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La mostra e il suo percorso, di Manola Ida Venzo

La mostra e il suo percorso di Manola Ida Venzo

Le origini di questa mostra risalgono agli anni ’90 del secolo da poco trascorso e affondano le radici in una stagione in cui gli archivi cominciavano ad aprirsi a un pubblico più vasto di quello specialistico tradizionale, mettendo in essere strategie diversificate, ma comunque finalizzate a creare delle reti di reciproco sostegno tra archivi, scuole e altre istituzioni o soggetti privati operanti sul territorio. Le esperienze messe in campo e le riflessioni teoriche che ne sono scaturite hanno dato luogo a una non vasta ma densa letteratura in proposito1. Il percorso intrapreso da allora può ricondursi entro due livelli di intervento, secondo una definizione elaborata in quegli anni ma ancora oggi fondamentale e valida per tutti gli istituti di conservazione della memoria soprattutto nel loro rapporto con il mondo della scuola2 : - a un primo livello, si colloca la didattica degli archivi, finalizzata a far conoscere al mondo della scuola l’esistenza e la funzione degli archivi. Si basa su visite guidate che tendono a illustrare il concetto di archivio come luogo preposto alla conservazione dei documenti, nonché le nozioni di documento e di soggetto produttore del documento. Agli studenti si propone un excursus ragionato su varie tipologie documentarie dalle più antiche alle più recenti per soffermarsi poi su un particolare argomento, concordato a priori con i docenti sulla base delle esigenze didattiche della classe. Per quanto condotta in modo mirato, la visita guidata non può avere un ruolo formativo, ma rimane piuttosto su un piano di promozione culturale;

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1 Per un approfondimento del tema mi permetto di rimandare al mio Archivisti e didattica, un rapporto complesso e alla bibliografia in esso contenuta, in Gli archivi ispirano la scuola. Fonti d’archivio per la didattica, a cura di G. Fogliardi e G. Marcadella, Ministero per i Beni e le Attività culturali, Direzione generale per gli archivi, Roma 2010. 2 I. ZANNI ROSIELLO, Didattica degli archivi, didattica della storia in «Rivista di storia contemporanea», n. 4, 1981; EAD. Attività didattica dell’Archivio di Stato di Bologna, in Archivi e didattica, numero monografico della «Rassegna degli Archivi di Stato», XLV/1-2 (gennaio-agosto 1985).

- a un livello di intervento più approfondito, si colloca la didattica negli archivi, che comporta la costruzione di percorsi di ricerca e l’utilizzazione delle fonti documentarie originali, dove la definizione «percorso di ricerca» sta a indicare un processo di costruzione attiva del sapere. Questi percorsi sono spesso definiti laboratori, proprio a voler significare il luogo ideale in cui gli studenti, gli insegnanti e gli archivisti lavorano insieme e concorrono ognuno per la propria professionalità a un risultato. Non esiste un modello unico di laboratorio, ma di volta in volta si costruiscono esperienze che assumono modalità diverse a seconda del contesto territoriale di appartenenza dell’Archivio o della scuola, a seconda dei docenti e della classe coinvolta, a seconda infine di numerose altre variabili, non ultime quelle di ordine pratico.

Questa seconda modalità di intervento ha dato luogo, a partire dai primi anni ’80 e per tutti i ’90, ad una stagione “eroica” di grandi fermenti e sperimentazioni in cui si costruivano sul campo modalità di collaborazione tra insegnanti, archivisti e istituzioni territoriali, si creavano laboratori didattici, vere e proprie officine di lavoro sulle fonti, e si ridefinivano gli orientamenti teorici generali. Convegni e seminari tendevano a formare reti stabili di progettualità e di confronto fra i vari soggetti coinvolti e qualche volta le iniziative si sedimentavano in formazioni durevoli sul territorio3 .

Nel frattempo, seppur con molto ritardo, nel quadro normativo cominciavano a insinuarsi i concetti di una pedagogia del patrimonio culturale, a cominciare dalla Raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa agli stati membri in tema di educazione al patrimonio (adottata dal Comitato dei ministri il 17 marzo 1998), in cui tra l’altro si incoraggiava l’istituzione di dipartimenti per l’educazione in seno alle organizzazioni culturali.

Il Testo unico del Ministero dei beni culturali (29 ottobre 1999 n. 490) recepiva tale orientamento nell’art. 111, nel quale si stabiliva che il Ministero e gli enti territoriali favorissero la fruizione del patrimonio

3 Nascevano vari laboratori permanenti di didattica della storia a Carpi, Catania, Terracina, Pisa, alcuni dei quali ancora operanti.

culturale e scientifico da parte degli studenti con apposite convenzioni per la predisposizione di materiali, sussidi e percorsi didattici e che gli oneri derivanti fossero ripartiti tra le scuole richiedenti e gli enti interessati. Concetti poi riconfermati con qualche leggera variazione nel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio del 2004, agli articoli 118 e 119.

Ma, proprio mentre la normativa veniva istituzionalizzando il rapporto tra archivi e scuola, per molteplici fattori, tra i quali non ultimi il mancato ricambio del personale scientifico e l’esiguità di risorse, l’esperienza dei laboratori è andata scemando per lasciare il posto a forme più standardizzate di comunicazione.

Se guardo al caso romano, ma mi sembra che sia una tendenza generalizzata almeno per quanto riguarda gli archivi di Stato, una delle possibili risposte è stata quella di creare «mostre didattiche» o fare un «uso didattico delle mostre», creando cioè percorsi di approfondimento su alcuni nodi storici essenziali o su alcuni temi di storia dell’arte, urbanistica, o ancora di storia religiosa, e realizzando sussidi multimediali per la loro fruizione.

Questi itinerari vengono realizzati dunque con una doppia valenza, sono destinati sia alla divulgazione e valorizzazione del patrimonio documentario presso un pubblico più vasto sia alla didattica per le scuole. Dotati di pannelli espositivi, cataloghi o schede esplicative, e quando è possibile di strumenti ipertestuali e di audiovisivi, possono essere utilizzati in sede, su richiesta di scuole o di altri soggetti e comunque a scopi formativi e didattici, oppure hanno un uso itinerante e vengono concessi in prestito a scuole o ad altri istituti pubblici o privati che ne facciano richiesta.

Questi a loro volta utilizzano la mostra nel modo che meglio credono: o come quadro di riferimento per la didattica, avvalendosi dei sussidi annessi, o spesso come punto di partenza per ulteriori ricerche condotte sulle singole realtà locali, o infine come sussidio per la formazione degli insegnanti. Possono, a discrezione dei docenti, essere inseriti nella didattica della storia come moduli tematici di approfondimento e di completamento dello studio in senso cronologicolineare che comunemente viene fatto e, in alcuni casi, può verificarsi

che all’itinerario tracciato si affianchino percorsi paralleli di ricerca ed elaborati prodotti in loco.

La presente mostra sulle leggi razziali ha attraversato tutte le fasi sopra descritte.

È nata infatti in embrione come risultato di un laboratorio concordato tra l’Archivio di Stato di Roma e la Scuola media statale «Domenico Purificato» ed è cresciuta poi nel corso dell’attività didattica con altre scuole. Inoltre, elemento decisivo è stato la collaborazione con l’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma che ha permesso di strutturare la mostra in due sezioni: la prima di carattere generale dedicata all’emanazione delle leggi razziali, la seconda riferita in maniera precipua al territorio romano. In tal modo la mostra non solo si è arricchita di documentazione di grande valore storico, ma ha potuto estendere il suo raggio d’azione grazie proprio al sostegno reciproco e all’integrazione di risorse messe in campo dai rispettivi istituti.

Per permetterne una fruibilità allargata da parte di scuole o altri istituti culturali, i pannelli espositivi sono stati realizzati in cartoncino plastificato di formato 70 x 100 e stampati in varie copie. Risultano in questo modo di facile trasportabilità e si prestano a ogni forma di allestimento.

A partire dalla sua realizzazione, la mostra è stata ospitata presso varie scuole e istituti di ricerca su tutto il territorio nazionale (in particolar modo Sicilia, Puglia, Toscana, Umbria, Abruzzo, oltre che naturalmente Lazio). Alcuni istituti che ne hanno fatto richiesta, come l’Archivio di Stato di Viterbo, hanno ottenuto di riprodurne una copia a disposizione permanente per gli incontri con le scuole del proprio territorio.

Inoltre la mostra è entrata a far parte di varie iniziative di valorizzazione e didattica, tra cui Domenicarchivio, promossa dal Ministero per i beni culturali e ambientali, e Città come scuola, realizzata dal comune di Roma e operante ormai da molti anni, che ha rappresentato un interessante modello di interistituzionalità e di integrazione delle risorse a livello territoriale.

Con l’iniziativa realizzata dal Museo della Memoria di Cerreto Guidi si realizza una nuova e crediamo feconda tappa dell’itinerario di questa

mostra e si compie un passo ulteriore nell’auspicata direzione di condivisione di competenze e risorse tra istituzioni varie.

Delazione al Comando tedesco riguardante Benedetto Veneziano, ebreo di Roma, che “viaggia in lungo e in largo per l’Italia tessendo intrighi”. Firmata da “Un amico della Germania”, 7 novembre 1943 (Centro di Cultura Ebraica di Roma).

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