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L’idrogeno nel sistema energetico: valli dell’idro geno e aree portuali premono sull’acceleratore

Il ruolo dell’idrogeno nel dibattito sulla transizione energetica e le sfide a essa legate sta acquisendo sempre più peso e la prospettiva di vedere un suo utilizzo nei prossimi decenni si fa sempre più concreta. L’idrogeno sta assumendo un ruolo sempre più importante nello sviluppo di un’economia a zero emissioni di carbonio. La possibilità di produrre idrogeno verde, ovvero prodotto tramite elettrolisi dell’acqua con energia derivante da fonti rinnovabili, rendono l’idrogeno una risorsa potenzialmente illimitata e un vettore energetico ecologico, in quanto non genera anidride carbonica o altri gas a effetto serra.

Non si possono ignorare le evidenti difficoltà che sono collegate a uno sviluppo e a un utilizzo commerciale dell’idrogeno, soprattutto nella sua variante verde, difficoltà principalmente legate ai costi necessari per la sua produzione e al ritardo dello sviluppo tecnologico del settore. Ciononostante, l’idrogeno sta conoscendo una crescente attenzione a livello politico e industriale, poiché detiene il potenziale di diventare il principale vettore nella transizione globale verso un’economia a basse emissioni di CO2.

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L’idrogeno verde o rinnovabile può essere utilizzato sia come vettore energetico o carburante per alimentare la mobilità sostenibile, sia per veicoli che per mezzi più pesanti, come camion o navi. Una delle applicazioni su cui si punta di più è l’alimentazione di celle a combustibile per i veicoli elettrici.

In alternativa, l’idrogeno può essere utilizzato per immagazzinare l’energia in eccesso prodotta da fonti rinnovabili e per sopperire alla scarsezza di produzione quando le condizioni metereologiche non permettono di fare affidamento su di esse. L’idrogeno, dunque, ha potenzialità sia in quanto sostituto diretto degli idrocarburi utilizzati come combustibili per la mobilità, sia come «gregario» delle fonti di energia rinnovabile quali eolico o solare. Inoltre, con le dovute modifiche tecniche, l’idrogeno può sostituire il gas naturale nelle applicazioni domestiche relative al riscaldamento degli ambienti e delle risorse idriche. In breve, l’idrogeno ha enormi potenzialità che dovranno essere sviluppate con lungimiranza e a cui dovranno essere dedicati sostanziali investimenti, sia privati che pubblici (1).

L’obiettivo di questo articolo è definire le maggiori potenzialità dell’idrogeno in tre contesti principali: lo sviluppo tecnologico a livello infrastrutturale legato alle hydrogen valleys e nell’ambito delle zone portuali, la possibilità di utilizzare l’idrogeno come carburante

per navi (sia per uso civile che militare) e sottomarini e le questioni di sicurezza energetica e le conseguenze geopolitiche di una maggiore implementazione delle politiche energetiche gravitanti attorno all’idrogeno. Cercheremo anche di definire le principali difficoltà e gli ostacoli più impegnativi per il raggiungimento degli obiettivi definiti dagli accordi internazionali sul clima nel settore dell’idrogeno.

Hydrogen valleys e aree portuali italiane

Sviluppo infrastrutturale e tecnologico per l’idrogeno

Cos’è una hydrogen valley e perché risulta essere un concetto importante non solo per il percorso di decarbonizzazione dei sistemi economici mondiali, ma anche per la mobilità, l’innovazione tecnologica e il rinnovamento delle infrastrutture?

Il concetto di hydrogen valley, letteralmente valle dell’idrogeno, indica un’area geografica in cui l’applicazione dell’idrogeno ha un valore fondamentale. Le cosiddette valli possono consistere in categorie geografiche diverse, ovvero si possono definire tali città, intere regioni isole, poli industriali, clusters economici e aree portuali. In ognuna di queste declinazioni, le applicazioni dell’idrogeno sono combinate in un ecosistema integrato. Tale applicazione rende una valle un’interessante proposta per lo sviluppo di sistemi economici e logistici alternativi e, soprattutto, a basse emissioni di gas a effetto serra. Lo scopo delle hydrogen valleys, oltre che quello di sviluppare determinate aree economico-geografiche di un Paese, è di dimostrare che un’economia basata sull’utilizzo dell’idrogeno è non solo possibile ma anche economicamente preferibile.

Il potenziale della tecnologia è notevole. Con un’ampia gamma di possibili usi, l’idrogeno offre un percorso realistico per ridurre le emissioni in applicazioni e industrie hard to abate, termine utilizzato per indicare quei settori le cui emissioni, alla tecnologia attuale, sono difficili da abbattere. Le categorie interessate sono, tra le altre, i trasporti pesanti, il riscaldamento, la produzione di acciaio e l’industria chimica (2).

Come evidenziato in precedenza, le difficoltà nel lanciare l’utilizzo dell’idrogeno sono numerose e complesse. Il settore deve riuscire a ridurre i costi di produzione e distribuzione e colmare le lacune infrastrutturali. Sarà solo il coordinamento tra parti interessate, industria, Governi, enti di ricerca e istituzioni a riuscire a dare risposta ai molti interrogativi ancora aperti. In particolare, la ricerca, l’innovazione, lo sviluppo e l’intervento nei mercati svolgeranno un ruolo cruciale nello sviluppo dell’economia dell’idrogeno come opzione praticabile per la società (3). Ottenere risultati concreti nell’impiego dell’idrogeno rinnovabile e renderlo una quota consistente del mix energetico globale del futuro richiede la definizione di politiche nazionali e internazionali innovative e lo sviluppo di strutture di mercato adeguate, che puntino a stimolare l’innovazione nelle catene di valore. Servono, inoltre, economie di scala che possano ridurre i costi e lo sviluppo delle necessarie infrastrutture a livello globale. Il successo è possibile, ma questa radicale trasformazione richiederà uno stretto coordinamento tra politica, tecnologia, capitali e società per evitare di cadere nelle trappole e nelle inefficienze del passato.

È da questa constatazione che nasce l’interesse per le valli dell’idrogeno: modelli di integrazione intersettoriale che può tracciare la strada per un utilizzo e un impiego su più larga scala di un’economia basata sull’idrogeno. Per il presente articolo, ci concentreremo sulle potenzialità delle hydrogen valleys che l’Italia potrebbe sviluppare nelle sue aree portuali nei prossimi anni o decenni.

Come indicato, una valle dell’idrogeno è un’area geografica in cui un ecosistema integrato consuma e funziona grazie a una quantità significativa di idrogeno. Idealmente, una valley dovrebbe coprire l’intera catena del valore dell’idrogeno: produzione, stoccaggio, distribuzione e uso finale. In quanto tali, le valli dell’idrogeno offrono un modello per aumentare e rendere questa tecnologia una soluzione praticabile. È importante ribadire il concetto alla base di questi progetti, ovvero quello di dimostrare ai decisori politici e alla società il valore che l’idrogeno offre nel più ampio contesto del sistema energetico attraverso la sua capacità di integrazione settoriale. Sebbene molti progetti dimostrativi abbiano già avuto successo, la maturità e i vantaggi delle singole tecnologie dell’idrogeno, in genere isolate o di applicabilità limitata, devono ancora essere impiegate e studiate su larga scala (4).

A livello industriale, Snam ha avviato una campagna sperimentale nei pressi di Salerno per l’uso di idrogeno miscelato con gas naturale al 10%, poi trasportato attraverso una sezione di gasdotto a uso commerciale per servire utenti industriali impiegati nella generazione termica. A Troia, in Puglia, nell’ambito dei progetti INGRID e STORE&GO, è stato testato un impianto pilota per la produzione di idrogeno da elettrolisi, con risultati vicini ad 1MWe. Per il test, l’idrogeno è stato stoccato in forma gassosa e in idruri metallici, utilizzato nelle stazioni di rifornimento e in fuel cells (5) e, con l’aiuto di sistemi di cattura di CO2, è stato utilizzato per la produzione di metano sintetico. Tuttavia, dopo la conclusione dei test, l’impianto ha interrotto le operazioni, a dimostrazione del fatto che alla fase sperimentale molto spesso non segue un’effettiva implementazione.

D’altro canto, ogni piccolo passo è utile nel raggiungimento degli obiettivi climatici. Infatti, progetti di ricerca a livello nazionale non mancano e i risultati sono spesso incoraggianti. Il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche (6)) ed ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (7)) collaborano allo sviluppo di nuove tecnologie legate alla filiera dell’idrogeno, con particolare riferimento alle applicazioni Power to Gas. In questo contesto, ENEA ha proposto la creazione di una demo Valley dell’idrogeno integrata, finanziata dal ministero dello Sviluppo Economico nel quadro della missione innovazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il progetto verrà avviato con un investimento iniziale di 14 milioni di euro. Il progetto coinvolgerà università, istituti di ricerca, associazioni e imprese, per dare impulso alla transizione energetica e alla decarbonizzazione.

Presso il Centro Ricerche Casaccia, alle porte di Roma, sorgerà la prima

Hydrogen Valley italiana (casaccia.enea.it). Possibilità nel campo della ricerca e dell’innovazione tecnologica

Per il progetto sopracitato, al Centro di ricerche di Casaccia di ENEA saranno realizzati due gasdotti, completamente attrezzati e dedicati a diverse destinazioni d’uso: uno per l’idrogeno puro e l’altro per una miscela di gas naturale e idrogeno. Questi gasdotti collegheranno le fonti di produzione di idrogeno (fonti rinnovabili) con le applicazioni di uso finale distribuite in tutto il centro per dare vita a un vero ecosistema di idrogeno.

Verrà quindi sviluppata una vera rete per l’idrogeno con l’obiettivo di testare diverse tecnologie e strategie operative per far incontrare domanda e offerta in futuro, nonché per fornire servizi di ricerca e sviluppo per gli operatori industriali che necessitano di una validazione su scala dei loro prodotti. Verrà introdotta una rete di sensori per il monitoraggio delle condotte e, a un livello superiore, un sistema onnicomprensivo per l’acquisizione e l’analisi dei dati. Infine, verranno effettuati studi approfonditi e analisi rispetto alla dimen-

sione normativa della demo Valley dell’idrogeno, al fine di affrontare sistematicamente questioni di sicurezza, autorizzazioni e altre procedure amministrative, nonché l’accettazione pubblica dell’idrogeno in tutti i suoi aspetti. Il progetto è molto interessante poiché potrà aiutare a rafforzare la base tecnica e normativa per lo sviluppo delle altre hydrogen valleys previste.

L’obiettivo principale del progetto è creare un’infrastruttura integrata che possa dimostrare la fattibilità, funzionalità, sostenibilità, resilienza e sicurezza di un ecosistema basato sull’idrogeno, oltre a offrire all’industria la possibilità di sperimentare e convalidare, grazie alla sperimentazione in un ambiente dedicato, le soluzioni tecnologiche più innovative. Il focus verrà posto, come definito dalle stesse fonti ENEA (8), sui seguenti fattori: — produzione di idrogeno da elettrolisi attraverso tecnologie mature per garantire un’adeguata produzione di idrogeno, accoppiando l’utilizzo dell’energia rinnovabile prodotta in loco con energia elettrica proveniente dalla rete esistente; — produzione di idrogeno da varie fonti energetiche con l’utilizzo di tecnologie emergenti e in fase precommerciale; — trasporto di idrogeno miscelato con GNL attraverso un gasdotto dedicato, realizzato per la sperimentazione di miscele CH4/H2 (metano/idrogeno) in diverse percentuali, al fine di valutare la risposta della rete e le prestazioni delle utenze connesse; — trasporto e distribuzione di idrogeno puro attraverso una pipeline dedicata; — realizzazione di una stazione per il rifornimento diretto per veicoli alimentati a idrogeno (autobus, auto, carrelli elevatori); — produzione di energia elettrica da idrogeno puro e da miscela metano/idrogeno, con fuel cells; — test di componenti innovativi (sensori, flussimetri, ecc.) e dei sistemi di acquisizione dati, telegestione e supervisione di componenti e sottosistemi; — produzione di metano sintetico e rinnovabile 100% da idrogeno verde; — separazione dell’idrogeno dalla miscela CH4/H2 al fine di sfruttare un’unica rete gas per CH4/H2, idrogeno puro e metano puro. — studi volti a valutare le prestazioni dei materiali e dei componenti da utilizzare per la distribuzione di miscele con idrogeno nell’attuale rete di distribuzione del metano.

Obiettivi paralleli e trasversali sono: — definizione di linee guida in ambito legislativo, regolamentare, amministrativo, e campi di autorizzazione, nonché azioni di informazione e formazione a promuovere l’accettazione pubblica dell’idrogeno in collaborazione con il Dipartimento nazionale dei

Vigili del Fuoco; — individuazione delle tecnologie abilitanti, sviluppo dei modelli business e creazione di figure professionali che favoriscano lo sviluppo dell’economia dell’idrogeno.

I test proseguiranno per tre anni, al termine dei quali il principale risultato del progetto sarà la creazione di una piattaforma polivalente per testare e validare le tecnologie relative alla filiera dell’idrogeno nel suo complesso.

Si tratta, chiaramente, solamente di uno dei numerosi esempi di studi sperimentali sull’implementazione di un’economia basata sull’idrogeno, non esaustivo, ma sicuramente rilevante dal punto di vista della ricerca e dell’innovazione tecnologica.

Un grande disributore di idrogeno verde con cui rifornire il resto d'Italia. Nascerà nella Sicilia sud-orientale, tra Catania e Siracusa (repubblica.it).

Cerchiamo di illustrare in che modo progetti come questo potranno essere utili per la blue economy italiana, per la portualità e per la sicurezza del nostro paese.

Hydrogen valleys italiane

Le potenzialità dell’idrogeno e delle valli dell’idrogeno per le aree portuali italiane è evidente. Con lo slancio fornito dalle istituzioni europee (dalla Commissione Europea in particolare) si potrà puntare in maniera strutturata e coerente sullo sviluppo delle tecnologie illustrate in precedenza. L’Hydrogen Strategy for a Climate-neutral Europe (9) lanciata dalla Commissione europea l’8 luglio 2020 vedrà concreta attuazione grazie alla European Clean Hydrogen Alliance (10), uno strumento a supporto della suddetta strategia che riunirà al suo interno industria, ricerca, istituzioni pubbliche e società civile. L’Italia cela potenzialità significative e potrà diventare pioniere del settore con i giusti investimenti e la giusta pianificazione. L’Italia può contare su una filiera industriale e centri di ricerca di rilevanza internazionale: puntando sul proprio estro creativo e sulla leadership tecnologica in molti settori manifatturieri, sarà possibile complementare gli evidenti vantaggi strategici forniti dalla conformazione territoriale del nostro paese e rendere la penisola un hub tecnologico innovativo e d’avanguardia dal punto di vista infrastrutturale (11). Più precisamente, la propensione marittima dell’Italia la rendono il modello ideale per sviluppare hydrogen valleys in corrispondenza delle aree portuali.

Come definito dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), le aree portuali avranno un ruolo fondamentale per il rilancio economico-industriale nel prossimo futuro. Non ci si può abbandonare alla semplificazione rappresentata dalla convinzione che l’economia basata sull’idrogeno sarà la panacea per la tradizionale lentezza e inefficienza del sistema burocratico e produttivo italiano. Tuttavia, è sicuramente saggio credere che un settore emergente come quello dell’idrogeno possa rappresentare una nuova interessante e innovativa possibilità per l’economia italiana — ed europea. Il ruolo che un paese potrà ricoprire nei mercati dell’idrogeno rinnovabile, infatti, dipenderà dalla sua abilità di produrre e distribuire idrogeno in maniera efficiente rispetto ai costi e su vasta scala. La produzione di idrogeno rinnovabile tramite elettrolisi richiede sia energia rinnovabile che acqua dolce, dunque, per analizzare il potenziale di idrogeno rinnovabile di un paese, sono necessari tre parametri: disponibilità di risorse rinnovabili, disponibilità di fonti d’acqua dolce, potenziale infrastrutturale, ovvero la capacità di un paese di costruire e gestire la produzione, il trasporto, e la distribuzione della risorsa energetica.

Per quanto riguarda il primo parametro, la disponibilità di risorse rinnovabili, l’attuale situazione di crisi dovuta alla guerra in Ucraina e gli sforzi proposti dal pacchetto Fit for 55 della Commissione europea rendono evidente quanto i paesi UE e l’Italia in particolare debbano affrontare l’eccessiva dipendenza da idrocarburi provenienti da paesi terzi. La risposta a breve termine riguarda l’assicurarsi canali di approvvigionamento di gas naturale alternativi a quello russo, da cui l’Italia dipende per il 40% circa. Nel medio e lungo termine, tuttavia, sarà necessario spingere sulle rinnovabili, sia in termini di maggiore produzione che di snellimento degli ostacoli burocratici e dei permessi relativi alla realizzazione di progetti, che al momento sembrano rappresentare l’ostacolo maggiore per una più veloce implementazione delle

politiche energetiche. Considerando ciò, ci si può aspettare un’accelerazione sostanziale nel giro di un paio di decenni, se non meno, che potrebbero garantire l’energia proveniente da fonti rinnovabili in eccesso necessaria per l’elettrolisi e, dunque, per la produzione di idrogeno verde. Risulta evidente che ridurre i tempi di questo passaggio permetterebbe all’Italia di inserirsi in maniera decisa nel mercato dell’idrogeno, evitando di farlo a mercato saturo.

Prendendo in esame il secondo parametro: le risorse idriche non mancano nel nostro paese, ma la gestione del sistema idrico è criticamente disfunzionale. I livelli di sprechi e perdite del sistema idrico sono preoccupanti e le istituzioni europee hanno insistito affinché il PNRR comprendesse interventi concreti sulle risorse idriche nazionali, a riprova dell’importanza della questione (12). Un’economia basata sull’idrogeno non potrà che reclamare un miglioramento generale del servizio idrico del paese: ciò rappresenta sicuramente una sfida non trascurabile, ma allo stesso tempo potrebbe spingere per la risoluzione di un problema che affligge le regioni italiane, soprattutto quelle centro-meridionali, da decenni. Inoltre, tecnologie sviluppate anche in Italia sembrerebbero poter fornire la possibilità di utilizzare l’acqua marina per l’elettrolisi e la produzione di idrogeno verde. Questo si inserirebbe perfettamente nella progettazione delle valli dell’idrogeno nelle portualità italiane, se non altro per la banale vicinanza geografica alle risorse dei nostri mari. In aggiunta, l’utilizzo di acqua marina compenserebbe la carenza di risorse idriche del Nord Africa, area geografica designata per accompagnare la transizione energetica europea. Si tenga conto che sono necessari 9 litri di acqua per ogni kg di H2 prodotto (13).

Infine, considerando il terzo parametro, il potenziale infrastrutturale è da considerare da un punto di vista più ampio e non solo in quanto necessario per la distribuzione e gestione dell’idrogeno. Lasciando ad altre sedi l’analisi degli interventi infrastrutturali necessari per permettere alle attuali reti di accompagnare l’ammodernamento e la decarbonizzazione, consideriamo quanto sarà necessario realizzare in ambito delle hydrogen valleys site in corrispondenza delle aree portuali.

Al momento, sono sette le valli dell’idrogeno italiane: uno dei progetti — già operativo — si trova in Lombardia e riguarda i trasporti ferroviari. Assorbendo i fondi del Recovery Plan, la regione Piemonte si è candidata per ospitare il Centro nazionale di Alta tecnologia dell’idrogeno, il secondo progetto. Una terza valle sarà gestita da Snam e dall’università di Modena e Reggio Emilia per dare vita a un Hydrogen Innovation Center che si occuperà di automazione delle filiere produttive di elettrolizzatori e celle a combustibile, stazioni di rifornimento di idrogeno, nuove applicazioni a supporto dei veicoli a guida autonoma.

Il quarto programma è quello proposto in precedenza in questo articolo, ovvero l’incubatore tecnologico per lo sviluppo della filiera dell’idrogeno del Centro ricerche di Casaccia di ENEA. Il progetto che ha preso il via presso l’acciaieria Ast di Terni e che metterà a disposizione parte dell’idrogeno che verrà prodotto nell’area industriale rappresenta la quinta proposta. Gli ultimi due progetti si trovano in Puglia e Sicilia: Edison e Snam, a cui si sono unite Saipem e Alboran, realizzeranno tre impianti di produzione di idrogeno verde nelle aree di Brindisi, Taranto e Cerignola, per una produzione potenziale di 300 milioni di

Diventando partner del progetto europeo LIFE3H, coordinato dalla Regione Abruzzo, il porto di Civitavecchia si candida a diventare la prima

Hydrogen valley portuale italiana (messaggeromarittimo.it).

metri cubi all’anno. In Sicilia, infine, la Regione punta alla creazione di un Centro nazionale di alta tecnologia dell’idrogeno, in modo da poter diventare un punto di riferimento per tutta l’area del Mediterraneo (14).

In parallelo a queste sette valli, esiste un progetto tripartito che sta attirando parecchia attenzione a livello di ricerca e politico. Si tratta del progetto LIFE3H, il cui obiettivo generale è quello di creare, sperimentare e replicare tre hydrogen valleys in cui verranno impiegati autobus alimentati a idrogeno. Tale fonte proverrà dalle produzioni in eccesso degli insediamenti industriali locali. Il progetto testerà nuove soluzioni di trasporto per migliorare la qualità dell’aria. I siti che ospiteranno queste tre valli sono: città storica di Terni (vicino a una delle più grandi acciaierie italiane), Porto di Civitavecchia, Altopiano delle Rocche. Per quanto riguarda la sezione del Porto di Civitavecchia, l’obiettivo è realizzare un progetto con la collaborazione dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno centro settentrionale per lo sviluppo di un porto green, con una serie di impianti mirati a inserire nel mix energetico energie rinnovabili e di idrogeno.

Un obiettivo secondario è quello di porre le basi per una valle transregionale, che abbia un focus specifico sullo sviluppo del trasporto pubblico locale su strada. In questo modo sarà possibile implementare politiche locali integrate, tra cui la diffusione di stazioni di rifornimento di idrogeno e di veicoli a celle a combustibile. LIFE3H è coordinato dalla Regione Abruzzo con un partenariato tra enti pubblici, istituti di ricerca, partner industriali e società di consulenza. Il progetto è co-finanziato dal programma UE LIFE 2020, è iniziato nel settembre 2021 e durerà 4 anni.

Idrogeno nell’ambito marittimo: aree portuali, navi e sottomarini

La messa a sistema crea innovazione

La transizione energetica è un processo impegnativo e complesso, per il quale sarà possibile raggiungere risultati solamente mettendo a sistema i diversi sforzi portati avanti da centri di ricerca, università, aziende, istituzioni, regioni, mercati, finanza. Le aree portuali hanno caratteristiche che le rendono incubatrici di potenzialità, sia dal punto di vista infrastrutturale che per la naturale apertura verso l’esterno e, quindi, verso il commercio.

Una delle dimostrazioni al riguardo più recenti e più significative è stata offerta dalla città della Spezia. All’evento «Green Hydrogen Gulf», tenutosi a inizio febbraio 2022 e organizzato dal Distretto ligure delle Tecnologie marine, è stato proposto un workshop che ha portato a confrontarsi alla Spezia tecnici e interessi diversi e che ha posto le basi per «i primi veri stati generali dell’idrogeno».

Confindustria, Confartigianato e Cna hanno mandato propri rappresentanti, a dimostrazione dell’interesse condiviso da più enti. Anche la Regione Liguria e il Comune della Spezia hanno partecipato: importante la loro rassicurazione istituzionale sull’intenzione di agevolare il più possibile gli iter amministrativi per l’implementazione dei progetti legati all’idrogeno. Enel ha un progetto in essere nella zona retroportuale della Spezia, dove verrà installato un polo di produzione dell’idrogeno (significativamente in sostituzione di una centrale a carbone). La discussione verteva sulle potenzialità del settore, ma anche sulle difficoltà e sugli ostacoli, primo fra tutti il costo per la produzione di idrogeno: un chilogrammo di

H2 verde costa circa 8 euro, portando un Mwh di energia così prodotta a raggiungere i 265 euro.

Sono stati indicati gli utilizzatori finali principali dell’idrogeno: i porti, le navi cargo, gli yacht, il comparto militare, un giorno anche le crociere, a dimostrazione dell’orientamento «marittimo» dell’idrogeno. Proponiamo un breve passaggio di un articolo che ha ripreso quanto discusso all’evento di febbraio scorso: «un progetto su scala maggiore è quello di Enel Green Power che, al fianco della nuova centrale a turbogas a Melara, utilizzerà le sue aree per un impianto di produzione di idrogeno tramite un elettrolizzatore, che dovrebbe essere operativo già nel 2024». «Inizialmente sarà connesso alla rete elettrica nazionale — sottolinea Lorenzo Ducci, responsabile attività commerciale idrogeno — ma entro il 2027 sarà alimentato da un impianto fotovoltaico installato proprio in area Enel. Produrrà fino a 200 tonnellate all’anno di idrogeno. Per il consumo finale abbiamo sottoscritto due memorandum, con Fincantieri e Adsp. È emerso, parlando in particolare con il cantiere del Muggiano, che non ci potrà essere un progetto nel breve periodo perché, semplicemente, non è pronta la tecnologia per utilizzarlo. Stiamo dunque lavorando con Confindustria, con l’idea di individuare partner industriali che debbano decarbonizzare i propri processi produttivi già nel breve periodo». «Snam sta lavorando per rendere le proprie infrastrutture odierne utilizzabili in prospettiva anche per l’idrogeno. L’ecosistema porto si presta particolarmente alle applicazioni dell’idrogeno», assicura Dina Lanzi, head of technical business unit hydrogen di Snam, che lavora a sua volta con Fincantieri e MSC per studiare come costruire le future navi a idrogeno e come garantire lo stoccaggio del combustibile verde. Fincantieri utilizza l’idrogeno alla Spezia «da molto tempo, visto che è installato sui nostri sottomarini. Certo in scala molto più piccola rispetto a quelle che serviranno in futuro» sottolinea Massimo De Benedetti (15). Queste righe ribadiscono i concetti espressi finora: necessità di unire varie discipline, creare una rete che colleghi diversi portatori di interesse, appoggiarsi sulle istituzioni e mirare alle aziende specializzate in infrastrutture ed energia. Solo così potrà vedere la luce un’economia basata sull’idrogeno. Progetti sperimentali per la navigazione

Lo sviluppo infrastrutturale legato a un ruolo di maggiore peso dell’idrogeno non è l’unica opportunità che questo tipo di fonte di energia offre. Infatti, uno degli obiettivi affidati all’idrogeno è quello di decarbonizzare i trasporti pesanti e i trasporti marittimi, che sono, al momento, inclusi nella categoria hard to abate in quanto non facilmente alimentabili con energia elettrica. La ricerca e la sperimentazione per la propulsione delle navi è partita già da qualche anno e mostra risultati promettenti. L’idrogeno applicato alla propulsione delle navi e al risparmio energetico sono scenari industriali dove Fincantieri, per citare un esempio, è in prima linea. L’idrogeno al momento è l’unica soluzione che potrebbe portare all’obbiettivo della nave a zero emissioni e Fincantieri, colosso italiano della navalmeccanica e leader mondiale nella costruzione di navi da crociera (ma attivo in molti altri ambiti, dal militare ai mezzi offshore), partecipa a diverse iniziative mirare proprio a sviluppare le tecnologie dell’H2 in ambito navale. L’azienda con base a Trieste si sta concentrando su alcuni progetti di ricerca che prendono in conside-

razione fuel cells alimentate a idrogeno. Inoltre, similmente a quanto illustrato per il progetto di ENEA nel Centro di ricerche di Casaccia, il gruppo Fincantieri sta definendo, grazie al supporto di alcuni enti istituzionali, le normative applicabili all’idrogeno nel contesto marittimo. Oltre all’innovazione tecnologica, è assolutamente necessario procedere a gran velocità nel contesto regolativo e burocratico in modo da evitare ostacoli normativi che ovviamente rallenterebbero il lancio dell’idrogeno su larga scala e ne renderebbero l’applicazione più difficoltosa di quanto i normali meccanismi di mercato già la rendano. Lo sforzo di Fincantieri in questo senso sarà dunque prolifico e importante per le future applicazioni in ambito marittimo.

Cionondimeno, l’applicazione dei modelli è quantomai necessaria per testare la risposta della tecnologia alle condizioni reali — non stupisce che Fincantieri stia partecipando a una ricerca finanziata dal ministero dello Sviluppo Economico (MISE) che prevede test su di un sistema di generazione a fuel cell installato su una barca-laboratorio di 20 metri. Il progetto, chiamato TecBIA (Tecnologie a basso impatto ambientale per la produzione di energia su mezzi navali), si ripropone di studiare le tecnologie associate alla produzione di energia su mezzi navali e ha a disposizione circa 5 milioni di euro (16).

Attualmente tecnologie che consentano alle navi di utilizzare l’idrogeno come combustibile propulsore non sono facilmente accessibili, rendendo quindi la ricerca e la sperimentazione due fattori fondamentali in questa fase. Le celle a combustibile dovranno essere in grado di produrre diversi megawatt di potenza, con picchi di 60 o 70 MW: livelli molto distanti da quelli attuali.

Una seconda alternativa per avere navi a idrogeno è quella di utilizzare l’idrogeno direttamente come combustibile, ma, come appena affermato, la tecnologia è ancora lontana dal permettere un utilizzo di questo tipo: per lo sviluppo della tecnologia si porrà il problema dello stoccaggio a bassissime temperature e quello della scarsa densità dell’idrogeno che renderà necessario trovare soluzioni all’eccessivo spazio occupato dai serbatoi.

Considerando, poi, che sarà necessaria un’infrastruttura di rifornimento nei porti italiani, ma non solo, si dovrà concepire la nave a idrogeno all’interno di un disegno che si realizzi nel contesto di un ecosistema che deve ancora svilupparsi.

Nel prossimo decennio probabilmente si assisterà alla prima nave da crociera che utilizza l’idrogeno non per la propulsione ma per il carico alberghiero, che comunque assorbe un terzo della potenza. Nella decade successiva ci potranno essere navi totalmente a idrogeno, non solamente per il comparto crocieristico, ma anche per la logistica e il trasporto di merci (17). Applicazioni al settore della Difesa rendono il potenziale di questo elemento ancora maggiore.

La Marina Militare italiana è attiva sul fronte dell’idrogeno già da una ventina d’anni. I sottomarini classe U212A sono alimentati da celle a combustibile e sono dotati di una propulsione indipendente dall’aria in grado di garantire ai mezzi subacquei una lunga permanenza negli abissi e con impatto ambientale quasi nullo. La scelta di alimentare i mezzi subacquei a idrogeno vent’anni fa era drasticamente innovativa e continua a esserlo tutt’ora. Fu dettata da chiari motivi strategici, in quanto permette ai mezzi di rimanere «invisibili» nelle profondità marine molto a lungo, ma

anche ambientale. L’unico prodotto di scarto, infatti, è acqua ossigenata, che viene utilizzata a bordo dei sottomarini per vari usi. La Marina, avendo una tale expertise nel settore dell’idrogeno, poiché spinta dalla necessità di assicurarsi punti di rifornimento sull’intero globo, potrà fornire importantissime informazioni e dati per rendere l’idrogeno una possibilità concreta della blue economy, sia a livello civile che militare di superficie. «Dagli abissi del mare, emergono dunque tecnologie di sviluppo sostenibile che, opportunamente collocate come volano di un sistema di ingranaggi, operante in sinergia, tra realtà industriali e mondo accademico nazionali, rappresentano un’opportunità per il comparto industriale, navale e subacqueo e, potenzialmente, di sostegno all’industria nazionale di altri settori strategici per la Difesa e per il paese, nell’ottica di aprire nuovi sbocchi sui mercati, rispondenti a una vision convintamente orientata alla crescita e all’arricchimento del Sistema Paese» (18).

Gianpaolo Damiano Bono, capitano di fregata del Genio Navale e sommergibilista, parla degli U212, costruiti alla Spezia: «Nei primi anni Duemila iniziammo le sperimentazioni di quella tecnologia [fuel cells]. Oggi sono unità dalla complessità progettuale tra le più elevate al mondo nel nostro settore». Il risultato è un battello molto difficile da individuare con sonar passivi e infrarossi, aspetto vitale per un’unità da guerra. «Le criticità anche per noi sono nello stoccaggio e nei costi, compensati tuttavia dai vantaggi operativi. Anche la Marina Militare può trarre vantaggio ovviamente da iniziative comuni sulla via dell’idrogeno. Bisogna sollecitare la governance, rischiamo sennò che la tecnologia vada più avanti delle normative per utilizzarla» (19).

La prospettiva attuale è che i fondi e l’attenzione delle istituzioni italiane ed europee stiano venendo sempre di più indirizzati a progetti sperimentali come quelli descritti in precedenza (TecBIA e Casaccia). Il PNRR italiano potrà essere un trampolino di lancio fondamentale, considerando che esso consiste non solo in finanziamenti e fondi destinati almeno al 37% alla transizione ecologica e almeno al 20% alla transazione digitale, ma richiede anche che vengano portate avanti riforme per facilitare e accelerare i processi amministrativi per l’applicazione delle soluzioni verdi. Certamente la proposta RePowerEU della Commissione europea e la volontà europea sempre più ferma di sganciarsi dalla sovra-dipendenza dagli idrocarburi russi comporterà ulteriori passi in avanti nella definizione di politiche verdi, a prescindere da tutte le difficoltà del caso. Ribadiamo l’importanza di non perdere un’occasione più unica che rara per rilanciare l’economia da decenni stagnante del nostro paese. Le potenzialità della Blue Economy in Italia sono enormi e necessitano «semplicemente» della giusta programmazione e dello spirito di innovazione adatto. Nel concreto, ciò significa mettere a sistemi gli sforzi portati avanti su più fronti: riproponendo l’esempio del progetto TecBIA, osserviamo come alcune delle tecnologie impiegato dal ministero della Difesa per la propulsione dei sottomarini a idrogeno è stata adattata per permettere al prototipo di nave progettato. Pochi mesi fa, presso il cantiere navale di Castellammare di Stabia, è stata varata Zeus — Zero Emission Ultimate Ship — la prima nave a

idrogeno progettata da Fincantieri. Le dimensioni sono di circa 25 metri di lunghezza, per 170 tonnellate di peso. Zeus è caratterizzata da un impianto fuel cell unico nel suo genere per la navigazione in mare. La propulsione avviene grazie a circa 50 Kg di idrogeno contenuto in 8 bombole a idruri metallici. L’idrogeno alimenta celle da 130 kW che garantiscono circa 8 ore di navigazione a 7,5 nodi. Il sistema non è troppo distante da quello utilizzato per i sottomarini. In aggiunta, tuttavia, la nave può contare su un impianto ibrido composto da due generatori diesel e due motori elettrici a supporto delle celle (20). Ora la nave verrà testata in mare e offrirà risposte fondamentali per lo sviluppo di sistemi su più grande scala, per navi da crociera, navi da guerra e grandi portacontainer. Le dimensioni molto maggiori rendono più complicato ottenere una propulsione e un’autonomia sufficienti, ma permettono di prevedere applicazioni di sistemi di maggiore portata e, soprattutto, di studiare un nuovo modello di tecnologie per la produzione di energia elettrica e termica a bordo delle navi stesse. Per il momento Zeus utilizzerà un quadro di propulsione multi-modalità che «permetterà di alimentare i motori in 4 diversi modi: zero noise, in cui si utilizzano esclusivamente batterie al litio capaci di garantire un’autonomia di 4 ore di navigazione alla velocità di 4 nodi; zero emission, in cui l’energia elettrica viene fornita dalle fuel cell; navigazione su diesel generatore con batterie in ricarica; navigazione su diesel generatore per i trasferimenti, con una autonomia di 60 ore a nove nodi» (21).

Lo scoglio tecnico da superare è l’autonomia dell’unità in rapporto al volume occupato dal combustibile. Il gasolio garantisce una traversata oceanica con un serbatoio di dimensione «1», per il metanolo ne serve uno due volte e mezza più grande, per l’idrogeno liquido 4,6 volte e per le batterie circa 50 volte di più. Esistono collaborazioni multinazionali in essere per alcune realtà italiane (Siemens, per esempio, si sta occupando dell’ottimizzazione delle celle a combustibile).

Geopolitica dell’idrogeno e sicurezza energetica

Unione Europea e rete dell’idrogeno per la sicurezza energetica

Da una prospettiva geopolitica, se i sistemi energetici futuri dell’idrogeno rinnovabile saranno concentrati come quelli a idrocarburi attuali o decentralizzati come le rinnovabili dipenderà fortemente dalle strutture di mercato, dalla tecnologia, e dalla disponibilità di infrastrutture abilitanti. L’Unione europea è ovviamente attiva per fare il possibile affinché le regole impostate da Bruxelles facilitino un deployment dell’idrogeno il più velocemente ed efficacemente possibile: l’UE vuole rendere il continente europeo un precursore della tecnologia legata all’idrogeno in seno agli obiettivi verdi inseriti nel Green Deal.

Nel nuovo Regolamento sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi (22) si afferma che entro il 2030 le stazioni di rifornimento dell’idrogeno dovranno essere accessibili almeno ogni 150 chilometri lungo la rete di trasporto automobilistico transeuropeo (TEN-T). Inoltre, ogni nodo della TENT dovrà avere una stazione di rifornimento di idrogeno per servire sia camion che automobili. La rete TEN-T è un progetto dell’UE per costruire un sistema di strade,

ferrovie, aeroporti e infrastrutture idriche. Con la Clean Hydrogen Partnership l’UE vuole compiere un nuovo grande passo in avanti per portare tecnologie innovative dal laboratorio alla fabbrica e, in definitiva, alle imprese e ai consumatori europei. L’obiettivo è portare il costo dell’idrogeno pulito al di sotto di 1,8 euro al chilo entro il 2030 (23). Tutto ciò è importante se si tiene a mente la necessità di migliorare il livello di sicurezza energetica dell’intera Unione, in particolare nella prospettiva proiettata dalla crisi in Ucraina e dalla necessità di svincolarsi dalla dipendenza dagli idrocarburi russi. Vari studi (24) indicano l’impiego di gas alternativi e rinnovabili potrà migliorare la sicurezza energetica europea, rendere il continente più energeticamente resiliente e dare stimolo all’industria e all’infrastruttura comunitaria.

In questo contesto si inserisce perfettamente il concetto alla base della «Bussola Strategica» europea, un documento pubblicato qualche mese fa da Bruxelles. Date le priorità solitamente non militari della sicurezza europea (25), l’integrazione dei sistemi e delle reti energetiche si integra perfettamente con l’intenzione di serrare le file per una risposta coesa all’invasione russa dell’Ucraina.

Inoltre, in maniera ancora più evidente, l’innovazione tecnologica e lo sviluppo infrastrutturale (compreso quello energetico e digitale) saranno tasselli fondamentali per l’implementazione del nuovo piano della Commissione europea denominato Global Gateway: un piano che «mira a raggiungere connessioni sostenibili e affidabili per le persone e il pianeta. Contribuirà ad affrontare le sfide globali più urgenti, dalla lotta ai cambiamenti climatici al miglioramento dei sistemi sanitari e al rafforzamento della competitività e della sicurezza delle catene di approvvigionamento globali». Grazie a un approccio «Team Europa» (che riunisce l’UE e gli Stati membri con le loro istituzioni finanziarie e di sviluppo, comprese la Banca Europea per gli Investimenti, BEI, e la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, BERS), il piano punterà

a mobilitare il settore privato al fine di stimolare gli investimenti per un impatto trasformativo (26). Nonostante questo documento strategico punti più alla cooperazione internazionale con paesi terzi, è chiaro che le opportunità che si creeranno stimoleranno la ricerca e l’innovazione tecnologica per tutti i settori compresi dal piano, tra cui energia, trasporti, digitalizzazione.

Sicurezza energetica italiana

Tradizionalmente dipendente da fonti di energia esterne e bloccata da iter amministrativi eccessivamente lunghi, l’Italia potrà beneficiare dalla transizione energetica in maniera significativa, non solo dal punto di vista economico-industriale, ma anche in termini di sicurezza energetica, intesa come la disponibilità di risorse energetiche costanti, affidabili e a prezzi accessibili. La sostituzione del gas russo, da cui l’Italia dipende al momento per circa il 40%, passerà necessariamente attraverso un aumento progressivo dell’idrogeno. Allo stato attuale, esso ha una penetrazione di meno dell’1% nel mix energetico, ma si vuole arrivare al 20% entro il 2050 e schierarlo in diversi settori: marittimo, trasporto pesante, industriale e per il riscaldamento. L’Italia deve creare una propria strategia, con obiettivi precisi e il percorso per raggiungerli, sia a livello di trasporti che di utilizzo dell’idrogeno in sostituzione diretta del gas (27).

Il PNRR rappresenta un primo passo in questa direzione, come già citato in precedenza: in particolare per il rinnovo di parte della flotta navale e per la sua immissione nella rete gasiera attualmente in funzione.

Per la parte relativa ai trasporti, in dettaglio quelli marittimi, esistono anche Progetti Integrati di Interesse Comune Europe (IPCEI), uno strumento che favorisce l’introduzione di tecnologie innovative e che può contribuire ad abbattere le barriere che impediscono l’utilizzo dell’idrogeno nei trasporti marittimi (28).

Avviare collaborazioni internazionali è quantomai fondamentale in questa fase. Per citare un esempio, la Germania è già attiva e sta portando avanti progetti per lo sviluppo delle tecnologie dell’idrogeno (29). In questo modo, si potrà tracciare la strada per il futuro dell’hydrogen economy da una posizione di mercato dominante. In futuro vi saranno paesi esportatori di idrogeno, magari sotto forma di ammoniaca, e quindi serviranno terminal di ricevimento. Lo si riceverà dal Golfo Persico, dall’Africa ma anche da più lontano, forse dall’Australia o dal Cile. Quindi i porti hanno già oggi un ruolo centrale nella transizione energetica, non solo come hub, ma anche domani, come stazioni di rifornimento per terra e per mare. Da qui, l’importanza strategica di sviluppare l’infrastruttura portuale e retroportuale: ciò assicurerebbe completa assimilazione del mercato dell’idrogeno nel sistema economico nazionale e garantirebbe un generale miglioramento della sicurezza energetica del paese. Ma non solo: l’innovazione tecnologica dovrà interessare anche le infrastrutture energetiche e permettere un generale ripensamento e ammodernamento delle reti esistenti.

Conclusione

In questo articolo si è cercato di illustrare le potenzialità e le criticità dell’idrogeno come combustibile alternativo agli idrocarburi tradizionali e alla filiera

economico-industriale a esso collegata. Tramite alcuni esempi concreti di applicazione della tecnologia legata all’idrogeno a progetti di interesse nazionale, si è cercato di comprendere quali sono i punti su cui scienza e politica si dovranno concentrare per far sì che l’economia basata sull’idrogeno possa prendere piede nella maniera più efficace e veloce possibile.

I progetti illustrati si concentrano su studi sperimentali condotti da diverse realtà: centri di ricerca, aziende specializzate nello sviluppo infrastrutturale, enti presenti nelle aree portuali, e così via, a dimostrazione del fatto che l’integrazione settoriale è l’approccio preferito per lo sviluppo di un settore ancora in divenire.

All’interno dell’articolo sono state presentate le caratteristiche delle valli dell’idrogeno e le loro potenzialità per l’Italia, soprattutto quando associate a ecosistemi basati sulla portualità. Gli studi in essere sul territorio italiano hanno lo scopo di apportare importanti risultati all’innovazione tecnologica e infrastrutturale per rendere il nostro paese uno dei campioni del settore dell’idrogeno a livello mondiale. La naturale e tradizionale predisposizione marittima dell’Italia la rendono uno dei protagonisti potenziali per lo sviluppo internazionale della filiera dell’idrogeno. I giusti investimenti, basati su decisioni lungimiranti e affiancate da studi scientifici all’avanguardia sono il fattore che può spingere sull’acceleratore della transizione energetica e sullo sviluppo economicoindustriale dell’Italia. L’innovazione tecnologica potrà essere applicata all’infrastruttura ma anche ai sistemi di navigazione (incluse le applicazioni civili, commerciali e militari).

I vari programmi nazionali e comunitari (PNRR, Global Gateway, Hydrogen Strategy for a Climate-neutral Europe, European Clean Hydrogen Alliance, ecc.) permetteranno un’implementazione più efficace delle varie iniziative dedicate allo sviluppo dell’idrogeno.

Infine, programmare un sistema energetico basato sull’idrogeno in maniera via via crescente aiuterà a diminuire la dipendenza da idrocarburi provenienti da paesi terzi e, quindi, permetterà di ricalibrare la geopolitica energetica dell’UE e dell’Italia, oltre che garantire un miglioramento della sicurezza energetica su più fronti. 8

NOTE

(1) ISPI, aprile 2021, www.ispionline.it/it/pubblicazione/la-geopolitica-dellidrogeno-rinnovabile-30233. (2) McKinsey, 01/2022, www.mckinsey.com/business-functions/sustainability/our-insights/sectors-are-unevenly-exposed-in-the-net-zero-transition. (3) Mission Innovation, 05/2019, http://mission-innovation.net/2019/05/13/hydrogen-valleys-demonstrating-the-power-of-hydrogen. (4) Mission Innovation, 05/2019, http://mission-innovation.net/2019/05/13/hydrogen-valleys-demonstrating-the-power-of-hydrogen. (5) Una fuel cell, o cella elettrochimica, è un sistema che converte l’energia chimica di un combustibile (spesso idrogeno) e un agente ossidante (spesso ossigeno) in elettricità attraverso una coppia di reazioni redox. (6) www.cnr.it. (7) www.enea.it/it. (8) ENEA, 01/2021, www.eai.enea.it/component/jdownloads/?task=download.send&id=1231&catid=61&Itemid=101. (9) https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX:52020DC0301. (10) https://ec.europa.eu/growth/industry/strategy/industrial-alliances/european-clean-hydrogen-alliance_en. (11) Rienergia, 10/2021, https://rienergia.staffettaonline.com/articolo/34855 /Nasce+l%E2%80%99 Hydrogen+Valley:+tecnologia+italiana+a+servizio+della+transizione/Monteleone. (12) Per maggiori informazioni, si consulti: — Rienergia, 03/2022, — Rienergia, 03/2022, https://rienergia.staffettaonline.com/articolo/34953/Servizio+idrico:+ i+primi+timidi+passi+verso+un+percorso+virtuoso+di+miglioramento/Massarutto. (13) Rivista Energia, 02/2021, www.rivistaenergia.it/2021/02/qualche-interrogativo-da-dipanare-sullidrogeno-verde. (14) Repubblica, 10/2021, www.repubblica.it/economia/affari-e-finanza/2021/10/04/news/l_italia_ad_idrogeno_la_scommessa_parte_da_sette_valley_-320301189. (15) Città della Spezia, 02/2022, www.cittadellaspezia.com/2022/02/03/industria-ricerca-e-politica-d’accordo-sara-il-golfo-dellidrogeno-429646. (16) Fincantieri, www.fincantieri.com/it/innovazione/progetti-di-innovazione. (17) Industria Italiana, 06/2021, www.industriaitaliana.it/fincantieri-ricerca-sviluppo-idrogeno-blue-economy-navi/. (18) Ministero della Difesa italiano, www.marina.difesa.it/cosa-facciamo/per-ambiente/flotta-verde/Pagine/I_Combustibili_alternativi.aspx. (19) Citta della Spezia, 02/2022, www.cittadellaspezia.com/2022/02/03/industria-ricerca-e-politica-daccordo-sara-il-golfo-dellidrogeno-429646. (20) Hydrogen News, 02/2022, https://hydrogen-news.it/zeus-la-prima-nave-a-idrogeno-di-fincantieri-e-stata-varata-a-castellammare-di-stabia. (21) Il Sole24Ore, 09/2020, www.ilsole24ore.com/art/fincantieri-avvia-costruzione-zeus-nave-sperimentale-zero-emissioni-ADOecDr?refresh_ce=1. (22) EurLex, 07/2021, https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:dbb134db-e575-11eb-a1a5-01aa75ed71a1.0006.02/DOC_1&format=PDF. (23) Euractiv, 12/2021, www.euractiv.com/section/energy/news/e2-billion-clean-hydrogen-partnership-another-move-away-from-hydrogen-cars/?utm_source=piano &utm_medium=email&utm_campaign=17753&pnespid=qqtsV3tbP7gVhOfOvzWxSIOd5EOpV4tnI7aty7d4pR1m1ZRgX07c9m9m_aDeAQHHiO3s1P4ibw. (24) Si veda, per esempio: E3G, 03/2022, www.e3g.org/publications/eu-can-stop-russian-gas-imports-by-2025. (25) Sweeney&Winn, Defence Studies, 02/2022, www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/14702436.2022.2036608. (26) Commissione Europea, https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/stronger-europe-world/global-gateway_it. (27) Citta della Spezia, 02/2022, www.cittadellaspezia.com/2022/02/03/industria-ricerca-e-politica-d’accordo-sara-il-golfo-dellidrogeno-429646. (28) Industria Italiana, 06/2021, www.industriaitaliana.it/fincantieri-ricerca-sviluppo-idrogeno-blue-economy-navi. (29) Siemens è presente in un impianto di idrogeno prodotto da energia solare a Dubai. Uno studio congiunto emiratino-tedesco sul ruolo dell’idrogeno nella transizione energetica è stato pubblicato a gennaio 2021 e il 4 novembre 2021, durante la COP 26, è stata annunciata una task force congiunta per promuovere la cooperazione sull’idrogeno verde tra i due paesi. Anche la Francia ha espresso interesse nel cooperare con gli EAU nel settore dell’idrogeno.