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Come si arrivò al trasferimento dei sommergibili della 10a Flottiglia di Malta ad Alessandria

Il secondo trimestre del 1942 ebbe iniziò nel fronte del Mediterraneo con una impressionante serie di attacchi aerei tedeschi contro le basi aero-navali di Malta, a proseguimento dell’offensiva intensificata iniziata dal 20 marzo dalla 2a Flotta Aerea (2a Luftflotte) del feldmaresciallo Albert Kesselring, Comandante in Capo del Sud, (Oberbefehlshaber Sud – OBS). Vi parteciparono i reparti del 2° Corpo Aereo (II Fliegerkorps) dislocati in Sicilia fin dal dicembre 1941, e per l’occasione rinforzati in febbraio con i bombardieri Ju. 88° del 2° Gruppo del 1° Stormo Sperimentale (II./LG.1) del X Fliegerkorps che si trovava in Grecia. Il II./LG.1 andò ad aggiungersi ai reparti del II Fligerkorps già impegnati nell’offensiva contro Malta, costituiti da cinque gruppi di Ju.88A da bombardamento del 54° Stormo (I./KG.54, KGr.606, KGr.806) e del 77° Stormo (II. e III./KG.77), e dai bombardieri in picchiata Ju.87D del 3° Gruppo del 3° Stormo Stuka (III./St.G.3).

Ad essi si aggiungevano gli Ju.88D di due Squadriglie del 122° Gruppo Ricognizione Strategica (1. e 2.(F)/122) e quattro gruppi di caccia Bf.109F inquadrati nel 53° Stormo (I. II. e III./JG.53 e con aggregato il II./JG.3). Complessivamente erano a disposizione del II Fliegerkorps in Italia 650 velivoli, dei quali ben 450 concentrati in Sicilia, mentre altri 400 velivoli della 2a Luftflotte erano dislocati in Grecia e in Libia, rispettivamente alle dipendenze del X Fliegerkorps e del Fliegerführer Africa. Questo schieramento di forze da combattimento fornisce la dimensione di quale sforzo fosse stato intrapreso dal Comando della Luftwaffe (Oberbefehlshaber der Luftwaffe - O.B.d.L.) per sostenere gli italiani nel fronte del Mediterraneo, impedendone il tracollo.

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Purtroppo il generoso aiuto tedesco, che si era espresso anche sottoforma di truppe terrestri in Libia e di naviglio leggero e subacqueo, fu troppe volte, e volutamente, sottovalutato dai Comandi italiani, che, incapaci di risolvere i loro problemi, continuavano, con scarsa gratitudine, ad accusare la Germania di avere una scarsa attenzione nel concedere gli aiuti richiesti da Roma. E questo sebbene nei primi mesi del 1942, prima della ripresa delle operazioni germaniche sul fronte russo, più di un quarto di tutti i velivoli operativi della Luftwaffe si trovavano dislocati nel Mediterraneo, un fronte che aveva inoltre assorbito una trentina di sommergibili, sottraendoli alla battaglia dell’Atlantico, nonché una flottiglia di motosiluranti e una di motodragamine. Inoltre, le operazioni in Libia dell’Afrika Korps del generale Erwin Rommel, che disponeva della 15a e 21a Divisione corazzata e della 90a Divisione motorizzata, continuavano a richiedere l’impiego di centinaia di carri armati, che sarebbero stati molto utili nelle operazioni sul fronte orientale.

Pertanto la Germania pagava la presunzione di aver legato le sue fortune espansionistiche ad un alleato debole che, dopo aver altezzosamente preteso di svolgere una condotta della guerra autonoma, nota come “guerra parallela”, aveva mostrato fin dalla fine del 1940 i limiti della sua debolezza militare.1

Tornando a parlare delle operazioni che si svolgevano contro Malta, occorre sottolineare che entro il mese di aprile il Comandante del II Fliegerkorps, generale Bruno Loerzer, poté vantare che i suoi reparti aerei, con il modestissimo sostegno dell’Aeronautica italiana della Sicilia (generale Silvio Scaroni), avevano realizzato tutti gli obiettivi preventivati, distruggendo i più importanti impianti militari dell’isola. In un ordine del giorno diramato ai reparti dipendenti, il generale Loerzer comunico che tra il 20 marzo e il 27 aprile il II Fliegerkorps aveva effettuato 5.800 missioni da bombardamento, 5.667 da caccia, 375 da ricognizione. Erano state sganciate 6.557 tonnellate di bombe, che avevano comportato la distruzione al suolo di molti aerei, che si aggiungevano ai moltissimi abbattuti in combattimento, ed erano state affondate diverse navi, da guerra e mercantili.2

Il generale Bruno Loerzer, Comandante del II Fliegerkjorps, in visita all’incrociatore Trento nel porto di Messina. A destra di Loerzer è l’ammiraglio Angelo Parona, ex Comandante di “Betasom” e al momento Comandante della 3a Divisione Navale.

Sebbene il quadro assai ottimistico presentato dal comandante del II

Fliegerkorps apparisse rassicurante, esso non fu condiviso dal feldmaresciallo

1 Francesco Mattesini, La decisione di Mussolini di occupare la Grecia e la fine della “Guerra Parallela”, nel sito Academia Edu., Giugno 2019.

2 Giuseppe Santoro, L’Aeronautica Italiana nella Seconda Guerra Mondiale, Volume Secondo, Esse, Milano Roma, 1957, p. 270.

Kesselring, il quale notò che “gli obiettivi essenziali del piano operativo non erano stati raggiunti o lo erano stati soltanto in parte”. La durata dell’offensiva aerea, prevista originariamente di tre settimane, si era invece prolungata per quasi sei settimane, con un impiego giornaliero di 145 velivoli al giorno invece dei 300 preventivati; ragione per cui continuava a manifestarsi vivace la reazione delle batterie contraeree di Malta, che non era stato possibile distruggere, anche perché ripartite in un concentramento formidabile di 112 cannoni pesanti e 144 leggeri distribuiti in una zona di 9 miglia per 6. Ciò aveva comportato che su 37 aerei dell’Asse perduti nel mese di aprile (35 tedeschi e 2 italiani), ben 13 lo fossero stati ad opera della contraerea, e altri 11 per la reazione dei caccia di Malta, che effettuarono 358 missioni con la perdita di 23 Spitfire e 18 Hurricane, in gran parte distrutti al suolo.3

Questa menomazione delle capacità offensive dell’isola, aveva permesso ai convogli italiani di transitare per la Libia praticamente indisturbati, con le scorte drasticamente ridotte a qualche cacciatorpediniere e torpediniere. Ed aveva anche permesso alla Squadra Navale dell’ammiraglio Angelo Iachino, logorata da un impiego continuo iniziato nell’autunno 1941 e proseguito per quasi tutto l’inverno, di trattenere nei porti – sebbene a scapito dell’addestramento – le sue grandi navi, risparmiando le scorte di nafta che, in aprile del 1942, avevano raggiunto livelli minimi, assorbiti quasi interamente dal traffico libico.

Gli attacchi aerei dall’offensiva aerea del II Fliegerkorps furono assai importanti perché, mantenendo l’isola fortezza sotto continua pressione, aveva permesso di eliminare le ultime unità navali presenti nel Grand Harbour, e costretto i i velivoli Wellington da bombardamento della R.A.F. a lasciare l’Isola per trasferirsi ad Alessandria e nelle basi aeree egiziane, assieme alle navi di superficie, che in parte, quelle più danneggiate, si trasferirono a Gibilterra per essere poi inviate negli arsenali britannici e statunitensi per le riparazioni.

In effetti, i danni procurati dai bombardamenti aerei tedeschi al potenziale offensivo e difensivo di Malta avevano permesso l’eliminazione della Forza K, la formazione navale di incrociatori e cacciatorpediniere, che era stata inviata alla Valletta il 22 ottobre 1941, ed aveva riportato grossi successi contro i convogli italiani, motivo per il quale la 2a Luftflotte era stata trasferita in Italia, con velivoli da combattimento prelevati dal fronte russo, dalla Germania e dalla Francia. I risultati dell’offensiva avevano portato nella prima decade di aprile, all’affondamento alla Valletta dei cacciatorpediniere di squadra Lance e Kingston, che si trovavano in riparazione nei bacini, mentre l’incrociatore Penelope, sebbene gravemente danneggiato dalle bombe, riuscì a lasciare il porto per trasferirsi a Gibilterra, sfuggendo a ripetuti e inconcludenti attacchi di aerosiluranti italiani. Un altro cacciatorpediniere, l’Havock, anch’esso partito per Gibilterra, nel manovrare per sfuggire ad un attacco portatogli il 6 dal

La distruzione, da parte degli aerei tedeschi, del naviglio militare presente negli ancoraggi di Malta fu poi completata con l’affondamento di altre unità minori ed ausiliarie e di tre sommergibili, i britannici P 36 e Pandora e il greco Glaukos. Un altro sommergibili britannico, il letale Upholder (capitano di corvetta Malcolm David Wanklyn) fu affondato il 14 e aprile al largo di Tripoli da aerei tedeschi Bf.110 e Do.217 della 8a e 10a Squadriglia del 3° Gruppo del 26° Stormo Caccia (III./ZG.26).4

Le perdite e i danni riportati dai sommergibili, e una temuta minaccia di sbarco a Malta delle forze dell’Asse nel mese di maggio, costrinsero il Comandante della Mediterranean Fleet, ammiraglio Henry Daniel Pridham-Wippell, a chiede all’Ammiragliato britannico a far evacuare la base di Malta, trasferendo ad Alessandria le unità subacquee della 10a Flottiglia.

Porto di Alessandria maggio 1942. L’ammiraglio Henry Daniel Pridham-Wippell, al centro, visita il sommergibile Torbay del capitano di fregata Antony Miers, a sinistra.

4 In quindici mesi di attività bellica, a iniziare dal 24 gennaio 1941, il binomio Upholder –Wanklyn aveva affondato nel Mediterraneo 16 navi per 94.314 tonn, inclusi i transatlantici italiani Conte Rosso, Neptunia e Oceania, il cacciatorpediniere Libeccio e i sommergibili Saint Bon e Tricheco, ed avevano silurato e danneggiato altre quattro navi, tra cui l’incrociatore Giuseppe Garibaldi. Si tratta del maggiore successo ottenuto da un sommergibile e da un ufficiale comandante britannico nel corso della seconda guerra mondiale. Con l’Upholder andarono perduti i 32 uomini dell’equipaggio, compresi 4 ufficiali, e un passeggero, il capitano dell’Esercito C. Parker, del Reggimento Beds e Herts.

L’ordine di partenza dei sommergibili superstiti, all’alba e a intervallo di 24 ore l’uno dall’altro, passando per il Canale Nord Est di Malta, fu il seguente: P.31 il 26 aprile, Urge il 27 aprile, P 34 il 29 aprile, Una il 4 maggio, e P.35 il 10 maggio. Fu durante questi trasferimenti che si verificò la perdita del sommergibile Urge, sparito apparentemente senza lasciare tracce.

Attività e successi del sommergibile Urge

L’Urge era un sommergibile britannico di 540 tonnellate della seconda classe del tipo “U”, costruito dalla Ditta Vickers-Armstrong presso i cantiri di Barness-inFurness, sul Mare d’Irlanda, a 50 chilometri a nord di Blackpool, nella Contea inglese del Cumbria. La sua impostazione e costruzione fu in parte finanziata da una raccolta fondi svolta nella città gallese di Bridgend. Il sommergibile fu impostato il 30 ottobre del 1939, fu varato il 19 agosto 1940, ed entrò in servizio il 12 dicembre 1940. Lungo 58 metri, dal pescaggio di 4,62 metri e dal baglio massimo di 4,9 metri, l’Urge fu uno dei quattro sommergibili della classe “U” (assieme a Unique, Upright, Unison) ad avere tubi per il di lancio dei siluri esterni in aggiunta ai 4 interni, tutti a prora, inseriti in tutte le navi di quel tipo Tuttavia questa modifica venne esclusa dalle unità successive classe “U” perché i tubi esterni interferivano con il mantenimento della quota alla profondità periscopica.

Particolari di un sommergibile britannico della classe “U”.

Dopo alcune operazioni nel Mare del Nord, il 14 aprile 1941 il sommergibile Urge salpò da Portsmouth per Gibilterra, da dove poi doveva proseguire per Malta, per essere aggregato alla 10a Flottiglia Sommergibili che aveva la sua base alla Valletta. Durante la navigazione, transitando nel Golfo di Biscaglia, il 18 aprile l’Urge affondò la grossa e moderna petroliera italiana Franco Martelli (10.535 tsl), una nave formatrice di blocco partita da Recife e diretta a Bordeaux. Su trentatré uomini dell’equipaggio vi fu una sola perdita. L’Urge raggiunse Gibilterra il 23 aprile, e il giorno 28 del mese iniziò la sua navigazione di trasferimento a Malta che concluse tranquillamente il 6 maggio.

Il comandante del sommergibile Urge capitano di corvetta Edward Philip Tomkinson

La petroliera italiana Giulio Giordani che era gemella della Franco Martelli la prima nave affondata dal sommergibile Urge, in Atlantico durante il trasferimento in Mediterraneo.

Dopo quel suo primo successo mentre tra le varie azioni svolte dal sommergibile nel Mediterraneo, condotte al comando del capitano di corvetta Edward Philip Tomkinson, vi fu il siluramento e danneggiamento del piroscafo da passeggeri italiano Aquitania, di 4.971 tsl, il 27 agosto 1941 a nord di Marettimo. Seguì il siluramento e danneggiamento del Marigola (5.996 tsl), conseguito il 22 ottobre mentre si trovava all’incaglio presso Kuriat (Tunisia), dove quel piroscafo si trovava immobilizzato per essere stato colpito il 24 settembre dal siluro di un aerosilurante Swordfish dell’830° Squadron di Malta.

Il mattino del 14 dicembre 1941, trovandosi in agguato a sud dello Stretto di Messina, l'Urge riuscì a colpire con un siluro la nave da battaglia Vittorio Veneto (capitano di vascello Giuseppe Sparzani), partita da Napoli e diretta a Taranto assieme alla gemella Littorio con quattro cacciatorpediniere e due torpediniere di scorta per prendere parte all’operazione M.41 (poi M.42); ossia alla scorta indiretta di un importante convoglio di rifornimento diretto a Tripoli. Il sommergibile era riuscito a eludere la scorta compresi velivoli con compito antisom, e a colpire la Vittorio Veneto al centro dello scafo, costringendo la corazzata a sottoporsi a Taranto ad un periodo di riparazioni.5

Primavera 1942. La corazzata Vittorio Veneto esce dal Mar Piccolo di Taranto, attraversando il canale del ponte girevole che porta al Mar Grande, dopo le riparazioni dei danni causati da un siluro del sommergibile Urge.

Il 1º aprile 1942 l’Urge ottenne un ottimo successo silurando ed affondando a 11 miglia a sud dell’Isola di Stromboli l’incrociatore leggero italiano Giovanni delle Bande Nere (capitano di vascello Ludovico Sitta), della 3a Divisionre Navale, che era partito da Messina per trasferirsi a Napoli allo scopo di riparazione di danni che aveva subito navigando a causa del mare tempestoso nei giorno 22 e 23 marzo 1942 durante la Seconda Battaglia della Sirte. Spezzato in due tronconi l’incrociatore affondò in pochi minuti con 287 uomini dell’equipaggio.

Fu, quello del Bande Nere, il secondo affondamento di navi, e l’unico conseguito dall’Urge nella sua attività nel Mediterraneo, in cui, come si può controllare nel sito uboat.net, effettuò un rilevante numero di attacchi ma, esclusi quelli da noi segnalati, tutti senza successo. Vi è stato perciò da parte dei media una supervalutazione di successi attribuiti a quel sommergibile, da taluni considerato con esagerazione il sommergibile britannico più vittorioso dopo l’Upholder.

Il 9 marzo 2019 la Marina Italiana annunciò che l’incrociatore Giovanni delle Bande Nere era stato ritrovato dopo 77 anni dall’affondamento dal cacciamine Vieste, a 11 miglia a sud di Stromboli e ad una profondità compresa tra il 1.460 e i 1.730 metri, impiegando speciali apparecchiatura di ricerca e cattura d’immagini.

Messina, Febbraio 1942, durante la visita dell’erede al trono d’Italia, generale d’armata principe Umberto di Savoia alle unità della 3a Divisione Navale. Umberto, dopo la visita all’incrociatore Trento, passò con il suo seguito di macchine davanti all’incrociatore Giovanni dalle Bande Nere.

1° aprile 1942. L’incrociatore leggero italiano Bande Nere, trainato da un rimorchiatore, lascia il porto di Messina diretto alla Spezia per riparazioni.

Il Bande Nere immobilizzato da un siluro del sommergibile Urge il 1° Aprile 1942, ripreso da una delle due unità di scorta, il cacciatorpediniere Aviere e la torpediniera Libra.

L’incrociatore Bande Nere affonda spezzato in due tronconi.

Parte del relitto dell’incrociatore Giovanni delle Bande Nere ritrovato do 77 anni dall’affondamento dal cacciamine Vieste della Marina Militare italiana, a 11 miglia a sud di Stromboli e ad una profondità compresa tra il 1.460 e i 1.730 metri, impiegando veicoli di ricerca e identificazione profonda subacquea imbarcati sul Vieste: il veicolo autonomo subacqueo (Autonomous Underwater Vehicle - AUV) Hugin 1000, della ditta Kongsberg, e il veicolo filoguidato Multipluto 03, della ditta GAY Marine. Questi strumenti, a differenza del confuso sistema della ricerca d’immagini degli apparati laser, sono in grado di scoprire relitti e identificarli con sistemi di ripresa fotografica e cinematografica.

L’ultima missione del sommergibile Urge

Il sommergibile Urge lasciò il Grand Harbour di Malta all’alba de 27 aprile 1942, esattamente alle ore 04.45, per trasferirsi ad Alessandria, percorrendo all’inizio della navigazione dal Grand Harbour il canale di Nord Est, con rotta 071° da Forte St. Elmo, per poi spingersi al largo seguendo la rotta di sicurezza lunga 40 miglia. Alla velocità di spostamento di 90 miglia al giorno, doveva arrivare ad Alessandria il mattino del 6 maggio. Ma ciò non avvenne, e dal sommergibile dopo la partenza non si ebbe alcuna notizia, anche perché fino alla sua scomparsa mantenne come da ordine ricevuto il silenzio radio. La rotta che l’Urge doveva inizialmente seguire con rotta sud-est passava attraverso le seguenti coordinate: lat. 36°00'N, long. 14°53'E e lat. 35°51'N, long. 15°15'E. Dell’avvenuta partenza dell’Urge il vice ammiraglio Wilbraham Ford, Comandante di Marina a Malta, informò il Comando della Flotta del Mediterraneo (Mediterranean Fleet) con messaggio delle ore 12.25 del medesimo giorno 27.

Il capitano di vascello George Simpson, Comandante della 10a Flottiglia Sommergibili di Malta, alle 22.40 del 26 aprile aveva comunicato al Comandante della 1a Flottiglia di Alessandria che l’Urge, alle ore 07.00 all’incirca del 30 aprile, doveva raggiungere la posizione di lat. 34°55’N, long. 20°05’E, a nord delle coste occidentali della Cirenaica, mantenendosi immerso durante il giorno, il più lontano possibile dalla costa per non farsi avvistare dagli aerei dell’Asse e della RAF, che avrebbero attaccato qualsiasi sommergibile individuato.

Seguendo rotta diretta Malta – Alessandria il sommergibile doveva transitare a circa 60-70 miglia da Capo Ras el Hilal la punta più settentrionale della Cirenaica.

Dal punto segnalato dal comandante Simpson (lat. 34°55’N, long. 20°05’E) l’Urge doveva passare alle dipendenze della 1a Squadriglia di Alessandria, il cui Comando alle 11.21 del 27 aprile gli ordinò di procedere attraverso le coordinate:

(a) lat. 36°00’N, long 14°53’E; (b) lat. 35°51’N, long. 15°15’E; (c) lat. 34°55’N, long. 20°05’E; (d) lat. 34°53'N, long. 20°28'E, da passare alle 07.00 del 30 aprile; (e) lat. 32°12’N, long. 29°06’E, una posizione quest’ultima ormai vicino ad Alessandria, dalla quale dirigere per entrare in porto il mattino del 6 maggio.

La Sezione Storica dell’Ammiragliato britannico (Historical Section Admiralty) fu inizialmente propensa a credere che l’Urge, sempre comandato dal capitano di corvetta Edward Philip Tomkinson, fosse affondato il giorno 28 su una mina, fissandone ipoteticamente il punto a 15 miglia di distanza dall’entrata del Grand Harbour. Ma ciò non era possibile perché il giorno 28 il sommergibile, salpato all’alba del 27, si doveva trovare ben lontano dalle acque di Malta, ben oltre la rotta di sicurezza di 40 miglia, ed in ventiquattro ore di navigazione ad oriente era pertanto molto lontano dalla Valletta e al di fuori dalla minaccia delle mine tedesche.

In quel periodo, tra il 20 e il 28 aprile, le motosiluranti tedesche della 3a Flottiglia (tenente di vascello Friedrich Kemnade), di base nei porti siciliani di Augusta e Porto Empedocle, svolsero fuori del porto di Malta sei operazioni per posare sbarramenti minati (da MT 13 a MT 18). In base alla rotta che l’Urge doveva percorrere fu ritenuto dall’Ammiragliato che l’affondamento del sommergibile potesse essersi verificato approssimativamente in lat. 35°55’N, long. 14°40’E, posizione che può corrispondere allo sbarramento tedesco MT 13, che fu posato con 57 mine ad ancoramento la notte del 19-20 aprile 1942 da sette motosiluranti della 3a Flottiglia a 10-15 miglia ad ovest della Valletta.6

La mancanza sull’isola di dragamine, quasi tutti affondati dai velivoli del II Fliegerkorps, e l’intensità degli attacchi che gli aerei da bombardamento tedeschi del II Fliegerkorps svolgevano contro gli obiettivi navali, non permisero di aprire in tempo delle rotte sicure e l’Urge, che non era dotato di un’adeguata apparecchiatura per segnalare la presenza di mine (Mine Detctor Unit), si trovò ad attraversare i nuovi sbarramenti in un canale parzialmente dragato.

Tuttavia in un importante libro dell’Ammiragliato britannico, ad uso di ufficiali, riguardo all’affondamento del sommergibile Urge é riportato: “27 Aprile 1942 – 6 Maggio 1942, affondato probabilmente per mine nel Mediterraneo Orientale. Nessun altro dettaglio disponibile”. 7 Come si vede non parla assolutamente di perdita del sommergibile nella zona di Malta, che è nel Mediterraneo centrale.

Dopo le discussioni nei siti di Internet, in particolare sul Forum dell’AIDMEN (Associazione Italiana Documentazione Marittima e Navale), e uboat.net del 10 maggio 2015, sulla vera causa della perdita dell’Urge, a cui l’Autore di questo saggio partecipo attivamente anche con discussioni nel Forum di BETASOM,8 nell’aprile

6 Lo sbarramento MT 13 costituito da 33 mine ad urto UMB da 40 kg, 6 mine a strappo, e 18 magnetiche, fu posato tra le coordinate 35°54’67”N, 14,33’79”E – 35°55’70”N, 14°34’8”E –35°55’00”N, 14°35’95” – 35°53°98”N, 14°34’70”E.

7 Director of Naval Construction, Admiralty, “H.M. Ships damaged or sunk by enemy action, 3 rd Sept. 1939 to 2nd Sept. 1943 (B.R. 1886 (2)”, 1952, p. 376.

8 Nell’articolo di Daniele Gatti e Giovanni Massimento, La scomparsa del Sommergibile HMS Urge: Un mistero risolto, stampato dal periodico Storia Militare, all’oggetto “I fatti accertati”,

2016 il Naval Historical Branch del Ministero della Difesa britannico (Ministry of Defence) a Portsmouth, dovette affrontare una questione delicata: ossia quella di dover confermare ai parenti dell’equipaggio dell’Urge che il sommergibile, da articoli di stampa, era stato ritrovato a Ras el Hilal dall’archeologo subacqueo belga ingegnere Jean Pierre Misson, senza che di ciò vi fosse certezza, ma soltanto immagini radar molto confuse. Pertanto, fu riesaminata a Portsmouth tutta la questione riconfermando, sebbene anche qui in mancanza di qualche prova sicura, che l’affondamento dell’Urge era probabilmente da assegnare a causa di mine il 27 aprile 1942 a sud di Malta. Fu quindi diramato, “su suggerimento di uno storico” interessato alla questione, il seguente comunicato: e riportato che il lavoro si è svolto con “documenti rintracciati in vari archivi, grazie alle accurate ricerche effettuate da Francesco Mattesini (al quale si devono molte preziose informazioni, riportaste in particolare nel sito internet Aidmen, citato tra le fonti consultate). In un’epoca in cui con, per darsi importanza, si approfitta dei lavori altrui per scrivere libri e articoli senza riportare le fonti, mi sento in dovere di ringraziare gli Autori dell’articolo.

Il sommergibile britannico Urge.

Non è noto con certezza come HMS URGE sia stato perso, mentre navigava da Malta ad Alessandria il 27 aprile 1942. Al momento della perdita, l'opinione ufficiale era che era molto probabile che HMS URGE colpisse una delle numerose mine che erano state posate dalle forze dell'Asse in quel momento negli approcci a Malta.

Questa rimane la causa più probabile di perdita con le prove disponibili, almeno fino a quando il relitto del sommergibile non venga individuato e certamente identificato, sebbene non è possibile escluderne la perdita per altre cause. Queste altre cause includono la possibilità dell’attacco di sommergibile dell'Asse o un attacco di carica di profondità da parte di navi di superficie, anche se all'epoca non è stata avanzata alcuna richiesta di notizie all’Asse. Sebbene improbabile, esiste anche la possibilità che un incidente possa aver causato la perdita.

Infine, c'è stato recentemente l'interesse dei media a rivendicare la scoperta del relitto dell’HMS URGE al largo della costa libica, basato su un'immagine di un sonar e un rapporto di un attacco di un aereo italiano su un sommergibile. Le prove relative a queste affermazioni sono state valutate dalle autorità storiche del governo del Regno Unito presso il Ramo storico navale del Ministero della Difesa e non sono considerate sufficientemente forti o credibili da interferire con l'opinione ufficiale secondo cui la causa più probabile di perdita è stata una mina vicino a Malta. Sembra impossibile che l’HMS URGE abbia potuto raggiungere la zona al largo della Libia al momento della scoperta e dell'attacco presunto per la sua velocità di navigazione nel tempo disponibile, ed improbabile che lui avrebbe corso il rischio di abbandonare la sua rotta originaria, anche se sarebbe stato possibile.

La natura inconcludente dei rapporti del presunto attacco e la mancanza di peso probatorio delle immagini sonar dell'oggetto in attesa di immagini fotografiche o prove visive esterne, sono fattori aggiuntivi che sono stati presi in considerazione. In questo momento, quindi, l'opinione ufficiale è che nessuna pretesa di scoperta dell’HMS URGE è stata dimostrata, e rimane molto probabilmente che il relitto di HMS URGE si trova vicino a Malta a causa della perdita di una mina. Per questo motivo, e come segno di rispetto per l'equipaggio dell’HMS URGE e per le loro famiglie, qualsiasi suggerimento che si fosse perso in un altro luogo o che il suo relitto sia stato scoperto non dovrebbe essere presentato come fatto. Questo è particolarmente vero in assenza di riconoscimento ufficiale o riconoscimento da parte dei rappresentanti della famiglia.

Questa versione può essere contestata da alcuni elementi, come il fatto che nella zona di Malta presa in considerazione per l’affondamento dell’Urge, nell’ipotetico sbarramento minato tedesco MT.13 nessun rottame, nessuna chiazza di nafta apparve alla superficie del mare, che gli aerei dell’Asse e quelli britannici avrebbero certamente avvistato e segnalato (come di norme accadeva) anche nei giorni successivi al mattino del 27 aprile. Nessuno nella zona dell’isola si accorse di un’esplosione in vicinanza (ed eravamo in pieno giorno), come poi avvenne l’8 maggio quando per l’esplosione di una mina affondo il sommergibile Olympus, del quale i mezzi di soccorso subito accorsi salvarono nove uomini.9

9 Il sommergibile Olympus apparteneva alla 8a Flottiglia sommergibili di Gibilterra, e svolgeva servizio di trasporto di uomini e rifornimenti urgenti destinati a Malta. L’Olympus (capitano di corvetta Herbert Gorge Dymott) arrivo alla Valletta il 5 maggio portando un carico di benzina e di merci varie. Tre giorni più tardi, nelle prime ore dell’8, dopo aver imbarcato 6 ufficiali e 30 uomini degli equipaggi degli affondati sommergibili P 36, P 39 e Pandora e dell’incrociatore

Il sommergibile britannico Olympus nel Grand Harbour di Malta nel Dicembre 1941.

Sulla perdita dell’Urge la Sezione Storica dell’Ammiragliato in una sua pubblicazione ad uso interno (oggi declassificata), ha scritto L’evacuazione [da Malta] iniziò il 26 aprile, quando il P.31 (tenente J.B. Kershaw) salpò per Alessandria. L’URGE (capitano di corvetta E.P. Tomkinson), seguì il giorno successivo, ma non arrivò mai a destinazione e può esservi il dubbio [neretto dell’Autore] che fu colpito da una mina nel 'percorso' - ma non dragato – canale [di sicurezza] e affondò con tutto l'equipaggio. L’URGE non era fornito di M.D.U. (Mine Detection Unit)” . 10

Penelope, l’Olympus riprese il mare dal porto di La Valletta, per rientrare a Gibilterra. Poco prima dell’alba, nel percorrere in superficie le rotte di sicurezza, trovandosi a circa 6 miglia dal faro di Sant’Elmo, attivò una mina magnetica, probabilmente dello sbarramento MT-4, posato in quella zona, il 31 dicembre 1941, dalle motosiluranti tedesche della 3a Flottiglia (tenente di vascello Friedrich Kemnade) S-34, S-35 e S-61. Su 98 persone che si trovavano a bordo del sommergibile molte furono uccise al momento dell’esplosione ed altre rimasero intrappolate nello scafo dell’Olympus che affondò rapidamente, nello spazio di nove minuti, in lat. 35°55’N, long. 14°35’E. Solo 9 uomini, tra cui soltanto 3 dell’equipaggio dell’Olympus e 6 del sommergibile P 39, riuscirono a salvarsi raggiungendo a nuoto la costa. Complessivamente decedettero 11 ufficiali e 77 tra sottufficiali e comuni, inclusi 22 uomini del sommergibile P 39, 2 del P 36 e 3 dell’incrociatore

Penelope

10 Historical Section Admiralty, Submarines – Volume II

Operations in the Mediterranean 1940-1941 (B.R. 1736), 1955, p. 81.

Lo storico britannico Stephen Roskill ha scritto che dell’Urge dopo la partenza da Malta non si conosce la sorte, ma che “probabilmente” si perse per mine nel passaggio tra Malta e Alessandria, senza però specificarne la possibile zona di affondamento 11 Ciò conferma quanto è scritto nel libro dell’Ammiragliato sulle perdite navali britanniche nella seconda guerra mondiale: “URGE was lost in the Eastern Mediterranean, probably due to mines. No further details available.”.12

Vi è poi un’altra questione che deve essere presa in considerazione, ossia che oggi, grazie ai subacquei, dal loro setacciamento sappiamo tutto sui relitti che sono nelle acque intorno a Malta, ma nulla del ritrovamento dell’Urge. Ad esempio, su una mina dello sbarramento MT-24, che è molto al largo della Valletta, affondò il 10 maggio 1942 la motosilurante tedesca S-31 (tenente di vascello Heinrich Haag) che è stata ritrovata da subacquei maltesi il 6 settembre 2.000 alla profondità di 65 metri, in lat. 35°34’N, long 14°31’E. Dell’Urge, che secondo i britannici sarebbe affondato nel più vicino e meno profondo sbarramento MT-13 non è stata trovata traccia, perché evidentemente la tomba del sommergibile non si trova in quella zona. Faccio notare che, come si può controllare nella cartina che segue, una volta superato lo

11 S.W. Roskill, The War at Sea, Volume II, HMSO, p. 61.

12 Director of Naval Construction, Admiralty, H.M. Ships Damagede or Sunk by Enemy Action, London, 1952, p. 376: sbarramento MT-13, non essendo stato ancora posato l’MT-24, la navigazione dell’Urge sarebbe proseguita verso est senza la minaccia delle mine.

Gli sbarramenti minati posati dalle motosiluranti tedesche della 3a Flottiglia nelle acque di Malta tra il 16 novembre 1941 e il 7 novembre 1942. Come si vede lo sbarramento MT-24, sul quale affondò la motosilurante tedesca S-31, rintracciata dai subacquei, e molto più lontano dello sbarramento MT-13 sul quale, secondo il parere del Naval Historical Branch del Ministero della Difesa britannico sarebbe affondato il sommergibile Urge.

Dettagli grafici della motosilurante tedesca S-31.

Il relitto della motosilurante tedesca S-31 rintracciato dai subacquei ad est del porto di Malta.

Come si vede, in uno stato di assoluta confusione, quelle descritte sono tutte supposizioni non provate e discordanti.

Ma vediamo, nel capitolo che segue, come l’Autore di questo saggio, fin dagli anni ’70, basandoci sui documenti e pubblicazioni degli Uffici Storici della Marina

Militare, dell’Aeronautica e dell’Esercito, aveva descritto come la fine del sommergibili Urge potesse essersi verificata.

L’attacco ad un sommergibile dei velivoli da caccia italiani Cr.42 a Ras el Hilal (Cirenaica) il 29 aprile 1942

Tra le ore 05.40 e le ore 14.00 del 29 aprile, come risulta nel Diario della 5a Squadra Aerea (Libia), sette aerei italiani Cr.42 della 153a Squadriglia del 3° Gruppo Caccia Terrestre, al comando interinale del tenente pilota Massimino Mancini, 13 decollando dall’aeroporto di Martuba (Bengasi) effettuarono scorte singole a un convoglio di sei piccole unità navali al largo di Ras el Hilal. Il convoglio era costituito dal piccolo motoveliero requisito San Giusto (V 32), di 243 tsl, partito alle 08.15 del 27 aprile da Navarino e diretto a Derna, e da cinque motozattere (Marinefährpahm) tedesche, partite da Bengasi il giorno 28 in due piccoli gruppi formazioni e dirette anch’esse a Derna. Il primo gruppo, che aveva preso il mare alle 10.00 del 28 aprile, comprendeva le motozattere MFP-150, MFP-154 e MFP-156, che navigando alla velocità di 9 nodi, dovevano arrivare a Derna presumibilmente all’alba del 29. Il secondo gruppo, salpato alle ore 20.00, comprendeva la MFP-152 e la MFP- 158.

Il motoveliero e le cinque motozattere tedesche, nella loro rotta verso est, si riunirono in modo da formare il cosiddetto “convoglio San Giusto”. L'appuntamento tra il motoveliero che arrivava da Nord e le motozattere da ovest non poteva essere che la punta più settentrionale della Cirenaica, ossia Ras el Hilal, il punto focale del traffico costiero sulle rotte per Derna. Occorre però dire che i tempi di percorrenza non furono rispettati poiché il previsto arrivo a Derna delle prime tre motozattere, previsto per l'alba del 30 aprile, si verificò invece alle ore 13.00. Evidentemente le tre motozattere MFP-150, MFP-154 e MFP-156 erano state trattenute per un ricongiungimento generale dell'ultima ora per costituire un unico convoglio, con il San Giusto e le due motozattere MFP-152 e MFP-158, allo scopo di darsi una migliore protezione navale, seppure modesta, ed avere in comune la medesima scorta aerea di caccia Cr.42.

Le missioni, iniziate all’alba si svolsero con condizioni atmosferiche mediocri per un forte vento di Ghibli e con gli aerei decollati da Martuba ad intervalli regolari l’uno dopo l’altro in modo da prolungare la scorta antisom al convoglio fino al pomeriggio.

13 Il tenente Massimno Mancini aveva assunto il comando interinale della 153a Squadriglia Caccia Terrestre in sostituzione del tenente Alfonso Mattei che aveva abbandonato l’incarico per motivi di salute.

Il primo Cr.42 arrivò sul convoglio prima che il sommergibile britannico (perche indubbiamente era britannico) iniziasse il suo attacco. Il secondo aereo, pilotato dal sergente Igino Marzoli, alle 08.10 avvistò e poi attaccò in picchiata con sgancio di due bombe, a 5 km a nord-est di Ras el Hilal, un sommergibile in superficie che stava cannoneggiando le motozattere e il motoveliero San Giusto, che, secondo quanto scritto dal Direttore dell’Ufficio Storico della Marina Militare, ammiraglio Aldo Cocchia riportò soltanto “danni di poco conto” . 14

14 Aldo Cocchia, La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale, vol. II, Ufficio Storico della Marina Militare, Roma, p. 265.

Le due bombe da 58 chili tipo “T” (torpedine), impiegate come piccole bombe di profondità, sganciate dal Cr.42 del sergente Marzoli caddero, secondo quanto dichiarato al rientro dal pilota, a circa 30 metri dallo scafo del sommergibile che si apprestava ad immergersi, “con esito apparentemente negativo”.15

Successivamente mentre il “convoglio San Giusto” si stava spostando con rotta est da Capo Ras el Hilal lungo la costa della Cirenaica, si verificarono da parte dei restanti cinque Cr.42 attacchi singoli “contro un sommergibile immerso”, come è specificato nella relazione del tenente Mancini, con sgancio di altre dieci bombe da 58 chili. E’ possibile che il sommergibile fosse rimasto nella zona trovandosi in difficoltà di manovra a causa dei danni riportati dal primo attacco. Quindi, in totale le bombe sganciate dai sei aerei italiani furono dodici.

Poiché le due bombe sganciate dal primo Cr.42 caddero a una trentina di metri dal sommergibile, l’attacco fu confermato dal generale Vittorio Marchesi, Comandante della 5a Squadra Aerea, come di esito dubbio; ma parecchie fonti, compresi Diari Storici, accennano al probabile affondamento dell’unità subacquea, dal momento che si ritenne che qualcuna delle altre dieci bombe sganciate successivamente dagli altri cinque Cr.42 contro un sommergibile immerso, avesse avuto successo, causandogli danni non riparabili in immersione e quindi determinandone la perdita. E’ dimostrato che esplosioni di bombe in prossimità dello scafo possono essere fatali ad un sommergibile in fase di immersione, causando avarie al momento irreparabili ai timoni e alle macchine, nonché l’apertura di falle con entrata d’acqua all’interno dello scafo. E’ spesso accaduto che bombe cadute a metri di distanza dalla fiancata di una nave abbiano finito per causargli danni da portarla all’affondamento, e questo poteva accadere anche se le bombe fossero state di soli 58 chili, che peraltro erano bombe “T” (torpedine) che, come detto, agivano come delle cariche di profondità, e che venivano impiegate dagli aerei Cr.42 in compiti antisom.

Ciò è ampiamente dimostrato dagli attacchi dei velivoli britannici e statunitensi a numerosi sommergibili dell’Asse, che furono affondati o gravemente danneggiati anche se le bombe non colpirono in pieno il bersaglio. Abbiamo parecchi riprese fotografiche che lo dimostrano senza ombra di dubbio, e non si può negare.16

Può anche darsi che lo scafo affondato dell’Urge si trovi più lontano dal punto dell’attacco aereo di Ras el Hilal, e che sia affondato negli alti fondali che doveva percorrere per raggiungere Alessandria tenendosi lontano dalle coste dell’Africa. Ma, è da supporre, pur sempre in seguito ai danni riportati dai Cr.42, poiché dai bollettini giornalieri italiani e tedeschi, e dalle ricerche da noi svolte negli Archivi militari, non

15 Archivio Stato Maggiore Aeronautica Ufficio Storico, Aeronautica della Libia, Modello C.2, Relazione del tenente pilota Massimino Mancini.

16 Ad esempio il grosso cacciatorpediniere australiano Nestor che fu attaccato il 15 giugno 1942 a sud di Creta da una formazione di otto Cant. Z. 1007 italiani del 35° Stormo, fu immobilizzato da due bombe da 100 chili gli erano cadute vicine, causando estesi allagamenti e impedendogli di manovrare. Fu affondato dopo un difficile e non riuscito tentativo di rimorchio dal cacciatorpediniere Javelin risulta vi siano stati attacchi aerei ai sommergibili nel tratto tra Ras el Hilal e Alessandria, e neppure di unità navali, nel periodo tra il 29 aprile e il 5 maggio 1942.

Un motoveliero requisito dalla Regia Marina in navigazione.

Poiché l’Urge, che fu attaccato dal primo Cr.42 mentre si stava immergendo, nel suo spostamento non doveva trovarsi a passare a quel giorno all’altezza di Ras el Hilal, in quanto, secondo il piano di navigazione, di giorno dovendo navigare in immersione era ancora arretrato, la sua perdita ha posto molti dubbi, primo fra tutti quello che, per raggiungere la zona di Ras el Hilal, avrebbe dovuto deviare dalla sua rotta, diretta verso Alessandria di ben 90 miglia [in realtà 60 o 70 miglia], e di navigare a tutta forza in superficie sia di giorno che di notte. Era questa una possibilità che era esclusa perché il comandante Tomkinson non era autorizzato a farlo, a meno che vi fosse stato un più che valido motivo, che analizzeremo in seguito.

Lo storico canadese Platon Alexiades, mio amico, ha sempre sostenuto che l’Urge, partendo da Malta all’alba del 27 aprile, anche navigando in teoria alla massima velocità sostenibile, non poteva trovarsi alle 08.00 del 29 a Ras el Hilal, non essendo in grado di mantenere fino a quella località della Cirenaica una velocità di superficie di 10 nodi, se non per poche ore, poiché la velocità massima sostenuta dal battelli del tipo “U” era di soli 7 nodi. Inoltre, gli ordini ricevuti dal Comando della 10a Flottiglia di Malta, che venivano rigorosamente applicate e non risulta dai documenti fossero stati cambiati mandando l’Urge a Ras el Hilal, imponevano al sommergibile di risparmiare il combustibile, navigando fino ad Alessandria a una velocità stimata di 90 miglia al giorno, mentre invece ad Alessandria di nafta ne avrebbe trovata a tonnellate. E ciò contrasta con la valutazione dell’Historical Section Admiralty che scrivendo all’Ufficio Storico della Marina Militare italiana sostenne essere la possibile velocità di spostamento giornaliera del sommergibile in 220 miglia, con navigazione diurna occulta e in superficie di notte.17

La velocità massima di percorrenza di un sommergibile del tipo “U” della prima serie, secondo la pubblicazione di Lenton & Colledg, “Warships of World War II”, era di 11 miglia ½ all’ora (9 miglia all’ora quella sostenibile a velocità di resistenza), il che ci porta ad una percorrenza in condizioni normali di un giorno di 276 miglia, che è bene al di sopra delle 90 maglia.

Poiché l’Urge partì da Malta all’alba del 27 aprile, ed è ipotizzabile che arrivo a Ras el Hilal attaccando il motoveliero Giusto e le motozattere alle 08.10 del giorno 29, ciò significa che poteva aver percorso la distanza da Malta a Rel Hilal in 50 ore con una percorrenza di 575 miglia, molto al di là di Tobruk, che si trova a circa 100 miglia ad est di Derna, già a sua volta distante da Ras el Hilal.

Anche se riduciamo la velocità massima del sommergibile a 10 miglia all’ora, in 50 ore la distanza percorribile era di 520 miglia, che lo portava sempre nella zona di Tobruk.

Sarebbe anche bastato per intercettare il motoveliero che la velocità media di resistenza fosse stata di 8 ½ nodi, corrispondente a una distanza di 425 miglia. Il che dimostra come l’Urge aveva tutto il tempo che occorreva, anche diminuendo ancora la velocità massima, per trovarsi all’appuntamento con il San Giusto..

Questa è matematica! E occorre trovare nuove strade per smentirla.

Le distanze tra Malta e Alessandria postate dal archeologo subacqueo belga Jean Paul Misson, di cui parleremo in seguito. Il tratto rosso é la rotta diretta, quello verde la eventuale ipotetica deviazione del sommergibile Urge a Capo Ras el Hilal.

Pertanto i conti fatti a suo tempo dall’Ufficio Storico della Marina Militare, sulle informazioni ricevute dalla Historical Section Admiraly, erano esatti e non devono essere più messi in discussione. La Sezione Storico dell’Ammiragliato, che tra i suoi tracciatori di rotta non si può assolutamente accusare di possedere personale incompetente, aveva stimato, come detto, che l’Urge “poteva” percorrere giornalmente una distanza di circa 220 miglia (e non 90 miglia), con navigazione diurna occulta e in immersione durante la notte. Pertanto il sommergibile, percorrendo in due giorni e due ore una distanza compresa tra le 400 e le 420 miglia, doveva trovarsi a passare all’ora del primo attacco aereo proprio all’altezza di Ras el Hilal.

Anche il famoso storico tedesco Jürgen Rohwer, nel suo volume sui successi dei sommergibili britannici nella seconda guerra mondiale, riguardo alla perdita dell’Urge, pur con una certa prudenza, ha scritto che “Il sommergibile aveva probabilmente attaccato il motoveliero SAN GIUSTO e tre MFP e fu poi affondato nell’attacco in picchiata di aerei Cr.42”. E’ importante che non accenni a perdita per mine, né nelle acque di Malta e neppure nel Mediterraneo orientale.

Non conosciamo nulla sullo spostamento dell’Urge da Malta a Mers el Hilal, essendo il sommergibile andato perduto mentre manteneva un doveroso silenzio radio, e quello che ci rimane sono soltanto le ipotesi, e le prove sull’attacco degli aerei italiani, che non devono essere messe in discussioni; anche perché ricordiamo che nell’attacco del sommergibile britannico il San Giusto, come riportato dall’ammiraglio Cocchia, aveva “riportato qualche danno” , che purtroppo per la mancanza in Archivio della pratica del motoveliero, evidentemente andata perduta per fatti di guerra in Libia (1942-1943), non né conosciamo l’entità.

Da WIKIPEDIA. Capo Ras el Hilal e la punta che si trova a ovest di Derna.

L’idea che il comandante dell’Urge, Tomkinson, esperto e famoso per i suoi successi, si fosse recato a Ras el Hilal in piena autonomia, navigando alla massima velocità di giorno e di notte, senza risparmiare la nafta, per cercarsi un obiettivo a 6070 miglia dalla sua zona di transito, non é da escludere. Ma ciò non è condiviso da Platon Alexiades che, scrivendo all’Autore di questo saggio, ha sempre mantenuto la versione che il sommergibile non poteva trovarsi a Ras el Hilal, sostenendo:

Perche Tomkinson avrebbe scelto di rischiare il suo sottomarino e andare a Ras El Hilal, un ancoraggio di solito frequentato da piccoli natanti? I sommergibili alleati avevano l'ordine di solito rigorosi per seguire le loro rotte assegnate altrimenti potevano facilmente essere scambiati per nemici e avevano più da temere dai bombardieri della RAF più che dagli aerei dell’Asse, che avevano dimostrato di essere in gran parte inefficaci nella lotta contro i sommergibili. … Aveva Tomkinson deciso di disobbedire ai suoi ordini, la zona di Bengasi avrebbe avuto più senso di quella di Ras El Hilal e il sommergibile avrebbe potuto essere lì in quel momento, ma ancora una volta questo è improbabile.

Nel successivo capitolo spiegheremo perché secondo la nostra opinione l’Urge avrebbe potuto spostarsi autonomamente a Ras el Hilal.

Noi non sappiamo, e non potremmo mai saperlo, cosa successe a bordo dell’Urge sotto l’attacco del primo Cr.42, ma possiamo ipotizzare che si dovette immergere alla massima velocità, e un portello aperto, un danno alle macchine o ai timoni, poteva risultare fatale al sommergibile. Questo danno, oppure altri verificatisi nell’attacco degli altri cinque Cr.42 della 153a Squadriglia Caccia “contro un sommergibile immerso”, può aver anche indotto l’Urge a dirigere verso la costa, per poggiarsi in bassi fondali per poi non riuscire più a venire in superficie; oppure è affondato più al largo da Ras el Hilal, il che renderà la ricerca del suo relitto molto più difficile. Forse no lo sapremo mai, a meno che la ricerca radar dell’archeologo subacqueo Jean Pierre Misson, che mostrano la sagoma di un relitto a forma di sommergibile del tipo “U”, dopo le opportune riprese fotografiche in supporto alle registrazioni radar, dimostri che sia stata quella giusta; e ciò farebbe contento anche noi che, dagli anni ‘70, abbiamo sempre ritenuto, scrivendolo, che la tomba dell’Urge fosse a Ras el Hilal.

Nel frattempo i subacquei potrebbero continuare le loro ricerche anche nella acque ad ovest di Malta, e se rintracciassero il relitto dell’Urge, che a noi sembra improbabile, in questo caso darebbero ragione alla versione di Platon Alexiades.

Il convoglio San Giorgio

Passiamo al motivo ipotetico per cui l’Urge poteva trovarsi a Ras el Hill in ottima posizione per attaccare e distruggere il motoveliero San Giorgio. Questa piccola nave trasportava un importante carico ritenuto prezioso per il fronte del Nord Africa, in quel momento fermo davanti alla piazzaforte di Tobruk, e costituito da mine tedesche, molto attese, da sistemare sul fronte terrestre; mine che era interesse dei britannici di non fare arrivare a destinazione.

Possiamo ipotizzare che forse per una possibile informazione, forse dell’Ultra (che Platon Alexiades sostiene di non esserci stata), trasmessa da Londra a un comando britannico del Mediterraneo (Malta o Alessandria), l’Urge avesse ricevuto l’ordine di portarsi a tutta velocità a Ras el Hilal, per intercettare e affondare il San Giusto; oppure, lo ripetiamo, che in perfetto stato di sicurezza, l’ordine di raggiungere Ras el Hilal gli fosse già stato già trasmesso al momento della partenza da Malta o lo avesse ricevuto durante la navigazione. Ricordo che le intercettazioni e decrittazioni Ultra, che allora conoscevano tutto sui movimenti dei convogli italiani, non venivano diramate (lo stesso avveniva per le decrittazioni italiane e tedesche), ed é evidente che anche lo spostamento dell’Urge doveva restare segreto, per non divulgarne la fonte.18

Mi riferisco in particolare alle segnalazioni Ultra ricevute dagli altri due sommergibili Thorn e Proteus, che in quei giorni 29-30 aprile manovrarono, senza successo, per attaccare convogli italiani a ovest di Bengasi e sud-ovest di Navarrino, e quindi non potevano essere diretti contro il motoveliero San Giusto.

E’ importante a questo punto far conoscere un messaggio britannico su cui non avevo prima ragionato per mancanza di spunti. Ossia che alle 17.31 del 28 aprile 1942 l’Ufficio Intercettazioni Estere di Maristat (Ispettorati della Regia Marina) aveva intercettato un ordine trasmesso dalla 1a Flottiglia Sommergibili di Alessandria ai sommergibili Proteus [davanti a Navarrino] e Thorn [a ovest di Bengasi], senza poterne riuscire a comprendere quale fosse lo scopo. Probabilmente si trattava di intercettare navi nemiche, e l’Urge che, partito da Malta all’alba del 27 aprile, transitava verso Alessandria era in qual momento il più vicino al “Convoglio San Giusto” a Ras el Hilal.19

E pertanto ipotizzabile che l’Urge, anche se non avvertito, potesse aver intercettato l’ordine trasmesso agli altri due sommergibili, e trovandosi in buona posizione per andare ad investigare, il suo comandante avesse deciso autonomamente di portarsi a tutta velocità di superficie a Ras el Hilal, punto focale del traffico tra Bengasi e Derna, dove in effetti furono attaccati da un sommergibile il motoveliero San Giusto e tre motozattere tedesche.

Non credo a un affondamento dell’Urge per mine nel tratto Cirenaica –Alessandria. A quanto mi risulta non vi erano sbarramenti minati lungo le coste egiziane, neppure sotto costa, poiché le motosiluranti tedesche e le unità di superficie italiane cominciarono a posarli dopo che il fronte si era arrestato al El Alamein, il 30 giugno 1942. E non credo neppure a un impatto con una mina vacante, perché in questo caso il sommergibile si sarebbe presumibilmente trovato in superficie, e qualche naufrago, cadavere del personale in torretta, nafta o rottami, sarebbero stati rintracciati.

18 Sappiamo che molti documenti e messaggi, al pari delle grandi macchine cifranti (i computer Bombe e Colossus), furono distrutti dopo la guerra per non lasciare traccia delle intercettazioni, mantenute segrete fino a quando non furono svelate nel 1974 in “Ultra Secret” da Frederick W. Winterbotham. Inoltre molti dati forniti dalla Historical Section Admiralty sono apparsi sbagliati; pertanto perché non dovrebbe esserci errori anche nella missione dell’Urge, in particolare sulla esatta data e ora di partenza da Malta. E non si salvano neppure i Diari Storici, come più volte ho potuto rilevare.

19 Il sommergibile Proteus tra le 22.20 e le 23.30 attaccò una nave attaccato una nave mercantile scortata con due siluri nel Mar Ionio, ma senza riuscire a colpirla. Secondo il sito uboat.net era probabile che si trattasse del piroscafo italiano Capo Orso, di 3.149 tsl, costruito nel 1916), che era in transito da Bengasi a Taranto scortato dai cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi e Freccia, che non si accorsero dell’attacco.

Secondo il libro dell’USMM La guerra di mine (p. 35), per gli sbarramenti minati nella Cirenaica, nel giugno 1940 furono posate 80 mine a Bengasi dalla nave ausiliaria Barletta, e 160 mine a Tobruk dal cacciatorpediniere Nembo. Non si parla affatto di posa di mine a Ras el Hilal, né risulta dal mio elenco degli sbarramenti. E quindi è da escludere che vi fossero mine italiane in quella zona, ed anche britanniche posate da sommergibili come appare nel libro della Historical Section Admiralty Mediterranean, vol. I.

Che il carico del San Giusto fosse importante, e il suo arrivo fosse visto con preoccupazione specialmente dai rappresentanti tedeschi, dopo l’attacco di un sommergibile il giorno 29 aprile a Ras el Hilal, lo dimostra, inequivocabilmente, i verbali delle riunioni tenute il 30 aprile e il 1° maggio presso il Comando Supremo delle Forze Armate italiane a Palazzo Vidoni (Roma). Nei verbali appare che la maggiore preoccupazione dal punto di vista navale era quella della protezione dei convogli con la Libia diretti a Bengasi, ponendo particolarmente l’interesse per il carico di mine di un motoveliero, che altrimenti sarebbe stato ignorato, fino a quando l’ammiraglio Arturo Riccardi, Sottosegretario e Capo di Stato Maggiore della Regia Marina, che in assenza del generale Ugo Cavallero, Capo di Stato Maggiore

Generale, presiedeva le riunioni, annunciò alle 12.45 del 1° maggio: “Il motoveliero S. GIUSTO è arrivato a Derna con le mine”.20

Precedentemente, nella riunione del 30 aprile, il generale dell’aviazione tedesca Gustav Wenninger, distaccato dall’O.B.S. presso il Comando Supremo, aveva fatto notare all’ammiraglio Riccardi come la torpediniera che doveva andare a proteggere il convoglio non lo aveva trovato 21 Quindi anche una torpediniera del Comando Marina Libia (Marilibia) avrebbe dovuto trovarsi nella zona proprio per aumentare la protezione del San Giusto. Tutto questo dimostra non soltanto l’importanza assegnata a quella piccola nave dai tedeschi e dagli italiani, e distruggerla era anche interesse dei britannici.

Proprio per l'importanza del San Giusto é spiegabile l'evidente motivo di assegnarli una qualche scorta aerea antisommergibili, che normalmente, per la carenza di mezzi aerei, non avevano i piccoli motovelieri di scarsa importanza. La massima velocità di spostamento in superficie anche di giorno, disposta dal Comandante dell’Urge capitano di corvetta Tomkinson, era pertanto giustificata, essendo quel sommergibile britannico, sulla rotta per Alessandria, l'unico sommergibile a poter sperare di realizzare l’intercettazione del San Giusto, senza andare a spostare altri due sommergibili della 1a Flottiglia di Alessandria che si mantenevano in agguato: il Proteus davanti a Navarino, il Thorn presso Bengasi, porti entrambi molto importanti essendo basi di partenza e di arrivo delle navi di rifornimento dell’Asse in Africa.

Il sommergibile britannico più vicino al “convoglio San Giusto”, il Thorn (capitano di corvetta Robert Galliano Norfolk), che operava nella Sirte presso Bengasi, era a circa 200 miglia più a ponente di Ras el Hilal, e anche se fosse stato allertato non poteva arrivare in tempo per intercettare il motoveliero prima che raggiungesse Derna, mentre invece l’Urge, come detto, sarebbe passato nella sua navigazione a levante a sole 60-70 miglia da Ras el Hilal, ed era in buona posizione per intercettare il San Giusto.

Altri due sommergibili teoricamente avrebbero potuto raggiungere la zona di Ras el Hilal per intercettare il San Giorgio, ma di essi si doveva escludere il P-612 (tenente di vascello Arthur Wright Pitt), che proveniente dalla Gran Bretagna era partito il 15 aprile da Gibilterra per Alessandria, dove arrivò il 1° maggio, per essere consegnato alla Marina Turca, con il nome di Murat Reis . Ciò avvenne il 25 maggio a Iskanderun. Il secondo sommergibile era il P-31/Uproar (tenente di vascello John Bertram de Betham Kershaw), della 10a Flottiglia di Malta. Questo sommergibile era partito dalla Valletta per Alessandria all’alba del 26 aprile, ossia ventiquattro ore prima dell’Urge e, secondo Platon Alexiades, doveva trovarsi alla distanza di 90

20 Verbali delle Riunioni tenute dal Capo di S.M. Generale 1° Gennaio 1942 miglia da Ras el Hilal, posizione ottenuta per calcolo in quanto il suo rapporto di missione non è stato rintracciato.

31 Dicembre 1942, Volume III, Verbale n. 122, p. 429-430. Alla riunione partecipavano, l’ammiraglio Riccardi, l’ammiraglio Luigi Sansonetti, Sottocapo di Stato Maggiore della Regia Marina, il generale Giuseppe Santoro, Sottocapo di Stato Maggiore della Regia Aeronautica, il generale Francesco Rossi, Sottocapo di Stato Maggiore Generale, il generale Gustav Wenninger, rappresentante dell’O.B.S., e altri ufficiali.

21 Ibidem, Verbale n. 12, p. 425-428.

Il P-31 seguendo la stessa rotta dell’Urge, si sarebbe dovuto trovare avvantaggiato nel raggiungere Capo Ras el Hilal, ma non ricevettero alcun ordine di cambiare rotta dalla sua rotta per raggiungere quella zona della Cirenaica.22 Tuttavia, è possibile che essendo in vantaggio di navigazione rispetto all’Urge, il P-31, una volta avvertito, sarebbe dovuto tornare indietro per poi rimanere senza nafta sufficiente per raggiungere Alessandria. E inoltre occorrerebbe conoscere quali fossero, sempre rispetto all’Urge, le condizioni di navigazione e le possibilità di combattere del P-31, considerando che i bombardamenti del II Fliegerkorps sulla Valletta avevano causato un’infinità di danni alle navi di superficie e ai sommergibili, costringendo gli uni e gli altri ad abbandonare alla fine di aprile la loro base più o meno rattoppati; in particolare il P-34 (tenente di vascello J.W.D. Coombe) che il mattino del giorno 12 del mese navigando in superficie era stato danneggiato a sud del Golfo di Taranto per l’esplosione di una mina dello sbarramento 4 AS posato nel giugno 1940 dalla nave ausiliaria italiana Barletta. 23

Quindi escludendo i tre sommergibili che erano rimasti sulle loro zone d’agguato o di transito (Thorn, P-612, P-31), l’unico che poteva trovarsi a Mars el Hilal non poteva essere che l’Urge, il quale, come detto, sarebbe passato nella sua navigazione diretta a levante a sole 60-70 miglia da Ras el Hilal, ed era in buona posizione per andare ad intercettare il San Giusto

Si è sostenuto che il sommergibile, partendo da Malta all’alba del 27 ottobre, anche navigando alla massima velocità, non poteva trovarsi alle 08.00 del 29 a Ras el Hilal. Invece, lo ripetiamo, in seguito ad un rapido calcolo, conoscendo che la velocità massima del sommergibile in superficie era di 11 ½ nodi, e che la distanza da Malta a Ras el Hilal è di circa 420 miglia, l’Urge anche se marciava a soli 9 nodi o anche 8 ½ aveva la possibilità di arrivare in 50 ore di navigazione tranquillamente all’appuntamento con il San Giusto. Infatti, L’Urge, essendo sulla rotta per Alessandria, era l'unico sommergibile britannico a poter sperare di realizzare l’intercettazione del motoveliero, senza andare a spostare il Thorn e il Proteus che si mantenevano in agguato presso Bengasi e davanti a Navarino, porti entrambi molto importanti essendo basi di partenza e di arrivo delle navi di rifornimento dell’Asse dirette in Libia. Quanto al San Giusto proseguendo nella sua navigazione arrivò a Derna alle 16.30 del 30 aprile.

Nel corso degli anni si è continuato a negare da parte filo britannica, a volte in modo alquanto dibattuto, anche con la mia partecipazione, che la perdita dell’Urge si sia verificata in seguito all’azione di velivoli Cr.42, cui assistette il personale di tre delle cinque motozattere tedesche del convoglio, che spararono sul sommergibile con le loro mitragliere.

23

Il sommergibile britannico Proteus della 1a Flottiglia di Alessandria. Fu il primo sommergibile ad effettuare un attacco con il radar, e ciò avvenne il 3 novembre 1941, quando silurò ed affondo il piroscafo italiano Tampico ad est dell’isola greca di Andros.

Esistono vari rapporti scritti sull’azione contro un sommergibile a Ras el Hilal che logicamente non possono essere smentiti, in particolare il Diario di Supermarina; il Diario Storico del Comando Supremo; i Verbali giornalieri delle riunioni tenutesi al Comando Supremo, le decine di fonogrammi di Superaereo che furono consegnati agli Enti interessati e che si possono rintracciare negli Uffici Storici delle tre Forze Armate italiane. Inoltre, ne hanno scritto gli ammiragli Aldo Cocchia e Vitaliano Rauber nei loro libri dell’Ufficio Storico della Marina Militare, “La difesa del traffico per l’Africa Settentrionale” e “La lotta antisommergibile”.24

24 Nel volume dell’Ufficio Storico Marina Militare, la Lotta antisommergibile compilato dall’Ammiraglio di Divisione Vitaliano Rauber (Direttore USMM) sulla scorta delle informazioni ricevute dalla Historical Section Admiraly S.W.1, riporta:“E’ possibile che il Smg. URGE sia stato colpito e affondato da una pattuglia di aerei da caccia tipo CR.42. Da fonte inglese si sa che il battello partì da Malta il 27-4-42 per trasferirsi ad Alessandria. Non arrivò a destinazione e si pensa che possa essere finito su un campo minato, non essendo tra l’altro il Smg. dotato dell’apparecchiatura (MDU). Da fonte nazionale risulta che il mattino del 29-4-1942 alle 08.10 un Smg. Nemico cannoneggiò nei pressi di Ras-El-Hilal il m/v S. GIUSTO che si recava a Derna, il Smg. fu attaccato da aerei CR.42. Essendo l’URGE partito da Malta il 27 aprile avrebbe dovuto trovarsi il mattino del 29 all’altezza di Ras-El-Hilal e poiché e poiché nella documentazione inglese non vi è traccia dell’attacco al m/v S. GIUSTO e il battello inglese più vicino nella zona era il THORN operante nella Sirte (cioè circa 200 miglia più a ponente), che non effettuò alcuna azione, si può ritenere che l’attacco al m/v sia stato fatto proprio dal Smg. URGE a sua volta attaccato da una pattuglia di CR.42. Tale azione è menzionata nel diario di Supermarina ma il rapporto della pattuglia non è disponibile”. La versione di Rauber, é confermata, come sappiamo, anche dall’ammiraglio Aldo Cocchia in La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale (vol, II, p. 265) in cui si afferma che il M/v S,. Giusto “riportò danni di poco conto” per l’attacco del sommergibile.

In particolare, l’ammiraglio Rauber, , ha scritto (p. 188) che essendo partito da Malta il 27 aprile l’URGE “avrebbe potuto trovarsi il mattino del 29 all’altezza di Ras-El-Hilal”. Che l’URGE, all’occorrenza, potesse spostarsi in due giorni di 450 miglia è anche riportato da A.S. Evans, scrivendo:25 “Io ritengo che i conti sulla velocità di spostamento dell’URGE, particolarmente in superficie, che all’epoca erano stati fatti siano accettabili”.26

Conclusione

Altra parte importante di questa storia è che dopo una serie di ricerche, durate anni da parte dell’archeologo subacqueo belga Jean-Pierre-Misson, con registrazioni d’immagini Sonar a colori a Marsa el Hilal, le possibilità che il relitto di un sommergibile scoperto in quella zona alla profondità di circa 45 metri sia quello dell’Urge sono ancora in valutazione, e c’è molto scetticismo. Misson, il 29 aprile 2015, aveva riferito pubblicamente che un relitto da lui scoperto nell’agosto 2012, era stato riconosciuto il 2 aprile 2015, studiando le immagini, da un ex ufficiale di Marina in Riserva (Peter D. Hulme) per quello di un sommergibile britannico tipo “U”. Il relitto dell’HMS Urge si troverebbe nelle coordinate di lat. 32°54’43,3”N, long. 22°11’32,7”E; ossia approssimativamente nella stessa zona in cui il mattino del 29 aprile 1942 si era verificato l’attacco dei caccia Cr.42, e dove si trova realmente il relitto del sommergibile tedesco U-205, che secondo Platon Alexiades potrebbe essere il sommergibile scoperto da Misson, ma la cui posizione di affondamento era già nota ai britannici.

Infatti, in un documento dell’Ammiragliato britannico del 2 aprile 1943 è riportato che a Ras el Hilal il precedente 19 febbraio era stato trovato un relitto, senza accennare a che tipo di nave si trattasse. E’ infatti scritto: “Un relitto sommerso non pericoloso esiste in posizione Lat. 32°54.8’; Long.22°11’4’. Il simbolo appropriato deve essere inserito nei grafici in questa posizione”. Ha riferito Platon Alexiades, che il relitto dell’U-205 fu visitato dai sommozzatori britannici guidati dal comandante Bartlett, il 26 febbraio 1943.27 (Vedi la cartina seguente).

25 A.S. Evans, Beneath The Waves. A History of HM Submarine Losses 1904-1971, William Kimber

London, 1986, p. 315.

26 In Admiralty War Diaries of World War 2, Mediterranean Fleet – April to June 1942 di Don Kindell (in Internet), é riportato alla data del 29 Aprile 1942: “Submarine URGE (Lt Cdr E P Tomkinson DSO) was sunk by Italian aircraft off Ras el Hilal. Cdr Tomkinson, Lt D B Allen, Lt J M S Poole DSC, Ty/Lt J S D Ransome DSC RNR, twenty eight ratings and 11 RN rating passengers for Alexandria were lost”.

27 National Archives, fonte ADM199/432, ADM 199/2060 e ADM1/14342.

Il punto in cui il 26 febbraio 1943 fu trovato dai britannici un relitto non identificato. La carta è stata inviata all’Autore, tramite posta elettronica, da Jean Pierre Misson.

I dettagli dell’archeologico subacqueo belga Jean Pierre Misson per dimostrare le caratteristiche del sommergibile tipo “U” affondato a Mars el Hilal e scoperto in base a rilevamenti radar.

Secondo Jean Pierre Misson questa sarebbe l’immagine radar del sommergibile tedesco U205, attaccato il 17 febbraio 1943 a nord-ovest di Derna, con le bombe di profondità dal cacciatorpediniere britannico Paladin (C.C. Lawrence St. George Rich), coadiuvato da un aereo Bisley del 15° Squadron sudafricano. Venuto in superficie e catturato da una squadra da preda del Paladin, che si impossessò di diversi libri e documenti riservati, l’U-205 (S.T.V. Frtiedrich Bürgel) affondò poche ore dopo mentre era rimorchiato dalla corvetta britannica Gloxinia (T.V. A.F. Harkness) a 1.200 metri dalla costa di Ras al Hilal, in lat. 32°56’N. long. 22°01’N.

L’affondamento del sommergibile U-205 dopo l’attacco del cacciatorpediniere Paladin, avvenuto mentre si trovava a rimorchio della corvetta Gloxinia.

Misson, misurando le distanze con sistemi moderni satellitari, sostiene che la posizione di affondamento dell’U-205 è più vicino alla costa di 700 metri, e quindi più distante verso ovest dalla posizioni in cui si trova il supposto Urge. E’ inoltre sicuro, sempre basandosi sulle registrazioni radar, che nella zona di Ras el Hilal si trovino i relitti di altri due sommergibili italiani (Argonauta e Foca) e della petroliera Picci Fassio?, che secondo i dati ufficiali dell’Ufficio Storico della Marina Militare affondarono in punti molto distanti da Ras el Hilal. E ciò porta altra carne al fuoco e una fonte di discussione di cui manca, per la convalida, un elemento preciso come le immagini fotografiche.

Purtroppo la situazione politica in Libia non permette oggi di ad andare ad effettuare una ricerca subacquea, come sarebbe desiderio di Jean Pierre Misson. Anche perché le sue ricerche sono state considerate errate da parte di Platon Alexiades, il quale, supportato anche da esperti navali della Marina britannica (tra cui il capitano di corvetta Francis Dickinson, nipote del comandante dell’Urge), ritiene che quelle immagini non siano “supportate da prove fisiche diverse dal sonar come fotografie o materiale di un relitto”; una versione con cui io concordo e l’ho detto chiaramente a Misson, presente Alexiades, nelle occasioni in cui entrambi erano venuti a Roma con le rispettive mogli.28 Non concordo invece con l’idea che il relitto

28 Nel 2015 sono stato presentato a Platon Alexiades e Jean Pierre Misson con le rispettive consorti dall’amico Francesco De Domenico, Presidente dell’AIDMEN; e tre occasioni abbiamo non debba appartenere all’Urge, perché “non è supportata dall’analisi del governo del Regno Unito”, per cui “la versione ufficiale dell’Ammiragliato alla sua perdita per mine non deve essere modificata”. Questa versione è soltanto ipotetica e nel dubbio si presta a qualsiasi ragionevole contestazione.29

Comunque, anche se non si trattasse dello scafo dell’Urge resta soltanto come elemento da prendere in considerazione il suo affondamento causato dai danni riportati nell’attacco dei velivoli italiani Cr.42 della 153a Squadriglia Caccia. E’ infatti possibile, lo ripetiamo, che l’Urge, nella sua rotta verso Alessandria, si sia perso, se non a Ras el Hilal, in qualche altra zona del Mediterraneo orientale lungo la costa africana ma è da ritenere che ciò sia avvenuto sempre in conseguenza dei danni subiti dagli aerei italiani.

Le posizioni in cui si trova il sommergibile U-205 e il rilevamento radar attribuito dell’Urge secondo quanto rilevato dall’archeologo subacqueo Misson. Il primo è distante dalla costa di Ras el Hilal 1.270 metri, il secondo 1.920 metri. Comunque sia è difficile poter sostenere, come è balenato a qualcuno, che il rilevamento del presunto Urge sia una lunga scogliera o qualsiasi altra cosa.

Infine, è assolutamente da respingere l’idea che il primo pilota italiano che aveva individuato e attaccato un sommergibile a Ras el Hilal fosse invece responsabile dell’attacco alla sagoma di un grosso pesce immerso, anche se spesso accadeva, come ho dimostrato nel caso dell’affondamento del sommergibile britannico Upholder, quando la scia del periscopio del sommergibile in immersione pranzato insieme in un ristorante romano, discutendo profondamente, ma sempre restando ognuno, nei riguardi del sommergibile Urge, nelle proprie idee. Tre idee discordanti. fu inizialmente scambiata dall’equipaggio di un aereo italiano per la scia di un delfino.30 La differenza sta nel fatto che il sommergibile attaccato dagli aerei in pieno giorno era stato visto non solo dai piloti, ma anche impegnato in combattimento con le motozattere tedesche, ed aveva causato alcuni danni al San Giusto. Per chi rimane scettico ho una sola richiesta, già più volte avanzata e senza mai ricevere risposta: quale era il sommergibile che si trovava a Ras el Hilal.

29 Scambio di mail tra Francesco Mattesini e Platon Alexiades e Jean Pierre Misson.

Purtroppo per il motoveliero San Giusto che era sfuggito grazie agli aerei Cr.42 all’attacco dell’Urge, nei giorni seguenti non ebbe una sorte benigna. La zona di Ras el Hilal rientrava nella zona di agguato dei sommergibili della 1a Flottiglia di Alessandria ed era spesso percorsa dai battelli che andavano ad operare presso il porto di Bengasi. Verso le ore 17.00 del 14 maggio 1942, esattamente quindici giorni dopo l’affondamento dell’Urge, il sommergibile Turbolent (capitano di corvetta John Wallace Linton), in rotta per il Golfo della Sirte, prima di essere attaccato da aerei italiani, incendio con il cannone a 10 miglia a levante di Apollonia (ad ovest di Ras el Hilal) il motoveliero San Giusto, partito da Bengasi e diretto a Derna, con un importante carico di 200 tonnellate di benzina in lattine.

Sui dodici uomini dell’equipaggio del motoveliero, che affondò rapidamente, vi fu un solo morto. Questa volta il colpo mortale, mancato il precedente 29 aprile dai britannici contro il San Giusto, era riuscito.

A destra il comandante del sommergibile Turbolent capitano di fregata John Wallace in immagine del 1942-1943.

Purtroppo, ad alimentare lo scetticismo di Platon Alexiades, è il fatto che non esiste il rapporto del San Giusto per conoscere i dettagli dell’attacco al motoveliero, e i suoi danni; ma questo non deve essere considerato una sottrazione di documento, dal momento che quasi tutti i rapporti dei motovelieri e del naviglio minore italiano sono andati perduti, o si trovano in fondi dell’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina di difficile ritrovamento. Inoltre, non vi è alcuna notizia da parte tedesca nei Diario della 2a Flottiglia da sbarco (2. Landungsflottille), da cui dipendevano le motozattere, né nel Diario Trasporti Nord’Africa (KTB Seetransportstelle Nordafrika), che invece cita solo una fonte italiana: ossia una comunicazione arrivata la sera del 29 aprile dal comandante Manfredi di Supermarina, secondo cui si segnalava al Comando della Marina Germanica in Italia a che un sommergibile aveva “presumibilmente” attaccato il convoglio “San Giusto”.

Questo “presumibilmente” a portato in Platon Alexiades molto scetticismo sulla presenza di un sommergibile a Ras el Hilal che non deve esistere perché era un’affermazione fatta quando ancora a Supermarina e nei comandi tedeschi non si conosceva come si erano realmente svolti i fatti. Ma il tutto è confermato dagli inequivocabili documenti nei tre Archivi Militari italiani, che non possono essere ignorati, sminuiti o addirittura fatti passare per visionari, perché dimostrano che un sommergibile si trovava a Ras el Hilal, che attaccò un motoveliero, e che fu a sua volta avvistato in emersione e attaccato da uno dei Cr.42, quello del sergente Marzoli e successivamente attaccato in immersione dagli altri cinque aerei.

Il sommergibile Urge in navigazione.

Ma esistono invece altre prove ben più convincenti:

In un fondamentale messaggio del Comando Marina Germanica in Italia, firmato dall’ammiraglio di divisione Eberhard Weichold, consegnato a mano il 30 aprile 1942 al capitano di fregata Umberto Del Grande per Supermarina, veniva riportato che un sommergibile aveva sparato su motozattere alla fonda a Ras el Hilal, e che era stato poi attaccato subito dopo l’emersione con bombe da un aereo italiano e costretto all’immersione.

Ecco il testo:31

In seguito al foglio di cui in riferimento, il Comando Marina Germanica informa che la sera [errato erano le 08.10] del 29 aprile 3 bettoline semoventi, alla fonda presso Ras el Hilal, sono state attaccate da un sommergibile nemico. Subito dopo l’emersione, il sommergibile è stato attaccato con bombe da un apparecchio da caccia italiano e costretto a immergersi.

Questo caso e l’attacco contro il motoveliero “S. Giusto” provano ancora una volta la giustezza e le probabilità di successo dell’impiego di insidie per sommergibili sul tratto orientale fra Bengasi e Derna.

Occorre dire che il messaggio non riportava trattarsi probabilmente di un sommergibile ma che era un sommergibile, il quale aveva attaccato tre delle cinque motozattere tedesche (MFP-150, MFP-154 e MFP-156) che si trovavano in quella zona.

L’attacco dei Cr.42 al sommergibile da parte dei Cr.42 è riportato nei Diari Storici della 153a Squadriglia C.T., del 3° Gruppo C.T., della 5a Squadra Aerea, e infine nelle Relazioni Operative (Modello Mc. 2) della 5a Squadra Aerea, tutti riferiti al primo semestre del 1942, e rintracciabili nell’Archivio dell’Ufficio Storico dell’Aeronautica.

Nel Diario della 5a Squadra Aerea (Libia), è scritto:32

7 Cr.42 della 153a Squadriglia hanno effettuato scorta a convoglio dalle 05.20 alle 15.10. Alle 08.10 è stato avvistato a circa 5 Km nord est di Marsa Hilal un sommergibile emerso che cannoneggiava il convoglio; il sommergibile è stato attaccato con 2 bombe cadute a circa 30 metri dallo scafo con esito non accertato. Totale ore di volo 12.30.

Nella Relazione Operativa Modello C.2 , risulta che il 29 aprile 1942, sette caccia Cr.42 della 153a Squadriglia al comando del tenente Mancini. erano di scorta a cinque bettoline [motozattere], con decollo isolato da Martuba per missione iniziata alle 05.40 e conclusa alle 14.00, con condizioni atmosferiche mediocri per forte Ghibli. Nel documento (vedi Allegato n. 1) é riportato:33

“Bombe lanciate su ogni obiettivo, Sommergibile immerso, n. 12 [bombe] Tipo 50.T. Risultati dell’azione: Alle ore 0810 veniva avvistato a 5 chilometri N.E. di Marsa Hilal un sommergibile emerso che cannoneggiava le bettoline. Veniva attaccato dal Sergente Marzoli con due bombe che cadevano a circa 30 metri dallo scafo già immerso con apparente esito negativo”.

Nel Mod. C.2 si specifica che le motozattere della 6a Flottiglia che formavano il convoglio assieme al San Giusto erano cinque, ma nello stesso tempo è anche detto che le bombe sganciate in mare erano state dodici, e ciò significava che sei aerei su sette avevano attaccato il sommergibile. E da precisare che la bomba da 50 chili mod. T pesava in realtà 58 chili.

Per rispondere ad un osservazione di Platon Alexiades, non importa se il sommergibile era più vicino o lontano dalla costa a causa di possibili errori di posizione trasmessi dall’aereo Cr.42, che aveva attaccato per primo a 5 km da Ras el Hilal, mentre il relitto ritenuto dell’Urge e molto più vicino alla costa. La realtà inequivocabile è che vi era un sommergibile che cannoneggiava il San Giusto e tre motozattere, e questo sommergibile, in base alle informazioni disponibili, non poteva essere che l’Urge. E’ difficile volerlo negare, e sono fiducioso che chi legge queste pagine è arrivato alle mie stesse conclusioni. Infine, guardando la carta a pagina 34 riferita alla posizione di un relitto non identificato, scoperto dai britannici il 19 febbraio 1943, la distanza di tale relitto, poi individuato per un sommergibile, era molto maggiore alle 5 miglia di distanza dalla località di Ras el Hilal.

L’ancoraggio di Ras el Hilal al largo del quale si verificò l’attacco dei velivoli italiani Cr.42 al sommergibile britannico Urge. Il pontile, per l’attacco dei sommergibili italiani assegnati al rifornimento del fronte nord-africano, fu ultimato nel mese di maggio 1942.

I piloti italiani erano visionari? Evidentemente dall’alto distinguevano bene la sagoma del sommergibile sott’acqua a una quota evidentemente non troppo profonda, essendo il fondale di 40-45 metri. Dopo di questi attacchi al largo di Ras el Hilal, si possono fare tutte le ipotesi possibili, ma la verità è che del sommergibile Urge si sono perse le tracce. Non credo ad un affondamento del sommergibile per mine nel tratto Cirenaica – Alessandria. A quanto mi risulta, e sono documentato, non vi erano sbarramenti minati lungo le coste egiziane, neppure sotto costa, poiché le motosiluranti tedesche e le unità di superficie italiane cominciarono a posarli dopo che il fronte si era arrestato al El Alamein, il 30 giugno 1942. Se poi l’attacco dei Cr.42 si fosse svolto contro un grosso cetaceo, come sostiene con convinzione Platon Alexiades, dopo l’attacco del primo Cr.42, gli altri sei velivoli avrebbero potuto risparmiare le bombe, perché il cetaceo, per le esplosioni delle bombe molto vicine, si suppobne che fosse già morto; e non mi si venga a dire che di balene (inesistenti) in quella zona ve ne erano altre.

Mi chiedo: perché quando si tratta di attacchi di aerei britannici a un sommergibile dell’Asse si ha sempre la sicurezza di averlo affondato, anche se il fatto non convince, mentre invece quando si tratta dell’attacco di un aereo o di una nave italiana ad un sommergibile britannico non rientrato alla base si tende sempre a minimizzarlo, assegnandole la fine, in mancanza di prove definitive, alle solite comode mine, in generale preferibilmente tedesche ?

A questo riguardo, ho l’impressione che tutte le ricerche del Naval Historical Branch del Ministero della Difesa britannico tendano a portare in luce episodi che contrastano con quelli più accomodanti a suo tempo discussi tra la Historical Section Admiralty e l’Ufficio Storico della Marina Militare; e pertanto, come ho potuto constare, quelle ricerche forniscono informazioni di comodo. Sommergibili, specie italiani e tedeschi operanti in Atlantico, che nessuno era riuscito a comprendere com’erano andati perduti, dopo molti anni improvvisamente vengano assegnati a navi ed aerei, naturalmente britanniche, e noi tutti, in Italia, dobbiamo accettare le loro tesi. Io sono scettico e per convincermi debbono darmi le prove.

Se vogliono fare qualcosa di utile nella questione dell’Urge, che io dibatto da molti anni con ricerche d’Archivio, quei signori ci dicano quale era il sommergibile che si trovava a Ras el Hilal alle 08.00 del 29 aprile 1942. Se poi insistono che la perdita dell’Urge avvenne per causa di mine tedesche (guarda caso) nelle acque a 10-15 miglia dall’entrata del Grand Harbour di Malta, a me risulta, lo ripeto, che sono stati trovati nelle acque dell’isola parecchi relitti (potrei elencarli), ma non quello dell’Urge.

A questo punto perché dovrei accertare la tesi del Naval Historical Branch a dispetto della mia che appare molto più logica, poiché l’attacco aereo si sviluppo in presenza di almeno tre motozattere germaniche che reagirono anch’esse con le loro armi, e la notizia fu portata a conoscenza del Comando Supremo il 30 aprile, ossia all’indomani dell’episodio, e poi confermata inequivocabilmente, per iscritto, il 1° maggio dell’ammiraglio Weichold, Comandante della Marina Tedesca in Italia, documento che allego in copia originale, in tedesco e traduzione in italiano, nelle due pagine seguenti.

Per quanta poi riguarda la velocità di superficie dell’Urge (2-3 miglia all’ora in superficie per mantenere l’occultamento), ciò può essere contestata dal fatto che i sommergibili britannici erano continuamente avvistati in superficie dagli aerei dell’Asse, altrimenti non avrebbero potuti realizzare i grandi successi che hanno conseguito in cinque anni di guerra usando i siluri, ma anche intensamente il cannone, affondando tra l’altro parecchi motovelieri? Pertanto, in presenza di un ordine preciso per raggiungere il motoveliero San Giorgio, in quel momento molto importante per il carico di mine attese a Darna, una maggiore velocità dell’Urge era pianamente giustificata anche di giorno.

Occorrerebbe sapere se negli ordini di navigazione dati all’Urge alla partenza da Malta vi era quello di attaccare qualsiasi nave incontrata, come di solito avveniva? Perché in tal caso, conoscendo dagli ordini impartiti in navigazione a due sommergibili (Thorn e Proteus), trasmessi sulle informazioni Ultra che indicavano un traffico di convogli che si svolgeva con Bengasi e la costa settentrionale della Cirenaica, passando al largo di quella zona, e volendo l’Urge fare qualche buon colpo, il suo spostamento a Ras el Hilal sarebbe giustificabile, e toglierebbe ogni dubbio sulla saggezza del comandante Tompkinson, che nel prendere una simile decisione aveva una certa autonomia. Purtroppo anche nel libro autobiografico Periscope Viev, dell’allora comandante della 10a Flottiglia di Malta, capitano di vascello George Simpson, viene accennata soltanto la partenza dei cinque sommergibili che dovevano raggiungere Alessandria, ma non c’é il minimo accenno ad eventuali ordini che sarebbero stati dati a Tomkinson.

Un’ultima osservazione. Come ha riferito Platon Alexiades nei forum Aidmen, uboat.net e Wersailors, alle 22.50 del 2 maggio il sommergibile Porpoise trasmise di aver avvistato in superficie un U-boote il lat. 33°56’N, long. 23°04’E, e lo segnalò ad Alessandria al Comando della 1a Flottiglia, che a sua volta lo ritrasmise all’Urge, perché si supponeva che quest’ultimo sarebbe transitato in quella zona prima dell’alba del 3 maggio. Il sommergibile incontrato dal Porpoise non era tedesco ma l’italiano Nereide (capitano di corvetta Pasquale Terra) che, salpato da Lero il 1° maggio, a sua volta avvistò l’unità subacquea britannica. I due sommergibili s’immersero rapidamente perdendo la possibilità di effettuare un attacco. Alla comunicazione di Alessandria l’Urge non dette il ricevuto, né poteva farlo se era già affondato.

Un’ultima osservazione. Come ha riferito Platon Alexiades nei forum Aidmen, uboat.net e Wersailors, alle 22.50 del 2 maggio il sommergibile Porpoise trasmise di aver avvistato in superficie un U-boote il lat. 33°56’N, long. 23°04’E, e lo segnalò ad Alessandria al Comando della 1a Flottiglia, che a sua volta lo ritrasmise all’Urge, perché si supponeva che quest’ultimo sarebbe transitato in quella zona prima dell’alba del 3 maggio. Il sommergibile incontrato dal Porpoise non era tedesco ma l’italiano Nereide (capitano di corvetta Pasquale Terra) che, salpato da Lero il 1° maggio, a sua volta avvistò l’unità subacquea britannica. I due sommergibili s’immersero rapidamente perdendo la possibilità di effettuare un attacco. Alla comunicazione di Alessandria l’Urge non dette il ricevuto, né poteva farlo se era già affondato.

Per concludere, l’Urge si perse alla sua ventesima missione (18a nel Mediterraneo) con l’intero equipaggio di 32 uomini, inclusi 4 ufficiali, e 11 passeggeri (tra cui il corrispondente Bernard Gray) che il sommergibile doveva portare ad Alessandria.

Il giornalista corrispondente Bernard Gray che si trovava a bordo del sommergibile Urge in trasferimento da Malta ad Alessandria.

Ricordiamo che nella sua attività di guerra contro navi italiane, l’Urge aveva affondato due sole navi, la petroliera Franco Martelli e l’incrociatore italiano Giovanni delle Bande Nere e silurato, danneggiandole, altre tre navi, la corazzata Vittorio Veneto e i piroscafi Aquitania e Marigola.

Se qualcuno volesse ancora contestare quanto ho scritto, ossia continuare a sostenere che l’Urge si era perduto nelle acque di Malta, allora la richiesta sarà sempre la stessa:

Quale sommergibile britannico si trovava a Ras el Hilal.

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