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OGGI, NUOVO PROGRAMMA
Lo squillo demografico era risuonato finora, in Francia, solo tra coloro che g li occhi e la mente avevano aperto oltre frontiera: intellettuali, per motivi ideologici; scienziati, per ragioni igienico-sociali; militari, per timori professionali. Il motto « Il numero è forza » spingeva, cosl, per diverse vie, ad unico risultato:· quello di p revedere e di far prevedere i pericoli che per la decrescente natalità minavano alle basi una situazione considerata tradizionalmente di tutto riposo.
G li ·allarmi c orsero la Repubblica in vario senso. Le statistiche intervennero a gettare sulla bilancia della pubblica opinione il" nudo peso della loro impressfonante realtà. Subito, nel campo avverso, si manifestarono le critiche. Più tà.rdi, col crescere degli allarmi, anche le critiche, per contraccolpo, crebbero di tono ed inacerbirono. Si vide soltanto, nella reazione alla denatalità, il fatto politico. L'accrescimento della popolazi~ne fu considerato in funzione del militadsmo o, nell'ipot esi migliore, della difesa nllz.Ìonale. Scarsa importanza, dunque, andava attribuita alle grida che echeggiavano qua e là; e se i popoli che volevano più soldati desideravano di rinfoltire le loro schiere, ebbene. l'acciaio delle officine francesi avrebbe costruito un nuovo fucile da opporre ad ogni nuovo nato o ltre frontiera, come se le armi non do vessero, alla fin delle fini, v enir maneggiate da uomini ma da automi.
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Queste, e simili, furono le trincee che l'egohmo dei più oppose al fuoco di fila degli allarmisti. Dietro tali ripari, la Francia di sinistra lasciò passivamente che la ruota del destino se guisse il suo corso.
Oggi, nuovo programma.
È il grave Temps che pada alle popolazioni. È da una autorevole tribuna che scende una parola di dubbio suHa idoneità della politica dell'indifferenza a risolvere i problemi dell'"ora.
Tutti i problemi, compreso il più assillante, il più appassionante, il più vasto: quello economico.
La questione era s tata soJlcvata da Jules Ramas e posta in termini chiari: ·
Natalità senza macchinismo: miseria; macchinismo sem:a natalità ; rovina; natalità con macchinismo: prosperità».
Il Tu11pt riconosce che « le ragioni economiche s'aggiungono dunque a ben altre per ordinarci di favorfre la natalità e l'accrescimehto della popolazione ».
La macéhina è l'espressione del -secolo; il macchinismo la ·liberazione dell'uomo dalla schiavitù p iù avvilente Dinanzi alle. macchine s'inchina la storia delle rivoluzioni proletarie. Esse rappresentano il cammino in avanti della civiltà. Ma m acchinismo significa superproduzione." Chl l'assorbirà? Chi la consumerà?
Tace, a questq- punto, la sibilla di sinistra, Viceversa, il magno organo parigino s i pronuncia senza ambagi: la questione economica è in stretto rapporto con la questione demografica. Questa interdipendenza è l'uovo di Colombo.
Un macchinismo fine a se stesso, dissociato dall'idea dell'ultima funzione cui è destinato, è un assurdo economico prima d'essere una sterile co ncezione puramente teorica.
Nel secolo delle macchine, perdere di vista il problema d c.mografico, significa fare come i me02ionati t ecnici dell'arte militate che si preoccupavano di fabbricare fucili senza riflettere ·che ogni grilletto esige il pugno di un fante.
N o n è, forse, la mano dell'uomo la macchina di tutte le macchine, senza la quale le ruote e gli ingranaggi annasperebbero disperatamente nel vuoto?
Da li Popolo d'balia, N. 270, 30 settembre. 1936, XXIII (w I).
CONVERSAZIONE CON KORMENDI •
Kiirmendi ·dercrive conte Muuolini !Ì mo1frane al corrtnle della ma aflitiilò e d~i 111oi 111ccwi di romanz.ie,:e e aggiunge : <( Muuolini, 1pingendo il ! NO braccio ml/a 1crivan/a, · Ii piega un po' piii avanti:
- Del suo successo in Italia può essere molto contento. La letteratura ha sempr~ intetcssato molto il pubblico italiano, e oggi soprat-
* Alla Rocca d_elle Caminate, la mattina del 15 settembre 19}6, Mussolini aveva ricevuto, alla presenza del conte Galea:,.zo Ciano, mini!tro degli affari Ester i d 'Italia, il dottor Guido Schmidt, minis1ro degli .Affari Esteri d_'Austria, << intrattc-nendolo. i n lungo e cordiale colloquio». A Forll, la mal· tina del 19 settembre, « alla presenza di S.A.R. il duca d'Aosta e dì - altre gerarchie politiche e militari, in una imponente cornice di stormi schiera.ti e di popolo acclamante», av~a inaugurato il nuovo aeroporto L11igi Ridolfi. Indi aveva visitato le mostre di CC'S('Oa, indette in occasione della quarta (.( seni. mana cesenate io, e 13 zona dantesca di Ravenna. A Roma, a palazzo Ventzia, tutto. O gg.i è, per cosl dire, un suò affare p ersonale. La lettura e la vita sono inseparabili nel pensiero ·e nell'intelligenza italiani. Per questo ama i libri che ·s(basano sulla vita, cerca in essa i suoi problellli e cerca di .conoscere i problemi degli altri. Dunque la caratteristica nazionale è umana. Il buon romanzo è il fedele e onesto rappresentante- della vita reale; ma si devono vedere e far vedere anche quei rapporti della vita che sono dietro la realtà materiale, nascondendosi nel sovrumano, nell'anima.
Più oltn Kiirmendi riporta le ..eguenli parole di Mussolini SIii probkma delle (ondizioni uonomiche degli artisti:
- :S un grande, vecchlo problema, quali siano i vari beni terreni per la vita: la p,overtà o la ricchezza. L'artista deve essere prima di t utto indipendente da preoccupizio ni materiali. Le vere g randi opere non possono nascere se l'art ista deve lottare con le preoccupazioni quotidiane e lavorare per vivere e n on per l'opera.
P er riJ,pcsla, K Ormendi gli dice (he il silo primo romanzo l'ha sn-illo in condizioni di ristretlezz.e finanzJarù ,- il secondo, che rilùne migliore del pri,no, l'ha sn-ilfo senza doversi tormentare ptr il pane. q11otidi4JI(), E il D "ce ;
- Ecco. .L' Italia cerca di·dare indipendenza Csicurezza mate riale ai suoi artistÌ. Chi produce Cose buone, ha successo e onori sotto tutti i rig~rdi
Kfirmtndi ricorlrufrce poi il s&ggetfo. di un n11ovo romanzo, nel quale 1osliene che i matrimoni fra le daui diverse della· società non possono essere forhntali e felùi. Al che Mumlini:
- Ma la regola, l'isolamento voluto fra le classi conduce all'indeb o limento della società, alla rovina della nazione. Si devono attuare, creare, con tutti i mezzi, relazio ni fra le classi; dunque anche col matrimonio, p erché soltanto un popolo unitario, una nazione indivisa può "diventare grande. Questione di tempo.
- Conosce l'Itaµa? - aggiunge il .puce - o è la prima volta che ci viene?
KOrmendi ris}onde di userc sia/o già mo!# volle in /Ja/ia, ma (he le istituzioni dell'llalia odierna le l)ede ora da l)ÌCÌno per fa prima tJOila e (d- • il 24 settembre, aveva ricevuto, separatamente, il dottor Han$ Frank, ministro della Giustizia del Rdch; il dottor Baldur von Schiu.ch, o.po della g ioventù hitleriana; il barone Okura, organinato re deJta mostra d'arte giappont'St' a lle. stita nell'urbe durante il 1933. Da Il Popolo d'lliJia, N 271, lQ ottobre 1936, XXIII, è qui riportato il resoconto riassunto di una conversazione avvenuta a l_cuni giorni prima· a Roma, nèlla nla del Mappamondo di palazzo Venezia, fra Mussolini C' jJ romanziere unghe!C'sc Ferenc !Qlrmendi. (Da li Popolo " d'Italù,, Nn 2)6, 260, 26), 16, 20, n 5ettembce 19 36 , XXIII) pisu adeuo come e perchl .si 1itr · wil11ppato dal mo11imenlo di 1111 P artiÌo politico lo tpirito com,me di 1ma nazione l{11ilari.z e co,ne l'ideale di un gr11ppo poliJico iill diwn11to la reale pratka forma di vita di una nazio,u intera. L'occhio di M,usolini sfavilla: la 11,ia Pore si fa dura: ·
- B. proprio cosl ! Conosce Roma?
Un po' in in,barazzo, il ro,nanziere risponde che ne c<mosce tanto q11anlo in pochi giorni ti può cono.uere Jtfia Roma antica, della Roma papale, della Roma
- E la Roma moderna, la Roma fa scista?
Lo Jcrillore menziona i n11ovi quartitri giganteschi del Foro Mussolini, le i mponenti co1truzioni che ha villo a Roma e in /11/ta Italia.
- La . nuova città degli studi l'ha già vista?
Lo srrillDre risponde che non l'ha vista ancora. Il Duce si rivolge al minùJro p er la Stampa e la Propaganda e lo prega di fargliela visitare
- Deve vederla - dic, poi - è il sjmbolo dell'Italia nuova, dell'idea nazionale, dello spirito urriano in ltalia, è la città degli studi di Roma.
382' RIUNIONE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI*
JJ DNce, ha rifr;ilo s1tlla:,situaz.iont:{val,11aria intrrnazionalt determinatasi in segHilo al cedin1ento dei paesi sin qui formanti il blocco oro e a/l'allimamenlo già verifica/osi in molti altri pae.Ii d'Europa,
Il Duce ha prop()S/o, ed il Consiglio dei n,inistri ha unanù11e111enle e mrza discuufont approvato, dr riportare il 11alore della lira al livello fiua10, sedici mesi d()po il discorso di Pesaro, con la legge di 1tabilizzazione del .21 dicembre del Ij2J, e do/ quota novanta p er la sterlina e diciannove p er il dollaro, tOfllt /11 stabililo al/()ra e. come rimale per quallro anni, doJ 1ino alla wal11taziofl8 della sterlina il :io se/le111bre I1JI· li ConsiglilJ dti minùlri ha rkonfor»Jato infine, nella maniera più categorica, t/Je la politica tendente a raggùmgerc il JJ1auimo della a11to1to1J1ia efonomka farà tonlinuat.i ptrchi ciò J wenziale ai fini militari della difesa della nazione. ( +)
Il Duce ha quindi prospellafo le eventuali ripercuuioni del provvedimento.
Per q11anto riguarda l'estero, e.rso ,hiarisce la si/nazione spuialmenle nei ,on.fronti della esportazione e del !Nrù,no , che 1aronno agevolali.
Solo un aumento dei p rezzi all'interno potrebbe compromellere questi vanla!,f,i, ma if· D11te ha propr)!lo, ed il Consiglio dei ministri ha approvato, di blouare taluni prezzi t di conlrollart rigorosan1enle !, jl11/111azioni degli altri quando siano in relazione toi prezzi JJJondiali.
• Tmutasi il~ ottobre 1936 (ore 10·10.40). (Da Il Pop olo d' Italia, N. 276, 6 ottobre 1936, XXIII).
Oltre a qunta miflffa e alle altre di farai/ere repressivo (Oniro ogni tmtativo di spùulaz/one, tentativo da ndHdersi dal~ il senSO di ,ivismo e la ormai provata dis, iplina di tulle le ,ategorie uonomiche italiane, il Consiglio dti ministri ha autoriz.zato il sottosegretario agli S,ambi e alle divise a variare il volume dei contùrgtnli d'impurtazione per i guieri di largo ,on1111110 e ad eliminare senza indugio il sistema tklle coni,pensazioni privale.
Il potere di acquisto dtlla lira, cioè l'effettivo, reale valore tklla ,noneta, mrà quindi difeso CIJN sùtematka tnergia, in ogni ca111p o.
Il Duce ha uaminatu la dichiarazione anglofranu;-americana, p ruedente l 'allinea111ent o tkl franto, e ha dfrhiara/o di concordare nel concetto che il riami/o economico del n1ondo 1ia una della condizioni necestarit p er la collaborazione Ira i j)bpoli ai fini della pace. Octorre però um're dal p rovvù nrù, per ent rare nel duraturo.
PREFAZIONE A <(LA GUERRA D'ETIOPIA » *
Questo del maresciallo d'Italia ~ietro Badoglio è il libro che narra e consacra la vittoria africana Lo stile è semplice, 9uasi n udo, poiché i fatti non hanno. bisogno -di amplificazioni letterarie : è uno stile tipicamente militare, in tutto corrispondente alla stessa psjco!Og ia del maresciallo. L' imperativo categorico della guerra africana, come di tutte le guerre, era questo: bisognava vincere, ma nella guerra d'Etiopia, a questo imperativo, le circostanze ne aggiungevano un altro non meno categoricò: bisognava vincere e presto. Mai guerra in genere e guerra coloniale in particolare si svolse in concliz~oni più singolari: l'Italia non doveva soltanto affrontare e sconfiggere un nemico preparato da ist ruttori europei e munito di armi moderne sugli altipiani d'Etiopia, ma doveva battersi su due altri fronti: qu ello politico e quello economico, in conseguenza delle sanzioni decise cd applicate, per la p rima voltà e soltanto contro l'Italia, dalla Lega delle nazioni. Veniva cosl a determinarsi una specie di gara di v elocità fra l'Italia e la Società delle nazioni, la quale, se le vicende della guerra non fossero state propizie alle armi italiane, sarebbe probabilmente passata alla applicazicine di misure più drastiche, come del resto molti ambienti societari apertamente e copertamente sollecitavano. Il fattore « tempo>> era quindi un elemento risolutivo. Se la guerra si fosse «cronicizzata» sul tipo di molte altre guerre coloniali, il «tempo» avrebbe lavorato .·contro di noi. Bfaognava, per evitare questa terribile eventualità, dare a una guerra che tutti s i attendevano di caratte r e coloniale, il carattere d i una guerra continentale e cioè for nire dalla madrepatria elementi ~i massa e di qualità tali d a ottenere una vittoria sicura e schiacciante e nel più breve termine di te mpo possibile.
F urono quindi moltiplicate per cinque tutte le previsioni iniziali : dal punto di vina numerico non cento ma quattrocentomila u omini, più centomila opetai e materiali piÒ che sufficenti ai bisogni previ· sti ed imprevisti. Tutto ciò ha richiesto uno sfor zo log istico d i pro· porzioni quasi inimmaginabili, ma questo metodo si è rivelato anche il più economico: una guerra che i calcoli p i ù ottimisti prevedevano di una dura"ta non inferiore ai sei .inni, si è risolta in sette mesi ; e mentre scrivo q1:1este linee, a tre mesi dalla fi ne delle ostilità, non meno di un terzo delle truppe mandate in Africa Orientale è t? tnato o è in corso di rimpatrio.
Quando il maresciallo Badoglio giunse sul fronte, ai primi d i cHcc mbrc, la bandiera italiana sventolava già da un m ese su Macallè. L'occupazione di Macallè aveva certamente allungato la linea dei rifornimenti, ma se n on avessiffio compiuto il primo gesto di audacia qual'era quello di occupare .Macallè, molto probabilmente non avremmo compiuto gli altri, Lo schieramento presentava il (< saliente» di Macallè, ma quanto accadde in gennaio e febbraio su questo saliente dimostra che le· disposizioni prese da De Bono e poi da Badoglio per stroncare ogni conato offensivo, si palesarono perfettamente efficaci. La forza penetrativa del nemico non sì rivelò che nell'episodio · - di proporzioni modestissime - di Mai-Timchet-Dembegu inà La prima battaglia del T embien s i risolse in uno, scacco g rav issimo per gli abissini. Si può dfre che sin da quelle giornate, )a capacità offensiva. degli etiopi ·fu d cfinitivamènte spezzata: da quelle giornate in poi essi avrebbero subito la nostra iniziativa, alla quale soltanto all'atto qWnto del dramma_ cercò di sottrarsi, in uno sfor zo disperato e inutile, il N egus, sul lago Ascianghi.
4 preparazione del maresciallo Badoglio, che richiese fra dicembre e gennaio alcune settimane di sosta, fu q uindi la condizione indispensabile p_er vincere le successive battaglie. Solo quando fosse sicuro il trampolino di partenza il maresciallo Badoglio avrebbe po· tuta spiccare il salto e giungere alla mèta. Le battaglie furono tutte manovrate e concepite secondo le linee classiche della strategia più ponderata ed audace ad un tempo. Quella dell'Endertà rimane un model-lo. Per questo le cinque battaglie si risolsero in vittorie decisive, con imponenti perdit e del nemico, e nostre non gravi. Dopo la battaglia dell'Ascianghi, le fo rze inquadrate dell'esercito abissino erano oramai in isfacclo. Badoglio avrebbe potuto fermarsi ed attendere, ma il fattore « tempo » ci sospingeva. Quando il nemico è in crisi, non bisogna permettergli in alcun modo di riprendersi: b isogna inseguirlo e distruggerlo fino all'ultimo uomo.
Solo un comandante della statura di Badoglio poteva concepire ed àttuare la marcia Dessiè-Addis Abeba, poiché solo con l'occupazione di Addis A beba la guerra poteva avere la sua t rionfale conclusio ne.
Bisogna essere g rati a Badoglio di avere osato sino quasi alla temerarietà, ma nella guer ra bisogna osare, perché chi osa ha una probabilità ed è quasi sempre aiutato dalla fortuna. Bisogna soprattutto «osare» quando l'elemento umano ha la tempra dei legionari d'Africa, cresciuti nel clima della rivoluzione deI1e camicie nere. Cosl la guerra che va dal J o ttobre al , maggio può di p ieno diritto dirsi « fascista », perché è stata condotta e vinta coll'animo del fascismo: rapidità, decisione, spirito di sacrificio, coraggio e resistenza oltre j limiti umani.
Le ·considerazioni che- il maresciallo Badoglio svolge alla fine del suo volume, saranno, come devono essere, meditate. Questa guerra di popolo, come fu detto nel discorso di Pontinia, è stata vinca dal popolo. Badoglio lo riconosce e tributa la sua ammirazione al po· ·polo italiano : combattenti e civili. Tutti sono stati degni della vittoria che per la p rima volta, nori solo non ha avuto soccorsi stra• nieri, ma ha dovuto sfondare il fron te coalizzat Ò del mo ndo. 11 p o· polo italiano saluta nel mareSciallo Badoglio l'artefice della vittoria militare, H conquistatore della capitale nemicà. Il , maggiO veniva issato, sul ghebì del leone di Giuda, H tricolore d'Italia. Quattro gio rni dopo, prendeva inizio la nuova epoca dell'impero di ·Roma.
MUSSOLINI
Roma, 6 o/lobre XII/I E . F . {I.9J6].