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L’ospedale e i suoi fornitori

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Appendice B

Appendice B

Verso la grande riforma: l’ospedale istituto pubblico di assistenza

manenti istituti80. Completa il documento l’elenco dei legati, delle entrate dalla pia opera Fatebenefratelli e di altri introiti ancora, tra i quali spiccano ben 500 lire da spendersi per rimborso spese varie per scopi scientifici. Nella sezione delle uscite, compare pure l’indicazione della farmacia dell’ospedale che chiese di modificare il normale approvvigionamento di farmaci domandando di acquistare quantità inferiori di glicerina, acido fenico, soda, olio di ricino, formalina, farina di lino. Si annotò pure che

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per i presidi della chirurgia si ha pure una sensibile diminuzione costante e in perfetta relazione col numero dei malati, che risulta nel consumo delle fiale per uso ipodermico. Con 200.000 presenze il consumo risultava di 60.000 fiale e nel corrente anno col doppio di presenze abbiamo un consumo doppio di fiale81 .

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A bilancio furono scritti importi in uscita che bene illustravano la fisionomia dell’ospedale cittadino: migliaia di mandati di pagamento a favore di svariati venditori che procuravano al nosocomio ogni genere di bene, ritraevano l’ospedale nell’esercizio più specifico della propria mission. Da questo particolare punto di vista, molto si apprende anche sulle patologie più diffuse del tempo, che si credeva potessero trovare nel ricovero una qualche risposta. Tra i fornitori compariva la ditta padovana Pianeri e Mauro, alla quale il Consiglio di ammi-

80 Alla pediatria erano state assegnate 8.550 lire, alla dermosifilopatica 8.000, alla patologia speciale chirurgica 6.820,76 e alla patologia speciale medica 6.900 (ASPd, Ospedale, Bilancio preventivo, entrata, 1918, cap. 14). 81 Tante erano state le presenze nel corso del 1913; nel 1916 furono 381.000 e, nell’anno successivo, si attestarono a poco meno di 400.000. La lettera, firmata dal direttore generale sanitario e dal farmacista capo, è indirizzata al presidente dell’ospedale, porta la data del 4 dicembre 1917 ed è allegata al documento di bilancio sotto la rubrica delle spese per medicinali (ASPd, Ospedale, Bilancio preventivo, uscita, 1918, cap. 22).

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nistrazione dello spedale civile di Padova ordinò di accreditare 80,60 lire italiane per la fornitura di «cinti elastici semplici e doppi, somministrati ad ammalati ambulanti ed interni allo spedale»82. In totale furono fornite 54 cinture elastiche, tutte assegnate a bisognosi in stato di povertà. La pratica amministrativa constava di altrettanti certificati del comune di Padova, a firma dell’aggiunto municipale, attestanti lo «stato di miserabilità dell’infermo e dei parenti obbligati per legge al mantenimento». All’interno del medesimo documento «certificato per invio degli infermi realmente poveri allo spedale civile di Padova», il medico chirurgo verificava la diagnosi e l’impossibilità di curarsi presso il proprio domicilio. A questo punto, l’ospedale, divisione ambulanti, formulava la richiesta di quanto occorreva alla cura del caso in questione, vistata dal medico capo e dal presidente dell’ente. I poveri elencati in questa pratica soffrivano di ernia inguinale, per la cura della quale erano necessarie cinture specifiche. Molti erano pazienti ambulatoriali, altri, invece, erano ricoverati presso l’ospedale. Un’altra patologia assai diffusa tra i molti poveri della città erano le varici o vene varicose. In questo caso, le divisioni chirurgiche chiedevano stivaletti o calze contenitive, che Elisabetta Munarini confezionava a un prezzo oscillante tra le due e le cinque lire83 .

Ai poveri veniva anche riconosciuto il diritto a essere accompagnati presso il proprio domicilio, dopo le dimissioni dal nosocomio. Il Consiglio d’amministrazione dell’ospedale emetteva un documento, firmato dal medico o chirurgo di turno, attestante che il povero in questione «trovasi in grado di lasciare l’infermeria della sala medica II piano, quando sia provveduto di un mezzo di trasporto che lo riconduca al proprio domicilio»84. A questo punto, dall’ufficio protocollo dell’ospe-

82 ASPd, Ospedale civile, b. 1577, fasc. 190. Questi documenti sono stati raccolti all’interno della rubrica: titolo IV, Spese di beneficenza, spese minute, 1887. L’indicazione del fascicolo individua un insieme dei documenti all’interno dei quali si trova quello citato. 83 ASPd, Ospedale civile, b. 1577, fasc. 122. 84 ASPd, Ospedale civile, b. 1577, fasc. 100, documento del 16 dicembre 1886.

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dale, partiva un ordine a un vetturale, in questo caso a Valentino Franceschi, al quale s’ingiungeva di scortare i convalescenti nominati, «con cavallo e timonella coperta» fino al loro domicilio, incombendo al conduttore il farsi certificare le miglia percorse, tenendo conto anche del viaggio di ritorno. Molti si recavano presso la casa di ricovero di Padova e il viaggio costava all’ospedale una lira; per andare a Ponte di Brenta servivano 2 lire e 40 centesimi e a Voltabarozzo 3 lire. Il Franceschi era da anni in servizio, praticando le stesse tariffe almeno dal 187985 .

Tra le spese minute figurano anche le forniture di generi quali olio di lino e d’oliva, pietra pomice, gomma arabica, sapone nero, cerini, tela smerigliata, pennelli, tutti procurati dal negozio in Padova di Giuseppe Toboga, specializzato in coloniali, droghe, oli, vini e spiriti, premiata cereria. Alla divisione disinfezioni dell’ospedale, il negozio, tra il 23 giugno e il 3 luglio 1887, assicurò un quintale di solfato di ferro, per una fognatura in vicolo Gesuiti, e cloruro di calce, per le pareti di una casa nello stesso vicolo86. Anche la Società, per la lavorazione della gomma elastica e della guttaperca, Pirelli & C., accomandita per azioni, capitale sociale di lire 3.500.000, con sede a Milano, era tra i fornitori dell’ospedale padovano. Il 19 dicembre 1887 a favore dell’Istituto, la società procurò quattro grembiuli di tela gommata per operazioni al prezzo di sette lire e 50 centesimi l’uno87. Angelo Frescura, ottico, negoziante a Padova, Treviso e Vicenza, titolare di una fabbrica di occhiali a Calalzo di Cadore, procurò all’ospedale termometri chimici in astuccio di legno, per tre lire ciascuno, termometri centigradi da bagno, che costavano due lire e cinquanta centesimi, stetoscopi metallici snodati alla base, al prezzo di cinque lire e 50 centesimi l’uno e vetrini

85 ASPd, Ospedale civile, b. 1497, 1879, XX, Spese minute, n. 386. Mandati di questo genere sono molto numerosi. 86 ASPd, Ospedale civile, b. 1577, fasc. 154. Le diverse forniture di generi sono indirizzate a diverse divisioni dell’ospedale, da quella medica a quella chirurgica, al reparto dozzinanti o, in generale, all’Istituto. 87 ASPd, Ospedale civile, b. 1577, fasc. 159. La Pirelli procurava all’Istituto padovano anche tubi e tappi di gomma.

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copri oggetti in gran quantità88. Maggiormente legate a esigenze sanitarie erano le forniture della ditta Chiarotto-Carattoni di Verona che, nel corso del 1886, procurò beni per un importo complessivo pari a 35.295 lire. Questi erano destinati alle diverse divisioni dell’ente: sonde esofagee assortite e nelaton, vesciche di gomma nera e bianca, inalatori d’ottone, cotone e garze di vario tipo89. La ditta padovana G. Cuzzeri & C. forniva oggetti di vetro e terracotta: bicchierini per medicinali, bicchieri per acqua e da litro per orina, pappagalli di vetro verde, vasi e catini di misura diversa e per gli usi più vari, scodelle e pignatte di terra, orinali fini di Prussia, scatole per il sapone, bottigliette contagocce, lampade di vetro ad alcol90. Si tratta, nel complesso, di forniture necessarie al funzionamento dell’ospedale che ne evidenziano, seppure parzialmente, il livello tecnologico raggiunto.

Orazio Valeggia, titolare di un negozio in via del Santo a Padova, era il rappresentante unico per il Veneto della Casa H. Galante di Parigi, specializzata nella fabbricazione di strumenti di chirurgia in acciaio, argento, packfong, di apparecchi medico-chirurgici in caoutchouc, di cinti erniari e di presidi ortopedici, gambe e braccia artificiali e di articoli per l’allatta-

88 ASPd, Ospedale civile, b. 1577, fasc. 440. 89 ASPd, Ospedale civile, b. 1577, fasc. 223. Simili forniture erano assicurate anche dalla ditta pavese Hartmann & Guarneri, premiata fabbrica di medicazione antisettica, medaglia d’oro al merito all’esposizione generale italiana di Torino del 1884. Il cotone era venduto al chilo e per un’unità al 4% di cotone salicilico si spendevano 6 lire e 80 centesimi, all’11% lire 9,10. Il cotone fenicato al 10% costava 6 lire al chilo. La garza al sublimato corrosivo costava lire 1,40 il pacco. L’ospedale comprava anche aghi da sutura curvi e siringhe salivari (b. 1577, fasc. 616). In altro conto la stessa ditta fornì una siringa intrauterina Bokman e un’intrauterina di Braun al prezzo, rispettivamente, di 6,50 e di 5,00 lire (ASPd, Ospedale civile, b. 1577, fasc. 222). 90 Essa disponeva di un grande assortimento e deposito di oggetti di lusso e ordinari. Cristallerie, terraglie, porcellane, cornici, carte da parati, lampade, posaterie e articoli affini (ASPd, Ospedale civile, b. 1577, fasc. 338). L’ospedale si serviva anche presso la ditta Leonardi e Zambelli di Torino, costruttori e fornitori per laboratori chimici, istituti biologici e ospedali, che aveva conseguito dal 1880 al 1885 la medaglia d’argento presso le esposizioni a Torino, Milano, Modena, Genova, Perugia, Udine e Roma. Nel caso si trattava di due urometri Ivan (ASPd, Ospedale civile, b. 1577, fasc. 427).

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mento. Questa importante casa parigina era in corrispondenza diretta con i principali laboratori di Londra e della Germania. L’ospedale, tra il 1886 e l’anno successivo, si procurò augelli di vetro per inalatori, cannule vaginali di gomma, un occhio artificiale di vetro, siringhe nelaton, un apparecchio composto di una sonda di gomma e imbuto per lavare lo stomaco detto tubo di Foucher, tubetti di vetro (polverizzatori) con turaccioli per apparecchi vari e altro ancora91. L’ospedale spendeva non solo per le molte forniture di materiale e oggetti diversi, ma per pagare particolari prestazioni d’opera. Il Consiglio d’amministrazione dell’ospedale civile di Padova, presieduto dall’ingegnere Eugenio Maestri, alla presenza di due consiglieri, il cavaliere Giovanni Maluta e l’avvocato Edoardo Nalin, del medico capo e dal segretario amministratore, l’avvocato Antonelli, il 22 dicembre 1887, deliberò di liquidare una «gratificazione» dell’importo di 20 lire a favore di due inservienti «per assistenza ai primari dell’ospedale nelle sezioni cadaveriche presso la scuola patologica di San Mattia»92. Vi era poi la spesa di 400 lire a favore di due collaboratori del medico capo per avere partecipato al lavoro di raccolta dati e di stesura della Statistica sanitaria 1886, quando al sanitario non giunse alcun emolumento aggiuntivo93. La Casa d’industria di Padova, versione moderna delle più tradizionali case di lavoro coatto caratteristiche dell’antico regime, che si era da qualche anno separata dalla Casa di ricovero della città, fornì all’ospedale le stuoie da sistemare negli studi di alcuni medici, dei cappellani e delle suore ispettrici94. Assai curioso fu il caso del

91 ASPd, Ospedale civile, b. 1577, fasc. 336. Cotone in falda, fiammiferi, sapone, spugne, «spazzette da unghie», frontini verdi, tela americana, filo meneghino, erano garantiti dai magazzini L. Paveggio in Padova, negozio specializzato per «bazzaristi e girovaghi» (fasc. 444, 84). 92 ASPd, Ospedale civile, b. 1577, fasc. 722. Simili pratiche si trovano anche a favore di chi assicurava l’acqua alla divisione dozzinanti. 93 ASPd, Ospedale civile, b. 1577, fasc. 683. Fu proprio il medico a proporre all’amministrazione ospedaliera di gratificare i suoi due collaboratori. 94 ASPd, Ospedale civile, b. 1577, fasc. 753. Nel 1874 era stato approvato lo Statuto della Casa di ricovero in Padova, Padova, Tipografia Randi

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portiere dell’ospedale, Carlo Carturan, il quale chiese «a questo spettabile consiglio il rimborso di lire dieci, per altrettante spese nel far rivoltare il vestito di panno, dell’Istituto, che fatta quest’operazione, fa ancora la sua buona figura e può tirar avanti altro tempo»95. Naturalmente la richiesta fu accolta e il rimborso accordato.

Infine l’ospedale talvolta assicurava un sussidio a chi, per motivi di salute, fosse venuto a trovarsi nelle condizioni più misere, simili a quelle nelle quali cadde Sante Bettella, che poté beneficiare di un contributo pari a 20 lire, riscosse il primo maggio 1887, secondo la testimonianza di due testimoni all’apposizione della croce. Egli era analfabeta96. In alcune occasioni, lo stesso ospedale faticava non poco a incassare quanto dovuto per il ricovero di pazienti bisognosi. Per qualche decina di lire, l’amministrazione ospedaliera padovana era pronta a interessare alla pratica anche la prefettura, com’era avvenuto il 25 settembre 1872. Era stato curato un cittadino di Brugine affetto da vaiolo e, poiché il sindaco del comune di residenza era poco propenso al pagamento della retta dovuta, pari complessivamente a 39.45 lire, il Presidente dell’ospedale chiese che la prefettura costringesse il comune a pagare il debito97. In altre

1875, che operava al fine di garantire accoglienza ai poveri della città e del territorio circostante. Quest’opera pia elargiva servizi gravando sulla rendita del proprio patrimonio che fu scorporato da quello della Casa d’industria (BCPd, B.P. 6, 1570). 95 ASPd, Ospedale civile, b. 1577, fasc. 102. 96 ASPd, Ospedale civile, b. 1577, fasc. 207. 97 ASPd, Prefettura italiana, b. 943, fasc. 2493/VII. Il contenzioso tra l’ospe dale di Padova e diverse amministrazioni comunali fu piuttosto intenso. Curiosa fu la vicenda di una donna, più volte ricoverata tra il 1867 e l’anno successivo, di fatto residente a Padova, ma sposata con un uomo residente a Battaglia Terme. Nel primo caso la retta sembrava dovesse essere a carico dell’ospedale, nel secondo del comune di Battaglia. La vicenda si concluse con un pronunciamento del Segretariato generale del Ministero dell’Interno che ingiunse al Prefetto di Padova di procedere contro il comune di Battaglia, riconosciuto debitore nei confronti dell’ospedale sulla base del fatto che «in proposito dell’insorta vertenza il Ministero, sentito il Consiglio di Stato, ha considerato che per esplicita disposizione di legge le mogli devono seguire il domicilio del marito» (ASPd, Prefettura italiana, b. 943, Roma, 23 gennaio 1872).

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occasioni il debito nei confronti del nosocomio era molto consistente e, in questi casi, l’ospedale era autorizzato ad avviare le pratiche per potersi valere sul patrimonio del debitore. Così si comportò l’ospedale di Cittadella, in provincia di Padova, che nel 1873, poté acquistare all’asta una casa di proprietà di un debitore per un importo pari a 2.186 lire98. Spesso accadeva anche che i comuni si rifiutassero di dare ai farmacisti il dovuto per la somministrazione di medicinali ai poveri residenti. Alcuni casi si riferiscono ad ammalati di colera. Anche in questa circostanza la prefettura di Padova doveva intervenire, per ricordare ai sindaci dei diversi comuni gli obblighi che la normativa in vigore assegnava loro99 .

L’ospedale continuò a rendicontare con la massima accuratezza i costi sostenuti. Negli anni di guerra 1916/1918 fu redatto un registro di spese minute e di medicinali. Per l’acquisto di un’enciclopedia di chimica si sborsarono, nel 1916, 280 lire a favore dei Fratelli Drucker, librai di Padova100. Tra i fornitori del nosocomio figuravano la Carlo Erba di Milano, che procurò esclusivamente medicinali, la Lepetit farmaceutici di Milano, la Zambeletti della stessa città, che consegnò medicinali e fiale alla farmacia locale del dottor Pio Lami che, a sua volta, somministrò 100 sanguisughe nell’agosto 1919 per 35 lire101 .

98 ASPd, Prefettura italiana, b. 974, fasc. div. III, n. 2369. Il decreto di autorizzazione di Vittorio Emanuele II fa esplicito riferimento al Regio decreto 5 giugno 1850, n. 1037 sulla capacità dei corpi morali di acquistare e alla legge 3 agosto 1867 sulle opere pie. 99 ASPd, Prefettura italiana, b. 974, fasc. div. III, n. 1376. 100 ASPd, Ospedale, Forniture di medicinali e poveri, 1916-1918, c. 4. 101 ASPd, Ospedale, Forniture di medicinali e poveri, 1916-1918, c. 16, 19, 24, 25. La Carlo Erba, la Zambeletti e la Lepetit segnarono l’inizio a Milano dell’industria farmaceutica italiana, decisa a svincolarsi dalla già affermata industria tedesca, come efficacemente suggerisce Vittorio Alessandro Sironi, La farmacologia a Milano dagli erbari alle biotecnologie, in Uomini e farmaci. La farmacologia a Milano tra storia e memoria, a cura di Ferruccio Berti, Enzo Chiesara, Francesco Clementi, Walter Montorsi, V.A. Sironi, RomaBari, Laterza, 2001, pp. 8-19. Recentemente Sironi è tornato a indagare questi temi in Ospedali e medicamenti. Storia del farmacista ospedaliero, Presentazione di Umberto Veronesi, Postfazione di Nello Martini, Roma-Bari, Laterza, 2007, pp. 87-100.

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