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Cresci attraverso le avversità

IL RUOLO DELLO STRESS NELLA PARABOLA DELL’ARAGOSTA DELLO PSICHIATRA AMERICANO ABRAHAM TWERSKY.

L’aragosta è un animale soffice, molle, che cresce all’interno di un guscio rigido. Questo guscio rigido le impedisce di espandersi. Con la crescita del suo corpo quel guscio diventa un grande limite e l’aragosta si sente sotto pressione e in condizioni di grande disagio.

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E allora come fa l’aragosta a crescere? In un modo geniale: si nasconde sotto ad una roccia per proteggersi dai pesci predatori e si libera dal suo guscio, iniziando a produrne uno nuovo, più grande e più comodo. Ma con il tempo e con la crescita anche questo guscio diventa limitante e scomodo. Così torna sotto la roccia e ricomincia l’operazione. Lo stimolo che permette all’aragosta di crescere nasce da una sensazione di disagio.

Ora, se le aragoste avessero dei dottori non crescerebbero mai perché al primo segnale di disagio l’aragosta andrebbe dal dottore a farsi dare un antidolorifico e non si libererebbe mai del suo guscio che continuerebbe così ad impedirle di crescere.

Da un disagio nasce sempre la possibilità di una evoluzione: ce lo insegna l’aragosta.

Morale: i nostri momenti critici sono anche i momenti di nostra maggior crescita e se facciamo buon uso delle avversità possiamo crescere grazie ad esse.

Nella nostra cultura corrente lo stress è un termine che, in modo del tutto istintivo ed automatico, ci lega ad una suggestione negativa, una sensazione scomoda che richiede rimedio immediato. In realtà è una condizione evolutiva che nasce da una crisi, dalla destabilizzazione di un equilibrio rassicurante che, tuttavia, richiede una revisione, un adattamento necessario alle nuove richieste evolutive imposte dalle circostanze.

Proviamo quindi ad usare una nuova chiave di lettura dello stress; non un limite o un malessere, ma un’opportunità in cui un segnale di disagio ci raggiunge per dirci qualcosa. Lo stress, quindi, è un importante, utile segnale. Ci avverte che siamo ad un passo dal cambiamento necessario, dall’occasione di abbracciare stimoli più adatti e funzionali alla situazione. La crisi e il disagio a cui si lega è un abito nuovo che siamo costretti ad adattare, scarpe nuove in cui il nostro piede deve imparare a stare a suo agio.

È il segnale che ci dice che dobbiamo crescere, ognuno a modo suo. Lo stress ci dice che è necessario effettuare un cambio di passo per poter crescere ed indirizzarsi verso verità diverse e più profonde. Lo stress ci dice che siamo arrivati ad un punto dove la nostra solita vita non è più funzionale ai nostri scopi e va modificata per ricominciare, finalmente, a guardare le cose con occhi nuovi.

Ci dice che dobbiamo spaccare il nostro guscio fatto di abitudini, di falsi preconcetti, di gabbie mentali acquisite, di giudizi ingiustificati, ovvero di pregiudizi per andare oltre, per aprirci a nuove conoscenze e a nuove realtà. Un percorso che ci condurrà altrove, con tutto il nostro bagaglio emotivo ed esperienziale.

Rispondere alla chiamata vuol dire predisporsi a scoprire luoghi della mente mai frequentati, ad abbandonare un guscio che, seppur rassicurante, ci è diventato troppo stretto.

Aragosta: che grande lezione per l’essere umano!

Troppa comodità ci sta uccidendo.

Ce lo dicono i medici, lo confermano gli antropologi.

In Your survival instinct is killing you Marc Schoen, esperto di rapporti mente-corpo e docente alla University of California di Los Angeles, sostiene che tutti i comfort di cui ci siamo circondati ci hanno reso intolleranti alla minima avversità/contrarietà o al più leggero sforzo fisico. Questa incapacità di affrontare le asperità della vita può provocare una serie di patologie: disturbi digestivi, insonnia, problemi relazionali, scarsa concentrazione sul lavoro, attacchi di panico.

L’antropologo Stefano Boni – Homo comfort: il superamento tecnologico della fatica e delle sue conseguenze – afferma che l’Umanità ipertecnologizzata ha avuto modo di sperimentare che si può vivere comodamente eppure stare male.

Ma, al di là delle patologie che la nostra vita moderna induce, l’aspetto inquietante su cui richiamo l’attenzione di chi legge è quello legato alla nostra crescente assenza di stimolo, spinta, pulsione, che assopisce la voglia di intraprendere nuove esperienze, nuovi arricchimenti, nuovi orizzonti, fondamentali per la nostra crescita.

Se l’Uomo perde la sua storica, atavica sollecitazione a crescere che l’ha portato fin qui, cosa diventa?

Fabrizio Favini

Più le sedie sono comode e soffici e peggio è. Senza stimoli siamo perduti. La tensione, al contrario, produce invenzioni.

Eric Weiner – Geography of Genius

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