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VITTORIO VENETO
1916
un enorme cartina del fronte, che egli stesso aveva reperito non senza una certa fatica. In quel momento, era occupato a scrivere un problematico riassunto sulle faccende di numerose armate che Cavallero, puntiglioso com'era, voleva sintetico ed esaustivo. Possibilmente in quattro righe. Era quello il tormento di tutti gli ufficiali del reparto, che in gergo chiamavano il "cavalluccio", ovvero un sunto di carattere generico di poche righe in cui, secondo i superiori, potevano benissimo far rientrare anche la Divina Commedia. D'un tratto sentì aprirsi d'impeto la porta, sollevò lo sguardo dal proprio foglio e scorse Diaz entrare stizzito per poi piazzarsi davanti all'enorme carta appesa, fissandola e cercando di trovare una località. Farri scattò subito in piedi sull'attenti, fra l'attonito ed il contraddetto, non osando proferire verbo. Dopo qualche istante, Diaz volse seccato il viso verso di lui e indicando con il dito la carta disse: «Addo' sta stu c ... 'è Vittorio?!». Pani sorrise, Vittorio era un paese troppo recente per quella vecchia mappa, non lo avrebbe trovato di certo: sulla carta c'erano solo i nomi originari dei due paesi che, uniti, formavano quel centro abitato, ovvero Serravalle e Ceneda.
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Bargagli Petrucci, piuttosto irritato, si stava dirigendo di gran carriera verso la postazione telefonica che gli avrebbe permesso di comunicare con le stazioni teleferiche del Pasubio. Gettò uno ~guardo distratto ad un gruppetto di soldati stranamente inquadrati ed evidentemente emozionati, finché non notò il motivo di tanto scompiglio: il Re! Doveva essere salito in teleferica, ecco perché tutto si era fermato! Da un giovane tenente, seppe che aveva già visitato tutte le postazioni, si era affacciato a tutte le bocchette, percorso tutte le trincee. Si era fermato a guardare con il binocolo le posizioni nemiche, facendo fotografie dal parapetto e sul parapetto, facendo stare con il fiato sospeso i Generali che lo accompagnavano e non osavano avvertirlo del pericolo per non essere ringraziati della troppa premura. In quel momento stava parlando, come era solito fare, ai soldati e probabilmente sarebbe sceso solo molto più tardi, a piedi fino al Pian delle Fugazze. Orbene, Petrucci aveva ben altro di cui occuparsi: per prima cosa avrebbe dovuto litigare, per l'ennesima volta, con il teleferista che non ne voleva sapere di far salire in quota gli ultimi proietti previsti per le sue bombarde. Il Capitano era piuttosto preoccupato, oramai era arrivata la fine di settembre e ci si aspettava l'ordine di attaccare sul Pasubio a momenti. Invece, del tutto inaspettato, il Colonnello Cambria gli si parò innanzi e gli consegnò nuovi ordini del Comando di Divisione: "La stavo cercando", disse "smonti tutto, deve spostare le sue bombarde sul Piave, l'attacco avverrà lì!" n Capitano rimase di stucco: "Ma come? E perché mai questo cambio di rotta?". "Non se la prenda", rispose il Colonnello, "sembra che questo fosse il piano fin dall'inizio. L'abbiamo fatta venire qui per ingannare il nemico: come avrà visto, non appena lei ha schierato le sue bombarde su questa zona del fronte, l'esercito imperiale si è subito premurato di preparare il comitato d'accoglienza dall'altra parte del Pasubio, con tanto d'artiglieria di grosso calibro. Mentre loro concentrano qui le loro forze, credendo che l'offensiva abbia luogo su questi monti, noi invece li sorprenderemo attaccando sul Piave." Il Capitano non sapeva se esserne contento o scontento. Si era quasi abituato all'idea di quell'azione, i suoi uomini non vedevano l'ora di partecipare al combattimento ed ora invece doveva comunicare loro che si sarebbe ricominciato tutto da capo, sul Piave. "Il Generale le vuole già far sapere che, dalle rive del Piave, dovrà bombardare San Pietro in Barbozza e Santo Stefano" continuò il Colonnello, allungandogli delle mappe. Petrucci, srotolò i cartigli, fece due calcoli mentali e sbottò esasperato: "Ma per riuscirci dovrei piazzare le mie bombarde nel bel mezzo del fiume!". "Buona fortuna allora!" Il Colonnello sorrise.
Don Bonini, era cappellano militare presso la Brigata Bisagno, inquadrata nella 3a Armata del Duca d'Aosta, che presidiava il tratto di