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L’emigrazione russa nel mondo

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INDICE DEI NOMI

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Agnese Accattoli

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tenutasi sempre a Parigi, per la successione al granduca Nikolaj nel 1929 (AP, 1919-30, b. 1554).

Sono tenuti d’occhio anche i movimenti di alcune figure di spicco della emigrazione russa in Europa, come il principe Feliks Jusupov, noto per aver assassinato Rasputin (sul suo viaggio a Vienna vedi AP, 1919-30, b. 1555), o il capo dell’Unione dei militari russi dell’ex regime, il generale Aleksandr Kutepov. Sono infatti oggetto di diversi rapporti i viaggi di Kutepov nelle capitali della diaspora russa in Europa nel 1929 e le ipotesi di una sua visita in Italia nello stesso periodo, nonché le notizie sul rapimento del generale, avvenuto a Parigi nel 1930 (b. 1555). Nel maggio 1930 giungono da Mosca notizie sull’intensa attività degli emigrati russi in Cecoslovacchia, e in particolare su una riunione tenutasi a Brno tra un gruppo di ex generali e ufficiali zaristi, tra cui Evgenij Miller, successore di Kutepov (b. 1561, f. Protezione).

Al 1929 risale un documento sull’inumazione a Belgrado del corpo del generale Vrangel’ (b. 1554), che fu oggetto in vita di numerosi rapporti, soprattutto dopo che i resti della sua armata si dispersero sulle coste mediterranee; analoghe attenzioni ricevettero gli altri capi degli eserciti bianchi prima e dopo le rispettive sconfitte: Denikin (bb. 1522, 1523, 1530, f. Armata del generale Denikin), Judenič, Kolčak (su entrambi bb. 1519, 1522; cfr. anche i fascicoli della Conferenza della Pace – CP, b. 41, ff. 28-29; CPS, b. 140 bis, f. 27)

Nella terza categoria sono raccolti i documenti prodotti e inviati al Ministero dagli emigrati stessi. Il Comitato nazionale russo di Parigi è il più attivo promotore e collettore delle istanze degli emigrati russi in Europa, che muovono appelli, proteste o proposte di iniziative antisovietiche (ad es. l’appello Alle chiese, ai governi e ai popoli del 1923, b. 1538; la lettera contro il riconoscimento della Russia bolscevica del 1924, b. 1541, f. Affari politici, 1° semestre); così come molto attiva è l’organizzazione Zemgor, associazione dei membri degli zemstvo e dei municipi russi, per il soccorso agli emigrati più poveri e l’autofinanziamento di varie imprese (b. 1529). Zemgor nel gennaio del 1921 si mette a capo di un coordinamento delle organizzazioni umanitarie dell’emigrazione che sollecita frequentemente i soccorsi italiani (Conferenza della Pace, b. 41, f. 24).

Soprattutto durante gli anni della rivoluzione e della guerra civile raggiungono il Ministero degli Esteri i più svariati appelli dai vari centri dell’emigrazione, anche italiani, a favore o a nome dei profughi, dei prigionieri di guerra, degli affamati, degli invalidi (un’istanza della Società degli invalidi russi in Germania, b. 1527; un promemoria di Persiani sugli aiuti agli invalidi russi, b. 1538, f. Russia T.G.; un’istanza dell’Opera nazionale invalidi di guerra per gli ex militari dell’esercito zarista in Italia, b. 1557, f. Miscellanea), dei militari (appello del Comitato esecutivo dei membri della costituente russa di Parigi contro le esecuzioni degli ufficiali nei campi di

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concentramento sugli Stretti, b. 1527; appello per la sorte dei reduci dell’armata di Vrangel’, b. 1529), delle donne, dei bambini (Lega per il soccorso dei bambini russi a Costantinopoli, b. 1527 e b. 1531, f. Soccorsi alla Russia), degli imprenditori (b. 1538, f. Russia T.G. lettera dell’Associazione finanziaria, industriale e commerciale russa all’estero sulla restaurazione economica della Russia), degli studenti (Supplica degli studenti russi di Nizza, b. 1557, f. Miscellanea) e degli intellettuali. Il 25 gennaio 1919, giorno della fondazione dell’Università di Mosca, gli studenti delle università di Mosca e degli altri istituti superiori di Russia riuniti a Omsk fanno pervenire attraverso il Ministero un appello al rettore dell’Università di Roma perché voglia, “in nome della civiltà e degli scopi eterni della scienza, assumere l’iniziativa di organizzare una riscossa delle genti civili per la difesa della civiltà che è sottomessa a una selvaggia distruzione nella parte della Russia attualmente in potere dei massimalisti” (Archivio di Gabinetto, 1910-23, b. 108, f. 147).

Numerosissime sono anche le segnalazioni di pietosi casi russi provenienti dagli organi di stampa italiani, le cui redazioni sono inondate di lettere di denuncia e di richiesta di soccorso. Si veda una risposta della redazione del «Corriere della Sera» a una lettrice russa nel settembre 1921:

Intorno alle condizioni dei profughi russi abbiamo altre numerose lettere che disgraziatamente non possiamo riferire nel giornale. Non possiamo neppure, dato il gran numero delle lettere che ci vengono indirizzate, occuparci direttamente di ogni singolo caso, per quanto interessante. Tutto quello che possiamo fare è di insistere presso le autorità governative perché abbiano a prendere in esame la situazione dei profughi (AP, 1919-30, b. 1527).

Solo per fare un esempio della varietà e dell’intensità delle comunicazioni dei russi emigrati, di cui il Ministero degli Esteri italiano era tramite o destinatario, si veda la b. 1532 degli Affari Politici del 1922, che contiene: a) un appello del Consiglio nazionale delle donne italiane sensibilizzato dall’associazione Zemgor a favore delle donne russe costrette alla prostituzione a Costantinopoli; b) un appello dell’Associazione pro russi bisognosi di Napoli (con sede nel giardino del Vasto a via del Mille); c) un appello congiunto delle organizzazioni russe di Roma sulle persecuzioni religiose in Russia da parte dei bolscevichi (l’appello è firmato dalla parrocchia ortodossa, dal Comitato della Croce Rossa, dall’Associazione per il soccorso ai russi, dalla Lega monarchica e dall’Unione militare); d) un appello dell’Unione nazionale russa alla Società delle Nazioni firmato da una ventina di istituzioni russe in Francia (vedi appello della stessa istituzione ai membri della conferenza di Losanna, b. 1533); e) un appello del Consiglio delle organizzazioni russe in Germania rivolto al Re d’Italia e ai presidenti di Camera e Senato e sottoscritto da ventinove istituzioni.

Le segnalazioni continuano fino alla fine degli anni Venti e oltre: nel 1928 arriva un esposto da Parigi a nome di un largo cartello di organizzazioni degli emigrati russi contro i metodi repressivi sovietici e in particolare

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per le esecuzioni seguite al processo per il cosiddetto “caso di Šachty”; nello stesso periodo l’Associazione finanziaria, industriale e commerciale russa di Parigi manda al Ministero una risoluzione per la salvaguardia dei capitali investiti nelle concessioni sovietiche (b. 1551). Nel 1930 un gruppo di emigrati negli USA, riunitosi al Russian Club di New York, scrive a Mussolini un documento per un’azione internazionale anti-bolscevica, in inglese e russo (b. 1561, f. Miscellanea); un principe Golicyn, conte Ostermann (si tratta probabilmente di Mstislav Aleksandrovič Golicyn, 1899-1966), fondatore della società “Vers les Etats-Unies d’Europe”, manda un promemoria da Parigi su un progetto di federazione europea per la soppressione del bolscevismo (b. 1561, f. Bolscevismo e comunismo) e un altro appello giunge da una serie di associazioni russe in Jugoslavia (b. 1558).

Nei documenti degli anni Trenta si registra invece un netto calo dei materiali provenienti dalle comunità di esuli nel mondo, anche se gli emigrati russi continuano a comunicare con le autorità italiane attraverso il Ministero degli Esteri, e molti di loro, pur non vivendo in Italia, si rivolgano a Mussolini con richieste di sussidi.

Profughi russi e aiuti italiani nei primi anni dell a diaspora

Quale è la risposta dell’Italia agli appelli degli esuli russi? I documenti del Ministero degli Esteri permettono di farsi un’idea abbastanza precisa della entità degli aiuti italiani e di valutarne il peso nel contesto della mobilitazione internazionale per l’emergenza migratoria del popolo russo, specie negli anni 1919-1923. Alla luce dei documenti esaminati risulta che il contributo italiano è stato assai ridotto in termini assoluti e decisamente al di sotto delle aspettative dei rifugiati e della comunità internazionale. D’altra parte emerge un dato qualitativo positivo: nelle poche occasioni in cui gli italiani si sono adoperati a favore dei russi, in particolare durante la prima evacuazione di Odessa (aprile 1919) e con la costituzione della colonia di Antigoni (1920-1921), la loro assistenza si è distinta per efficienza e sensibilità umanitaria.

La parte più cospicua del materiale sull’emigrazione nei primi anni del fondo AP (1919-23) riguarda la massiccia e drammatica fuga di profughi verso Occidente a causa dell’avanzata bolscevica nella Russia meridionale. La documentazione sulle varie fasi di questo esodo dimostrano che le autorità italiane lo hanno monitorato con estrema attenzione e preoccupazione, e che l’Italia stessa vi ha avuto un ruolo, anche se limitato. Nel 1919 l’ambasciatore russo a Roma ringrazia il governo italiano per aver salvato le vite di centinaia di russi “appartenenti principalmente alla classe intellettuale”, che si sono messi in salvo sulle navi italiane nel corso dell’occupazione di Odessa da parte dei bolscevichi (b. 1521, f. Evacuazione di Odessa. Profughi di Odessa).

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I fascicoli sull’evacuazione di Odessa, presenti anche nelle due annate successive (bb. 1523 e 1528), raccolgono non solo il materiale sulle due evacuazioni della città del 1919 e del 1920, ma anche sulle destinazioni dei profughi salpati da vari porti del Mar Nero, quindi sugli sbarchi in Turchia, Tunisia e Jugoslavia, e sui trasferimenti in Ungheria, nonché richieste di finanziamento di queste nazioni all’Italia per affrontare l’emergenza, richieste che sistematicamente cadono nel vuoto (b. 1529). Dall’Italia è seguito anche il trasferimento dei profughi oltreoceano: un rapporto dell’ottobre 1921 parla di 4.000 profughi russi “respinti dal Brasile perché, una volta giunti laggiù, si dimostrarono non essere essi agricoltori, mentre quello Stato aveva solo acconsentito ad accoglierli qualora essi fossero lavoratori della terra” (Ambasciata d’Italia a Costantinopoli a Direzione Generale Europa e Levante, Costantinopoli, 1 ottobre 1921. AP, 1919-30, b. 1527, f. Trattazione generale). Un rapporto del 1922 riguarda i rifugiati russi giunti in Etiopia (b. 1533) e uno del 1923 quelli in Cina (b. 1538).

Tuttavia il materiale più abbondante su questo tema riguarda i rifugiati russi a Costantinopoli e proviene principalmente dalla Regia ambasciata italiana della città (bb. 1523, 1524, 1527, 1529, 1533). L’occupazione di Costantinopoli da parte della Triplice Intesa (1918-1923) permette agli Alleati di accogliere nella capitale turca i russi in fuga dalla Russia meridionale e, sebbene l’onere dell’assistenza sia assunto quasi completamente dalla Francia e dalla Croce rossa americana, l’Italia è tenuta a partecipare alla gestione del sovraffollamento di Costantinopoli dovuto ai continui arrivi di rifugiati. Il rapporto tra le autorità italiane in loco e i profughi russi può essere ricostruito con maggiore completezza, integrando queste carte con alcuni fascicoli della serie Turchia del fondo Affari Politici (AP, 1919-30, Turchia, bb. 1654-1655, f. Rapporti da Cospoli) e in parte con i materiali del Gabinetto del Ministro degli Esteri (vedi per esempio cenni al trattamento dei russi presso l’Ospedale italiano a Costantinopoli in Archivio di Gabinetto, 19101923, casella 107, f. 17). A partire dal 1922 a Costantinopoli è attivo presso l’ambasciata italiana un servizio di “sorveglianza russi” che – a giudicare dal materiale raccolto – ha il duplice obiettivo di controllare i russi sospetti approdati nella capitale turca e di raccogliere il maggior numero di informazioni possibile sugli eventi politici russi attraverso la stampa sovietica e dell’emigrazione russa in Europa (b. 1531). L’ufficio, presieduto dal comandante dei carabinieri Balduino Caprini (vedi i rapporti relativi al 1923 nelle bb. 1536-1537), è smantellato nel marzo 1924 (b. 1543).27

Il contributo concreto dell’Italia all’assistenza dei russi di Costantinopoli è testimoniato in una serie di fascicoli che rendono conto dell’istituzione nel 1920 di una colonia italiana per circa mille profughi russi ad An-

27 Molti faldoni di materiale prodotto dall’Ufficio sorveglianza russi di Costantinopoli si trovano presso l’Archivio del Museo Storico dell’Arma dei Carabinieri a Roma.

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