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Gestione integrata degli infestanti

La garanzia di sicurezza e salute pubblica ha i suoi riferimenti. In particolare, la sicurezza alimentare è una responsabilità condivisa tra tutte le figure della filiera agroalimentare che operano a vario titolo secondo competenza

Francesca De Vecchi Tecnologia alimentare

Il tema della gestione integrata degli infestanti, cioè l’IPM (Integrated Pest Management), per usare un acronimo che rimanda alla terminologia anglosassone, si lega a doppio filo a quello del cleaning e quindi all’igiene nelle aziende alimentari: il tema del controllo degli infestanti necessita di un’integrazione di competenze diverse che devono essere messe in campo dai professionisti che offrono questo servizio, non solo ma soprattutto, alle aziende alimentari.

“Il roditore ancora oggi è il pest più temibile e più rinomato, ma sono molti e diversi gli organismi con cui si deve avere a che fare. Conoscerli e apprendere le loro caratteristiche è tanto importante quanto lo è capire il contesto normativo di riferimento per l’IPM” spiega Francesco Fiorente, Dottore Forestale Specialista in Pest Management, intervenuto al convegno digitale CleaningPiù (1-3 febbraio 2023).

IPM è uno strumento legato a tutti gli ambiti professionali. Per le ricadute in termini di salute pubblica è fondamentale nelle produzioni alimentari. La sicurezza alimentare è una responsabilità condivisa tra tutte le figure della filiera agroalimentare che operano a vario titolo secondo competenza, poiché i pericoli possono essere introdotti ad ogni livello della catena. “L’impatto degli infestanti è tale che, senza intervenire per controllarlo, non possiamo garantire in pieno l’igiene degli alimenti e quindi la loro sicurezza”.

Gli infestanti possono essere ritenuti direttamente responsabili di:

• contaminazione biologica (per la diffusione di agenti patogeni);

• contaminazione fisica (per contaminazioni da corpi estranei) di superfici e degli ambienti di lavoro causando un danno che non è solo economico (per la perdita di prodotto o per le eventuali sanzioni) ma anche di immagine e reputazione dell’azienda. La definizione di IPM si rifà direttamente ad una descrizione fatta da FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura) e sottolinea come l’intervento e lo sforzo di contenimento debba essere commisurato a quanto economicamente sostenibile dall’impresa, attraverso le opportune azioni di prevenzione e monitoraggio, così come quelle di controllo che possono rendersi necessarie. L’IPM è uno strumento com- biologici, per i quali la normativa cogente presenta ancora delle lacune che stanno via via venendo sanate dalle norme volontarie.

LA NORMATIVA COGENTE

I riferimenti alla gestione degli infestanti si ritrovano nell’esteso pacchetto normativo europeo sulla sicurezza ali- plesso, che deve soddisfare i requisiti di legge riducendo l’uso dei prodotti chimici, impiegando biocidi secondo le indicazioni in etichetta (condizioni sicure di impiego), coinvolgendo tutti gli attori (perché le responsabilità della sicurezza è sì condivisa ma in capo all’azienda) nell’ambito degli obiettivi di salute globale secondo il concetto di One Health.

“E per capire quanto sia ampio il raggio di azione e le ricadute basta guardare quali sono le norme cogenti di riferimento dell’IPM” dice Fiorente. L’insieme delle norme non si rivolge solo alla trasformazione alimentare, ma anche alla mangimistica e al packaging, per esempio. Vanno considerate anche le norme regionali così come le linee guida per la gestione degli infestanti per aziende di trasformazione di alimenti mentare: Regolamento CE 178/2002, Regolamento CE 852/2004, Regolamento CE 853/2004, Regolamento UE 652/2017 sui controlli ufficiali. In Italia la legge n.82 del 1994 regolamenta le attività di pulizia, disinfezione, disinfestazione derattizzazione sanificazione, insieme al DM n.274 del 07/07/1997 che rappresenta il decreto di attuazione degli articoli 1 e 4 della legge stessa.

La normativa cogente pone una grande enfasi sui concetti di prevenzione: l’IPM, infatti rientra a pieno titolo nei PRP (Pre-Requisite Programmes), come viene affermato anche nella recente Comunicazione della Commissione 2022/C 355/01. I PRP sono attività di base, necessarie per mantenere un ambiente igienico lungo tutta la filiera. Includono anche le GHP (Good Hygiene Practices), cioè

IPM: LA DEFINIZIONE

Considerazione attenta di tutte le tecniche di controllo delle infestazioni disponibili e conseguente integrazione di misure appropriate che scoraggiano lo sviluppo di popolazioni e parassiti e mantengono i pesticidi ed altri interventi a livelli che sono economicamente giustificati che riducono o minimizzano i rischi per la salute umana e per l'ambiente.

o monitoraggio. Proprio la modalità di gestione delle sostanze chimiche, in modo particolare i rodenticidi (da non usare per tecniche di monitoraggio ma solo per tecniche di controllo) è oggi un tema di discussione, per questioni di sicurezza e sostenibilità delle applicazioni.

La Normativa Volontaria

una adeguata analisi dei pericoli e ad una valutazione dei rischi, che aiuterà a svolgere anche attività di mitigazione dei rischi stessi e che rappresenta una modalità di lavoro orientata alla prevenzione.

COME FARE UNA CORRETTA VALUTAZIONE DEI RISCHI DEGLI INFESTANTI?

le buone pratiche igieniche, che stabiliscono le condizioni ambientali e operative fondamentali, per garantire la sicurezza igienica di un prodotto dalla produzione primaria al consumo e che sono alla base dell’applicazione delle procedure di HACCP e dell’autocontrollo.

“Bisogna quindi lavorare sui PRP e sulle GHP con un focus specifico sugli ambienti di lavorazione” riassume Fiorente. In più punti la Comunicazione 355/01 descrive la lotta agli infestanti e insiste in modo particolare sulla prevenzione, che deve essere programmata e può essere attuata anche con flessibilità, cioè tenendo conto della natura dell'attività e delle dimensioni dello stabilimento.

Un tema importante – di sicuro interesse per il disinfestatore – è quello che riguarda le sostanze chimiche, che possono essere usate solo se autorizzate dalla normativa europea relativa ai biocidi e secondo le condizioni di etichetta. Condizioni di uso sicuro, che sono sempre riportate e alle quali bisogna fare riferimento indipendentemente che si sia un’azienda alimentare o un’azienda di servizi di disinfestazione, di derattizzazione

"Lo sviluppo della normativa volontaria ha avuto un grande impatto e ha dato un importante contributo al dibattito su come garantire l’igiene e la sicurezza alimentare” osserva Fiorente. Gli Standard volontari di sicurezza alimentare ma anche i diversi e numerosi code of practice (le specifiche tecniche) della grande distribuzione, dedicando alcuni requisiti specifici alla gestione degli infestanti, hanno rappresentato un volano per la qualificazione di questa attività. Riconoscendo l’importanza dell’IPM, il mercato globale ha chiesto alle imprese alimentari ed alle imprese di pest management un miglioramento continuo in termini di formazione, competenza e qualità delle attività, in Italia e in tutta Europa.

Questi Standard fanno riferimenti all’IPM in più punti, anche quando si parla di gestione degli scarti, dei rifiuti, di manutenzione degli ambienti e di formazione del personale.

Tornando sui concetti di prevenzione: “La prevenzione si può fare se a monte c’è un’analisi dei pericoli –cioè degli infestanti – e una loro valutazione in termini di rischio” dice l’esperto. Si potrebbe pensare che non essendo in ambito di Haccp non sia necessaria una valutazione dei rischi. Al contrario, afferma Fiorente, va fatta, così come tutti gli Standard di sicurezza alimentare prevedono. Tutte le attività di pest control, incluse le frequenze dei monitoraggi, vanno correlate ad

“Come riteniamo più opportuno” risponde Fiorente, con evidente riferimento alle “libertà” di gestione che anche la normativa cogente ammette, “Non sono strettamente necessarie delle matrici classiche in cui l’entità del rischio è l’esito del prodotto fra “gravità” e “probabilità”. Alla base di qualsiasi piano di lavoro o delle offerte tecniche economiche (nel caso si sia un’impresa di servizi), ci devono essere invece delle stime ragionate e una corretta valutazione dei rischi”. Un tema importante è infine la qualifica dei fornitori professionali di servizi. Quali requisiti comunicano affidabilità e competenze? Come saperli riconoscere? Le attività legate alla disinfestazione possono certamente essere svolte in autonomia da una impresa alimentare, purché sappia valutare le competenze delle persone, garantisca una giusta formazione e metta a disposizione le risorse necessarie allo scopo. In Italia la normativa di riferimento (legge n. 82 del 1994) può in qualche modo qualificare il servizio.

Secondo i parametri cogenti, un’azienda che può fornire questi servizi deve presentare una serie di requisiti amministrativi (iscrizione al Registro delle imprese o Albo delle imprese artigiane, codice Ateco, assicurazione…) e deve avere al proprio interno un responsabile tecnico per le attività di disinfestazione, derattizzazione e sanificazione.

“La lacuna ancora da sanare è che i requisiti tecnici di riferimento, come citati dalle norme, si rifanno a brevi esperienze lavorative o a curricula scolastici non caratterizzanti” osserva Fiorente. Di fatto oggi non esiste un vero percorso scolastico superiore specifico per la gestione della disinfestazione in ambito extra agricolo. Sebbene la materia sia trattata anche a livello universitario, non esiste la figura del disinfestatore professionale o del Responsabile Tecnico.

Per colmare questo vuoto normativo in Europa si può fare riferimen- to allo standard volontario UNI EN 16636:2015 “Servizi Gestione e Controllo delle Infestazioni (Pest Management)”. Si tratta di una norma volontaria, che definisce non solo i requisiti del pest management ma che qualifica anche i fornitori professionali, definendo le competenze che essi devono avere per erogare in sicurezza il servizio. L’adesione allo standard è stata inserita come elemento premiante sia a livello pubblico, nelle gare d’appalto per l’erogazione di servizi, sia nelle imprese alimentari che sempre più riconoscono come un elemento qualificante dei fornitori l’essere in possesso di questa certificazione.

Un fornitore di servizi che ha adottato la norma 16636 può infatti dimostrare in partenza di aver esaminato tutti gli aspetti per gestire gli infestanti, in un contesto così complesso e critico come le aziende alimentari: dalle modalità di ispezione, sopralluogo, analisi delle cause, valutazione dei rischi fino alla gestione della documentazione e alla presentazione di una proposta tecnica di gestione degli infestanti, entrando poi anche nel merito della formazione del personale che opererà all’interno dell’ azienda alimentare. Quindi per un fornitore di servizi una simile certificazione – che è anche certificabile con accreditamento Accredia, l’Ente Unico nazionale di accreditamento – rappresenta uno strumento operativo importante: “certamente non un punto di arrivo ma di partenza” conclude Fiorente. Avendo recepito una serie di messaggi che derivano dai più diffusi e accreditati standard di sicurezza alimentare la norma sta guadagnando fiducia, aumentando il suo valore sul mercato sia dal punto di vista tecnico, sia commerciale; a dimostrazione dell’importanza della corretta gestione degli infestanti per raggiungere obiettivi di qualità elevati nel rispetto della sicurezza e della salute dei cittadini.