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Il terzo escluso

Oggi propongo un viaggio (divagare) nel tempo e nello spazio. Parto da lontano esattamente da Stagira ipotizzo fra il 350 e il 360 avanti Cristo. Per intrufolarmi, nei giorni nostri, in Florida (Everglades) per fare la conoscenza del pitone birmano come esempio di adattamento biologico da cui ricavare alcuni spunti di riflessione

Chiara e Graziano Dassi

"Stagíra, l’odierna Olympiada, è un’antica città della regione greca di Macedonia, nota soprattutto per essere stata la città natale del filosofo Aristotele”. Già il nome faceva presagire la sua grandezza: aristos “migliore” e telos “fine” che uniti potrebbero significare “il fine migliore” e, visto la sua vita, il fine migliore è la filosofia, la scienza e per il mio disinfestastorie la logica: precisamente il concetto del terzo escluso (che semplificato significa che se una affermazione è vera non può essere vero il suo contrario). E questo ci porta al pitone birmano, ma vale per tante specie che trasportate nella nostra penisola si sono acclimatate al punto da diventare problematiche.

Cercherò di essere breve: il pitone birmano (Python bivittatus) può arriva- re a superare i 5,5 m di lunghezza, e il record di peso appartiene a una femmina chiamata “Baby” che arrivò a 184 kg di peso. Con questi presupposti non sembrerebbe un serpente da compagnia e invece no, dato un carattere docile, negli Sati Uniti ebbe un certo successo. Probabilmente chi acquistò questi rettili giovincelli trovandosi di fronte con il trascorrere del tempo ad adulti che normalmente arrivano a 3,5 m e a pesare oltre i 30 kg se ne liberarono. E nelle Everglades questi striscianti bestioni re-inselvatichirono così bene da costringere il governo a emanare una legge che ne vietava l’importazione ma ormai il danno era fatto. Ecco il resoconto ufficiale (Dipartimento degli Interni degli Stati Uniti): nelle aree ove i pitoni birmani si sono ben acclimatati i risultati sulla fauna autoctona sono:

• le volpi e conigli sono letteralmente scomparsi;

• i procioni risultano diminuiti oltre il 90%;

• gli opossum sono prossimi all’estinzione;

• i cervi dalla coda bianca sono diminuiti del 94%;

• la lince rossa è diventata rara la popolazione è diminuita dell’87%.

Dal che si può dedurre che in questo caso è valida l’affermazione che in natura vince il più adatto che, in questo caso, mi sembra coincidere con il più forte. Ma la fame spinge i pitoni di maggiore dimensione al cannibalismo (mangiano i pitoni più piccoli) e alla competizione con i predatori autoctoni come l’alligatore americano. Inoltre, ove le prede scarseggiano l’avvicinamento alle case diventa una necessità. I primi a farne le spese sono i roditori ma poi il rischio coinvolge maiali e cani (soprattutto quelli tenuti alla catena). Ma anche gli uccelli rientrano nella lista della loro dieta fra cui la cicogna americana tanto da includerla nelle specie a rischio ma la loro dieta, è stato comprovato, comprende altre 25 specie di uccelli e forse più. Sono i pitoni più giovani e agili dalle abitudini arboricole a nutrirsene. Sono animali famelici, le femmine con le uova in particolare (un grosso pitone femmina lunga più di 5 m e pesante di oltre 60 kg aveva in corpo ben 73 uova) e golosi tanto che quelli in cattività hanno imparato a richiedere il cibo con insistenza e spesso rischiano l’obesità.

Orbene è circolata sul web una nota che inneggiava al pitone birmano come un regolatore degli equilibri naturali delle Everglades, un vero toccasana ambientale e quindi un paladino della sostenibilità ecologica. Che dire? se non che l’applicazione del concetto aristotelico del terzo escluso potrebbe aiutarci a trarre delle conclusioni assennate.

Interessante è il metodo di monitoraggio del pitone birmano in Florida basato dal 2017 sullo screening del sangue delle zanzare che hanno imparato a pungerli nonostante siano rettili di recente introduzione nel territorio. Si catturano le femmine di zanzare che abbiano effettuato il pasto di sangue e si valuta se contiene DNA di pitone poi si applica una estensione del principio del terzo escluso: se c’è il DNA del Python bivittatus la presenza del pitone è certa, se non c’è le vie sono due o il pitone birmano non c’è o la zanzara ha punto un altro donatore (in questo caso la statistica aiuta a trarre le giuste deduzioni).

Ho volutamente prendere in esame un esempio extra europeo per rendere l’esposizione concettualmente neutra e il meno coinvolgente possibile, ma non mancano esempi anche nelle nostre città, valga come esempio l’introduzione volontaria dello scoiattolo grigio nord americano che ora sta minacciando il nostro scoiattolo rosso e non solo. Vediamo gli eventi che hanno portato alla ribalta lo scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis) come specie aliena e problematica. Correva l’anno 1948 la seconda guerra mondiale era da poco terminata e già si delineava la “guerra fredda” fra i due blocchi e da noi entrava in vigore la Costituzione della Repubblica Italiana e si tengono le prime elezioni che vedono confrontarsi due schieramenti politici. Bartali vince il Tour de France e l’eterno rivale Coppi taglia il traguardo tutto solo delle Olimpiadi di Londra. Ma, pur passando inosservato, c’è un evento che avrà delle ripercussioni di una certa rilevanza: nel parco di Stupinigi (Torino) vengono liberate alcune coppie di scoiattoli grigi. Passeranno 18 anni e si assisterà alla prima edizione del primo episodio di Star Trek che inizia con «Giornale di bordo del Capitano, data astrale 1312.4. L’impossibile è successo. Abbiamo raccolto un segnale d’emergenza, il messaggio di pericolo di una navicella scomparsa oltre due secoli fa…» e nel parco di Nervi (Genova) vengono liberate delle coppie di scoiattoli grigi e la stessa cosa accadde a Novara e a Trecate (NO). Certo non è dato sapere con sicurezza che i simpatici, invadenti e un poco prepotenti scoiattoli nord americani che stanno creando qualche problema in numerosi comuni siano dei discendenti di quelle liberazione ma il dubbio è legittimo. Una cosa è certa nell’incontro fra il grigio e il nostro scoiattolo rosso (Sciurus vulgaris) è quest’ultimo che ha la peggio. Alcuni naturalisti avanzano l’ipotesi che il grigio prevalga per una maggior efficienza nello sfruttare le risorse alimentari. Sembra proprio che gli equilibri naturali tendano, il più delle volte, a far prevalere la legge del più adatto.

Nello scrivere questo Disinfestastorie mi si sono affacciate alla mente tante riflessioni per cui andrò a rileggermi “Vado a vivere in città di Francesco - Il Piviere, 2014” e a terminare, di Nicola Anaclerio, ENTOMANIA “storie di uomini, insetti e progresso scientifico”, ed. O.R.M.E. – 2022 che riporta la citazione di M. Sheldrake: “Ogni nuovo passo nella più intima conoscenza della natura ci porta all’ingresso di nuovi labirinti”.

Flora Spontanea Aliena

Mi limito a elencare alcune specie che stanno prendendo piede in molti dei nostri areali, la cui espansione è da monitorare con attenzione:

-Reynoutria japonica (poligono del Giappone) che sta creando problemi lungo le rive di molti fiumi fra cui il Po.

-Syclus angulatus (zucchina americana).

-Soligo gigantea (verga d’oro).

-Cycloloma atriplicifolium (spinacetto americano).

Concludo con il velenoso senecio comune (Senecio vulgaris) ormai endemica che amarissima nella fase vegetativa, quindi evitata dagli animali, diventa appetibile una volta secca per cui i suoi alcaloidi ad azione lenta oltre a creare danni a chi se ne ciba possono passare al latte e paranco al miele nel caso le api bottinatrici ne suggano il nettare. È sicuramente un aspetto da approfondire anche se non facile da razionalizzare.