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3. Il Risorgimento

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n Risorgimento

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Negli anni che precedettero la metà del secolo, i passi più significativi e orecchiabili delle opere liriche erano largamente presenti nei programmi delle bande musicali con tutta una serie, spesso di pessimo gusto, di adattamenti, rielaborazioni, trascriziorù, rendendo in tal modo popolari (}I.lesti motivi anche a coloro che non avevano i mezzi per accedere al teatro. Nel contempo, fin dall'inizio deJJ'Ottocento, nel campo religioso, vennero composte decine di Messe per banda militare, a dimostrazione della consuetudine di accompagnare con la musica le messe al campo. 1 l titoli di queste composizio1ù - tutte di Franz Joseph Haydn (Siefonia da/l'oratorio, Le ultiJ11e parole del Redentore; coro nella Ciwzione del tllondo; preghiera nelle 01.1c1ttro str~gioni; Armonia ricavata dal/e opere di Ciusejpe F-lC!)'den lsicl) - erano indicati in una ordinanza del 1839 per le bande dei reggimenti piemomesi.2 Paradossalmente così nel mondo militare il repertorio eseguito nei contesti sacri era subordinato a un contegno raramente riscontrabile nel mondo civile che, ass,ù disinvoltamente, per ctueste occasiorù usava ballabili, arie d'opera e marce nelle processio1ù, vespri e messe. Ci limitiamo a un esempio che ci viene da Cagliari e che coinvolse una banda mjJitare dell'esercito piemontese, che si era adeguata ai gusti del clero e del pubblico:3 «Da simili profanazioni artistiche non andavano immuni neppure le bande, poiché le marce 6mebri che eseguivano nella settimana srulta non erano altro che altrettanti pot-pourri formati coi motivi più oreccb.iabili delle opere recentemente rappresentate nel teatro civico. E si può credere che qualunque genere di musica si prestasse allo scopo, quando avrò ricordato èhe.ncl 1858 la banda del 13° Reggimento, la mattina de.I Venerdì Santo, al. seguito della processione deU'Orato.rio d'It:ria; suonò .ridotta a marcia funebre la q.vatfoa del buffo nell'opera Don Checco: Ecco 1'11omo: t1ppen(l nasce Stando ancom.fa lejàsce Con pur,gcmte e vomitivo Lieto è inverse resta vivo».

li sentire romantico portò a una rivoluY..ione nel campo deJla musica. Questa si inserì nella vita sociale, stimolando le passioni ed eliminando dal

1. Antonio C1dini. La tradizione 11111sic(J/e ba11dislica nelle chiese e nei 1itiprocessio11(J/i, in "La Cappella musicale cli San Marco nell'era moderna". Attj <lei convegno internazionale cli studi, Venezia, 1994, a cura di Francesco Passatore e Franco Rossi. Venezia: Fondazione Levi, 1998, pp. 177-212. 2. Racco//(J di Regie Deterf!linazioni e Provvedù11enti dive,:ri contementi il servizio e l'ammi11istmziot1e !l1ilitare per !'tJ1/l/t1/f1 1839. Torino, 1840, p. 629. 1. Giuseppe Orrù. Piccolo dizio11t11io hiogmficq d1:i m11.ricisti di Caglùm~ cit., p. 159.

melodramma le scorie di una tradizione legata al senti.re settecentesco. Per alcuni ceti progressisti italiani, la musica diventò lo strumento di un patriottismo tendente a raggiungere la libertà dallo straniero e l'unità nazionale. Negli anni che portarono all'unità d'Italia, l'opera liJ:ica diventò uno degli appuntamenti favoriti dove (1uel pubblico r.rovava le allusioni che voleva, anche se per opportunità i compositori si servivano cli quei tetni per consei.::,ri.1ire un facile successo. D'altra parte la pur occhiuta censura austriaca non poteva tagliare dai libretti l1.1tte le arie eroiche di invettive ai ti.ranni, tutti i cori guerreschi, tutte le marce militari, in quanto questo costituiva il tessuto connettivo di ogni opera se.ria. G li Italiani, riottos.i sudditi dell'Austria, nell'udire la ''preghiera" del Mosè di Rossini si identificavano con gli ebrei soggiogati che anelavano al ritorno nella terra promessa; il coro della 1Vor111a, "Guerra, guerra!", come pure il duetto dei Puritani di Bellini

Suoni la lro111ba, e intrt1>ido io pu,gnerò da Jo,te, beiio è qf/iYmtar la m01te o,idando: <'.> libertà! (anche se la censura ritoccò la parola "libertà" in "lealtà") erano tutto un richiamo alla lotta e alla cacciata degli invasori. E mentre uno dei martiri di Bel fiore, Angelo Scarsellin.i, andava al martirio cantando l'aria del l'Vlarin Fctiiero di Donizetti, TI palco è a noi trionfo Ove ascendir1m ridenti lvfa il sangue dei vctlenti perduto non sarà ad accompagnare l'impresa e l'olocausto dei fratelli Bandiera fu il coro dell'ormai dimenticata Donna Cc1ritec1 di Mercadante (che la censura ritoccò nelle fogge più fantasiose) Chi per la patii(J 111uor V issuto è asst1i.

L'agiografia risorgimentale ci ha tramandato Verdi come il simbolo del patriottismo: tutto ebbe inizio nel 1842 quando presentò a l'vlilano il J'\fabucco, in cui iJ famoso coro "Va pensiero", se commosse per l'alto valore della melodia e il sentimento che emanava, regalò all'autore ben 57 repliche nel solo primo anno di programmazione alla Scala di l'vlilano. Spirito eminentemente pratico, Verdi cercò di ripetere nelle opere successive il miracolo, e fìno al gennaio 1849, con La hattaglia cli Legnano, ritentò la fortuna con tutta una serie di cori infarciti di gloria, patria, riscatto. Se c..1ueste furono t.ra le meno felici opere, non demeritavano nel panorama delle altre die allora passava il convento, e comunque il minimo dei riferimenti serviva a trascinare il pubblico. E se la corda patriottica faceva vibrare il teatro, centro della vita sociale, palpitava tutta una città. Gli anni che portarono all'unità d'Italia videro altresi tutta una immensa fioritura di inni patriottici e di canti che trovarono un successo momentaneo per il tema trattato, ma che non ressero alla macina del tempo, trattandosi di

musica priva di meriti artistici. Di L1.1tta questa produzione si salvarono soltanto pochi esemplari, in quanto erano diventati comuni nei repertori delle bande musicali. Ricordiamo L'addio del volontmio toscano, parole del fiorentino Carlo Alberto Bosi e musicista ignoto, per il quale Enrico Panzacchi scrisse d1e, dopo averlo udito, Richard Wagner espresse le lodi più calorose. Iniziava con lo ven.go a dii1i addio enormemente miglio.rato dalla lettura popolare in A ddio, mia bella, addio. Famosissima divenne la mar.eia garibaldina di .Alessandro Olivier.i, capomusica del 2° Reggimento di Fanteria, Si scopron le to111he diventata tra i tanti dedicati in quegli anni all'Eroe dei due mondi l'Inno di GrJ1ibakli per antonomas.ia, il cui testo fu soggetto a diverse modifiche e al quale, dopo la proclamazione del Regno (marzo 1861) vennero aggiunte due nuove strofe. Fu eseguito per decenni dalle bande dopo la 1Vfarcia Reale, richiamando sempre un grande pubblico che non si stancava di applaudirlo. La 1\ilarcia Reale di Gabetti, fìn dopo la pr.irna guerra mondiale, non fu l'inno nazionale italiano: vi erano stati diversi tentativi per averne uno nuovo che lo sostit1.ùsse. Nel 1875 il Parlamento aveva chiesto a Giuseppe Verdi di comporne uno, ma il t ,;,;r \H \ maestro non ne aveva fattonulJa;nel 'i \Rl I \ RJ \lF I)' ORDINANZA 191.3 le i\ssocia7.ioni Monarchiche , , ' Costil1.1zionali, riunite in congresso a Roma, .avevano affìdato l'incarico a Raffaele Caravaglios, che compose così un Inno Nazionale Italiano, che però non venne adottato;4 subito d9po •ci fu chi pensò al bell'inno sardo Conserve! Deus stt Re, che era stat9 composto nel 1848 da Vittorio Angius e musicato dal capo-musica dei cacciatori Sardi Giovanni Gonella; alla fine, così, la lvf.arcia &aie divenne l'inno naziornùe.

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Altro canto che ebbe notevole presenza nei repertori delle bande 4 , • ., 'l"I" ... ,. .... ! fu iJ Ccmto depji Italiani (l'attuale inno nazionale), la cui poesia di Goffredo Mameli, musicata da Michele Novaro, tra le varie trascrizioni annoverò anche quella del Vessella, mentre non si può ignorare La bandiera trii-olore, i cpi autori rimase.ro ignoti, inno che echeggiò su tutti i campi di battaglia risorgimentali

4. Cesare Caravaglios. Il centenmio della ]\!farcia Re(l/e. Estratto dal "BoUcttino Ufficiale Swrico", 15 ottobre 1934.

e che Enrico Panzacchi attribuì al «poeta ispir.ato e fecondo [cheJ fu nel 1848 il popolo ital.iano, e tutti, in alto e in basso, furono poeti per un momento ... ». La più famosa di tutta questa produzione, comunque, fu una polka bri.1lante, La hella Gigogin, un testo popolare lombardo musicato da Paolo Giorza, che per la diffusione presso tutti gli eserciti che si scontrarono nelle battaglie risorgimentali, si può considerare una Lilì lvl.ar/een ante litteram. Nacque alla vigilia della seconda guerra di indipendenza, il 31 dicembre 1858, nella festosa serata di fine anno che si teneva al Teatro Carcano di ìVfilano. A mezzanotte la banda cittadina, diretta da Gustavo Rossari, attaccò con queste note. Il successo fu immediato e la canzone fu ripetuta otto volte tra il tripudio del pubblico. Pare che le parole, innocenti e sconclusionate, fossero intese nel modo che rispondeva alle aspettative del momento. Gigogin, diminutivo piemontese di Teresina, tra i patrioti pare fosse sinonimo di Italia. Ma cosa significano "Di quindici anni facevo ,ùl'amore", (JUd "mangiar polenta", o "bisogna aver pazienza"? Tutto e niente. Pare che con il doppio senso che alludevano alla "polenta" si indicasse la bandiera austriaca; mentre "!assala maridà" voleva dire trovare l'unità, mentre "daghela avanti un passo" avrebbe indicato marciare contro gli oppressori. Diventò comunque una vera musica popolare, al punto che il 4 giugno 1859, mentre infuriava la sanguinosa battaglia cli Magenta, era suonata come passo di carica dal.le contrapposte bande musicali francesi e austriache, come pure fu la stessa che accompagnò l'impresa dei ìVfille.5 Sulla presenza delle bande musicali militari durante il Risorgimento abbiamo il ricordo della battaglia di San Martino scritto da Giovanni Romero che, molti aruù dopo, il 1 ° marzo 189'6, con il grado di colonnello cadde in Abissinia nello sventurato fatto d'armi di Adua: «La musica, ferma allo sbocco nel prato, suona, o meglio stuona una marcia mentre il reggimento ~'11 °] sfila; i tamburini battono la carica e i battaglioni, al grido di Savoia, si lanciano ali' attacco». 6 In questa battaglia fu decorato di medaglia d'argento il caporale tamburino Giovanni Musso «per avere sotto una grandine di proiettili battuta intrepidamente la carica, esempio ai solda6 di sangue freddo e cli valorc».7 Sempre a San Martino cadde sul campo anche il tamburino Francesco Duport del 2° Fanteria, mentre esplicava con impegno il suo compito.8 Sulla Rivùta militare italiana, il tenente Gualber.to Favini scrisse un articolo vibrante di ent1.1siamo, .Alla baionetta. <<... Poi la tromba comanda "Attenti

5. Per il presente capitolo sono stati consultati: Raffaello Monterosso. La 11111sica ne!Risorgi111enlo. Milano: Vallardi, l 948; T t\micon.i. J/ Rùorgj111ento italiano attn1vmo i canti. Roma: r\rrnellini, 1963; Sp,1rtiti 11111sicali dal Rùlirgivm1to alla prima guerra mondiale. Rom:t: Palombi, 1978; Rubens Tedeschi. Addio fiorito asi/. Il ,,,e/odratJ1111a italiano da Bl1it1J al Ve,ismo. Milano: Pdtrinclli, 1978; Alberto Basso. La 11111.rica nel Rùo,;gi111ento, in "Soldaù e pittori nel Risorgimento italiano", a cura di Maurizio Corgnati. ivlilano: Fabbri Editori, 1987, pp. 65-71; Gaspare Nello Verro. L, 11111sict1 in ft(lli(I 11ei 1J1oti politici e sociali. Relazione al Convegno nazionale di snidi "I fasci e la società siciliana. 18931993", Agrigento, 1993, pubblicata con modifiche in Rassegna Musicale Italiana, VTTT (2003), n. 24, pp. 36-41. 6. Giovanni Romero. La 12° compa,g11ia d.e//'11° Ft111leria a .l'an Martino, in" Rivista A1ilitare lta!it111a" (in seguito indicata come KM.I.), 1896, VII, p. 592. 7. E. Pifferi. Lu JJ1i,g11t(I Ct1sale, in R.M.J., 1893, T, p. l 48. 8. G. Licomaci. Co11/enmzf' cn11 proiez/011i !111J1i11ose alla lmj!f!a, in R.MT, 191 l,) I, p. 1954.

per l'assalto" [ ... ]. La stessa tromba sguilla il segnale "Alla baionetta", le altre trombe lo ripetono, la musica intona la Marcia reale con cadenza accelerata, i nostri soldati balzano dalla loro posizione e si gettano irresistibilmente avanti, innalzando il terribile urlo di guerra».9

AUSTRIA

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