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4.1. Leggi di Memoria: l’obbligo di ricordare
Capitolo IV Stragi a memoria d’uomo.
4.1. Leggi di Memoria: l’obbligo di ricordare.
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“Quando parliamo di memoria pubblica ci riferiamo a un “patto” in cui ci si accorda su cosa trattenere e cosa lasciare cadere
degli eventi del nostro passato. Su questi eventi si costruisce l’albero genealogico di una nazione”
751 .
«Siamo solo ciò che siamo stati. Più precisamente: ciò che ricordiamo di essere stati»752 asseriva in uno dei suoi saggi Franco Ferrarotti. La funzione identitaria e dinamica del ricordo è un tema lungamente e ampiamente dibattuto nelle scienze umane, così come lo sono i rapporti fra Storia, Memoria e Identità.753
751 G. De Luna, La Repubblica del dolore, op. cit., cit. p. 13. 752 F. Ferrarotti, L’Italia tra storia e memoria. Appartenenza e identità, Donzelli, Roma, 1997, cit. p.4. 753 Solo a titolo esemplificativo, sul rapporto fra memoria e identità: M. Halbwachs, I quadri sociali della memoria, Napoli, Ipermedium, 1997; M. Halbwachs, La memoria collettiva, Milano, Unicopli, 1987; L. Sciolla, Memoria, identità e discorso pubblico, in M. Rampazi, A. L. Tota (a cura di), Il linguaggio del passato. Memoria collettiva, mass media e discorso pubblico, Roma, Carocci, 2005; P. Jedlowski, Memoria, esperienza, modernità. Memorie e società nel XX secolo, Milano, Franco Angeli, 2002; A. Assman, Ricordare. Forme e mutamenti della memoria culturale, Bologna, il Mulino, 2002; P. Connerton, Come le società ricordano, Roma, Armando Editore, 1999; T. Grande, Il passato come rappresentazione. Riflessioni sulle nozioni di memoria e rappresentazione sociale, Rubettino, Soveria Mannelli, 1997; G. Namer, Memorie d’Europa: identità europea e memoria collettiva, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1993; U.Fabietti, V. Matera, Memorie e identità. Simboli e strategie del ricordo, Roma, Maltemi, 1999; M. Castoldi, U. Salvi, Parole per ricordare. Dizionario della memoria collettiva, Bologna, Zanichelli, 2003. Sul rapporto fra memoria e storia: N. Gallerano, N. (a cura di), L’uso pubblico della storia, FrancoAngeli, Milano, 1995, A. Triulzi, A., Dopo la violenza. Costruzioni di memoria nel mondo contemporaneo, l’ancora, Napoli, 2005; M. Del Treppo, La libertà della memoria, Viella, Roma, 2006; H. Marrou, La conoscenza storica, Il Mulino, Bologna, 1962; E. Fox-Genovese; E. Lasch-Quinn, Reconstructing History, Routledge, London, 1999; M. Augè, Le forme dell'oblio, Il Saggiatore, Milano, 2000; G. Bechelloni, Diventare Italiani coltivare e comunicare la memoria collettiva, Napoli, Ipermedium, 2003; M. Bloch, La guerra e le false notizie, Donzelli, Roma, 1994; R. Bodei, Addio al passato: memoria storica oblio e identità collettiva, «Il Mulino» n° 2, 1992; G. Contini, Memoria e storia, Franco Angeli, Milano, 1985; M. Flores, (a cura di) Storia, Verità, Giustizia. I crimini del XX secolo, Milano, Bruno Mondadori, 2001; T. Gregory, M. Morelli (a cura di), L'eclisse della memoria, Laterza, Roma-Bari, 1994; J. Le Goff, Storia e memoria, Einaudi, Torino, 1982; A. Oliviero, Memoria e oblio, Rubettino, Soveria Mannelli, 2003, L. Passerini, Memoria e utopia, Bollati Boringhieri, Torino, 2003; L. Passerini, Storia e soggettività, La nuova Italia, Firenze 1988; P. Ricoeur, La memoria, la storia, l'oblio, Raffaele Cortina editore, Milano, 2003;T. Todorov, Gli abusi della memoria, Ipermedium, Napoli, 1996; E. Traverso, Il passato: istruzioni per l'uso. Storia, memoria, politica, Ombre corte, Verona, 2006; G. Turnaturi, Associati per amore, Feltrinelli, Milano, 1991; A. Giannuli, L’abuso pubblico della storia. Come e perché il potere pubblico falsifica il passato, Guanda, Parma, 2009. 232
Avendo attenzione per il discorso pubblico sullo stragismo italiano, è possibile interrogarsi sul turning point del ricordo istituzionalizzato nella giornata in memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi, per cercare di comprendere se e come sono cambiate le modalità di narrazione pubblica. L’iter politico che porterà alla proclamazione della data ufficiale è abbastanza articolato, in ogni caso sembra assumere rilievo e consistenza a partire da quella che, a nostro parere con molta efficacia, Luca Falciola ha definito la «cesura del 2006».754
Sfogliando i maggiori quotidiani nazionali è possibile rinvenire, a partire da quell’anno, una vivace e inedita discussione circa l’eccessiva eco mediatica riservata agli ex della lotta armata, in contrapposizione ad un silenzio imbarazzato e imbarazzante calato sulle voci delle vittime e dei loro familiari. Mentre si addensa la diatriba sull’opportunità o meno di pubblicare gli scritti dei brigatisti di ieri (Morucci, Faranda e Gallinari su tutti), accade che Sergio D’Elia, ex di Prima Linea riabilitato nel 2000 dal Tribunale di Roma dopo aver scontato lunghi anni di detenzione, sia eletto alla Camera dei Deputati nelle liste de “La Rosa nel pugno” e in seguito nominato segretario alla Presidenza della Camera.
La sua elezione suscita forti reazioni, specialmente nelle fila dei partiti di destra e fra i familiari dell’agente Fausto Dionisi, ucciso dall’organizzazione armata nel ‘78. Il giornalista Pierluigi Battista, sulle pagine del “Corriere della Sera”, commenta l’elezione dell’ex di PL sostenendo che inchiodare qualcuno al suo passato, «peraltro rigettato con non comune radicalità», è certamente ingiusto, nondimeno, «che la vedova di Fausto Dionisi […] non può che vivere con umiliazione la nomina a segretario della Camera di uno degli assassini di suo marito». D’Elia è stato condannato per concorso morale nell’omicidio e un tribunale dello Stato ha provveduto a dichiararne la completa riabilitazione. L’articolo di Battista prende a prestito questa storia per riflettere su un tema molto più ampio: alla sconfitta politica del terrorismo sembra aver fatto da contraltare una sua trasformazione in epica cinematografica e letteraria, un suo «dominio sull’immaginario» collettivo, in cui alla pietas per i protagonisti della lotta armata si accompagna il vuoto attorno alle vittime cui «non resta niente: né la vita, né, esaurite le cerimonie del cordoglio, il ricordo delle loro migliori imprese.»755 La questione è rilanciata da una delle protagoniste del nostro lavoro, Francesca Mambro, che difende strenuamente il diritto di D’Elia ad assolvere ruoli pubblici e politici in virtù del suo attuale
754 L. Falciola, Il racconto degli anni di piombo sulla stampa quotidiana nazionale (1996-2010), Rivista di Politica, Rubbettino, 01/2013, pp.129-139, cit. p. 138. 755 P. Battista, Le vittime del terrorismo sconfitte due volte da un’Italia senza memoria, “Corriere della Sera”, 05 giugno 2006, p.24.
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impegno in favore dei diritti degli ultimi (l’ex di PL è in prima fila contro la pena di morte presso la stessa associazione in cui Mambro e Fioravanti hanno trovato casa, “Nessuno tocchi Caino”) ma anche perché non ha mai strumentalizzato il suo passato e, anzi, se ne è dissociato pienamente accettando le leggi dello Stato italiano. L’ex “pasionaria nera” denuncia una certa attitudine della politica nostrana a cavalcare “ad orologeria” il dolore delle vittime, intervenendo quindi brevemente in un’altra questione aperta del dibattito.756
Il problema è, in estrema sintesi, quello del rapporto fra uno Stato chiamato direttamente in causa nei delitti e nelle stragi, e le vittime. Un problema di trasparenza, di responsabilità e di silenzi. A queste mancanze istituzionali iniziano a dare risposta alcuni contributi di cui approfondiremo in seguito i contenuti, come il volume I silenzi degli innocenti, edito proprio nel 2006. Il testo, frutto del lavoro dei giornalisti Giovanni Fasanella e Antonella Grippo, vuole raccontare le storie di chi ha perso un amore, un figlio, un amico, un genitore, un fratello. Le storie di chi è sopravvissuto, nonostante tutto. Nell’eco pubblica data in autunno al libro sulle pagine de “La Repubblica”, si fa avanti l’idea che sia ormai forse immaginabile «far coincidere la verità possibile con il possibile perdono. Perché poi […] ciò che fa male non è tanto che lo Stato abbia lasciato sole le vittime. Ciò che addolora è che non approfitti delle loro storie, del loro esito così vario, della loro intatta purezza, della loro esemplare umanità, per diventare un po' più civile, un po' meno selvaggio di quello che è».757 L’immagine dello Stato, di nuovo, è posta in discussione. La sua stessa essenza è sotto accusa per superficialità e scarsa civiltà. Eppure qualcosa si muove in direzione delle vittime, anche nelle aule del Parlamento. Il 20 settembre 2006 la senatrice Sabina Rossa, figlia di quel Guido Rossa che dalle Brigate Rosse è stato assassinato ventisette anni prima, aveva infatti presentato al Senato la proposta di istituzione di una giornata della memoria in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi. Il 3 aprile dell’anno successivo la Camera approverà il ddl che diverrà legge dello Stato il 4 maggio 2007.
756 G. Bianconi, Mambro: Sergio ha chiuso i suoi conti. Lavorerà anche per i parenti delle vittime, “Corriere della Sera”, 06 giugno 2006, p. 14. 757 F. Ceccarelli, Stragi e omicidi, trent’anni di buio. In un libro la Spoon River del terrore, “La Repubblica”, 17 novembre 2006, p.16.
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Pubblicata l’indomani in Gazzetta ufficiale, la L. n.56758 entrerà in vigore col plauso del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sentitamente espresso in una lettera alle Associazioni delle Vittime:
Ho seguito e incoraggiato, negli ultimi mesi, il percorso delle proposte di legge volte a istituire un "Giorno della memoria" dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice […] La legge prevede un complesso di iniziative, la cui preparazione culminerà in una prima celebrazione il 9 maggio 2008. […] Nel darvene annuncio, desidero sottolineare il significato e l'importanza che attribuisco alla decisione del Parlamento : essa colma un vuoto di memoria storica e di attenzione umana e civile, che molti di voi avevano dolorosamente avvertito."759
La data scelta per la commemorazione, l’anniversario del delitto di Aldo Moro, è suffragata da un’ampia condivisione in seno alla Camera (420 voti favorevoli, 1 contrario e 46 astenuti). Tuttavia, l’omicidio del presidente della Democrazia Cristiana non può dirsi rappresentativo dell’intera stagione terroristica del nostro Paese, né tantomeno di quella stragista, e in molti evidenziano la loro perplessità. Il dibattito in Aula, serrato ma breve, è stato tale che già in aprile (nell’annunciare la prima approvazione della proposta di legge) la stampa nazionale rilevava forti contrapposizioni: ad esempio lo storico Nicola Tranfaglia, eletto nelle fila dei Comunisti Italiani, aveva proposto la data simbolica del 12 dicembre e, deluso della data del 9 maggio, opterà infine per l’astensione. Anche Rifondazione Comunista avrebbe auspicato una più intensa discussione e «un maggior coinvolgimento pubblico», al fine di evitare «una manifestazione puramente propagandistica». Ma la querelle interessa anche e soprattutto la Destra italiana con il vice-capogruppo della Lega,
758 L. n.56, 4 maggio 2007: "Istituzione del "Giorno della memoria" dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 103 del 5 maggio 2007 Art. 1. 1. La Repubblica riconosce il 9 maggio, anniversario dell'uccisione di Aldo Moro, quale "Giorno della memoria", al fine di ricordare tutte le vittime del terrorismo, interno e internazionale, e delle stragi di tale matrice. 2. In occasione del "Giorno della memoria" di cui al comma 1, possono essere organizzate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, manifestazioni pubbliche, cerimonie, incontri, momenti comuni di ricordo dei fatti e di riflessione, anche nelle scuole di ogni ordine e grado, al fine di conservare, rinnovare e costruire una memoria storica condivisa in difesa delle istituzioni democratiche. Art. 2. 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. 759 G. Napolitano, Lettera aperta del Presidente della Repubblica ai famigliari delle vittime del terrorismo, 8 maggio 2007, Roma. Testo integrale della nota in http://presidenti.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Comunicato&key=5603
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Roberto Cota, che parla di «una brutta pagina» a proposito del dibattito parlamentare sul terrorismo, al quale fa eco la denuncia di retorica da parte di Carlo Giovanardi, dell’Udc («Negli interventi dell'estrema sinistra sono riaffiorate le teorie del doppio Stato e della repressione militare del terrorismo, come se si fosse trattato di due parti in guerra»).760
Nel giorno della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, si torna a parlare dell’opportunità del 9 maggio come data-simbolo di una lunga pagina di storia repubblicana. Intervistata dal quotidiano “La Repubblica”, Olga D'Antona, deputato dell'Ulivo e vedova del professor Massimo D'Antona assassinato dalle nuove Br nel maggio del '99, dichiara di aver votato a favore per «senso di responsabilità» e per «manifestare una volontà politica unitaria»761 nonostante la ricorrenza della strage di Piazza Fontana sarebbe stata per lei più rappresentativa. Stessa cosa era stata sostenuta in Aula qualche giorno prima, il 2 maggio, dal senatore dei Verdi, professore universitario e giornalista, Marco Boato, il quale esprimeva con forza la convinzione che il 12 dicembre avrebbe meglio rappresentato il sacrificio dei cittadini comuni e anonimi, senza per questo misconoscere quello dell’onorevole Aldo Moro. La scelta è stata quindi eminentemente politica e non è difficile immaginare come la rappresentazione collettiva della stagione terrorista schiacciata sulla tragica morte del presidente democristiano, finisca con avallare l’immaginario collettivo degli anni di piombo legati all’estremismo rosso, edulcorando o comunque lasciando nell’ombra le gravissime responsabilità del terrorismo di destra e dello stragismo neofascista delle bombe al tritolo. È altrettanto evidente come la data del 12 dicembre avrebbe posto l’accento sulle ormai accertate collusioni di una parte dello Stato e dei suoi apparati di sicurezza nel garantire impunità agli stragisti o nel fornire loro attiva collaborazione. La Memoria istituzionalizzata del terrorismo e delle stragi, che accende polemiche politiche e anima pubblici dibattiti, interessa anche le forme di commemorazione: la titolazione di piazze, vie e giardini, unitamente alla realizzazione di lapidi e monumenti, assume centralità nella dimensione collettiva del ricordo delle vittime e del tormentato decennio (si pensi, solo a titolo esemplificativo, alla diatriba sulle lapidi in memoria di Giuseppe Pinelli e di Luigi Calabresi a Milano, efficacemente analizzata dallo storico John Foot).762
760 C. Fusani, Il 9 maggio giorno della memoria per le vittime del terrorismo, 3 aprile 2007, www.repubblica.it 761 A. Custodero, Olga D’Antona richiama l’unione: non litighiamo anche sulla memoria, “La Repubblica”, 05 maggio 2007, p.19.
762J.Foot, Fratture d’Italia. Da Caporetto al G8 di Genova. La memoria divisa del Paese, Rizzoli, Milano, 2009. 236
In una più ampia prospettiva appare chiaro che se il XX secolo è profusamente considerato il secolo delle guerre, delle catastrofi naturali, dei conflitti armati e delle stragi di civili innocenti, il nuovo millennio è invece il secolo in cui la memoria di quegli eventi traumatici è imposta come obbligo di legge. Solo guardando al caso italiano ed escludendo la L. 56 del maggio 2007, cui abbiamo sinora fatto riferimento, dal 2000 a oggi sono state approvate numerose leggi che recano già nel nome riferimenti al campo semantico della memoria e del ricordo: la L.211 del 2000, che dichiara il 27 gennaio “Giorno della Memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”; la L.92 del 2004, che proclama il “Giorno del ricordo in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e la concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati"; la L.61 del 2005, che istituisce il “Giorno della libertà, in data 9 novembre, in ricordo dell'abbattimento del muro di Berlino”; la L.162 del 2009, che dichiara infine l’istituzione della “Giornata del ricordo dei Caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace”. Il Trauma collettivo è quindi ormai entrato pervicacemente nella narrazione pubblica dello Stato italiano.
Come abbiamo più volte rilevato, a seguito della tragedia sublimata nell’orrore della Shoah, la categoria di vittima è diventata nel Novecento il perno sul quale edificare la ri-costruzione della Storia, avvalendosi di diari, autobiografie, testimonianze, fotografie, video, espressioni artistiche di varia natura.
Dagli anni Novanta dell’ultimo secolo, il discorso sul trauma ha oltrepassato il confine mediatico e psichiatrico per estendersi alla questione della memoria storica e delle sue rappresentazioni socioculturali.
Gli studi sul trauma finiscono col colmare «la separazione tra un approccio storico alla cultura e quello testuale, […] tra il modo documentaristico e quello funzionale di rappresentare la storia, tra le esperienze individuali e quelle collettive».763
Il trauma ha una potenza dirompente: agita le coscienze, induce alla simbiosi, stimola l’empatia, permette l’incontro intimo con le vittime ed elimina la barriera della distanza temporale e dell’alterità fra il soggetto e la vittima stessa. Nondimeno, rischia di spettacolarizzare il dolore privandolo di sostanza, decontestualizzandolo.
763 J. Hirsch, Afterimage. Film, Trauma, and the Holocaust, Philadelphia, Temple UP, 2004, p.9, citato in R. Monticelli, Ereditare il trauma, cit., p. 178, in G. Procacci, M.Silver, L. Bertuccelli (a cura di), Le stragi rimosse. Storia, memoria pubblica, scritture, Edizioni Unicopli, Milano, 2008.
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Nel primo anno della celebrazione ufficiale, il 9 maggio 2008, Benedetta Tobagi invita a riflettere sui rischi dell’enfasi emotiva: parole come pacificazione e riconciliazione sembrano suggerire, a suo avviso, «che il percorso da fare per superare le difficili eredità degli anni Settanta sia solo di tipo personale o emozionale», mentre è oltremodo necessario capire. Conoscere le storie delle vittime è indispensabile e doveroso, ma vanno studiati anche gli obiettivi degli attentati, le tempistiche, il contesto storico-politico e va reclamata l’assunzione di responsabilità da parte dello Stato «per la pagina vergognosa dei depistaggi sulle stragi».764 Nella stessa pagina del quotidiano il giudice Salvini fa invece della riconciliazione il fulcro della sua riflessione, individuando in questo passaggio chiave la possibilità di far emergere la Verità dando vita ad una nuova commissione, composta di giuristi, storici e personalità indipendenti, pronta ad accogliere le testimonianze di tutti i protagonisti delle vicende (anche accordando l’impunità nei casi in cui emergano, a carico del testimone o di altri, reati commessi in passato, sulla scia dell’esperienza sudafricana di Nelson Mandela).
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Il dibattito abbraccia anche l’opinione contraria del pubblico ministero Armando Spataro, coinvolto in numerose inchieste sull’eversione di sinistra, che si dichiara convinto dell’inutilità di una nuova commissione «di variegata estrazione» che indaghi l’eversione offrendo in cambio l’impunità. L’intervista rilasciata al “Corriere”, all’indomani della pubblicazione di quella del giudice Salvini, insiste sul fatto che il nostro Paese, «grazie alla reazione compatta delle istituzioni, delle forze politiche, dei cittadini e grazie alle possibilità già offerte a chi intendeva dissociarsi», abbia già fatto i conti con la pagina del terrorismo e che se nuovi accertamenti sono necessari, vanno affidati agli investigatori e magari agli storici, senza permettere agli ex terroristi di assurgere ancora al ruolo di «maître à penser». 766
Quest’ultima questione è oltremodo spinosa. In quegli stessi giorni, infatti, Napolitano tuona apertamente contro le “tribune pubbliche” offerte agli ex della lotta armata, le cui apparizioni si fanno sempre più frequenti. A farne le spese sono le vittime e i familiari delle stesse, che alla sensazione di abbandono si trovano ad aggiungere il fastidio di una storia raccontata dalla sola voce dei “carnefici”. Le associazioni lamentano l’uni-direzionalità del racconto della stagione terrorista all’opinione pubblica, in un’eco quasi romantica che sembra avvolgere i protagonisti armati di quegli anni e
764 G. Schiavi, Benedetta Tobagi: non parliamo di pacificazione, “Corriere della Sera”, 09 maggio 2008, p.19. 765 Ivi, G. Guastella, «Impunità per i protagonisti che sveleranno i misteri». 766 G. Guastella, «Niente commissioni. Non ci sono misteri irrisolti», “Corriere della Sera”, 10 maggio 2008, p. 6. 238
denunciano il silenzio che pesa su chi, innocente, ha pagato con la propria vita gli anni della violenza politica e del terrorismo. Eppure, a nostro avviso, pur comprendendo le ragioni e i turbamenti dei sopravvissuti e di chi ha perso i propri cari, il fatto stesso che agli ex della lotta armata sia stato consentito di esprimersi pubblicamente, di rispondere alla Giustizia laddove questo si è verificato e persino di essere reinseriti nel tessuto sociale una volta giudicata estinta la pena, è segno di una vittoria importante della Democrazia. È conseguenza della tenuta dell’ordine costituzionale, delle garanzie del Diritto, dei valori più alti del vivere democratico.
Certo è, che se la Democrazia ha vinto non è però riuscita a scalfire in profondità quei processi interni allo Stato che ne hanno fortemente minato le basi.
Se molto si è ricostruito in ambito giuridico e storico, restano infatti ancora da approfondire le vicende di quella parte di Stato che anziché difendere la Repubblica con forza e fedeltà, l’ha calpestata strumentalizzando il terrorismo. In questo senso, la voce delle vittime diviene centrale e la loro presa di parola assume i toni di un costante richiamo alla vigilanza, perché ricordando i caduti resti viva la consapevolezza che la Democrazia va difesa, confermata, praticata e discussa ogni giorno. Perché, come evidenziato da Giovanni Moro, «senza i ricordi delle vittime e senza la comprensione del peso della storia del Paese che le loro vite hanno sopportato, nessuna operazione di approfondimento e interpretazione di quel passato potrebbe avere successo».767 Lo spazio accordato alla memoria delle vittime è di fatto cresciuto esponenzialmente quando nel maggio del 2006 al Quirinale si è insediato Giorgio Napolitano, il primo fautore istituzionale di un cambiamento in grado di spezzare la «prolungata assenza dello Stato al fianco delle vittime e di percorrere la strada della conciliazione delle memorie».768 Ma ben prima che a prendere la parole fossero le vittime, la storia del terrorismo italiano era stata raccontata dai carnefici. Generalmente, quando nel dibattito recente sulla violenza politica e il terrorismo si afferma d’essere immersi in un’iper-produzione letteraria, cinematografica e memorialistica del difficile decennio, si fa riferimento a tutto ciò che rientra nell’area dell’eversione di sinistra.
767 G. Moro, Memoria e impazienza, pp.239-250, cit. pp.248-249, in A. Ventrone (a cura di), I dannati della rivoluzione. Violenza politica e storia d’Italia negli anni Sessanta e Settanta, Eum, Macerata, 2010. 768 L. Falciola, Il racconto degli anni di piombo sulla stampa quotidiana nazionale …,op. cit., cit. p.135. 239