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La motivazione professionale nel 2023
La seconda metà del secolo scorso vide la pubblicazione dell’importante teoria dei fattori igienici e motivanti di Frederick Herzberg (1923 – 2000), secondo la quale i fattori che influenzano la felicità professionale (al tempo non esisteva ancora il concetto di “engagement”, che arrivò solo nel 1990) sono di due tipi:
• I fattori igienici: sono quelli che possono ridurre l’insoddisfazione, ma che, una volta superata una certa soglia (appunto detta “igienica”) perdono potenza. In altre parole: un investimento su questi fattori, quando sono a un livello basso, dà un ritorno molto sensibile, superiore all’investimento. Viceversa, investire su di essi quando sono già oltre la sufficienza dà scarsi risultati. I fattori igienici tendono ad essere relativi al contesto in cui lavoriamo, ad aspetti come la sicurezza e la retribuzione.
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• I fattori motivanti appagano invece bisogni superiori e sono poco utili se voglio ridurre l’infelicità, ma sono molto efficaci nell’aumentare la motivazione. Sono fattori motivanti le prospettive di carriera, l’autonomia, la realizzazione personale.
Se la motivazione fosse una casa che stiamo costruendo, dovremmo quindi prima porre delle solide fondamenta (i fattori igienici), per poi passare al design e alla scelta dell’arredamento (i fattori motivanti): senza aver sistemato le fondamenta, è completamente inutile pensare al divano del salotto.
Il modello di Herzberg potrebbe ricordare l’altrettanto famosa teoria dei bisogni di Abraham Maslow (1908 – 1970) e in effetti i due modelli sono molto coerenti:

Per semplificare, potremmo immaginare questo grafico, in un’ipotetica azienda. La spezzata rossa, che rappresenta la retribuzione, è molto elastica quando ci troviamo sotto la soglia minima accettabile (qui posta al valore 0 dell’asse delle ordinate), ma reagisce pochissimo (= non è elastica) sopra la soglia minima. La spezzata delle prospettive di carriera è l’opposto: massima elasticità sopra lo 0, bassissima sotto.

Questo discorso è importante, quando parliamo di motivazione professionale, poiché c’è un’altra variabile da introdurre e che cambia le carte in tavola: il contesto socio-economico.
I modelli di Herzberg e di Maslow sono stati creati nel secolo scorso e, pur reggendo ancora benissimo dal punto di vista concettuale, necessitano di aggiornamenti poiché il mondo in cui vanno calati è cambiato e continua a mutare.
Prendiamo l’esempio della sicurezza del posto di lavoro, un classico fattore igienico nel modello di Herzberg e alla base della piramide di Maslow. Sebbene non sia divenuto improvvisamente un puro fattore motivante, la pandemia degli ultimi anni ha spostato in alto l’asticella del livello minimo accettabile (igienico): se prima bastava “non rischiare di farsi male al lavoro”, con la pandemia il concetto di sicurezza ha incorporato anche “non ammalarsi” e poi, nelle fasi successive, ha contribuito a creare una variabile che Herzberg non aveva mai considerato: quella della flessibilità (smartworking, per intenderci).
La flessibilità è diventata uno degli argomenti di discussione in ogni colloquio di selezione e al livello minimo è un fattore igienico (“almeno uno o due giorni a settimana di smartworking”, se no non se ne parla); al livello alto diventa anche quasi un fattore motivante (“flessibilità totale, senza regole e vincoli”).
Fra qualche anno, quando la flessibilità non sarà più una novità e sarà data per scontata, immagino che il suo potere motivazionale scemerà e lo smartworking si accomoderà nella casella dei fattori igienici, insieme alla sicurezza.
Andiamo a vedere questi modelli nel contesto attuale: Qualtrics ha appena pubblicato i nuovi “Global Trends 2023” (29 mila rispondenti in 27 Paesi. Il report si può scaricare gratuitamente qui), e analizzandone i principali risultati possiamo notare come le teorie di Herzberg e di Maslow funzionino ancora piuttosto bene, seppur con gli accorgimenti dovuti a recenti accadimenti (pandemia, guerra, crisi energetica…).
1. Si cercano certezze e sicurezza del posto di lavoro: come sempre, quando il contesto socio-economico diventa incerto, questo fattore igienico acquisisce più importanza. Un elemento che trasmette sicurezza è lo stipendio: se la mia azienda ci garantisce livelli retributivi adeguati, evidentemente gode di buona salute. In effetti, i rispondenti che ritengono di essere pagati in modo equo affermano di voler restare nella propria azienda a lungo (+13% rispetto agli altri rispondenti).
2. Le persone vogliono riappropriarsi della propria vita: la pandemia ha chiesto sacrifici a tutti e oggi i lavoratori vogliono recuperare qualità di vita. Ciò significa orari di lavoro accettabili e flessibilità. Il work-life balance è un altro fattore igienico che oggi si trova mediamente sotto la soglia minima ed è dunque in quell’area nella quale ogni miglioramento genera grandi impatti positivi. A conferma di ciò, i rispondenti che affermano di godere di un buon bilanciamento tra vita professionale e privata hanno risultati nettamente superiori alla media mondiale su engagement (+23%), intenzione di restare in azienda (+18%) e inclusione (+20%). Inoltre, il 63% di chi sente di lavorare in modo bilanciato afferma di essere disposto a dare più del dovuto alla propria azienda. Se guardiamo invece il gruppo di chi si lamenta del proprio work-life balance, questa percentuale crolla al 29%. In pratica, le persone ci stanno dicendo “se mi consenti di lavorare meglio - e meno - io ti darò molto di più”.
3. La tecnologia e i processi inefficienti sono la principale fonte di stress: si tratta di un nuovo, classico esempio di fattore igienico: quando funzionano bene, i processi interni e la tecnologia sono quasi invisibili e poco impattanti sulla motivazione, ma possono danneggiare moltissimo la serenità al lavoro quando si trovano sotto la soglia minima, come sta accadendo a sempre più persone (la percezione di avere tecnologia che aiuta la produttività è solo al 63% nel mondo ed è in calo di 5 punti percentuali rispetto all’anno precedente). Coerentemente con la teoria di Herzberg, anche nella ricerca di Qualtrics questi fattori sono emersi come i principali fattori di stress per le persone.
4. Il senso del lavoro e i valori sono sempre più importanti: l’abbiamo già visto durante il fenomeno della Great Resignation, quando milioni di persone nel mondo hanno deciso di abbandonare il proprio lavoro, pur non avendo alternative, per mancanza di purpose, di qualcosa di più di uno stipendio e di una carriera. Se oggi la Great Resignation è stata sostituita dal Quiet Quitting (cioè dal fare solo lo stretto indispensabile richiesto dall’azienda), è perché questo tema del significato del nostro lavoro è rimasto importante, pur non sfociando più così spesso in dimissioni volontarie. Anche in questo caso, i dati sono molto chiari e i rispondenti che lavorano in un’azienda con valori condivisi e davvero vissuti ottengono livelli di engagement e di intenzione di restare superiori alla media (+27% e +23%, rispettivamente) e sono meno a rischio di burnout (-17%).
Volendo affiancare i risultati della ricerca di Qualtrics ai modelli utilizzati in questo articolo, il risultato potrebbe essere questo:

È dunque necessario che le aziende si occupino prima dei fattori igienici, garantendo alle proprie persone un impiego sicuro, senza stress e che garantisca loro un buon work-life balance, per poi focalizzarsi anche sui valori, dando un senso concreto e visibile al lavoro e contribuendo così alla realizzazione professionale e personale dei propri collaboratori.
Andrea Montuschi