Mariangela Calisti, gallerista e interior designer, vive d’arte e di bellezza. La conosco da tanti anni, da quando ancora mi occupavo di design e realizzavo servizi fotografici di case. Le sue hanno sempre avuto uno stile inconfondibile, come le sue gallerie, le mostre, le feste e lei stessa, con il suo stravagante modo di vestire e la sua personalità. Qualsiasi cosa Mariangela tocchi diventa speciale: che sia un tappeto, un quadro, o il più insignificante dei dettagli. Non è solo una grande conoscitrice e un’appassionata d’arte ma possiede l’arte di abbinare gli oggetti, di farli convivere in armonia, di trovar loro il luogo perfetto, in spazi che studia perché siano confortevoli ma anche raffinati. Non esiste un angolo, nelle sue case o in quelle che ha progettato, che non sia curato. E tutto le viene così naturale che ogni volta mi stupisco. Almeno quanto mi stupivo, quando i suoi figli erano piccoli, di come si muovessero con naturalezza fra importanti opere d’arte e pezzi di design. I miei chissà quanti danni avrebbero combinato, mentre loro non hanno mai rotto nulla!

L’ho sempre ammirata molto, e non solo per il suo gusto ma per l’entusiasmo, l’energia, la determinazione che mette nel suo lavoro. Anche per l’amica generosa e disponibile che è. Oggi stiamo scattando un servizio nella sua bellissima casa di campagna sulle colline intorno a Pavia, dove vive, e sono felice di intervistarla. Appena ho deciso che il tema di questo nuovo numero sarebbe stato arte l’ho subito pensata perché lei è davvero una Signora dell’Arte. E poi, da pochissimo, è diventata nonna di Lapo, il dolcissimo bambino di sua figlia Ginevra. Quale migliore occasione per un ritratto di famiglia per Scimparello? Anche perché lei e Ginevra non sono solo mamma e figlia ma, come scoprirete in questa intervista, formano un affiatato team di lavoro. Non posso fare a meno di chiedermi che genere di nonna sarà. A vederla sembra la più tranquilla delle nonne, innamorata del nipotino come tutte, ma chissà, probabilmente, appena imparerà a camminare, lo porterà per mostre e mercati come ha fatto con Ginevra e suo fratello Gian Maria.

E chissà se anche Lapo, da grande, finirà per occuparsi di arte, o architettura, come sua mamma, suo papà, lo zio e pure nonno Roberto che, si dice, per lui abbia letteralmente perso la testa! Di certo, nell’arte, ci crescerà. Sotto gli occhi gli passeranno bozzetti, fotografie, campioni di stoffe e tappezzerie, risme di colori, composizioni, oggetti di ogni tipo (che sicuramente non romperà!) Sono tante le cose che Mariangela ha fatto e tanti i progetti che lei e Ginevra hanno per il futuro. Specie ora che, dopo l’incarico di Mariangela come assessore alla Cultura della città di Pavia, mamma e figlia sono tornate a lavorare insieme.

Ne è passato di tempo dalla prima volta che ci siamo conosciute! Ricordo ancora perfettamente la tua prima galleria e la mostra di design che avrevi allestito. La ricordo benissimo anch’io. Era l’antico quadriportico in via Santa Maria alle Pertiche e la mostra era sul design italiano del ‘900, con qualche pezzo di Secessione Viennese e design scandinavo.

Anche se tu avevi iniziato con la pittura, se non sbaglio.

Sì, sempre del ‘900, con artisti che allora erano considerati minori e in seguito la mostra sul realismo Magico a Palazzo Reale ha reso noti al grande pubblico.

Poi è venuta l’arte contemporanea. Anche qui con artisti quasi sconosciuti, che poi hanno trovato il loro spazio nel mondo dell’arte. Quello è stato forse il periodo di maggior intensità e forza del mio lavoro di gallerista. Eravamo davvero all’avanguardia.

Quanti anni aveva Ginevra allora? Circa 10 anni. Me la portavo sempre appresso insieme a suo fratello Gian Maria. Loro c’erano sempre: alle mostre, ai mercati, alle biennali. Era faticoso a volte, non era sempre facile far convivere quegli ambienti con dei bambini ma sono riuscita ad interessarli, a motivarli. E a loro piaceva. Non ho mai rinunciato ad essere una mamma presente ma non ho mai neppure rinunciato al mio lavoro.

Poi, Ginevra, tu sei cresciuta … Si, mi sono iscritta ad architettura e mentre studiavo, con mamma abbiamo aperto un’associazione culturale dedicata ai giovani in un palazzo storico di Pavia. Li ho iniziato a curare le prime mostre e relazionarmi con gli artisti.

Tu sei figlia d’arte Mariangela? Non ricordo. Non proprio, anche se la mia famiglia ha comunque una storia legata all’arte. Mio cugino è un restauratore di opere antiche per il Metropolitan e per gli Uffizi, un altro cugino è fantino. In qual- che modo, in un campo o nell’altro, c’è sempre stata una vena artistica.

Mentre tu, Ginevra, nasci proprio figlia d’arte. Si, a casa nostra si è sempre respirata aria d’arte e architettura. Quando mi sono iscritta all’Università all’inizio ero più orientata verso Lettere o Beni Culturali, poi però la mia indole da topino di biblioteca, la passione per lo studio, il desiderio di conoscere la storia dietro gli edifici e le opere d’arte mi ha spinto verso Architettura. E dopo qualche esperienza in campo universitario lavorare con la mamma è venuto spontaneo. Senza pressioni da parte di nessuna delle due.

Come siete sul lavoro? Andate sempre d’accordo o capita che vi scontriate?

M. Per quanto mi riguarda Ginevra ed io siamo molto in sintonia. Non so dire se per caso, per indole e perché abbiamo sempre vissuto una vita simbiotica ma non ci sono mai grandi diver- genze fra noi. Confronti sì. Molti. Io sono della vecchia guardia: quella della carta e della matita. Lei è cresciuta con la tecnologia, con autocad e photoshop. All’inizio abbiamo avuto uno scontro generazionale su questo, poi risolto perché, effettivamente, la tecnologia offre molti vantaggi. Tanto che oggi mi affido completamente a lei per questa parte.

G. A livello di sensibilità io e mia mamma siamo affini. Poi, come dice lei, a volte si discute, si parla, si esprimono idee diverse ma con l’obiettivo di trovare sempre un accordo.

E caratterialmente siete simili o diverse?

G. Mamma è impulsiva , ha una personalità molto ben definita. Ci si accorge subito se qualcosa le piace oppure no. Io credo di essere più diplomatica, più riflessiva, (anche troppo, certe volte), studio la situazione, sto a guardare come si evolve, quali sono le reazioni.

Ma se voi doveste lavorare ad un progetto separatamente, senza vedervi o parlare , il risultato sarebbe simile?

G. Nella struttura e nella divisione degli spazi, sicuramente sì. Potrebbero cambiare i dettagli forse, ognuna di noi ha le sue influenze. Ma l’anima della casa sarebbe la stessa.

M. Sono d’accordo. Nei tre anni in cui ho rivestito la carica di assessore alla Cultura ho dovuto lasciare tutti i lavori che stavamo facendo insieme, e Ginevra non solo li ha conclusi in perfetta sintonia con quello che era il nostro stile comune, ma ha avuto altre commesse personali.

Oltre alle case avete lavorato insieme anche al progetto Babylon…

M. Oh, sì. Un progetto bellissimo, una galleria completamente diversa dalle precedenti. Un luogo dove trovare atmosfere inedite, un insieme di oggetti che regalassero suggestioni. Abbiamo girato per i mercati di mezza Europa, caricando all’alba, su un furgoncino ogni genere di oggetti e divertendoci come pazze. Ne è venuta fuori una cosa straordinaria, purtroppo di breve durata. Prima l’incarico di assessore e poi la pandemia non ci hanno permesso di portare avanti il progetto.

G. Ma è ancora lì, in standby. È stato un amore fugace ed è rimasta la voglia.

E ora c’è il piccolo Lapo. Cosa vorresti trasmettere a tuo figlio, Ginevra, che hai avuto da tua mamma?

Noi siamo veramente una famiglia molto unita. I miei genitori hanno il merito di averci insegnato senza prevaricare e trasmesso valori forti. E questo è quello che anche io vorrei per mio figlio.

Da grande diventerà anche lui architetto?

Non so. Le probabilità ci sono perché anche mio marito Giulio è architetto. Noi però ci auguriamo che scelga un’altra professione. Magari commercialista, come il padre di Giulio, o medico, avvocato... Ma farà quello che deciderà di fare, liberamente, come è successo a me e a mio fratello. E se proprio proprio decidesse per architettura, saremo comunque felici. Vorrei solo che avesse gli stessi valori che ho ereditato io, che seguisse le sue passioni, così da diventare una persona serena e consapevole. ENGLISH TEXT click here