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LA DISTRUZIONE DEL CONVOGLIO TEDESCO “MARITZA” E
from LA DISTRUZIONE DEL CONVOGLIO TEDESCO "MARITZA" E L'AFFONDAMENTO DELLA CORAZZATA BRITANNICA "BARIIAM"
L’AFFONDAMENTO DELLA CORAZZATA BRITANNICA
BARHAM
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(24-25 Novembre 1941) di Francesco Mattesini

Le misure britanniche per continuare ad attaccare le rotte dell’Asse con la Libia dopo l’annientamento del convoglio “Beta” (“Duisburg”)
La notte del 9 novembre 1941 la Forza K di Malta, una piccola formazione navale britannica, costituita dagli incrociatori leggeri Aurora (capitano di vascello William Gladstone Agnew) e Penelope e dai cacciatorpediniere Lance e Lively, agendo in base ad informazioni crittografiche Ultra trasmesse da Londra, attaccò a sud della Calabria il convoglio “Beta”, noto anche come “Duisburg” dal nome della nave comando tedesca. Il convoglio costituito da sette navi mercantili italiane e tedesche, fu annientato completamente assieme al Fulmine un cacciatorpediniere della scorta che era costituita dagli incrociatori pesanti Trieste e Trento e da dieci cacciatorpediniere. Il 22 novembre, in seguito ad altre informazioni crittografiche dell’Ultra, le forze di Malta fecero fallire il transito per la Libia di altro importante convoglio italiano (“Pisani”), che fu costretto a rientrare a Taranto in seguito al danneggiamento di due grandi unità della potente scorta, gli incrociatori Trieste e Duca degli Abruzzi, rispettivamente silurati dal sommergibile Utmost del tenente di vascello Richard Douglas Cayley, e da un velivolo Swordfish dell’830° Squadron dell’Aviazione Navale britannica (FAA), con pilota il sottotenente di vascello Roger Kerrison. 1
L’indomani 23 novembre l’ammiraglio Andrew Browne Cunningham, che su continue sollecitazioni arrivate da Londra manteneva le sue navi della Flotta del Mediterraneo (Mediterranean Fleet) particolarmente impegnate nel rifornimento di Tobruch e per appoggiare, con bombardamenti costieri e rastrelli antinave, l’offensiva dell’8a Armata britannica in Cirenaica (operazione “Crusader”), iniziata il giorno 18 del mese, ricevette un messaggio dal 1° Lord del Mare. Con esso, l’ammiraglio Dudley Pound, che aveva discusso con il Primo Ministro Winston Churchill della delicata situazione dei rifornimenti delle forze dell’Asse venuta a verificarsi nel Nord Africa per il mancato arrivo dei convogli “Duisburg” e “Pisani”, chiaramente denunciata dalle intercettazioni crittografiche Ultra, arrivava alle seguenti conclusioni:2
La scarsità di benzina del nemico; i suoi disperati tentativi di far giungere benzina a Bengasi; la situazione delle forze nemiche che é tale da mettere in dubbio che esso possa racimolare aerei per operare sul mare presso le coste d’Africa.
1 Per l’episodio del convoglio “Beta”, vedi il saggio dell’Autore “Il disastro del convoglio Duisburg”, Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Parte 1a settembre 1996, p. 77-201, Parte 2a dicembre 1996, p. 29-153. Per il convoglio “Pisani”, Francesco Mattesini, “Le operazioni aeronavali nel Mediterraneo e la crisi dei convogli libici nella 2a e 3a decade di novembre 1941”, Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Parte 1a settembre 2000.
2 Andrew Browne Cunningham, L’odissea di un marinaio, Garzanti, Milano, 1952, p. 305.
Raggio d’azione degli aerei di Malta in relazione alle rotte delle navi dell’Asse nell’estate e autunno 1941. (Da S.W. Roskill, The War at Sea, vol. I).

Tenendo particolarmente in considerazione l’effetto di non fare arrivare benzina a italiani e tedeschi, l’ammiraglio Pound chiese a Cunningham di esaminare “la possibilità di impiegare forze di superficie per interrompere il traffico nemico diretto a Bengasi nell’imminente criticissimo periodo” . 3
Lo stesso giorno il Comandante della Mediterranean Fleet ricevette un altro messaggio, stavolta spedito dal Primo Ministro britannico che, ancora informato da Ultra, affermava di aver chiesto all’ammiraglio Pound di fare ogni sforzo per intercettare le navi di superficie italiane trasportanti a Bengasi rifornimenti e soprattutto carburante. Quest’attività di contrasto era, secondo il parere di Winston
Churchill, di fondamentale importanza, ed egli, con il suo messaggio, ne forniva le seguenti motivazioni:4
Le nostre informazioni ci dicono che vi è un certo numero di bastimenti in avvicinamento o in partenza. Il nemico ha chiesto che gli venga data protezione aerea, ma tale protezione non può venire data poiché la sua Aviazione d’Africa è impegnata in battaglia … Sarò lieto di conoscere, tramite l’Ammiragliato, quale azione proponiate di intraprendere. L’arresto di queste navi può significare la salvezza di migliaia di vite oltre a contribuire a una vittoria di fondamentale importanza.
L’ammiraglio Cunningham rimase alquanto perplesso dalle dichiarazioni del Primo Ministro perché, a differenza dell’ottimismo esistente a Londra, non era stata notata alcuna diminuzione dell’attività aerea dell’Asse nelle operazioni sul mare che. al contrario, appariva sempre minacciosa come confermava, l’avvenuto danneggiamento del trasporto truppe Glenroy (capitano di vascello James Francis Paget), colpito da un siluro quello stesso giorno 23, sulla rotta di Tobruch, per l’attacco di due “S.79” italiani della 281a Squadriglia Aerosiluranti dell’Egeo, aventi per capo equipaggio il capitano pilota Carlo Emanuele Buscaglia e il tenente Luigi Rovelli.5
La risposta dell’ammiraglio Cunningham, trasmessa al Primo Ministro britannico sempre nella giornata del 23 novembre, riportava che egli si rendeva “perfettamente conto della vitale importanza della rotta di Bengasi per i rifornimenti” del nemico e che erano state prese misure, concordate con l’ammiraglio Pound, “per fronteggiare la situazione”, bloccando “il traffico marittimo nemico, minacciando d’intervenire con le forze che si trovano ai due capi del Mediterraneo”, e che “tale minaccia aveva avuto notevole successo” . Tuttavia il nemico aveva ricominciato a far partire i convogli, che erano nuovamente attaccati “con le navi, con gli aerei e con i sommergibili” disponibili, ma la debolezza in fatto di unità da ricognizione aumentava molto i rischi delle operazioni delle unità leggere, che dovevano “ necessariamente agire senza scorta”, sfruttando la loro velocità. 6
4 Ibidem, Per il testo completo del messaggio vedi Winston Churchill, La seconda guerra mondiale, vol. 5, Il Giappone all’attacco, Mondadori, Milano, 1966, p.1509.
5 Alle 16.20 del 23 novembre il trasporto truppe Glenroy, che trasportava sedici mezzi da sbarco e ottanta soldati, fu colpito gravemente da un siluro attribuito all’S.79 di Buscaglia, anche se nel Diario degli Aerosiluranti non si esclude che potesse avervi contribuito l’S.79 di Rovelli, che attacco due minuti dopo il suo capitano, sostenendo anch’egli di aver colpito la nave. E in effetti, dobbiamo ritenere che il colpo a segno fu di Rovelli, il cui fotografo 1° aviere Riccio scattò alcune fotografie dimostranti che il loro S. 79 per lanciare il siluro da 400 metri di distanza si era spinto tanto vicino a quella nave da sorvolarla a bassa quota, riportando alcuni danni per il fuoco contraereo. Nell’allontanarsi, Rovelli e alcuni membri del suo equipaggio poterono vedere la nave attaccata che si era fermata appoppata. Il Glenroy era diretto a Tobruk scortato dall’incrociatore contraereo Carlisle e dai cacciatorpediniere Avon Vale e Farndale. Colpito dal siluro si arrestò con una stiva e la sala macchine allagata. Preso a rimorchio fu portato ad incagliare sulla vicina costa presso Marsa Matruh da dove poi disincagliato e da due rimorchiatori fu condotto ad Alessandria. Le truppe che aveva a bordo furono portate a Tobruk dal cacciatorpediniere Farndale.
Il Glenroy fotografato da distanza ravvicinata dall’S. 79 del tenente Rovelli dopo il lancio del siluro che andò a colpire la nave.

Su queste constatazioni il Comandante in Capo della Mediterranean Flet scrisse al Primo Lord del Mare sostenendo che l’argomento di intercettare i rifornimenti del nemico era da lungo tempo oggetto di considerazione da parte del suo Comando, e fece conoscere che era stato ordinato agli incrociatori e ai cacciatorpediniere di Alessandria per sviluppare azioni combinate contro i convogli dell’Asse diretti in Libia, operazioni che dovevano svolgersi in correlazione con le unità similari della Forza K di Malta.
Tuttavia, l’ammiraglio Cunningham concluse affermando che vi erano notevoli difficoltà per intercettare le navi nemiche, perché quell’attività bellica avrebbe costretto gli incrociatori di Alessandria a spingersi, in pieno giorno, ad una distanza di circa 550 miglia dalla propria base, entrando in una zona di mare che si trovava sotto costante osservazione nemica; e ciò avrebbe rappresentato "un impresa arrischiata” perché gli incrociatori avrebbero dovuto manovrare senza disporre dell’ausilio di un’efficiente ricognizione aerea, necessaria per “tenersi al largo di formazioni nemiche più forti”.7
6 Ibidem, Winston Churchill.
7 Andrew Browne Cunningham, L’odissea di un marinaio, cit., p. 306.
L’ammiraglio Andrew Browne Cunningham Comandante in Capo della Mediterranean Fleet sulla corazzata Warspite ad Alessandria, nell’estate del 1940. Sullo sfondò e la vecchia corazzata Eagle trasformata sullo scafo dell’ex incrociatore da battaglia Almirante Cochrane, che essendo in costruzione per il Cile fu acquistato dalla Gran Bretagna nel 1917, durante la prima guerra mondiale. La Eagle entrò in servizio come portaerei nel 1924.

Il Primo Lord del Mare propose allora che un’altra formazione navale leggera fosse inviata a Malta, allo scopo di alternarsi con la Forza K nelle operazioni da condurre contro il traffico nemico, in modo da poter sempre disporre in mare di un gruppo navale assegnato a tale compito. Anche l’ammiraglio Cunningham aveva preso in considerazione una simile idea per intercettare con maggiore efficacia le navi dell’Asse dirette in Libia. Ragion per cui, sebbene tale intendimento apparisse sconsigliabile dalla scarsità di nafta esistente nei depositi di Malta, il cui incremento si era verificato soltanto alla fine di settembre con l’arrivo alla Valletta di otto piroscafi del convoglio dell’operazione “Halberd”, il Comandante in Capo della Mediterranean Fleet acconsentì a inviare a La Valletta altri due incrociatori e due cacciatorpediniere della Forza B. Ciò avrebbe permesso di portare la forza di scorreria di Malta all’equivalente di quattro incrociatori e altrettanti cacciatorpediniere.8 La Forza B, costituita dagli incrociatori Ajax e Neptune e dai cacciatorpediniere Kimberley e Kingston arrivò a Malta il mattino del 29 novembre e pertanto, come vedremo, pur essendo in mare il giorno 24 non poté partecipare all’attacco al convoglio “Maritza” da parte della Forza K.
8 Ibidem, p. 306 SGG.
Nuovo successo della Forza K. La distruzione del convoglio tedesco “Maritza”
Dal rientro del convoglio “Pisani” a Taranto ne conseguì, per gli italiani, che le possibilità di fare affluire i rifornimenti in Libia restarono affidate in quei giorni di novembre soltanto all’incrociatore Luigi Cadorna, ai tre soli grandi sommergibili della nuovissima classe “Ammiragli” Cagni, Saint Bon e Millo, e ad alcuni piccoli convogli in partenza dai porti della Grecia con debole scorta. Ma la loro presenza e la destinazione fu conosciuta dalla fonte crittografica Ultra, e portò ad un altra grave perdita.
Mentre tra Londra e Alessandria si svolgevano le discussioni che dovevano portare a pianificare nuove e più pesanti missioni contro i convogli dell’Asse, iniziate con la distruzione del convoglio “Beta”, il mattino del 23 novembre 1941 giunse all’ammiraglio Cunningham, la segnalazione che un importante convoglio, costituito dai due piroscafi germanici Maritza (2.910 tsl) e Procida (1.842 tsl), era diretto a Bengasi con un carico vario, comprendente mezzi da combattimento, compresi autoblindo, e benzina per la Luftwaffe.
Il convoglio, era stato tenuto sotto costante sorveglianza dalla fonte crittografica Ultra fin dal 26 ottobre, quando si trovava a Napoli, ed era stato precisato che i due piroscafi trasportavano un carico di 1.700 tonnellate di benzina per la Luftwaffe in Libia, e che sarebbero partiti per il Pireo da un porto italiano per poi trasferirsi oltremare. Imbarcato una parte del carico di benzina, il Maritza e il Procida si trasferirono da Napoli a Taranto il giorno 11 novembre, scortati da due motonavi armate, per poi partire il 14 novembre per il Pireo, dove i due piroscafi rimasero circa una settimana per imbarcare un ulteriore carico di benzina, nonché bombe e 104 automezzi, e in attesa che il porto di Bengasi, dalle limitate dimensioni e pieno di relitti che aumentavano continuamente per i danni causati dalle incursioni delle RAF, fosse stato messo in grado di accoglierli alla banchina. Gli accordi, che procrastinarono la partenza del convoglio al 23 novembre, furono concordati tra Supermarina e il comando tedesco dell’Ammiraglio Sudest Erich Förste.
Le precise informazioni crittografiche sugli spostamenti del convoglio, che fu segnalato aver preso il mare alle 14.00 del 23 novembre, e i suoi programmi di navigazione comprese le unità assegnate alla scorta, furono passate dalla sede Ultra di Bletchley Park dall’O.I.C. (Operational Intelligence Centre dell’Ammiragliato britannico), e da questo ai comandi di Malta e di Alessandria.9
9 La partenza e la destinazione del convoglio “Maritza” fu esclusivamente scoperta dall’organizzazione crittografica Ultra, e non ebbe quindi alcuna influenza la segnalazione del Servizio Informazioni Militari (SIM), tramite il suo ufficio della Marina, che avvertiva: “Oggi 18 novembre potrebbero partire dal Pireo i piroscafi tedeschi MARITZA e PROCIDA carichi di truppe e materiali germanici, fra cui autoblindo mimetizzate color sabbia. Si dice che questi due piroscafi sarebbero diretti a Bengasi. Si crede opportuno far rilevare il fatto a codesto Reparto poiché se
Una prima segnalazione, del 23 novembre, riportava:10
“Cisterne PROCIDA e MARITZA scortate dal FRECCIA lasceranno il Pireo alle 07.00 del 24 per Bengasi”.
In realtà le due cisterne erano piroscafi da carico, e le 07.00 del 24 novembre era l’ora che si riferiva al cambio di scorta tra due torpediniere e il cacciatorpediniere Freccia, prevista in lat. 34.53 Nord, long 20.51 Est, a 24 miglia a sud di Cerigotto. Questo fatto dimostra le difficoltà riscontrate nell’opera di decrittazione dal pur abilissimo personale crittografico di Bletchley Park, che tuttavia, il giorno 24, ventinove giorni dopo la prima notizia ricevuta come detto il 26 ottobre, fu in grado di precisare correttamente:11 effettivamente le due unità sono dirette a Bengasi il segreto della missione non è stato affatto mantenuto dal personale di bordo, o di chi era al corrente di questa partenza per l’Africa”. Naturalmente ciò avrebbe condotto nel periodo successivo alla perdita dei due piroscafi, a uno scambio di lettere tra Supermarina e il comando dell’Ammiraglio Sudest, da cui dipendeva il porto del Pireo, che però non arrivò ad alcuna conclusione, se non a spiacevoli illazioni. Cfr. Aldo Cocchia, La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale dal 1° Ottobre 1941 al 30 settembre 1942, USMM, Roma, 1962, p. 106.

Il piroscafo tedesco Maritza mimetizzato nel 1941.
10 Alberto Santoni, Il vero traditore, Mursia, Milano, 1981, p. 124.
11 Ibidem.
PROCIDA e MARITZA hanno lasciato il Pireo alle 14.00 del 23 per Bengasi. Scortate da due torpediniere fino al canale di Kithera [Cerigo] e poi dal cacciatorpediniere FRECCIA. Debbono giungere a Bengasi alle 12.00 del 25.
E opportuno notare quale fosse il contenuto modesto di siluranti che era assegnato alla scorta dell’importante convoglio, prima due e poi nella parte più pericolosa della navigazione verso la destinazione, quindi più esposta agli attacchi del nemico, soltanto da una.
Il Comandante in Capo della Mediterranean Fleet, pianificando l’operazione ME. 5, che consisteva nel far operare la Forza K di Malta con gruppo d’incrociatori e cacciatorpediniere della flotta di Alessandria, la Forza B, decise di intercettare da due lati il convoglio tedesco, e ne informò il Comandante della Marina a Malta, vice ammiraglio Wilbran Ford.
Le due forze navali britanniche dovevano, all’occasione, attaccare da due direzioni i convogli nemici e le unità di scorta di superficie che fossero stati segnalati nel Mediterraneo centrale. La Forza K doveva operare a nord del parallelo 33°30’N e la Forza B a sud di quella latitudine geografica. Quando il 23 novembre si era verificata la segnalazione Ultra che due convogli nemici erano in mare diretti a Bengasi, la Forza K, che disponeva degli incrociatori Aurora e Penelope e dei cacciatorpediniere Lance e Lively, per ordine impartito verbalmente dal vice ammiraglio Wilbraham Ford lasciò Malta con l’oscurità, alle ore 23.30. Quindi procedette alla velocità di 25 nodi per la posizione lat. 33°40’N, long. 21°41’E, corrispondente a 130 miglia a nord-est di Bengasi dove, sulla rotta Pireo - Bengasi, dovevano transitare i due piroscafi del convoglio “Maritza” e le due torpediniere di scorta.

In questa immagine del 10 giugno 1942 a Liverpool, il capitano di vascello W.C. Agnes, all’epoca degli avvenimento Comandante della Forza K, accompagna personalità civili a visitare la sua nave, l’incrociatore Aurora.


La Forza B, costituita dai cinque incrociatori leggeri Ajax (contrammiraglio Bernard Rawlings), Neptune, Naiad, Euryalus e Galatea, e dai quattro cacciatorpediniere di squadra Hotspur, Kandahar, Kimberley e Kingston, salpò da Alessandria alle ore 04.00 del 24 novembre, e precedette ad alta velocità lungo le coste della Cirenaica per raggiungere anch’essa la congiungente Pireo - Bengasi. Quindi, a iniziare dalle 07.40 del 25, le navi della formazione dovevano dividersi per effettuare una ricerca a rastrello verso nord, e per l’estensione di 6 miglia, sulle rotte dei convogli dell’Asse che passavano in quella zona di mare.
Dopo che la ricerca delle navi nemiche si fosse conclusa la Forza K sarebbe tornata a Malta per rifornirsi. La Forza B doveva invece restare fino alle 14.00 del 25 novembre nella zona in cui essa operava, che era ritenuta alquanto pericolosa per la presenza degli aerei tedeschi, e quindi rientrare ad Alessandria.12
12 Historical Section Admiralty, Mediterranean, Volume II, November 1940-December 1941, Londra, 1957, p. 201; Archivio Ufficio Storico Marina Militare (da ora in poi AUSMM), Scambio notizie con Ammiragliato britannico, Questionario n. 3; M. Simpson, The Cunningham Papers, vol. I, The Mediterranean Fleet 1939-1942, Ashgate, Scholar Press, 1999, p. 540.

Da parte sua l’ammiraglio Cunningham decise di appoggiare il movimento degli incrociatori nel Mediterraneo centrale uscendo da Alessandria con il grosso della sua flotta, che dopo il danneggiamento della portaerei Formidable nelle acque di Creta, il 26 maggio 1941, non disponeva più di unità di quel tipo per appoggiare le sue operazioni navali. Alle 16.00 del 24 novembre, Cunningham prese il mare con le sue tre corazzate del 1° Squadrone da Battaglia Queen Elizabeth, Barham, e Valiant, per scortare le quali era riuscito con gran fatica, per i molteplici compiti assegnati alle unità sottili della Mediterranean Fleet, a mettere insieme gli otto cacciatorpediniere Napier, Nizam, Griffin, Kipling, Hasty, Decoy, Jervis e Jackal 13
In tal modo venne a trovarsi in mare, per operare contro il convoglio “Maritza” (in codice tedesco convoglio “Drossel”), un complesso navale britannico di tre corazzate, sette incrociatori e quattordici cacciatorpediniere.
Ogni partenza di convogli dal Pireo avveniva nella giurisdizione del Comando tedesco Sudovest, alle cui dipendenze era il Comando Gruppo Navale Italiano dell’Egeo (Egeomil) che al comando del capitano di vascello Corso Pecori Giraldi forniva le scorte navali, e che assegnò alla protezione del convoglio le torpediniere dell’8a Squadriglia Lupo e Cassiopea. Conseguentemente, partecipandovi unità italiane, e dovendo dare ai trasporti navali una condotta unitaria, le disposizioni per il convoglio “Maritza” furono concordate anche con Supermarina, il comando operativo dello Stato Maggiore della Regia Marina. L’ordine d’operazione stabiliva che la rotta per Bengasi, da assumere dopo l’uscita dall’Egeo attraverso il Canale di Cerigotto, fosse di ampiezza molto larga per tenersi a distanza dagli aeroporti di Malta e da quelli dell’Egitto. Era anche stato stabilito, come detto, che il cacciatorpediniere Freccia, avrebbe dovuto riunirsi al convoglio alle 07.00 del 24 novembre, a 24 miglia a sud di Cerigotto (lat. 34°53’N, long. 20°51’E), per assumerne la scorta, rilevando le due torpediniere.

La scorta e la vigilanza aerea, secondo uno schema datato 16 novembre e pervenuto a Supermarina il 21 dal Comando Sudest doveva essere fornita, nei giorni 23 e 24, dai velivoli del X Fliegerkorps, che dovevano anche assicurare la protezione ai piroscafi durante l’arrivo a Bengasi. Supermarina, da parte sua, dislocò in agguato a levante di Malta i sommergibili Delfino, Trichego, Squalo e Settembrini, e quest’ultimo, al comando del capitano di corvetta Mario Resio, fu il primo, come vedremo, a dare l’allarme sulla presenza in mare della Forza K.
Il convoglio “Maritza”, con le navi mercantili, Maritza e Procida in linea di fila e le torpediniere sui fianchi, prese il mare dal Pireo intorno alle 14.00 del 23 novembre, come segnalato dalla fonte Ultra.14 Passati gli sbarramenti minati e superato Capo Turlo (Egina), alle 15.33 il Maritza e il Procida assunsero la formazione di navigazione in linea di fronte con le torpediniere Lupo e Cassiopea rispettivamente di scorta sulla dritta e a sinistra. Nel cielo volteggiava un idrovolante con compito antisommergibile. Contemporaneamente sopraggiunse il Mas 7D (ex jugoslavo Suvobor) che fino a notte partecipò alla scorta, per poi rientrare a Poros.

Il Mas 7D, ex motosilurante jugoslava Suvobor di costruzione tedesca catturato dagli italiani in Dalmazia nell’aprile 1941, che partecipò alla scorta del convoglio “Maritza” nel pomeriggio del 23 novembre fino al calar della notte.
14 Supermarina fu informata da Marisudest della partenza del convoglio “Maritza” con la seguente segnalazione: “Marisudest – 91868 – Piroscafi MARITZA et PROCIDA scorta nave LUPO et nave CASSIOPEA mare – 142023. Cfr., AUSMM, Supermarina Arrivo Cifra, registro 147.
Nella serata Marisudest trasmise alla Lupo che per un contrattempo nel passaggio notturno tra le isole di Zante e di Cefalonia, il cacciatorpediniere Freccia avrebbe saltato l’appuntamento a sud di Cerigotto, arrivando più tardi. A bordo della Lupo, l’ufficiale capo scorta e del convoglio, capitano di fregata Francesco Mimbelli, intercettando le segnalazioni tra Marisudest e il Freccia, calcolò che il cambio della scorta non poteva avvenire prima del pomeriggio dell’indomani 24 novembre.15 Poco prima dell’alba dello stesso giorno, alle 05.03, il sommergibile Settembrini percepì agli idrofoni la presenza di una forza di unità navali in rotta verso levante, e il comandante Spano lo segnalò a Supermarina, trasmettendone la posizione a miglia 105 per 125° da Malta e i dati di moto rotta sud-est (135°) e velocità imprecisata.
Il sommergibile Settembrini all’ormeggio a Taranto nell'autunno del 1940. Il mattino del 24 novembre percepì agli idrofoni il passaggio della Forz K salpata da Malta con rotta levante, segnalandolo a Supermarina, che ordinano il dirottamento dei convogli per Bengasi più direttamente minacciati.
Sul segnale di allarme del sommergibile, l’ammiraglio Carlo Pinna, in servizio quel giorno 24 nel salone operativo di Supermarina, ottenuta l’approvazione del Sottocapo di Stato Maggiore ammiraglio Luigi Sansonetti, provvide ad ordinare il dirottamento nei porti della Morea di due navi mercantili che si trovavano, frazionate e con debole scorta, in rotta per Bengasi: la motonave ausiliaria Adriatico che partita alle 17.30 del 23 da Reggio Calabria fu inviata isolata ad Argostoli, seguendo rotte che passavano a non meno di 190 miglia da Malta; e la cisterna Berbera salpata da Brindisi alle 17.30 del 22, scortata della torpediniera Pegaso, che fu dirottata su Navarino. Inoltre il cacciatorpediniere Strale che scortava piroscafo Bosforo ricevette l’ordine di andare a Suda.16
15 AUSMM, Rapporto di missione della torpediniera Lupo, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella n. 42.

Furono invece fatti proseguire, perché si ritenne che per le distanze e le posizioni di velocità non corressero alcun pericolo rispetto alla posizione della Forza K trasmessa dal sommergibile Settembrini, la motonave Città di Tunisi, partita il pomeriggio del 23 da Suda scortata dal cacciatorpediniere Malocello, e l’incrociatore Cadorna.17 Quest’ultimo stava rientrando da Bengasi ad alta velocità, dopo avervi scaricato, il 23 novembre, 103 militari della Regia Marina e 385 tonnellate di materiali, e ripartito lo stesso giorno dopo aver imbarcato per trasportarli in Italia altri 323 uomini di passaggio, di cui 105 militari italiani e 126 tedeschi feriti, e 82 prigionieri con 10 soldati italiani di scorta. Arrivò a Taranto alle 09.40 del 25. L’affermazione del comandante, capitano di vascello Riccati di Ceva, di essere stato attaccato da un sommergibile, non ha trovato riscontro. Si trattò di un falso allarme.
Purtroppo l’ordine di dirottamento non fu ricevuto dal cacciatorpediniere Strale (capitano di corvetta Stefano Palmas) che, come detto, scortava il piroscafo Bosforo, partito da Bengasi e diretto a Brindisi, e neppure dalla torpediniera Lupo e ciò, come spiegheremo, ebbe le sue funeste conseguenze per il convoglio “Maritza”, per il quale l’ammiraglio Sansonetti richiese a Marina Bengasi un’adeguata protezione aerea nella zona di approdo di Bengasi.18 Fu anche sollecitato l’intervento aereo sulle navi nemiche. Nel frattempo, alle 06.54 del 24 novembre decollò dall’aeroporto di Kalamaki (Zante) una sezione di due bombardieri He.111 del II./KG.26 che andarono a scortare il convoglio “Maritza” con compito antiaereo e antisom, e che furono poi sostituiti, quando furono al limite dell’autonomia, da altre due sezione ciascuna di due velivoli del medesimo tipo e reparto, in modo da fornire una scorta aerea continua fino al tardo pomeriggio.
16 Il mattino del 24 novembre il sommergibile britannico Trusty (capitano di corvetta William Donald Aelion King) aveva ricevuto l’ordine di intercettare il convoglio “Berbera” ad ovest dell’Isola Stravathi. Lo avvistò alle 0830, riconoscendo una petroliera scortata da un cacciatorpediniere, in posizione 37°13'N, 20°37'E. Ma proprio mentre stava attaccando il primo dei siluri ebbe un guasto nel tubo di lancio, per cui dovette rinunciare a farlo.
17 AUSMM, Supermarina Avvisi, registro n. 17, Avviso n. 7862 per Comando Supremo.
18 Nella notte del 23-24 novembre la RAF di Malta attaccò il porto di Bengasi con quattordici bombardieri Wellington, otto del 104° Squadron e sei del 40°, e uno di questi ultimi velivoli, con pilota il sergente T.W. Parker, colpito dalla contraerea finì in mare. L’equipaggio, recuperato dopo cinque giorni da una nave dell’Asse, fu fatto prigioniero. Secondo i rapporti italiani e tedeschi i danni riportati in questi attacchi furono minimi.
L’ordine di dirottamento del convoglio Maritza trasmesso da Supermarina alla torpediniera Lupo.

In seguito alla segnalazione del sommergibile Settembrini, e sulle sollecitazioni che arrivavano da Supermarina che richiedeva di attaccare le unita nemiche con tutti gli aerei disponibili, il Comando dell’Aeronautica della Sicilia alle 09.00 fece partire una sezione di due aerosiluranti S.84 della 282a Squadriglia per ricognizione offensiva. I due velivoli rientrarono alle ore 10.55 senza avere eseguito la missione, uno per avaria al motore e l’altro per avaria all’elica. Durante la giornata furono inviati in volo per lo stesso scopo in due pattuglie dalla Sicilia sei S.79, tre della 284a Squadriglia e altri tre della 5a Squadra Aerea (Libia) assieme a due bombardieri in picchiata Ju.87 della 209a Squadriglia, rispettivamente per esplorare la zona a sud-est della Sicilia e al largo di Bengasi, ma senza riuscire ad avvistare navi nemiche a causa della presenza di estesi banchi di nebbia e foschia.19 Da parte del X Fliegerkorps, il mattino del 24 novembre le ricognizioni aeree sulla linea costiera Tobruk – El Daba furono assegnate a due coppie di Ju.88D del Gruppo da Ricognizione del X Fliegerkorps (Squadriglie 1.(F)/121 e 2.(F)/123). Tre velivoli decollarono regolarmente da Heraklion (Creta) tra le 10.18 e le 10.26, ma uno di essi rientrò alla base prima del tempo per un’avaria. Il quarto Ju.88 non poté decollare per sopraggiunta avaria all’elica.

Disegno pittorico di un bimotore Ju.88D della Squadriglia 2.(F)/123 del Gruppo da Ricognizione del X Fliegerkorps impegnato da Creta nel Mediterraneo orientale. Autore Ace Wardie 1993
Nel frattempo per le ricognizioni armate sulla linea costiera Bengasi – Tobruk decollarono dalla Grecia due He.111 del II./KG.26. Uno dei velivoli in volo a nordovest di Bengasi, avvistò e attaccò alle 11.35 un piroscafo con quattro bombe da 250 chili. L’equipaggio ritenne di averlo danneggiato con una bomba caduta sul fianco della nave, che fu vista sbandare lasciando alla superficie del mare tracce d’olio. Ci fu evidentemente un errore di avvistamento e attacco, perché in quella zona di mare non poteva esservi quel giorno una nave mercantile britannica.
19 AUSMM, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella n. 42; Archivio Stato Maggiore Aeronautica Ufficio Storico (da ora in poi ASMAUS), Relazioni operative belliche 5a Squadra (Mod. AXC.2), novembre 1941.
Alle 09.50 del 24 novembre la Forza K fu individuata in lat. 33°50’N, long. 19°00’E da un idrovolante Cant.Z.506 della 186a Squadriglia della Ricognizione Marittima, che segnalò “precisando trattarsi due incrociatori a 120 miglia per 332° da Bengasi rotta 135 velocità elevata”.20 All’idrovolante, che era impegnato nella ricognizione R.19, alle 10.50 fu comunicato da Supermarina di rimanere in contatto col nemico fino al limite della massima autonomia andando poi ad ammarare a Bengasi. Alle 11.20 il Cant.Z.506 trasmise: “10.35 il nemico segue rotta 110°”.21 Alle 12.35 l’idrovolante lasciò il contatto e ammarato a Bengasi il pilota e l’osservatore, confermando le posizioni segnalate, riferirono che i due incrociatori erano, giustamente, della classe “Arethusa” e i due cacciatorpediniere della classe “Javelin”, mentre, invece, erano del tipo “Laforey”. Alle 12.35 anche uno Ju.88D tedesco del Gruppo Ricognizione Strategica del X Fliegerkorps avvistò la Forza K, segnalando due incrociatori e due cacciatorpediniere con rotta 105°, velocità 22 nodi, in lat. 33°35’N, long. 20°25’E.22
Disegno pittorico di un idrovolante Cant. Z. 506 della 186 Squadriglia dell’Aviazione Ausiliaria della Sicilia. Da Wings Palette.

Sulle segnalazioni dell’idrovolante Cant.Z.506 della 186a Squadriglia Ricognizione Marittima, alle ore 11.00 del 24 novembre Supermarina trasmise a Marina Bengasi, per mezzo del codice della macchina cifrante, la seguente richiesta:23
20 AUSMM, Avviso 7862 del 24 novembre 1941, Supermarina Avvisi, Registro n. 17.
21 AUSMM, Comunicazioni Telefoniche, registro n. 21, comunicazione n. 13490.
22 AUSMM, Supermarina Arrivo Cifra, registro 147.
23 AUSMM, Supermarina Partenza Cifra.
SUPERMARINA 66130 – Relazione avvistamento incrociatori nemici richiedete Aeronautica [della Libia] massimo intervento (alt) Disponete che aereo da ricognizione ricerchi subito Forza Navale nemica mantenendo contatto fine limite autonomia (alt) Idro Sicilia che ha eseguito avvistamento ammarerà probabilmente Bengasi – 140024”.
Nel frattempo la Forza K era stata sorvolata durante la mattinata da diversi aerei che apparvero alla vista delle vedette e sugli dei schermi dei radar delle navi britanniche a iniziare dalle 09.50, quando si verificò l’avvistamento del Cant.Z.506 della 186a Squadriglia, fino alle ore 14.08.24 In precedenza si era verificato un allarme da parte del cacciatorpediniere Lively che alle 08.055 aveva segnalato il periscopio di un sommergibile, inesistente, alla distanza di 1 miglio a dritta. Alle 10.40 fu intercettata la segnalazione di un aereo britannico Wellington che segnalava la presenza del convoglio nemico in posizione lat. 35°40’N, long. 22°22’E, con rotta 239° e velocità 5 nodi. La rotta e la composizione del convoglio “Maritza” era esatta, mentre invece la velocità era molto maggiore, di nodi 9 ½. Ciò nonostante, ha scritto l’ammiraglio Cocchia, “questo errore non impedì, e non poteva purtroppo impedire, che la Forza K incontrasse il convoglio”, nel dirigere per intercettarlo.25
Ha scritto nella sua relazione il capitano di vascello Agnew, esercitante le funzioni di commodoro (ufficiale più anziano), che in quel momento gli sembrava possibile che probabilmente il nemico avrebbe ritenuto, dalla rotta segnalata dal ricognitore italiano, che la Forza K stesse procedendo per Alessandria. Decise pertanto di tenere il più a lungo possibile una rotta di avvicinamento distante dal convoglio, nella speranza di indurre il nemico in errore, per evitare la possibilità che il convoglio tornasse indietro. Ritenne anche di attaccare con il convoglio il più lontano possibile dagli aeroporti di Creta, poiché ci sarebbe stato meno tempo per il nemico di attaccare la Forza K con la luce del giorno con i suoi bombardieri.26
Alle ore 13.10 la Forza K raggiunse la direttrice Pireo – Bengasi e cambio rotta per nord-nord-est (029°), con le navi distese in linea di fronte, spaziate in modo da coprire una fascia di ricerca di 10 miglia a cavallo della rotta e disposte da sinistra a destra nell’ordine Lively (capitano di corvetta William Frederick Eyre Hussey), Penelope (capitano di vascello Angus Dacres Nicholl), Lance (capitano di corvetta
24 Secondo il rapporto del capitano di vascello Agnew (Narrative), il primo avvistamento dell’idrovolante si verificò esattamente alle 09.50. Si ebbero poi altri tre avvistamenti, rispettivamente alle 10.40, 11.00 e 12.40, da parte di un altro idrovolante italiano, che in realtà era sempre il primo che manteneva il contatto. Quindi, alle 14.08, si ebbe l’avvistamento di un velivolo He.111 che fu ingaggiato dall’Aurora con i cannoni contraerei da 102 mm, e alle 14.50, come risulta dal rapporto del Lively, di uno Ju.88, evidentemente quello del Gruppo Ricognizione Strategica del X Fliegerkorps, che fu preso di mira dalle artigliere da 120 mm del cacciatorpediniere.
25 Aldo Cocchia, La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale dal 1° Ottobre 1941 al 30 settembre 1942, cit., p. 108.
26 National Archives, “HMS Aurora, 3 December 1941, Letter of Proceedings for the period 23rd to 25th November 1941, including the sinking of two enemy supply ships”, ADM223/528 (TNA).
Ralph William Frank Northcott), Aurora (capitano di vascello William Gladstone Agnew). Le quattro navi procedettero su questa disposizione di ricerca zigzagando alla velocità di 26 nodi.
Tra le 14.08 e le 15.26, furono avvistati molti velivoli tedeschi, in particolare del tipo He.111, che essendo diretti dalla Grecia verso Bengasi probabilmente trasportando truppe, non attaccarono le unità della Forza K che da parte loro in alcune occasione aprirono il fuoco, come avvenne alle 14.15 e alle 14.51 quando l’Aurora prima e il Penelope dopo spararono contro due velivoli ritenuti un He.111 e un S.79.27 Le trasmissioni di avvistamento dei velivoli dell’Asse, alcune con caratteristica di urgenza PAPA (precedenza assoluta sulle precedenze assolute) furono chiaramente percepite e anche interpretate sulle unità britanniche, che ebbero l’ordine di mantenere rigorosamente il silenzio radio.
In realtà, vi fu da parte di un aereo da trasporto tedesco Ju.52, partito da Derna e diretto a Lecce, un avvistamento della Forza K, che alle 14.30 si trovava a 120 miglia a nord di Bengasi con rotta a nord-est; ma l’equipaggio del velivolo comunicò la notizia soltanto dopo essere atterrato a Lecce, riferendo erroneamente trattarsi di una nave da battaglia e una portaerei, (inesistenti) e quattro unità minori. La notizia arrivò per telefono a Supermarina tramite Superaereo alle 18.30, ed era ormai inutile poiché l’attacco al convoglio da parte della Forza K si era ormai concluso tragicamente ormai da due ore.28 In precedenza, alle 12.55, era stata avvistata un’altra formazione, che fu ritenuta comprendere una nave da battaglia, quattro incrociatori e quattro cacciatorpediniere, a 25 miglia a nord di Marsa Matruch, con rotta 300°. Erano i cinque incrociatori e i quattro cacciatorpediniere della Forza B del contrammiraglio Rawlings, che da Alessandria dirigevano per portarsi a nord di Bengasi.
Alle 13.40, un ricognitore italiano Cant.Z.1007 bis dell’Aeronautica dell’Egeo segnalò in lat. 32°10’N, long. 27°10’ una formazione con tre incrociatori da 3.000 tonnellate e quattro cacciatorpediniere che procedevano con rotta ovest (270°) alla velocità di 18 miglia; avvistamento che essendo parecchio arretrato rispetto a quello della Forza B doveva forse riferirsi al grosso della Mediterranean Fleet, le cui tre corazzate furono scambiate per piccoli incrociatori. Lo stesso velivolo alle 14.10 avvisto quattro cacciatorpediniere a 13 miglia a nord di Marsa Matruh, ma che rispetto alla precedente formazione procedevano con rotta inversa (105°), alla velocità di 16 nodi.29
27 Circa la navigazione del convoglio “Maritza”, nel rapporto di missione del comandante Mimbelli, é riportato che alle 05.55 del 24, con condizioni atmosferiche buone e velocità del convoglio leggermente superiore a 9 nodi e mezzo, fu avvistata a grande distanza la nave ospedale Gradisca diretta verso Suda. Successivamente, alle 07.49, sopraggiunse da nord una prima sezione di due velivoli tedeschi He.111 [del II./KG.26] che vennero ad assumere la scorta antiaerea e antisom, per poi essere rilevati verso le 11.00 da un'altra sezione del medesimo reparto. Erano stati anche avvistati, transitare con rotta sud, parecchi aerei da trasporto Ju.52 diretti dalla Morea verso la Cirenaica. In effetti nel corso della giornata velivoli da trasporto Ju.52 partirono da Maleme diretti a Benina scortati da caccia pesanti Bf.110 del III./ZG.26.
28 Alle 19.00, Marina Bengasi trasmise a Supermarina che gli equipaggi di aerei da trasporto tedeschi avevano avvistato alle 16.00 del 24 novembre un incrociatore e tre cacciatorpediniere che, con rotta 330°, erano in combattimento con unità imprecisate in lat. 34°50’N, long. 21°40’E, e che vi erano unità navali in fiamme.
Per attaccare la Forza B, tra le 14.56 e le 14.59 decollarono da Kalamaki tre aerosiluranti He.111 della 6a Squadriglia del II./KG.26, ma a causa dell’oscurità soltanto un velivolo attaccò lanciando due siluri, con l’equipaggio che, ottimisticamente ritenne che almeno uno di essi avesse colpito l’unità più grossa della formazione britannica, ritenuta grosso incrociatore o nave da battaglia, avendo notato su di essa “una forte esplosione con vampata di fuoco e sviluppo di fumo a poppa”.30
Aerosilurante He. 111 della Squadriglia 6./KG.26 che operava dalla Grecia alle dipendenze del X Fliegerkorps.
Frattanto erano decollati da un aeroporto della Cirenaica nove bombardieri in picchiata tedeschi Ju.87 della 1a Squadriglia del 1° Stormo Stuka (1./St.G.1), che però, volando in un sistema nuvoloso e di scarsa visibilità, non avendo rintracciato l’obiettivo si liberarono delle bombe sganciandole su bersagli terrestri individuati nei pressi di Tobruk.

Infine, per rintracciare la Forza K avvistata dall’idrovolante Cant.Z.506 della 186a Squadriglia della Ricognizione Marittima, decollò da Benina un ricognitore
29 Nella giornata del 24 novembre l’Aeronautica dell’Egeo mandò in ricognizione nella zona tra Sidi el Barrani e il Golfo Arabi, a sud del parallelo 33° est, cinque ricognitori. Due Cant.Z.1007 bis al mattino e due Cant.Z.1007 bis e un S.84 nel pomeriggio.
30 AUSMM, Supermarina Arrivo Cifra, registro 147.
Ju.88 del III./LG.1, che alle 14.55 avvistò le quattro navi britanniche con rotta nord (20°) segnalandole per un incrociatore e tre cacciatorpediniere.
Alcune ritrasmissioni all’aria di avvistamento aereo da parte del Centro radiotelegrafico di Roma furono intercettate al mattino del 24 dalla torpediniera Lupo; ma poiché le posizioni delle navi nemiche apparivano molto più a sud del convoglio “Maritza” e con direttrice di marcia est-sud-est, ossia in deciso allontanamento da esso, il comandante Mimbelli, sempre attendendo notizie dirette da Marisudest o da Supermarina, non ebbe esitazioni nel proseguire la rotta per Bengasi.
Due incrociatori della Forza B della Mediterranean Fleet, l’Euryalus seguito dal Galatea, in navigazione nel Mediterraneo orientale.
Alle 15.23, il Lively e il Penelope individuarono fumo per nord (005°), e lo segnalarono con la frase “Alberi in vista”. L’Aurora cambiò rotta per nord-ovest (330°) e aumentò la velocità nella direzione segnalata, seguito dal Lance, mentre il Lively e il Penelope diressero per l’attacco. Durante l’avvicinamento due velivoli tedeschi Ju.88 del 4° Gruppo del 1° Stormo Sperimentale (IV./LG.1), reparto di addestramento dell’LG.1, al comando del capitano Arnulf Blasig, da pochi giorni assegnato dal Comando del X Fliegerkorps alla protezione dei convogli in Egeo, si trovavano di scorta sopra il convoglio “Maritza”. Alle 15.44, inquadrati dal fuoco contraereo delle unità britanniche, i due Ju.88 effettuarono un attacco in picchiata, uno dirigendo, sotto la reazione contraerea delle navi, sull’Aurora e l’altro sul Lively, sganciando le bombe che fallirono le due navi cadendo in mare.31 Mentre stringeva le distanze il cacciatorpediniere Lively, che precedentemente aveva ritenuto di essere stato attaccato da velivoli italiani S.79, diresse per portarsi a poppa del Penelope per costituire la formazione in linea di fila, puntando in alto verso il sole i suoi cannoni da 120 mm ad alta elevazione (55°) per dare all’incrociatore protezione contraerea. Alle 15.36 il Penelope riconobbe le unità di scorta del convoglio per due torpediniere della classe “Partenope”.

Bombardiere tedesco Ju.88 della 12a Squadriglia del IV./LG.1. Due velivoli di questo Gruppo attaccarono la Forza K ma senza successo. Da Wings Palette.

In quel momento il convoglio “Maritza si trovava a 110 miglia per 245° dall’Isola di Cerigotto, quando dalle torpediniere italiane, senza che gli aerei tedeschi di scorta lanciassero il segnale di allarme, d'altronde ininfluente dal momento che dalle navi del convoglio era stato chiaramente visto il tiro di sbarramento delle navi britanniche contro i gli aerei tedeschi che stavano attaccando, furono avvistate verso sud dalle vedette delle torpediniere le alberature di un cacciatorpediniere, il Lance, che per breve tempo il comandante Mimbelli ebbe l’illusione potesse essere il Freccia. Ma ne fu deluso quando poco dopo apparve la sagoma di un incrociatore, il Penelope. Quando poi furono in vista le altre due navi della Forza K, l’Aurora e il Lively, Mimbelli ritenne di aver di fronte due incrociatori riconosciuti esattamente della classe “Arethusa” e quattro cacciatorpediniere della classe “Javelin”, mentre erano invece soltanto due unità del tipo “Laforey”. Le navi britanniche che, come detto, stavano sparando sugli Ju.88, apparvero una dopo l’altra e alquanto distanziate fra di loro, e ciò fece ritenere giustamente al comandante Mimbelli “che navigassero in una formazione molto aperta, probabilmente in catena di ricerca”. E aggiunse:
“Dopo averci avvistato esse manovrarono per assumere la linea di fronte con gli incrociatori al centro e i cacciatorpediniere a lato”: 32
31 National Archives, “Narrative of action with enemy convoy on 24th November 1941”, ADM223/528 (TNA); AUSMM, Scambio notizie con Ammiragliato britannico.
32 AUSMM, Rapporto di missione della torpediniera Lupo, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella n. 42.
La torpediniera italiana Lupo, la nave comando del convoglio “Maritza.

La Lupo, coadiuvata dalla torpediniera Cassiopea (capitano di corvetta Emilio De Gaetano), manovrando zigzagando cercò di coprire il convoglio, cui fu dato l’ordine di dirigere a nord, alzando una cortina di fumo. Nello stesso tempo la Lupo trasmise il segnale di avvistamento di navi nemiche, che ultimato il tiro contraereo furono viste mettere la prua sul convoglio aprendo quasi subito il fuoco “probabilmente nella speranza di fermare i piroscafi prima che le cortine di nebbia disturbino la condotta del tiro”.33
Alle 15.47 l’incrociatore di testa della formazione britannica, il Penelope (capitano di vascello Angus Dacres Nicholl), aprì il fuoco dalla distanza di 19.000 metri sulla Cassiopea, e poi lo concentrò sul Maritza. L’incrociatore non era in condizione ideale per portare in punteria tutti i cannoni e l’ufficiale del tiro, tenente di vascello J.S. Miller, dovette ordinare di iniziare a sparare soltanto con le due torri binate prodiere “A” e “B”. In pochi minuti la distanza di tiro dei pezzi da 152 mm dell’incrociatore scese a 16.000 metri, e i due piroscafi tedeschi furono colpiti e incendiati. Nel corso dell’azione il cacciatorpediniere Lively, trovandosi a dritta del Penelope, aprì il fuoco con il suo armamento principale da 120 mm per sparare alla massima distanza soltanto poche salve su un velivolo Ju.88, mentre si astenne dall’intervenire nel combattimento trovandosi troppo lontano dalle navi nemiche.
La torpediniera Cassiopea in immagine di anteguerra. Era la seconda torpediniera assegnata alla scorta del convoglio “Maritza” nella prima parte della navigazione dal Pireo a Bengasi.

Il combattimento, che nelle relazioni italiane e tedesche fu sopravvalutato nel numero delle unità britanniche presenti e di quelle che realmente vi parteciparono, fu condotto esclusivamente dal Penelope del comandante Nicholl, poiché anche il gemello Aurora, con il commodoro Agnew, e il cacciatorpediniere Lance erano anch’essi troppo distanti dal convoglio. Ricordiamo che all’avvistamento del nemico le quattro navi britanniche formavano una catena di ricerca lunga 20 miglia, e il Penelope e il Lively erano state le due unità di sinistra che si erano trovate vicino al convoglio. Durante l’azione, alle 15.58, il Penelope dovette dirigere il tiro della sua artiglieria contraerea da 102 mm contro un velivolo che lo stava attaccando.
Vediamo come l’episodio é stato descritto dal capitano di fregata Mimbelli nel suo rapporto di missione, e che secondo il comandante della torpediniera Cassiopea, capitano di corvetta De Gaetano, ebbe inizio con l’avvistamento verso sud di una prima nave britannica a 98 miglia per 214° da Capo Matapan, mentre per il capitano di fregata Mimbelli il convoglio si trovava a 110 miglia per 245° da Cerigotto. Alle 15.50, da bordo della Lupo, la prima salva di quattro colpi da 152 mm, sparata dal Penelope contro la torpediniera di sinistra dalla distanza ritenuta di 20.000 metri, fu vista cadere a circa 1.000 metri di poppa al Maritza, mentre, invece, l’obiettivo dell’incrociatore era la Cassiopea. La salva cadde a 500 metri di distanza di poppa alla torpediniera. Il tiro del Penelope apparve molto lento e soltanto dopo alcuni minuti, verso le 16.00, quando la distanza era scesa a 16-17.000 metri, i suoi colpi cominciarono a cadere intorno ai piroscafi, che per ordine di Mimbelli avevano di poppa le torpediniere, la Lupo verso dritta e la Cassiopea spostata piuttosto a sinistra. Ai piroscafi in accostata di 20° sulla sinistra, fu impartito l’ordine di manovrare per 334° per allontanarsi dalle navi nemiche apparse per ultime più a levante delle prime, e alla Cassiopea di rispondere al fuoco appena possibile.
L’incrociatore britannico Penelope entra nel Grand Harbour di Malta. Fu l’unica nave della Forza K a sparare sulle navi del convoglio tedesco e ad affondare i piroscafi Maritza e Procida.

Il comandante De Gaetano ordinò subito ai suoi cannonieri di aprire il fuoco, che ebbe inizio alla distanza di 15.000 metri. Tiro che, diretto contro l’incrociatore più vicino, risultò assai difficoltoso a causa delle continue accostate effettuate per coprire il più possibile i piroscafi con la cortina di fumo, mentre quello del nemico, diretto contro la Cassiopea era celere e perfettamente centrato, con salve che cadevano a pochi metri di distanza dalla torpediniera. Mentre manovrava con violente accostate per non essere colpita la Cassiopea, sotto il tiro del Penelope, fu raggiunta da numerose schegge che colpirono un impianto lanciasiluri, il proiettore, il fumaiolo, un’ala della plancia e varie sovrastrutture. Ma i danni furono di scarsa importanza e non vi furono neppure feriti tra l’equipaggio.
Alle 16.09 un colpo da 100/47 fu visto raggiungere l’incrociatore, dal quale si levò sul castello una persistente colonna di fumo denso e giallastro, e poco dopo fu ritenuto che un altro proiettile fosse arrivato a bordo di quella nave britannica. La Cassiopea non poté portarsi all’attacco con i siluri, perché le navi nemiche sparavano mostrando la prora “con Beta compreso fra 0 ed 8 gradi”, ed in questa fase una salva caduto vicinissima a poppa, sollevando colonne d’acqua asportò il coperchio della gru Sabiem della torpediniera.34
Poiché il Maritza e il Procida continuavano a state uniti, invece di diradarsi in caso di attacchi nemici, come da precedente ordine ricevuto dal comandante Mimbelli, la Lupo si portò a brevissima distanza dai due piroscafi per segnalare con banderuole a mano di divergere immediatamente. Manovra che l’ammiraglio Cocchia, esperto comandante di gruppi di scorta ai convogli durante la guerra, ritenne non essere stata facile durante un’azione di fuoco, perché “richiedeva grandi doti marinaresche”, e navigando vicino a piroscafi sotto attacco, “implicava sempre un grandissimo rischio di collisione”.35
Dopo aver segnalato ai piroscafi di diradarsi il comandante Mimbelli giudicò essere giunto il momento per andare all’attacco accostando con la Lupo verso dritta per est-sudest, mentre la Cassiopea, sempre impegnata contro il Penelope, era vista continuare a restare a poppa dei piroscafi per proseguire ad occultarli con la cortina di nebbia.
Riferì Mimbelli nella sua relazione, che le unità nemiche, trovandosi a circa 15.000 metri di distanza (Penelope e Lively), percepita la manovra di attacco della Lupo, misero la prora sulla torpediniera cominciando a sparare contro di essa. Il comandante Mimbelli, considerando che per la contromarcia delle navi britanniche non aveva alcuna possibilità di poter arrivare a una posizione favorevole per il lancio dei siluri, desisté dall’attacco ripiegando verso nord e occultandosi, con la cortina di nebbia stesa della sua torpediniera, al tiro del Penelope. Quasi contemporaneamente a questo ripiegamento, trovandosi alla distanza dal nemico di circa 14.000 metri, Mimbelli ordinò ai cannonieri di aprire il fuoco a occhio, perché la torretta telemetrica era andata in catasto per errore di un puntatore, e non fu possibile brandeggiarla nel corso del combattimento.
Dopo che la Lupo aveva interrotto la manovra di attacco, le unità britanniche furono viste accostare nuovamente sulla sinistra, e riprendevano a battere il Maritza e il Procida colpendoli più volte, e facendo cadere salve in prossimità della Cassiopea In realtà era sempre il Penelope a sparare. Secondo il rapporto del comandante De Gaetano, ormai le navi nemiche erano talmente vicine che la cortina di nebbia, che egli continuava a far emettere, non servivano più a nasconderle.
A questo punto il comandante Mimbelli decise di ritornare all’attacco dell’incrociatore che gli appariva più avanzato. Nuovamente il Penelope rivolse l’attenzione alla piccola torpediniera, inquadrandola con salve molto precise di quattro colpi da 152 mm, tre in particolare perfettamente centrate, con la Lupo che rispondeva al fuoco con i suoi tre cannoni da 100 mm, con colpi ritenuti precisi visti cadere in prossimità dell’incrociatore più vicino che sembrò probabilmente raggiunto sulle sovrastrutture prodiere da due proietti.
34 AUSMA, Rapporto della torpediniera Cassiopea, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella n. 42.
35 Aldo Cocchia, La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale dal 1° Ottobre 1941 al 30 settembre 1942, cit., p. 114.
Quando la distanza dal nemico scese sotto i 9.000 metri, il capitano di fregata Mimbelli, considerando che ormai gli era impossibile raggiungere la posizione di lancio dei siluri e che la sorte dei piroscafi colpiti e immobilizzati era ormai segnata, decise di disimpegnarsi con le due torpediniere. Pertanto alle 16.30 segnalò alla Cassiopea “di lasciare i piroscafi e di dirigere verso un denso piovasco che si era addensato verso nord-est”, manovra che egli imitò con la Lupo 36
Alle 16.11 il Procida era stato primo piroscafo ad essere colpito da una salva al centro a sinistra dello scafo, sparata dall’incrociatore alla distanza di 9.000 metri, e poco dopo fu notato sul Maritza un incendio di vaste proporzioni.
Il Penelope avvicinandosi provvide a dare il colpo di grazia ai due sfortunati piroscafi con salve sparate da breve distanza, da 1 ½ miglio a 2 miglia, iniziando il fuoco alle 16.21½ per poi cessarlo dopo quattro minuti, alle 16.25½.37
Il piroscafo tedesco Maritza che assieme al Procida fu affondato dall’incrociatore Penelope.
A quest’ultima ora, secondo la relazione del commodoro Agnew le due navi mercantili tedesche erano in fiamme. I superstiti furono visti dalle unità britanniche calarsi in mare, e poco dopo, alle 16.30, il Maritza saltò in aria, e il Procida fece la stessa fine dieci minuti più tardi.
Nel frattempo, sempre secondo la relazione del comandante Mimbelli, raggiunto rapidamente il piovasco, le due torpediniere italiane continuarono a sparare con le due torri di poppa a una distanza dal nemico di 7.500-8.000 metri, fino alle 16.35, quando Mimbelli dette l’ordine di cessare il fuoco.38

36 Secondo il rapporto del commodoro Agnew una delle due torpediniere italiane fu vista dirigere a nord alle 16.05 e l’altra alle 16.20.
37 National Archives, Relazione dell’incrociatore Penelope, ADM223/528 (TNA).
38 Mentre la Lupo stava navigando nel piovasco, arrivò da Supermarina un messaggio trasmesso alle 16.11 di quel 24 novembre anche al cacciatorpediniere Freccia con il quale si ordinava: “SUPERMARINA 50309 – Convoglio MARITZA riparta questa sera da punto deposito
Autunno 1941. Il cacciatorpediniere britannico Lively muove lentamente nel Grand Harbour di Malta Nel corso del combattimento badò soltanto ad esercitare la sorveglianza contraerea a difesa dell’incrociatore Penelope che aveva impegnato le torpediniere italiane, prima di affondare i piroscafi tedeschi.

Dopo essere rimaste sotto il tiro nemico per 45 minuti [sic], la Lupo e la Cassiopea si allontanarono dalla zona dello scontro dirigendo a nord, e notarono che anche le unità della Forza K che, senza tentare di riprendere il contatto, stavano dirigersi verso ponente, nonostante le torpediniere si allontanassero a velocità limitata a causa di un’anomalia alla pompa di estrazione del condensatore della motrice di prora della Lupo, verificatosi all’inizio del combattimento, che non permetteva alla torpediniera di superare la velocità di 25-26 nodi.
Alle 17.10 il comandante Mimbelli trasmise a Marisudest:39
[Suda] modo riprendere 070025 itinerario stabilito con 24 ore ritardo (alt) FRECCIA raggiunga convoglio punto convenuto (alt) 141524”. Per il comandante Mimbelli fu una completa sorpresa, non avendo ricevuto la segnalazionedi raggiungere quella base dell’isola di Creta, che avrebbe evitato la perdita del convoglio. Cfr., AUSMM, “Rapporto di missione della torpediniera Lupo”. Occorre anche dire che Supermarina spedì alle due siluranti quell’ordine senza conoscere se il convoglio Maritza aveva realmente invertito la rotta, anziché informato del suo arrivo nella acque di Creta, per raggiungere Suda. Anche in questo caso il messaggio, compilato dall’ammiraglio Emilio Ferreri, riportava “Senza richiesta di ricevuto”. La stessa comunicazione fu trasmessa a Marinorea, Marisudest e Marina Bengasi. Cfr., AUSMM, Supermarina Partenza Cifra.
39 AUSMM, Supermarina Arrivo Cifra, registro 147.
Dopo lungo cannoneggiamento con due incrociatori nemici e tre cacciatorpediniere ho lasciato piroscafi et mi sono disimpegnato con CASSIOPEA
170024.
La Forza K non s’impegnò nell’inseguire le torpediniere perché i cacciatorpediniere Lance e Lively avevano consumato molta nafta, e il commodoro Agnew aveva ricevuto dall’ammiraglio Cunningham gli ordini per un’altra operazione, la MA.5, comportante una navigazione di oltre trentasei ore ad alta velocità. Poiché il rimanente combustibile sui cacciatorpediniere non lo permetteva, alle ore 16.30 le quattro unità britanniche, che erano rimaste per due ore a sole 100 miglia di distanza dagli aeroporti tedeschi di Creta, ripresero la rotta per rientrare a Malta, procedendo in linea di fila alla velocità di 28 nodi, allo scopo di rifornirsi alla Valletta ed essere nel tempo più breve pronte a svolgere la missione. Riducendo poi la velocità a 22 nodi, arrivarono a destinazione nel Grand Harbour alle 07.30 del 25 novembre, accolte calorosamente per il nuovo importante successo, mentre l’ammiragliato segnalava al comandante della Forza K “Ancora ben fatto”.40
La Lupo e la Cassiopea, dopo aver diretto inizialmente verso Navarrino, passando a sud di Cerigo, raggiunsero la baia di Suda alle 03.35 del 25 novembre, accostandosi alla affondata petroliera di squadra britannica Olna che, con le cisterne piene di nafta, era usata per il rifornimento delle navi italiane e tedesche.
Nelle “Considerazioni” del suo rapporto, il comandante Mimbelli elogiò il comportamento del capitano di corvetta De Gaetano della Cassiopea, nave che per la prima volta aveva partecipato a un combattimento, comportandosi egregiamente. Ed elogiò il comportamento di tutto il personale delle due torpediniere, considerato perfetto, in particolare quello dei cannonieri che in condizioni di tiro particolarmente difficili avevano “svolto il loro compito con abilità e precisione”, colpendo tre volte, due con la Lupo e uno con la Cassiopea, un incrociatore del tipo “Arethusa”, e sparando a lungo senza che un colpo non fosse partito dai loro cannoni o fosse rimasto nei depositi. In realtà, l’unico danno per la Forza K fu rappresentato dalla scheggia di un proietto che, cadendo vicino al Penelope, raggiunse lo scafo dell’incrociatore sopra la linea di galleggiamento. Complessivamente erano stati sparati 304 colpi da 100/47, dei quali 116 dalla Lupo e 188 dalla Cassiopea, che per quest’ultima nave rappresentava il 50% della sua dotazione.
40 Peter C. Smith – Edwin Walker, The Battles of the Malta Striking Forces, Ian Allan Ltd, Londra, 1974, p. 71
41 AUSMM, Rapporto di missione della torpediniera Lupo, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella n. 42.
Da parte dell’incrociatore Penelope furono sparate complessivamente sessantadue salve, delle quali cinquantasette da 152 mm con le due torri prodiere A e B, e cinque salve con la torre contraerea Y da 102 mm.42
Riferendosi all’azione britannica, e sulla difesa del convoglio “Maritza” da parte delle torpediniere, il capitano di fregata Mimbelli scrisse:43

“Il tiro degli inglesi era come al solito molto raccolto, ma non posso dire che mi abbia impressionato favorevolmente per la sua precisione e per la sua celerità. Certo è da considerarsi che una torpediniera, che evoluisce ad alta velocità in una atmosfera nebbiosa, è un bersaglio tutt’altro che facile.
Per quanto concerne invece la condotta dell’azione da parte nostra, posso osservare che mi è purtroppo mancato il preavviso da parte dell’esplorazione aerea dell’approssimarsi delle forze nemiche. Se avessi saputo con un paio di ore di anticipo che la divisione inglese stava dirigendo su di me, avrei potuto con molta probabilità evitare il contatto prima del tramonto, ripiegando subito verso la costa della Morea.
Avvistando direttamente le forze nemiche ho subito compreso che i piroscafi erano quasi sicuramente condannati: mancavano due ore al tramonto; non c’era vicino nessun gruppo di sostegno; la costa era molto lontana. Un’unica speranza mi era lasciata: quella dell’intervento di apparecchi germanici da bombardamento. E’ soprattutto con questa speranza che ho cercato di ritardare, per quanto possibile, la marcia di avvicinamento delle unità nemiche e gli effettui distruttori del loro tiro sui piroscafi.

Ho dovuto per due volte rinunciare a condurre a fondo l’attacco con il LUPO perché il nemico, libero come era da qualsiasi vincolo di manovra, ha subito fatto, mettendomi la prua addosso, la contromanovra più semplice e nello stesso tempo più efficace.
La rotta del convoglio “Maritza” e dell’intercettazione della Forza K.
Quando alle 16.30 ho visto che ormai nulla potevo più fare per salvare il MARITZA ed il PROCIDA e che il permanere ancora in loro prossimità significava solo perdere le due torpediniere, ho deciso di abbandonare i due piroscafi con i loro carichi preziosi e con i loro bravi equipaggi.
Mai prima di allora mi era capitato di prendere una decisione così dolorosa e così in contrasto, almeno apparentemente, con quello che deve essere il credo di ogni Comandante di silurante: l’aggressività. Ho fatto tacere il sentimento ed ho obbedito soltanto al freddo raziocinio che si imponeva di salvare il LUPO e il SAGITTARIO per altri cimenti.
Un poco differente al rapporto di Mimbelli, in particolare sul disimpegno delle due torpediniere italiane e sui colpì d’artiglieria che esse avrebbero messo a segno sull’incrociatore Penelope, é il rapporto preliminare 1431/26, trasmesso dal vice ammiraglio di Malta, Ford, all’Ammiragliato britannico, e da quest’ultimo trascritto nel suo Diario di Guerra il 26 novembre 1941, ossia all’indomani del rientro alla Valletta della Forza H:44
Azione della Forza K contro un convoglio del 24/11. Rapporto preliminare dell’attacco della Forza K a convoglio del 24/11.
(1) PENELOPE e LIVELY che formano l’ala sinistra dello schieramento a rastrello alle 1610/24 prendono contatto con il convoglio nemico che consiste in due mercantili scortati da due cacciatorpediniere alle 1610/24.
(2) I cacciatorpediniere nemici fanno fumo zig-zagando per schermare i mercantili che si ritirano verso Nord Est.
(3) Ha luogo un vivace combattimento tra i due cacciatorpediniere nemici e il PENELOPE e LIVELY finché la distanza era scesa a 8.000 yard.
(4) Durante questa azione il PENELOPE rivendica un possibile colpo a segno ma nessuna riduzione di velocità [del nemico]. Il fuoco nemico è accurato ma con una grande dispersione di colpi.
(5) A 8.000 yard i cacciatorpediniere nemici si ritirano lasciando i mercantili alla mercé del PENELOPE.
(6) I mercantili esplodono rispettivamente dopo 15 e 20 minuti mentre era in corso un tentativo di abbandono nave. Probabilmente non ci sono superstiti.
(7) La caccia ai cacciatorpediniere nemici viene abbandonata in quanto essi si ritirano verso la Grecia aumentando le distanze.
(8) La Forza K rientra a Malta, dato che ogni ulteriore operazione è preclusa dalla mancanza di combustibile dei cacciatorpediniere.
(9) Nessun danno o perdita per la Forza K.
Al momento in cui la Forza K attaccò il convoglio “Maritza” si trovavano in volo sopra le proprie navi due He.111 della terza e ultima sezione del II./KG.26 che fu impiegata quel giorno 24 per la scorta antisom. I loro equipaggi, prima di rientrare alla base alle 18.40, assistettero all’attacco delle unità britanniche. A causa delle condizioni di tempo sfavorevoli con piovaschi e vasto strato di nubi basse, soltanto uno dei due velivoli ebbe modo di individuare l’obiettivo e di sganciare alle 16.45, da una quota di 4.500 metri, una tonnellata e mezzo di bombe esplosive sulle navi britanniche senza poterne osservare l’esito. Fu anche avvistato un velivolo ritenuto per caccia Blenheim che non attaccò a causa delle nubi. Dalle successive informazioni degli aerei tedeschi in ricognizione, sempre disturbati dai banchi nuvolosi, fu constatata che alle 16.30 una delle navi mercantili appariva in fiamme, e un altra “senza danni visibili” cui si stavano avvicinando due cacciatorpediniere. Alle 16.50 fu notata una chiazza di nafta in fiamme, e alle 17.00 due torpediniere italiane che si allontanavano dirigendo con rotta nord. La reazione contraerea delle unità della Forza H era stata “molto pesante e bene aggiustata”, e gli aerei tedeschi furono colpiti più volte dalle schegge dei proiettili.45
Gli errori di Supermarina e le considerazioni sul combattimento
L’organizzazione crittografica Ultra arrivò subito a conoscenza dell’allarmante situazione venuta a crearsi nel campo dei rifornimenti di benzina avio per la Luftwaffe in Cirenaica dall’intercettazione e decrittazione di un messaggio delle ore 21.00 del 24 ottobre fatto conoscere a Supermarina dal Comando dell’Aviazione Germanica a Roma (Italuft). In esso si affermava che essendo andati perduti con i due piroscafi del convoglio “Maritza” 2.300 metri cubi di benzina B4, e 104 veicoli, e a Bengasi vi erano soltanto 500 tonnellate di benzina B.4 e 280 tonnellate di benzina C.3, nell’attesa di un trasporto di carburante con navi mercantili, si stava ricorrendo all’impiego immediato di un motoveliero per trasportare con urgenza a Derna 100 metri cubi di benzina B4.46
45 AUSMM, Supermarina Arrivo Cifra, registro 147.
46 National Archives, Messaggio CX/NSS/462/T.21 del 24 novembre 1941, ADM223/528 (TNA).

La perdita dei due importanti piroscafi, con i loro equipaggi dati interamente per dispersi, si era verificato in seguito “ad un mancato servizio di comunicazione”, lamentò con Supermarina l’ammiraglio Weichold, scrivendo l’8 dicembre 1941 la lettera B.Nr.A4-Gkdos 788541. Egli sostenne che il messaggio per dirottare le navi per Suda (in codice punto sabato) non era giunto alla torpediniera Lupo “poiché essa non era in collegamento con la frequenza sulla quale venne trasmesso l’ordine e neanche era obbligata a ciò”.47
L’avvicinamento al convoglio delle unità britanniche, più volte avvistate da aerei italiani e tedeschi, era stato segnalato da Supermarina, e quindi il convoglio, trovandosi a ovest di Creta, avrebbe potuto facilmente salvarsi cambiando la rotta per la Baia di Suda. In seguito a un’immediata inchiesta nell’ambito di Supermarina risultò che i marconigrammi in partenza per il dirottamento dei vari convogli in mare, ordinati dal contrammiraglio Carlo Pinna, quel giorno in servizio nel salone operativo di Supermarina, e autorizzati dal Sottocapo di Stato Maggiore ammiraglio Luigi Sansonetti, erano stati ritrasmessi all’aria una sola volta, con caratteristica d’urgenza PAPA (Precedenza Assoluta sulle Precedenze Assolute) e con dicitura specificante “senza richiesta di ricevuto”. E quindi non erano stati ripetuti, come invece affermò di avere ordinato l’ammiraglio Pinna all’ufficiale superiore di servizio alle trasmissioni. Quest’ultimo, il capitano di corvetta Umberto Brichetto, in una sua dichiarazione sostenne di non ricordare di aver ricevuto, per telefono, come sostenuto da Pinna, l’ordine di ritrasmettere il messaggio due volte. Il comandante Brichetto aveva invece ordinato di trasmetterlo con la consueta “procedura all’aria” (PA), che prevedeva “la doppia trasmissione del marconigramma con un intervallo di dieci secondi ed ogni trasmissione preceduta da distinta chiamata”.48
Quell’unica trasmissione, per di più trasmessa con codice non posseduto dalle unità di Marisudest, era pertanto sfuggita alle stazioni riceventi delle navi comando di due convogli in mare, il cacciatorpediniere Strale, che scortò a Brindisi senza conseguenze il piroscafo Bosforo, e la torpediniera Lupo. Quest’ultima alle ore 10.05 del 24 novembre aveva intercettò un telegramma di Supermarina trasmesso al cacciatorpediniere Freccia con caratteristica PAPA (Precedenza Assoluta sulle Precedenze Assolute). Il comandante Mimbelli cercò di farlo decifrare, nella presunzione che contenesse elementi che potevano interessarlo, ma inutilmente perché, come detto, il telegramma era trasmesso con un codice operativo non in possesso delle sue torpediniere. Inoltre da Marisudest, e da altre autorità, non gli arrivò nessuna informazione, neppure sulla posizione delle unità navali nemiche, avvistate in più gruppi dalla ricognizione dell’Asse, motivo per il quale ritenne che, essendo il nemico più a sud, non sarebbe arrivato a minacciare il convoglio.49
47 AUSMM, Befehlshaber des Deutschen Marine – Kommandos Italien, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella n. 42.
48 AUSMM, Dichiarazione del 27 novembre 1941, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella n. 42.
49 AUSMM, Rapporto di missione della torpediniera Lupo, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella n. 42.
A sinistra, il comandante del Penelope, capitano di vascello Angus Dacres Nicholl, con il vice ammiraglio Wilbraham Ford, comandante di Marina a Malta, salito a bordo dell’incrociatore per una visita di cortesia. A destra i capitani di fregata Ralph Northcott e William Hussey, comandanti dei cacciatorpediniere Lance e Lively.


Per il capitano di fregata Mimbelli, purtroppo, l’anomalia ebbe il tragico effetto della perdita dei due piroscafi tedeschi, perché la torpediniera Lupo non aveva ricevuto il messaggio trasmesso da Supermarina “37466 – Dirigete subito punto sabato [Suda] con convoglio – 063024”, compilato con il codice S.M. 19 ter e trasmesso alle 07.11del 24 all’aria per radio su onda corta “Senza Richiesta di ricevuto”.50 (vedi pagina seguente). Ne conseguì che invece di dirottare i piroscafi a Suda, come ordinato da Roma, il comandante Mimbelli aveva proseguito nella sua rotta per l’appuntamento con il cacciatorpediniere Freccia, che doveva scortare il convoglio fino a Bengasi.51
50 AUSMM, Supermarina Cifra in partenza, novembre 1941.
51 Ha scritto l’ammiraglio Cocchia nel suo citato libro (p. 111) che la torpediniera Lupo, sintonizzata per le trasmissioni sull’onda di servizio prevista per l’Egeo, avrebbe dovuto ricordarsi “che una norma di massima prescriveva che, una volta fuori dell’Egeo, anche le unità di Marisudest passavano alle dipendenze di Roma e con Roma dovevano tenersi in collegamento”. Cocchia aggiunse però che se “gli ordini radiotelegrafici fossero stati trasmessi con richiesta di “ricevuto” in tal caso gli ufficiali di servizio a Supermarina si sarebbero accorti della mancata ricezione”.
Comunque l’inchiesta mosse appunto all’ammiraglio Pinna, con la motivazione che, “data l’importanza dei messaggi da trasmettere”, l’ammiraglio “avrebbe dovuto interessare l’ufficiale di servizio alle comunicazioni al salone operativo perché fosse seguita la procedura più adatta per assicurare la ricezione degli ordini contenuti nei messaggi stessi”. E ciò implicava la “richiesta di ricevuto”, da trasmettere allo Strale e alla Lupo, che invece lo stesso Pinna aveva ritenuto di non essere necessaria, evidentemente per non far rompere alla Lupo il silenzio radio, e quindi per la stessa sicurezza del convoglio “Maritza”.
Il cacciatorpediniere italiano Freccia che nella discutibile pianificazione del convoglio “Maritza” doveva essere l’unica unità destinata a scortarlo a Bengasi, a iniziare da ponente di Creta.
Da parte nostra, occorre dire che le navi della Forza K erano state in grado di intercettare e comprendere il significato delle continue trasmissioni degli aerei dell’Asse, facendolo con il loro personale radio con la massima efficienza, e sulle giuste onde di trasmissione del nemico (Kilocicli 4726, 5455, 4340 ecc.), poi nel dopoguerra vantando apertamente questo successo.52 Ciò deve far riflettere perché quelle stesse onde di trasmissioni, ben conosciute dagli italiani e di non difficile interpretazione, non siano state intercettate dalle navi del convoglio “Maritza”, oppure se comprese sottovalutate dal Comando del convoglio stesso. Dalle trasmissioni continue degli aerei nazionali e tedeschi si sarebbe compreso che le navi britanniche si stavano avvicinando, e ciò avrebbe indotto la Lupo a rompere il silenzio radio, per avere dal suo Comando nuove direttive di navigazione. A meno, è lecito chiederci, che il servizio di ascolto radio sulla torpediniera del comandante Mimbelli contenesse lacune e non fosse perfettamente a punto.

A questa evidente lacuna di vigilanza e interpretazione radio si aggiunge che non si comprende il motivo per il quale da parte dei Comandi dell’Asse (Supermarina, Superaereo, Marisudest, Comando Sudest, Comandi aeronautici del X Fliegerkorps, Egeo, Libia, ecc.) le informazioni non fossero state ritrasmesse alla torpediniera Lupo, oppure all’aria in modo continuativo e comprensibile dalle navi, facendolo sulle giuste onde e con i giusti codici, e al limite, data l’urgenza, anche in chiaro. In definitiva si deve ritenere che le trasmissioni non furono ritrasmesse alla Lupo perché, per evidente sottovalutazione, si ritenne che avesse ricevuto il segnale di dirottamento per Suda. Quindi sbagliarono tutti ma in particolare nel salone operativo di Supermarina, che visti i ripetuti e continuati errori, da noi molte volte sottolineati, non brillava certo per efficienza.
Evidentemente, si trattò di una brutta storia, che aveva portato alla perdita dei due piroscafi tedeschi, e sulla quale Supermarina richiamò l’attenzione agli ammiragli e agli ufficiali di servizio al salone operativo, rendendoli partecipi “sulla delicatezza del servizio comunicazioni, specie in particolari circostanze”. Inoltre, fu rimproverato al comandante della torpediniera Lupo di non essersi attenuto alle disposizioni vigenti in materia dei collegamenti d’ascolto radio, poiché il messaggio trasmessogli non doveva sfuggire all’attenzione del suo servizio di comunicazioni.53
Infine, mentre gli italiani, considerando i loro codici come impenetrabili avevano piena fiducia sui loro metodi di cifratura, preparata per la trasmissione radio con le macchine Enigma e C.38, i tedeschi avevano ben compreso quale fosse la causa principale che portava a tante perdite navali. Nel Diario di Guerra della Seekriegsleitung, alla data del 29 novembre 1941 è inequivocabilmente scritto:
L’attacco dell’AURORA e del PENELOPE al MARITZA e al PROCIDA il 24 novembre ha avuto luogo a seguito di decrittazione radiotelegrafica.
Nell’inviare a Supermarina, con lettera di trasmissione 3778 dell’8 dicembre 1941 i rapporti sulla perdita del convoglio “Maritza” e dell’azione difensiva delle torpediniere italiane, il capitano di vascello Corso Pecori Giraldi, Comandante del Gruppo Navale Italiano Egeo Settentrionale (Marisudest), fece le seguenti considerazione:54
1°) Circa la condotta dell’azione da parte del LUPO vi è soltanto da rilevare che il Comandante Mimbelli si è portato come sempre in maniera brillante ed ardita ma allo stesso tempo ponderata – la sorte dei piroscafi essendo segnata, era inutile cimentare ulteriormente la torpediniera contro forze nettamente superiori.
53 AUSMM, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella n. 42.
Ibidem.
Sia il Comandante Mimbelli che il Comandante De Gaetano del CASSIOPEA, manovrando opportunamente, sono riusciti ad evitare alle unità gravi avarie se non addirittura la distruzione pure piazzando qualche colpo di cannone sul nemico.
A quanto mi risulta, è stato come al solito ottimo il comportamento di Ufficiali ed equipaggi. Mi riservo di rimettere un elenco di proposte per decorazioni al valore.
L’ammiraglio di squadra Corso Pecori Girardi, ex Comandante di Marisudest, che nel dopoguerra, tra il 10 agosto 1955 e il 30 aprile 1962, ricoprì la carica di Capo di Stato Maggiore della Marina Militare italiana.

Per quanto riguarda il ritardo nell’avvistamento del nemico da parte dell’aviazione di scorta, questo X CAT [X Fliegerkorps] informa che il grave inconveniente è dovuto principalmente al tempo cattivo con nuvole basse. Inoltre appena il LUPO dette il segnale di presa di contatto col nemico venne interessato il X CAT ad inviare dei bombardieri sul posto, i quali avrebbero certamente potuto con la loro azione obbligare le forze navali inglesi a manovrare. A tale proposito il comando del predetto raggruppamento aeronautico germanico comunica che in quei giorni tutti i bombardieri disponibili erano stati inviati in Libia.55 E’ comunque da
55 L’invio in Cirenaica di tutti i bombardieri disponibili del X Fliegerkorps si riferiva agli Ju.88 del I. e II./LG.1 del 1° Stormo Sperimentale che erano stati trasferiti a Benina per sostenere, assieme al III./LG.1 del Comando Aereo Africa, i contrattacchi delle forze italo-tedesche contro l’avanzante 8a Armata britannica. Ciò escludeva il gruppo di addestramento IV./LG.1 che ora era impegnato nelle scorte navali in Egeo. Restavano in Grecia le tre squadriglie del II./KG.26, due da ritenere che se l’aviazione tedesca fosse intervenuta tempestivamente sul campo dell’azione, dato che all’inizio del contatto mancavano soltanto circa due ore al tramonto, forse si sarebbe risparmiata la distruzione di uno di questi piroscafi che pure stava tanto a cuore all’aviazione predetta essendo carichi di benzina e bombe di aeroplani. bombardamento e una di aerosiluranti, che erano anch’esse impiegate nell’appoggiare il fronte terrestre, e una sola squadriglia del Gruppo Ricognizione Strategica, la 2.(F)/123, trovandosi la 1.(F)/121 in Cirenaica.
Nella zona del combattimento, per la ricerca e il salvataggio dei naufraghi dei due piroscafi tedeschi, per ordine dell’Ammiraglio Egeo delle ore 00.25 del 25 novembre, fu fatta partire la nave ospedale Gradisca che, dopo essere transitata vicino al convoglio “Maritza” il mattino del 24, si trovava a Suda. Essa fu coadiuvata nelle ricerche anche da aerei italiani inviati da Marimorea e Marisudest e da velivoli idrovolanti da soccorso aeronavale tedeschi, mandati in volo fin dall’alba per una ricerca a tappeto sul luogo del disastro. Questi ultimi, il mattino del 25 avvistarono trentacinque superstiti e poiché l'ammaraggio era reso impossibile a causa delle condizioni meteorologiche, con mare fortemente agitato, i velivoli lanciarono presso i naufraghi zattere di salvataggio, artifizi luminosi e fumogeni. La nave ospedale Gradisca, pur avendo raggiunto il giorno 25 il luogo del disastro, e pur essendo ostacolata da un fortunale da nord-est, eseguì fino al 27 novembre accurate ma vane ricerche, non avvistando alcun superstite.
Gli equipaggi del Maritza e Procida furono considerati dispersi, ma vi fu anche la speranza, vana, che almeno una parte degli uomini potesse essere stata raccolta dalle navi britanniche che avevano preso parte all’azione, durante la loro permanenza nella zona protrattasi per qualche tempo dopo il combattimento, come segnalò nel suo rapporto il comandante Mimbelli.
La nave ospedale Gradisca che fu mandata nella zona del combattimento per recuperare i naufraghi dei piroscafi tedeschi Maritza e Procida, ma senza riuscire a trovarne in vita.

Il comportamento tenuto durante il combattimento dalle torpediniere Lupo e Cassiopea, fu particolarmente apprezzato dalle autorità tedesche. Il 2 dicembre 1941 Marisudest trasmise a Supermarina che l’Ammiraglio tedesco Sud-Est aveva espresso in forma solenne ai comandanti, ufficiali ed equipaggi delle torpediniere Lupo e Cassiopea il suo “compiacimento per brillante comportamento delle unità dinnanzi al nemico”. Il Capo di Stato Maggiore della Regia Marina, ammiraglio Riccardi, con il messaggio n. 97841 del successivo giorno 3, trasmesso alla torpediniera Lupo e a Marisudest, aggiunse le sue congratulazioni, sostenendo che “Il combattimento del LUPO e del CASSIOPEA contro una forza navale tanto numerosa resterà tra gli episodi memorabili della nostra guerra navale”.56
Ma il benevole comportamento dei responsabili della Marina germanica, nei confronti dell’azione delle due torpediniere italiane nella difesa del convoglio, cambiò quando, dalle informazioni ricevute, evidentemente anche per la parte sostenuta nel combattimento dalle unità britanniche, qualcosa non quadrava con i rapporti ricevuti da Marisudest con quelli piuttosto schematici di Supermarina. In particolare, dopo uno scambio di corrispondenza per conoscere la sorte degli equipaggi dei piroscafi Maritza e Procida, quando il 20 luglio 1942 l’ammiraglio Otto Loyche, del Comando della Marina Germanica in Italia, consegnò al capitano di fregata Giovanni Di Groppello, la seguente lettera n. 3836/42 da presentare ai responsabili di Supermarina:
Affondamento piroscafi Maritza e Procida
Il 24.11.1941 il suddetto convoglio è stato attaccato da FF.NN. inglesi. Per quanto è noto qui le due navi sono da ritenersi definitivamente perdute con tutto l’equipaggio. Si è venuti soltanto a conoscenza che le unità di scorta e le navitrasporto si sono divise durante il combattimento con visibilità ridotta che uno dei CC.TT. ha rilevato dalla presunta posizione dei piroscafi una esplosione e che ha visto le FF.NN. inglesi che si stavano per allontanare. Gli equipaggi sono stati dichiarati dispersi.
Per poter fare pervenire alle famiglie dei dispersi non appena possibile una comunicazione ufficiale definitiva sulla sorte dei dispersi, si prega comunicare dei dettagli sull’affondamento della nave, dei provvedimenti di salvataggio e il loro esito ed inoltre sul risultato di ricognizioni aerea, su cui basare una decisione di dichiarare dispersi i componenti dell’equipaggio.
F/to Loyche.
Essendo passato tanto tempo dall’episodio della perdita del convoglio
“Maritza” era chiaramente evidente che le intenzioni della lettera fossero quelle di ricevere da Supermarina le più dettagliate notizie, anche sul comportamento delle torpediniere Lupo e Cassiopea, e rendersi conto se effettivamente, dopo un certo impegno, avevano abbandonato le navi mercantili, per sottrarsi al combattimento, quando esse erano ancora in grado di manovrare, come avevano riferivano sull’episodio nulla stampa e alla radio i racconti britannici, e non soltanto in quelli di propaganda.57
Supermarina, evidentemente indispettita, chiuse la questione l’11 settembre 1942 scrivendo, a firma dell’ammiraglio Enrico Accorretti, la lettera n. 24480 al Comando della Marina Germanica in Italia, in cui si riportavano gli avvenimenti come ben conosciuti dagli Alleati, sostenendo che le due torpediniere italiane avevano sostenuto per un’ora un combattimento in condizioni sfavorevoli, contro due incrociatori e quattro cacciatorpediniere, e che si erano ritirate quando ormai la sorte dei piroscafi era segnata. Era stata poi intravista una grande esplosione sul Maritza, mentre non si era assistito alla sorte del Procida. L’invio della nave ospedale Gradisca, coadiuvata da aerei, non aveva portato a recuperare i superstiti, ma era considerata la possibilità che “parte di essi poteva essere stata raccolta dalle unità inglesi che presero parte all’azione”.
Dal rapporto del comandante Mimbelli sappiamo che il combattimento vero e proprio fra le torpediniere e due delle quattro unità britanniche, principalmente con l’incrociatore Penelope e in minor misura con il cacciatorpediniere Lively, era durato in tutto quaranta minuti, dalle 15.50 alle 16.30. Invece i rapporti britannici sostengono che il Penelope alle 15.47 aprì il fuoco sospendendolo sulle torpediniere alle 16.19, dopo trentadue minuti, per poi avvicinarsi ai piroscafi immobilizzati per dare loro il colpo di grazia in soli quattro minuti, tra le 16,21 e le 16.25.
L’incrociatore britannico Penelope nella mimetizzazione adottata nel 1940. Da The-Blueprints com.
57 Il commodoro Agnew, nella sua relazione, ha scritto che la ritirata delle torpediniere italiane, facendo rotta verso nord a grande velocità, aveva lasciato i due piroscafi tedeschi alla loro sorte. Dopo di che le due torpediniere furono avvistate verso nord, una alle 16.05 e l’altra alle 16.20, ma senza alcuna reazione di fuoco da parte loro. Una delle torpediniere fu poi avvistata, sempre verso nord, alle 16.51, mentre la Forza K aveva preso la rotta 280° alla velocità di 28 nodi per rientrare a Malta.

Nell’immagine di Jeremy Day il rientro a Malta dell’incrociatore Penelope da una missione svolta dalla Forza K. La colorazione dello scafo è completamente grigia. Fu l’unica nave della Forza K a sparare e distruggere i due piroscafi del convoglio “Maritza” e a impegnarsi contro le torpediniere italiane di scorta.
Da parte della Seekriegsleitung (SKL), l’organo operativo dell’Alto Comando della Marina tedesca, un’inchiesta sulla perdita dei due piroscafi del convoglio “Maritza”, datata 30 luglio 1942, mise in rilievo che:58

Responsabile del controllo operativo di questo convoglio era l’Admiral Aegaeis [Ammiraglio Egeo]. La guida tattica in mare e la responsabilità per le comunicazioni spettava a Marisudest: si trovava dunque in mani italiane.
Della deviazione di rotta del convoglio per Suda il mattino del 24 novembre Supermarina informò Marisudest che subito trasmise la notizia all’Ammiraglio Egeo. Entrambi i Comandi dell’Egeo, italiano e tedesco, restarono convinti che ciò fosse avvenuto, e che pertanto le navi del convoglio si trovassero in rotta per la nuova destinazione. Comunque dall’inchiesta della SKL appare che l’Ammiraglio Egeo si era astenuto dall’intromettersi nella situazione creata dall’ordine via radio di Supermarina, e si rivolse a Marisudest riferendo che il motivo del cambio rotta verso Suda ordinato da Roma era sconosciuto. L’inchiesta formulò l’ipotesi che non vi fu
58 Deutesches Marinekommando Italien, Seekriegsleitung, Versenkung der Dampfer “PROCIDA” und “MARITZA”, 30 luglio 1942, Prot. B.Nr.1/SKL.18601/42 da parte dell’Ammiraglio Egeo alcun intervento per prendere il controllo operativo della missione, per il motivo che non conosceva la posizione delle navi nemiche, per cui non ordinò le necessarie contromisure.
Roll 2469 PG-45067.
Riferendosi poi alla relazione del comandante Mimbelli, secondo cui l’avvistamento delle navi nemiche verso sud avvenne senza che egli fosse stato avvertito dagli He.111 della scorta, secondo un dispaccio dell’Ammiraglio Egeo tra gli aerei del II./KG.26 e le navi del convoglio vi era stato “uno scambio di segnali ottici”. Nell’inchiesta della SKL si asserisce che il convoglio era stato affondato dopo un combattimento di quaranta minuti, “malgrado l'inutile difesa delle torpediniere di scorta”, che si erano ritirate soltanto dopo che i due piroscafi erano stati colpiti, “virarono di bordo e allontanandosi dal nemico e dal convoglio senza aver riportato danni da colpi diretti, solo danni da schegge senza perdite di personale”. Si riportava che le navi britanniche, affondati i piroscafi, non avevano fatto alcun tentativo per salvarne gli equipaggi. Infine, poiché la relazione dell’inchiesta si soffermava brevemente sulle ragioni per cui “la torpediniera LUPO non aveva ricevuto il segnale radio da Supermarina con l'ordine di dirottare il convoglio a Suda”, le richieste di spiegazione con lettere del 10 febbraio, 14 aprile e 10 giugno 1942 del Comandante della Marina Germanica in Italia, ammiraglio Weichold, e del Comando Sud Est dell’ammiraglio Förste, restarono senza risposta da parte di Supermarina. L’inchiesta della Kriegsmarine arrivo alle seguenti conclusioni:59 a) Rimane da vedere se il sottostante segnale di avvistamento del sommergibile italiano [SETTEMBRINI] delle ore 05.00 giustificasse l'intromissione di Supermarina nella responsabilità di conduzione del convoglio da parte dell’Ammiraglio Egeo. Le intenzioni della formazione avvistata a quel momento non erano ancora riconoscibili, e in particolare non era noto che in seguito si sarebbe diretta su una rotta a Nordest. Alle 05.00 il convoglio PROCIDA stava iniziando a uscire dall'Egeo. Gli eventi successivi hanno dimostrato la giustezza del comando [Supermarina] di invertire la rotta. b) Merita approvazione la decisione dell'Ammiraglio Egeo innanzitutto di accettare la situazione creatasi con l'intromissione di Supermarina, vale a dire di far rientrare a Suda il convoglio. Ciò in quanto era fondato il ragionamento secondo cui [Supermarina aveva una] miglior visione della posizione nemica nel Mediterraneo centrale rispetto a quella che si aveva ad Atene, e solo per questa ragione l'intromissione di Roma nelle sue competenze meritava accoglimento c) Causa determinante della perdita di entrambi i piroscafi è il fatto che l’ordine via radio proveniente da Supermarina per il dirottamento a Suda non ha raggiunto il convoglio. Questa è una grave deficienza del settore comunicazioni. Perciò sono responsabili soltanto ed esclusivamente servizi italiani [sottolineato]. Per chiarire meglio, data la situazione, responsabile è solo Supermarina. d) L’Ammiraglio Egeo poteva e doveva assumere il comando via radio se l’ordine [di dirottamento] fosse stato correttamente ricevuto ed eseguito dal convoglio, e che esso si dirigesse verso Suda. Comandante ed equipaggio della torpediniera LUPO erano esperti e provetti nella scorta di convogli. Eventuali dubbi o incertezze circa l'ordine ricevuto avrebbero sicuramente provocato un quesito di risposta. Questo non si è verificato. e) Le misure avviate dall'Ammiraglio Egeo per il recupero dei superstiti dei due piroscafi erano appropriate. Se non hanno avuto esito, questo si deve alle condizioni meteo, che non hanno permesso l'ammaraggio degli idrovolanti di soccorso. Una opinione sul comportamento di entrambe le due torpediniere nei confronti del recupero dei naufraghi dopo la fine del combattimento esula dall'ambito di questa perizia. f) E' evidente che gli He. 111 di scorta hanno avvistato la formazione nemica dopo la torpediniera LUPO, e che il convoglio non è stato preallertato dagli aerei. Le ragioni di questo [fatto] non emergono da questa opinione. L'approfondimento di questo quesito esula dall'ambito di questa perizia, che deve prender posizione solo sul comportamento dei comandi navali. g) Non vi è alcuna ragione per l'avvio di un’indagine giudiziaria militare contro un'autorità navale.60
Supermarina ha lasciato senza risposta un quesito in materia del Comando Marina Germanica in Italia dell'8.12.1941.
L’affondamento della corazzata britannica Barham
Al rientro dall’operazione MA.5 si verificò per la Mediterranean Fleet un inattesa tragedia, che compensava del tutto il disastro della distruzione del convoglio “Duisburg”.
Durante la giornata del 25 novembre le tre navi da battaglia dell’ammiraglio Cunningham furono tenute sotto costante osservazione dai ricognitori dell’Asse, mentre transitavano a circa 70-100 miglia dagli aeroporti italiani e tedeschi della Cirenaica; ma nell’occasione non si ebbe a verificare alcun attacco, anche perché bombardieri e aerosiluranti He.111 del II./KG.26 decollati per quello scopo non riuscirono a rintracciare l’obiettivo.
Alle 16.25, trovandosi in lat. 32°29’N, long. 26°27’E, corrispondente a 60 miglia a nord-est di Sollum, la corazzata Barham, portante l’insegna del vice ammiraglio Pridham Wippell comandante del 1° Squadron da battaglia della Mediterranean Fleet, fu colpita in rapida successione sul fianco, tra il fumaiolo e le torri prodiere, da tre dei quattro siluri lanciati in immersione dal sommergibile tedesco U-331. L’U-boote trovandosi a quota periscopica aveva avvistato le corazzate alle ore 15.00 circa e il suo comandante, tenente di vascello Hans-Dietrich von Tiesenhausen , manovrando con grande perizia ed audacia, era riuscito ad attraversare lo schermo dei cacciatorpediniere di scorta per lanciare di prora i siluri, ad intervalli regolari, da una distanza apprezzata di 375 metri.
In quel momento le tre corazzate britanniche procedevano con rotta 290° alla velocità di 17 nodi, mantenendosi in linea di fila, con la Queen Elizabeth che era seguita dalla Barham e dalla Valiant, mentre gli otto cacciatorpediniere di scorta, Napier, Nizam, Griffin, Kipling, Hasty, Decoy, Jervis e Jackal , navigavano zigzagando in posizione di schermo prodiero.

Dopo il lancio dei siluri, l’U-331 perse momentaneamente l’assetto di bilanciamento venendo in superficie, pericolosamente vicino, alla distanza di circa 140 metri, di prora a sinistra, dalla corazzata Valiant, che seguiva immediatamente di poppa la Barham. Tuttavia la Valiant (capitano di vascello Charles Eric Morgan) non ebbe il tempo di manovrare per speronare il sommergibile né poté abbassare sufficientemente i cannoni, compresi i micidiali complessi multipli pom-pom da 40 mm, per colpire l’U-331 prima che potesse riguadagnare il controllo e immergersi. I cacciatorpediniere Nizam, Jervis e Jackal s’impegnarono nella caccia al sommergibile ma senza successo.
Nel frattempo la Barham si era inclinata molto a sinistra e in un intervallo di quattro minuti continuò a sbandare fino a trovarsi coricata su un fianco, per poi all’improvviso saltare in aria con terrificante esplosione, gettando a distanza grossi rottami e sollevando un’altissima colonna di fumo.
La rapidità dell’affondamento causò un gran numero di vittime. Con la corazzata scesero nell’abisso il comandante, capitano di vascello Geoffrey Clement Cooke, 55 ufficiali e 812 sottufficiali e comuni. I superstiti, recuperati dai cacciatorpediniere Nizam e Hotspur furono 450 tra i quali il vice ammiraglio Pridham-Wippell.

L’aumento rapidamente l’inclinazione della Barham.
Nel momento in cui l’inclinazione aveva raggiunto il suo massimo sulla superficie del mare la Barham esplose, per poi affondare velocemente.

Nell’immagine scattata dal cacciatorpediniere australiano Napier la colonna di fumo che nasconde la Barham dopo l’esplosione mentre un cacciatorpediniere della scorta dirige in soccorso della corazzata.

Il cacciatorpediniere Napier. A poppavia segue il gemello Nizam anch’esso della Marina Australiana.

L’affondamento della Barham fu conosciuto a Roma e a Berlino soltanto due mesi più tardi, perché il comandante del sommergibili U-331 ritenne, erroneamente, di aver soltanto danneggiato una nave da battaglia o incrociatore. Quando poi fu appresa, da fonte radio britannica, la perdita della Barham annunciata nel gennaio 1942 dall’Ammiragliato britannico, il tenente di vascello von Tiesenhausen fu insignito con la Ritterkriez, la croce di cavaliere dell'ordine della croce di ferro, mentre tutti i membri del suo equipaggio ricevettero decorazioni al valore. La cerimonia avvenne nella base della 23a Flottiglia Sommergibili a Salamina. Il 2 aprile 1942 von Tiesenhausen, nel corso di una cerimonia alla Spezia per concedere decorazioni italiane ai sommergibilisti tedeschi, ricevette dall’ammiraglio Aimone di Savoia Aosta la Medaglia d’Argento al Valor Militare. La stessa decorazione ricevette l’affondatore della portaerei Ark Royal, tenente di vascello Helmut Rosembaum.
Salamina, gennaio 1942: La consegna della Ritterkriez al tenente di vascello von Thiesenhausen da parte dell’Ammiraglio Tedesco Comandante dell’Egeo Erich Förste, nell’immagine con lo spadino.

Il sommergibile U-331.
Sull’attività dei sommergibili tedeschi, che nello spazio di pochi giorni avevano affondato la portaerei Ark Royal (14 novembre) e la corazzata Barham, lo storico britannico generale Playfair scrisse: “L’arrivo dei sommergibili tedeschi fu altrettanto disastro per i britannici quanto l’arrivo della Forza K lo era stato per gli italiani” .

Francesco Mattesini