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L’impiego dei droni nelle operazioni specialistiche in ambito civile, tra realtà operativa e prospettive di ulteriori opportunità

L’impiego dei droni nelle operazioni in ambito civile, tra realtà operativa e prospettive di ulteriori opportunità

Una breve riflessione sull’attuale quadro normativo europeo

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Alessandro Zampone

È professore ordinario di Diritto della navigazione presso l’Università «Sapienza» di Roma. È avvocato cassazionista e si occupa prevalentemente di Diritto della navigazione, delle infrastrutture e dei trasporti. È autore di numerosi contributi scientifici in volumi e riviste giuridiche di classe «A» e autore di due monografie. Dal 2019 è codirettore della rivista Diritto dei trasporti. Profesor Invitado presso l’Università Externado de Colombia (Bogotà - Colombia). Membro permanente del Comitè Asesor de la Carrera de Postgrado Universitario Especializaciòn en Derecho Aeronautico, Espacial y Aeroportuariodell’Instituto Nacional de Derecho Aeronautico y Espacial de Buonos Aires (Argentina). Membro del Collegio dei docenti del dottorato in autonomia privata, impresa, lavoro e tutela dei diritti nella prospettiva europea e internazionale, «Sapienza» Università di Roma. Miembro Corrispondente dell’Istituto Nacional de Derecho Aeronautico y Espacial di Buenos Aires (Argentina). Miembro Corrispondente de ALADA Associacion Latino Americana de Derecho Aeronautico y Espacial. Membro dell’I.S.Di.T. - Istituto per lo studio del diritto dei trasporti. Membro dell’AIDIM - Associazione italiana di diritto marittimo (Comitato romano). Membro dell’AIDINAT - Associazione italiana di diritto della navigazione e dei trasporti. Componente del Circle of Experts di ESAM - European Society of Aerospace Medicine. Membro di commissioni di studio e gruppi tecnici presso l’Amministrazione dei trasporti. Relatore in numerosi convegni e seminari in ambito nazionale e internazionale. Dal 2008 è componente degli Organi della Giustizia sportiva presso la Federazione Italiano Giuoco Calcio (FIGC); attualmente è Sostituto giudice sportivo FIGC presso la Lega nazionale professionisti di Serie A.

Il compimento del «pacchetto droni». Uno sguardo alle principali novità

Con l’inizio dell’anno 2021 si è aperta una nuova fase per il settore dei mezzi aerei pilotati a distanza. Dal 1° gennaio 2021, infatti, sono divenute applicabili le disposizioni del regolamento di esecuzione (UE) 2019/947 della Commissione del 24 maggio 2019 relativo a norme e procedure per l’esercizio di aeromobili senza equipaggio dopo i rinvii imposti dall’esplosione della pandemia da Covid-19. Il reg. UE 2020/746 del 4 giugno 2020 ha, infatti, differito di sei mesi il termine originario proprio per consentire di porre rimedio ai ritardi maturati sia nell’istituzione dei sistemi di registrazione, sia nell’adattamento dei modelli delle autorizzazioni, delle dichiarazioni e dei certificati rilasciati in base al diritto di ciascun Stato membro, sia nel perfezionamento di tutte quelle attività di carattere tecnico indispensabili secondo gli standard di conformità dei prodotti stabiliti dal regolamento delegato (UE) n. 945/2019. Ritardi che, come è evidente, rappresentavano un ostacolo all’applicabilità operativa della nuova disciplina nel suo complesso.

Si tratta quindi di una svolta molto significativa cui l’ENAC si è prontamente adeguato pubblicando un nuovo regolamento, il Regolamento UAS-IT del 4 gennaio 2021, che va a completare, negli ambiti di propria competenza, le disposizioni previste dalla normativa europea.

Emerge un corpo notevole di norme indirizzato a consentire la piena integrazione della navigazione di aeromobili a pilotaggio remoto — gli UAS (Unmanned Aerial System) secondo la nuova nomenclatura — nel sistema del cielo unico europeo. Il quadro è completato dalle disposizioni del Regolamento di esecuzione (UE) 2020/639 della Commissione del 12 maggio 2020che modifica il regolamento 2019/947 per quanto riguarda gli scenari standard per le operazioni effettuate entro o oltre la distanza di visibilità (il Regolamento di esecuzione UE 2021/1166 della Commissione del 15 luglio 2021, da ultimo ha modificato il Regolamento 947 per quanto riguarda il rinvio delle date d’applicazione degli scenari standard per tali operazioni),da quelle del Regolamento (UE) 2018/1139 recante norme comuni nel settore dell’aviazione civile e che istituisce un’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea (c.d. regolamento basico), da quelle del già citato Regolamento delegato (UE) 2019/945 della Commissione del 12 marzo 2019, relativo ai sistemi aeromobili senza equipaggio e agli operatori di paesi terzi di sistemi aeromobili senza equipaggio.

Inoltre, nuove disposizioni, applicabili a partire dal gennaio 2023, permetteranno la realizzazione del sistema Unmanned Traffic Management (UTM) U-Space

«(...) nuove disposizioni, applicabili a partire dal gennaio 2023, permetteranno la realizzazione del sistema Unmanned Traffic Management (UTM) U-Space volto a creare le condizioni necessarie per consentire che droni (UAS) e aeromobili con equipaggio convivano nel medesimo contesto in condizioni di sicurezza, prevenendo collisioni e mitigando i rischi sulla superficie (...)» (Fonte immagini: airbus.com; pagina accanto, usatoday.com).

volto a creare le condizioni necessarie per consentire che droni (UAS) e aeromobili con equipaggio convivano nel medesimo contesto in condizioni di sicurezza, prevenendo collisioni e mitigando i rischi sulla superficie (si tratta dei regolamenti di esecuzione della Commissione UE n. 2021/664, n. 2021/665, n. 2021/666 del 22 aprile 2021; il primo realizza il quadro normativo per l’U-Space, il secondo e il terzo introducono emendamenti al Regolamento (EU) 2017/373 e Regolamento (EU) 923/2012 SERA).

Tale quadro, voluminoso e tecnicamente molto dettagliato, inteso nel suo insieme, conduce verso la razionalizzazione e l’armonizzazione del sistema che, in estrema sintesi, propone le seguenti principali novità: a) il venire meno della distinzione tra volo professionale e volo ricreativo; b) la parificazione degli UAS agli aeromobili tradizionali; c) l’introduzione di un sistema di «registrazione» riconosciuto a livello EASA dell’operatore UAS; d) la previsione dell’immatricolazione dell’UAS solo qualora si tratti di velivolo certificato da impiegare per determinate tipologie di attività; e) la suddivisione delle modalità di impiego in tre ambiti (Open, Specific e Certified).

Secondo quest’ultima distinzione, che presuppone una considerazione progressiva quanto a livelli di rischio, le operazioni si distinguono in: i) «open»: sono le operazioni condotte con droni dotati di marcatura CE di peso non superiore ai 25 kg, in condizioni di «visual line of sight» e a un’altezza massima di 120 m; tale impiego non pretende alcuna autorizzazione o dichiarazione da parte dell’operatore, salvo che non voglia impiegare il drone in spazi aerei controllati. Si suddivide a sua vola in tre sottocategorie (A1, A2, e A3) in funzione delle caratteristiche del drone (C0, C1, C2, C3 e C4) e delle capacità del pilota; ii) «specific»: si tratta delle operazioni che presentano requisiti di rischio superiori, diversi dalla precedente categoria e che non rientrano in quella successiva; in tal caso è richiesta l’autorizzazione operativa da parte dell’Autorità aeronautica nazionale o la dichiarazione preventiva da parte dell’operatore UAS; iii) «certified»: si tratta di quelle operazioni connotate da un rischio tale da imporre la preventiva autorizzazione operativa da parte dell’Autorità aeronautica, la certificazione dell’operatore, il possesso, in capo al pilota remoto, della specifica licenza prevista dal regolamento (UE) 2019/945, la immatricolazione (rectius, registrazione) dell’UAS (in Italia, ai sensi dell’art. 8 reg. UAS-IT del 4 gennaio 2021).

Queste tre categorie generali sono quindi stabilite in funzione di un crescente grado di rischio riconducibile all’operazione per caratteristiche del velivolo e tipologia di servizio cui viene impiegato. La progressione che se ne ricava, pur tenendo ancora conto della disciplina transitoria (si pensi alla categoria c.d. «open limited»che riduce i limiti di peso della categoria «open» e consente l’impiego dei droni oggi in circolazione e in commercio che non posseggono ancora le specifiche della categoria

«open CE»), consente già oggi di comprendere scenari relativi all’impiego del drone, una volta considerati fantascientifici ma, sebbene ancora non perfettamente collaudati, assai concreti e di prossima affermazione. Èdi pochi mesi fa la notizia della sottoscrizione tra ENAC e la città di Venezia di un protocollo per la sperimentazione di sistemi intelligenti di «Urban Delivery» e «Urban Air Mobility» che possano incidere significativamente sulla qualità e l’efficienza dei collegamenti in una realtà del tutto particolare sotto il profilo naturalistico, ambientale e storico-culturale. Disciplinari di analogo contenuto sono stati sottoscritti da ENAC in relazione ad altri ambiti e indicazioni similari emergono anche da altri contesti, lasciando ipotizzare una ulteriore forte accelerazione del fenomeno complessivo sempre più riguardato nell’ottica del supporto efficiente ed evoluto di molteplici attività specialistiche in ambito civile tra le quali le attività di controllo e monitoraggio di attività di rilevanza collettiva, di infrastrutture critiche e dell’esecuzione di attività pericolose. Si pensi, per esempio, all’attività di prevenzione e contrasto dell’inquinamento marino derivante da sversamenti di idrocarburi e di altre sostanze nocive (la Corte dei Conti, nella delibera n. 6 dell’11 marzo 2021, ipotizza, con particolare riferimento alla razionalizzazione dei costi del dispositivo di sorveglianza delle piattaforme petrolifere, l’impiego di forme di controllo, sostitutive o integrative di quelle attualmente in uso mediante le attività della società affidataria del servizio antinquinamento, realizzate a distanza con l’apporto di nuove tecnologie). Del resto, lo sguardo verso sistemi tradizionalmente molto evoluti dal punto di vista delle attività aeronautiche, quale quello nordamericano, conferma lo straordinario fermento che coinvolge il settore. La Federal Aviation Authorityha recentemente pubblicato nuove regole per l’esecuzione di servizi commerciali, incluse le operazioni di delivery,mediante UAS di piccole dimensioni che comportino il sorvolo di insediamenti abitati anche in orari notturni (la Final Rule emenda la Part 107 del Title 14 del Code of Federal Regulations).

Aspetti problematici. Il meccanismo assicurativo

Queste ultime osservazioni confermano come gli scenari operativi e le prospettive di ulteriore sviluppo di un settore tanto complesso siano ancora estremamente fluide. Occorre quindi interrogarsi se lo stato cui è giunta la disciplina, in ambito europeo, possa garantire efficienza e immediatezza di risposte anche alla luce del necessario rapporto sinergico che, seppure in termini attenuati rispetto al passato, si pretende tra la normativa unionale e quella dei singoli Stati membri.

A tale riguardo è la stessa disciplina europea a tradire una malcelata consapevolezza della limitatezza delle proprie soluzioni in alcuni specifici ambiti. In termini generali, peraltro, il regolamento 947/2019 riserva espressamente agli Stati membri la possibilità di stabilire regole che subordinino l’esercizio degli UAS a ulteriori presupposti che, quindi, rispondano a ragioni diverse rispetto a quelle contemplate dal regolamento «basico» n. 1139/2018. Tra questi, di notevole rilevanza si presentano le questioni relative alla copertura assicurativa e all’eventuale relativo obbligo in capo all’operatore. Infatti, le norme di recente applicabilità demandano alle normative europee o nazionali in materia di responsabilità civile e coperture assicurative la previsione dell’adozione di uno strumento assicurativo obbligatorio (l’art. 14.2 lett. «d» reg. 947/2019 stabilisce che della polizza assicurativa venga dato conto all’atto dell’immatricolazione se l’obbligo è previsto dai diritti nazionali o dell’UE).

Èopportuno sottolineare che, in Italia, già il Regolamento ENAC sui mezzi aerei a pilotaggio remoto del 16 dicembre 2013, la cui terza edizione risale all’11 novembre 2019, imponeva la stipulazione obbligatoria di un’assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi ai fini dell’esecuzione delle operazioni di volo con i droni, stabilendo espressamente che la copertura assicurativa dovesse essere «adeguata allo scopo» (art. 32). In maniera corrispondente, il Regolamento ENAC UAS-IT del 4 gennaio 2021, conformandosi alle indicazioni in chiave di ulteriore armonizzazione provenienti dalla disciplina europea, stabilisce all’art. 27 che non è consentito condurre operazioni con un drone in assenza di una copertura assicurativa per la responsabilità civile verso terzi che sia in corso di validità, idonea allo scopo, assistita dalla previsione della azione diretta (mediante rinvio all’art. 1015 c. nav.) e i cui massimali non siano inferiori ai parametri minimi stabiliti dalla tabella proposta dall’art. 7 del regolamento

CE 785/2004 che riguarda, per espressa definizione, la «responsabilità dei vettori per il trasporto e degli esercenti in caso di incidente».

Ebbene, proprio la valutazione della potenziale idoneità allo scopo che la copertura assicurativa deve garantire appare particolarmente disagevole qualora la si compia tenendo conto, come è doveroso, del contesto estremamente peculiare nel quale è destinata a collocarsi che aspira al più alto grado possibile di efficienza, armonizzazione e uniformità.

Sotto questo aspetto, il richiamo esplicito ai minimi assicurativi stabiliti nel regolamento CE 785/2004 se, da un lato, consente una valutazione presupposta, criticabile o meno, e comunque condivisa della idoneità della copertura dal punto di vista economico secondo parametri già stabiliti a livello europeo (seppure in un contesto profondamente diverso), dall’altro, non apporta alcun utile elemento perché si possa pervenire a risultati altrettanto certi circa la corrispondenza del rischio assicurato rispetto alle finalità delle diverse tipologie di impiego del velivolo pilotato a distanza che la disciplina in discussione propone.

Allora è indispensabile chiedersi attraverso quali parametri debba essere intesa la relazione funzionale tra lo strumento che si individua a lo scopo che dovrebbe realizzare.

Trattandosi di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile, il concetto di idoneità allo scopo impone che si abbia chiarezza, in primo luogo, di quale sia il regime della responsabilità nel quale lo strumento assicurativo si deve innestare. Quali siano gli interessi coinvolti e a quali soggetti vadano riferiti. Questa operazione è normalmente eseguita dalla stessa previsione normativa sul presupposto di un rapporto di stretta accessorietà tra posizione potenziale d’obbligo dell’esercente di una determinata attività e la relativa garanzia. In questo caso, tuttavia, il quadro di riferimento è chiaramente manchevole.

Di fronte a un sistema di norme che, da questo punto di vista, si rivela esplicitamente non definito, il lavoro dell’interprete, pur complicandosi notevolmente, rimane quello abituale; ricondurre il fenomeno nuovo nell’ambito dell’ordinamento esistente e proporre soluzioni che rispondano al meglio ai criteri di proporzionalità e funzionalità. In questo modo sarà possibile, in attesa di un intervento chiarificatore, disinnescare il rischio che le incertezze che potrebbero alimentarsi nel complementare mercato assicurativo finiscano per rappresentare un freno al pieno affermarsi e all’ulteriore sviluppo del fenomeno di cui si discute.

Ma quali devono essere i corretti criteri di analisi?

Certamente, il definitivo inserimento dei droni nel cielo unico europeo risolve quello che è stato sempre avvertito come un problema non solo definitorio ma anche sostanziale: la piena equiparazione degli UAS agli aeromobili tradizionali. Assimilazione risolta a suo tempo esplicitamente dal nostro legislatore, mediante il rinvio alle definizioni delle leggi speciali e dai regolamenti ENAC operato dalla riforma dell’art. 743 c. nav. (anni 2005-06), e successivamente dalle norme europee di cui si discute. Tuttavia, a mio giudizio, tale assimilazione finisce per allontanare l’attenzione da quello che pare un dato di fatto del quale occorre tenere conto.

Secondo la definizione funzionale, l’aeromobile è una macchina destinata al trasporto (dove per trasporto intendiamo il fenomeno materiale e tecnico, non quello strettamente giuridico). Il drone, o l’UAV, è invece una macchina volante in relazione alla quale è difficile configurare quel rapporto teleologico con il momento del trasporto — inteso anche quale solo movimento — così immediato e diretto. Rapporto che, al contrario, connota esplicitamente la prima nozione. Il drone, infatti, consente lo svolgimento di attività che non necessariamente coincidono con il trasporto, anche se inteso fine a sé stesso. L’impiego dei droni si sviluppa vertiginosamente in ambito civile proprio perché diviene un elemento strumentale per l’esecuzione di una moltitudine di altre attività che hanno una propria fisionomia a prescindere dal supporto materiale che ne permette l’esecuzione. Si tratta proprio delle attività specialistiche nelle quali i droni sono solitamente impiegati in ambito civile e che indeboliscono il senso di un collegamento funzionale così intenso col trasporto.

Il ritorno a una relazione teleologica particolarmente intensa tra macchina unmanned e trasporto si registra invece a proposito delle operazioni riconducibili al settore di impiego «certified». Èquesto il contesto nel quale scenari un tempo futuribili, premonizioni del passato — quale il drone taxi del film Blade Runner di Ri-

dley Scott del 1982 — si realizzeranno. Sistemi di c.d. Urban Air Mobility (UAM) o Urban Air Delivery (UAD) sembrano di imminente attuazione mediante l’impiego di velivoli, anche di modeste dimensioni, in ambito «certified». Del resto, solo per questa ultima categoria, analogamente al settore degli aeromobili manned e in conformità dei principi della Convenzione di Chicago 1944 (art. 31), è richiesto un certificato di aeronavigabilità del velivolo a ulteriore riprova della effettiva integrazione degli UAS non solo nel cielo unico europeo ma nel sistema dei trasporti in generale (molto interessanti sono le indicazioni raccolte in un recente studio dell’International Transport Forum sull’integrazione dei droni nel sistema dei trasporti: Ready for takeoff? Integrating drones into the trasnsport system).

Gli irrisolti problemi di liability nell’esecuzione

delle attività specialistiche

Legata a queste ultime considerazioni è la questione delle responsabilità riconducibili all’impiego dei droni. Occorre, infatti, tenere conto dell’inevitabile incremento dei livelli di rilevanza del tema, proprio in funzione della molteplicità delle potenziali modalità di impiego degli UAS. Aspetto questo che distingue palesemente, come detto, questi velivoli dagli aeromobili tradizionali. E infatti, quanto a questi ultimi, la responsabilità per l’impiego è normalmente riconducibile alle attività aeronautiche in senso stretto e in sé considerate; sia in ambito contrattuale, e in particolare nella disciplina del contratto di trasporto, sia in ambito extracontrattuale. Diversamente, la responsabilità per l’impiego di droni, ove non avvenga solo per finalità lusorie e ricreative, appare molto spesso primariamente ricollegabile a una moltitudine di attività di diversa natura nell’ambito delle quali il drone rappresenta essenzialmente uno strumento esecutivo.

Partendo da questa constatazione, si avverte una sostanziale incompletezza nel complesso di disposizioni di cui stiamo parlando. Manca una integrazione sinergica a livello normativo tra la regolazione multilivello dell’esercizio e quella relativa all’impiego del drone nell’esecuzione delle attività specialistiche cui il velivolo può e deve essere impiegato.

Tale esigenza e l’esistenza del problema è in realtà ben avvertita da tempo. Ne rappresenta una riprova la

«Il ritorno a una relazione teleologica particolarmente intensa tra macchina unmanned e trasporto si registra invece a proposito delle operazioni riconducibili al settore di impiego «certified». Èquesto il contesto nel quale scenari un tempo futuribili, premonizioni del passato — quale il drone taxi del film Blade Runner di Ridley Scott del 1982 (nell’immagine: mirror.co.uk) — si realizzeranno» (Fonte immagine sfondo a pagina precedente: reuters.com).

circostanza che l’ENAC, autonomamente, nel regolamento del 2013 aveva inserito una norma, non riproposta nel regolamento UAS-IT del 4 gennaio 2021, che, muovendo dalla consapevolezza della intensità della relazione tra i due ambiti di responsabilità, aveva tentato di risolvere in chiave preventiva gli esiti (nei confronti dei terzi) della loro potenziale conflittualità indicando lo strumento cui affidare la funzione compositiva dell’eventuale conflitto. La soluzione, infatti, era offerta in chiave esclusivamente contrattuale, pertanto, con efficacia limitata alle sole parti del contratto di impiego del drone. All’art. 7.3, era stabilito che «fatto salvo quanto previsto al comma 1, nel caso di operazioni specializzate per conto terzi, deve essere stipulato un accordo tra operatore del SARP e committente nel quale le parti definiscono le rispettive responsabilità e concordano sull’idoneità del SARP per la specifica operazione di volo e sulle eventuali limitazioni e condizioni connesse, anche con riguardo alle disposizioni in materia di protezione dati di cui all’art. 22 del presente Regolamento». Tale disposizione presupponeva evidentemente il chiaro dilatarsi dell’area delle posizioni potenziali d’obbligo nei confronti dei terzi, riconducibili non

tanto all’impiego tecnico aeronautico del mezzo, quanto all’esecuzione delle attività specializzate.

Rimane il fatto che, nel caso in cui colui che compie tali attività si serva di un velivolo il cui esercizio è assunto da soggetto diverso (l’operatore UAS), le responsabilità andranno in linea di principio suddivise (come infatti considerava, pur con scarsa efficacia, la citata disposizione regolamentare). Tuttavia, al di là dei rapporti interni tra l’operatore dell’UAS e il committente dell’attività specialistica, l’individuazione inequivoca delle norme di riferimento è indispensabile.

Èaltamente auspicabile che una indicazione anche in questo senso venga al più presto fornita (in realtà, in tema di privacy e trattamento dei dati personali, la disciplina del reg. UE 2016/679 fornisce, all’art. 26, una indicazione simile a quella sopra richiamata, stabilendo che il soggetto titolare e quello responsabile del trattamento che condividano una iniziativa riguardo finalità e mezzi di un determinato trattamento stipulino un accordo di ripartizione interna delle responsabilità che ne possano derivare). Il confronto con il settore della aeronavigazione tradizionale potrebbe rivelarsi senz’altro utile. E infatti, per gli aeromobili manned, il problema sembra essere stato meritoriamente risolto dal legislatore nazionale mediante una norma, l’art. 940 quater c. nav., inserita nel codice con la riforma della parte aeronautica del 2005/2006. Tale disposizione distingue, infatti, a proposito della disciplina del contratto di noleggio, le responsabilità verso i terzi per le obbligazioni contratte in relazione all’impiego commerciale dell’aeromobile, affidate al sistema della solidarietà passiva secondo le norme internazionali vigenti nella Repubblica; e la responsabilità nei rapporti interni tra le parti del contratto (di noleggio), attribuendole in funzione della natura dei rischi: quelli relativi all’esercizio del velivolo assegnati all’esercente; quelli relativi all’impiego commerciale attribuiti al noleggiatore/committente. L’assimilazione degli aeromobili a pilotaggio remoto a quelli tradizionali espressamente contemplata dall’art. 743 c. nav. potrebbe consentire l’impiego di questa disposizione anche nel caso dei droni qualora sia applicabile la legge italiana e il contratto di utilizzazione del drone abbia le caratteristiche del noleggio. Tuttavia, l’indicazione potrebbe rivelarsi utile anche in prospettiva più generale de iure condendo.

La responsabilità per i danni provocati ai terzi dall’esercizio del drone

Tornando alle attività strettamente aeronautiche, l’ingresso dei droni in uno scenario unico, condiviso con l’aviazione civile tradizionale, ripropone con urgenza la questione di quale sia il regime della responsabilità per danni arrecati a persone e cose sulla superficie in conseguenza dell’esercizio del velivolo pilotato a distanza.

Alcuni dati che emergono dalla lettura delle nuove disposizioni europee sono comunque significativi. L’art. 14 del reg. 947/2019 e, conseguentemente, l’art. 6 del regolamento ENAC UAS-IT, stabiliscono un link di associazione, mediante l’impiego di un QR Code tra il drone, o i droni, e l’operatore «immatricolato» o, secondo la nomenclatura più corretta del regolamento ENAC, l’operatore «registrato». Si tratta di un codice di operatore EASA, per il nostro paese rilasciato mediante la piattaforma D-Flight, che deve essere apposto su tutti i mezzi di un determinato operatore. Tale connessione, oltre a consentire l’immediata individuazione dell’operatore, permette che siano veicolate, secondo i richiamati articoli, sul medesimo soggetto le responsabilità, civili e penali, che sorgono dall’esercizio del drone.

Tuttavia, questo meccanismo che vuole ricondurre la liability, mediante un criterio formale e meccanico, su colui che risulta «immatricolato» sembra non coin-

«(...) l’ingresso dei droni in uno scenario unico, condiviso con l’aviazione civile tradizionale, ripropone con urgenza la questione di quale sia il regime della responsabilità per danni arrecati a persone e cose sulla superficie in conseguenza dell’esercizio del velivolo pilotato a distanza» (Fonte immagini:

avionews.com; pagina accanto, mercedes-benz.nl).

cidere con le indicazioni che provengono proprio dalla Convenzione di Roma del 1952 la quale, come è noto, sebbene non ratificata da un notevole numero di Stati, è stata recepita dall’Italia e rappresenta comunque la disciplina di maggiore riferimento anche in questo contesto dal momento che, secondo una opinione diffusa, riceverebbe applicazione in relazione all’esercizio degli UAS. Invero, a differenza del codice della navigazione italiano, la Convenzione privilegia, nella definizione di esercente, l’aspetto effettivo e fattuale piuttosto che quello formale della registrazione dell’operatore, tanto da consentire di ritenere tale anche l’utente temporaneo o quello occasionale dell’aeromobile.

Ci sono poi aree di responsabilità potenziali che esulano dall’ambito della disciplina sulla responsabilità per danni a terzi sulla superficie. Limitatezza che appare particolarmente significativa se si riflette sul principio della esclusività dell’azione enunciato dalla Convenzione di Roma 1952. Esso rappresenta, infatti, uno dei cardini intorno al quale ruota il sistema di responsabilità della Convenzione la quale impedisce che nei confronti dei soggetti chiamati a rispondere in virtù delle proprie norme (operator abituale e operator abusivo, occasionale o temporaneo) possano essere proposte altre azioni, fondate su un diverso titolo, rispetto a quella stabilita dalla medesima disciplina uniforme. Ciò significa che se l’operatore di UAS è riconducibile alle figure contemplate dalla Convenzione, sarà chiamato a rispondere solo in funzione di essa; se non è riconducibile in tale ambito, sarà chiamato a rispondere secondo le regole del diritto comune sull’illecito civile.

Tra le ipotesi di responsabilità che esorbiterebbero dall’ambito della disciplina uniforme in tema di responsabilità per danni a persone e cose sulla superficie, particolarmente rilevante, per la potenziale frequenza che la potrebbe caratterizzare, è quella dei danni da c.d. drone strike, ossia l’urto tra un drone e un aeromobile tradizionale. Anche il tema della drone disruption o interference,ossia l’ipotesi dei danni provocati dall’interferenza del drone con il traffico aereo e, in particolare, con quello aeroportuale (danni diretti e indiretti quali quelli provocati alle compagnie costrette a corrispondere ai passeggeri indennità o ristori ai sensi del reg. CE 261/2004 qualora la circostanza non sia considerata extraordinary), appare particolarmente grave e tale da imporre una urgente soluzione.

Conclusione

Il problema di non potere disporre, allo stato, di un regime armonizzato per la responsabilità civile per i danni causati dall’impiego dell’aeromobile a pilotaggio remoto a persone e cose può essere fronteggiato mediante l’applicazione in concreto del principio dell’assimilazione dei droni agli aeromobili tradizionali dal quale consegue la condivisione di un unico cielo europeo. Non altrettanto accessibile appare la risoluzione della questione della problematicità dei rapporti tra responsabilità per l’esercizio e le ipotesi in cui l’operatore è chiamato a rispondere, anche a titolo concorrente, per l’esecuzione delle attività specializzate nei confronti delle quali la navigazione del velivolo rappresenta un momento attuativo. Proprio in questo contesto si pongono i delicatissimi problemi in termini di tutela della privacy, di responsabilità per le conseguenze delle interferenze informatiche, della

responsabilità per inquinamento, contaminazione e intossicazione, delle responsabilità contrattuali. Da questo punto di vista il sistema merita sicuramente un rapido completamento. Si tratta in sostanza di consentire che evolvano verso la declinazione delle responsabilità le numerose previsioni volte a puntellare e incoraggiare forme di «consapevolezza» di carattere non solo tecnico, quale la «geoconsapevolezza», ma anche giuridico (consapevolezza delle norme e dei rischi). Le numerose disposizioni che enumerano le diverse responsabilities rispondono a questo interesse, pur muovendo dal carattere prevalentemente tecnico della regolazione europea di recente introduzione (si veda l’allegato IX reg. 1139/2018; il considerando n. 20, l’art. 12.1 lett. c e l’Allegato «Operazioni UAS nelle categorie “Aperta” e “Specifica”» del Reg. (UE) 2019/947; gli artt. 28 (Security) e 29 (Privacy) del Regolamento ENAC UAS-IT). Il tema è sicuramente molto importante perché incide sulla effettività dei principi di prevenzione e, soprattutto, di precauzione e quindi non solo su quegli aspetti volti a orientare l’azione degli operatori ma anche su quelli descrittivi del perimetro della responsabilità penale e della liability di colui che li disattenda. La relativa giovane età del settore, come pure i limiti della sperimentazione rispetto alla completa espressione delle diverse potenzialità dell’impiego civile inducono a ritenere indispensabile che si provveda a individuare con esattezza quali regole di responsabilità porre a servizio dell’imponente regolazione tecnica che caratterizza il settore. Non trascurando ovviamente di compiere un approfondito screening di tutti gli interessi coinvolti, realizzando conseguentemente le più appropriate soluzioni di tutela sia a livello generale, mediante l’intervento del legislatore, che a livello operativo, mediante il perfezionamento degli strumenti esecutivi. 8

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