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Il ruolo del laboratorio di analisi

Tecnologa Alimentare OTALL Responsabile Laboratorio Salumificio Fratelli Beretta S.p.A

Tempo e temperatura del trasporto del supporto al laboratorio deputato alla sua analisi devono rispettare condizioni specifiche, anch’esse correlate all’affidabilità dei risultati attesi.

Trasporto Dei Supporti

È necessario fare attenzione, perché eventuali batteri “catturati” dal campionamento possono iniziare a proliferare sul supporto stesso prima che l’analisi dello stesso inizi, portando ad alterare il risultato originale relativo alla situazione effettiva della superficie oggetto di valutazione.

Pertanto, anche in merito alle condizioni di trasporto interviene la norma ISO 18593 che prevede che esso avvenga a temperature comprese fra 1 e 8°C e che le analisi inizino preferibilmente entro 24 ore dal momento del campionamento; in caso ciò non possa avvenire, i supporti possono sostare in frigorifero, chiusi nei loro contenitori a temperature comprese fra 1 e 5°C fino a un massimo di 48 ore dal campionamento, prima di essere sottoposti ad analisi.

Limiti Di Accettabilit

Per ogni valutazione analitica, soprat- tutto se definita all’interno di un piano di monitoraggio e di controllo, è necessario siano definiti limiti di accettabilità per i parametri oggetto di analisi; il mancato rispetto di tali limiti deve ragionevolmente prevedere adeguate azioni di correzione e di intervento, così come l’evidenza del mantenimento nel tempo può definire opportune azioni di miglioramento, per esempio una rivisitazione periodica delle frequenze di campionamento o la modifica dei punti di controllo. La definizione dei limiti è bene sia supportata da documenti di supporto, ovvero da Linee guida documentate.

Tra queste, spesso si fa riferimento al documento realizzato dall’INAIL “La contaminazione microbiologica delle superfici negli ambienti lavorativi” che riporta utili considerazioni sul monitoraggio ambientale. Questo documento specifica che dal punto di vista normativo non vi sono testi disponibili specifici per il controllo del campionamento microbiologico delle superfici, ma che “gli ambiti in cui risulta muoversi la letteratura nazionale e internazionale in materia di analisi microbiologica delle superfici sono principalmente due: Sanitario-Farmaceutico e Alimenti e mangimi per animali”.

Per le valutazioni qualitative relative a batteri patogeni (Salmonella spp, Listeria monocytogenes) il criterio è semplice: non devono essere rilevati/superficie campionata. Invece, per parametri indicatori di Buona Prassi di Lavorazione (BPL o GMP) come conta colonie aerobie a 30°C, enterobatteri ed Escherichia coli devono essere definiti dei limiti di accettabilità, con eventuale valore di attenzione e di rifiuto.

Il giudizio sulla qualità microbiologica deve essere espresso in base agli standard stabiliti internamente, e può essere completata tenendo conto di due limiti:

• Limite di Allerta: il numero di UFC è tale da indicare una deviazione rispetto alle condizioni operative standard.

Il suo superamento deve “mettere sull’avviso” e indurre a una valutazione attenta dei processi effettuati e del comportamento del personale.

• Limite di Azione: segnala una situazione critica da correggere immediatamente.

Tali limiti non possono assumere il significato di un valore assoluto, ma vanno inquadrati all’interno di un trend e valutati seguendo le caratteristiche dell’ambiente a cui sono riferiti. L’andamento dei risultati nel tempo può essere ben rappresentato anche in forma di carta di controllo con evidenza delle tendenze dei risultati (Figura 1). Queste indicazioni trovano chiara esposizione nel documento Codex General Guidelines on Sampling CAC/GL 50-2004 (vedi tabella).

Ad esempio, secondo gli autori del documento, le piastre a contatto sono molto utili per superfici poco contaminate. Poiché i metodi messi a confronto non sono risultati molto sovrapponibili,

H) DATA MANAGEMENT

The monitoring program should include a system to record the data and their evaluation, e. g. performing trend analyses. A long term review of the data is important to revise and adjust monitoring programs. It can also reveal low level, intermittent contamination, that may otherwise go unnoticed.

I) ACTIONS IN CASE OF POSITIVE RESULTS

The purpose of the monitoring program is to find L. monocytogenes or other target organisms if present in the environment. Therefore an appropriate action plan should be designed and established to adequately respond to positive findings. A review of hygiene procedures and controls should be considered.

The manufacturer should react to each positive result; the nature of the reaction will depend upon the likelihood of contaminating the product and the expected use of the products.

The plan should define the specific action to be taken and the rationale. This could range from no action (no risk of recontamination), to intensified cleaning, to source tracing (increased environmental testing), to review of hygienic practices up to holding and testing of product.

suggeriscono di prevedere l’utilizzo di più metodi per i diversi parametri.

Casi Particolari E Requisiti

Per alcuni settori dell’industria alimentare, in particolare per quello delle carni, e per poter esportare talune categorie di alimenti verso paesi non appartenenti all’Unione europea, verso gli USA ma non solo, sono richiesti piani di controllo molto specifici e rigorosi, con utilizzo di spugne su superfici molto ampie (900 cm2 e oltre), con neutralizzante specifico (Dey Engley); per l’esecuzione delle analisi sono inoltre previsti metodi specifici e accreditati, definiti dall’USDA (United States Department of Agriculture), contenuti in MLG (Microbiology Laboratory Guidebook ) ovvero i metodi usati da FSIS (Food Safety and Inspection Service) nella gestione delle attività normate, o da essa riconosciuti equivalenti (Figura 2).

Il documento principale di riferimento è il Code of Federal Regulation (CFR)

Title 9 (consultabile sul sito statunitense http://www.gpoaccess.gov/cfr/ index.html), ma il Ministero della Salute ne ha ripreso tutti i requisiti previsti in diverse note ministeriali (DGISAN).

Così si legge nella DGISAN 42841 del 2019: “Il Programma di Controllo per Listeria monocytogenes (Lm) deve essere verificato mediante un piano di campionamento ordinario che deve:

• elencare le superfici a contatto da campionare;

• indicare la frequenza dei test;

• identificare le dimensioni e la localizzazione dei siti da campionare;

• prevedere la spiegazione del perché le frequenze previste sono sufficienti a controllare Lm. Identificare le condizioni alle quali lo stabilimento tratterrà e testerà i prodotti finiti (hold & test).

Al fine di identificare al meglio le superfici da sottoporre a piano di campionamento è necessario che ogni stabilimento disponga di una planimetria aggiornata dell’ambiente post letale (zona in cui l’alimento è pronto e finito per essere esportato, dopo aver subito trattamenti di abbattimento della carica microbica, come cottura, pastorizzazione, ecc.), nonché della lista di ogni possibile superficie destinata a venire a contatto con alimenti e di quelle a contatto indiretto o non a contatto.”

Descrizioni dettagliate specifiche per l’Export USA di cui si è trattato sono incluse nel DGISAN 42841 con particolare focus sulla rilevazione di Listeria monocytogenes, che per questa destinazione prevede tolleranza zero.

Se la tecnica di campionamento è la stessa (campionamenti mediante spugne o sponge stick su superfici estese, anche pari a 30 x 30 cm) variano tempi e condizioni di trasporto al laboratorio: il trasporto deve avvenire a temperatura non superiore a 4°C e, soprattutto, l’analisi deve iniziare non oltre le 24 ore dal campionamento.

Sono condizioni inderogabili, oggetto di severi controlli durante le fasi di ispezione, di abilitazione e di mantenimento nelle liste export e a ogni fase di certificazione per esportazione. La documentazione dovrà essere coerente a quanto atteso.

Il Rapporto Di Prova

Vediamo ora come il laboratorio debba gestire le analisi su questo tipo di matrici specifiche e come possono essere documentati i relativi risultati nel rapporto di prova.

Innanzitutto, consideriamo di rivolgerci a un laboratorio accreditato; per poter svolgere le analisi che richiederemo, dobbiamo verificare che il laboratorio disponga di metodi accreditati applicabili alla matrice “Supporti da campionamento di superfici di aziende alimentari”; possiamo valutare inoltre se il laboratorio ha accreditato anche il metodo di campionamento ISO 18593, nel caso volessimo affidargli anche l’operazione di campionamento. In questo secondo caso, il Rapporto di Prova darà evidenza di analisi completamente accreditata, sia nel campionamento sia nel metodo applicato per la prova microbiologica richiesta.

Nel conferimento dei campioni è necessario compilare un “verbale”, documento su cui deve essere indicato almeno:

• chi ha eseguito il campionamento;

• con quale metodo e se tale metodo è accreditato;

• il tipo di supporto utilizzato (tampone, spugna, etc.) che è l’oggetto di analisi;

• una descrizione del punto di campionamento (es. Tavolo di sezionamento, ecc.);

• la superficie campionata, in cm o in dm2 ove definita; in caso di oggetti interi, questa informazione va precisata; • data e ora del campionamento (da cui sarà calcolata l’ora di inizio analisi e quindi il rispetto del requisito previsto dalla norma ISO 18593 o dalle condizioni di esportazione; n.b.: sono prese in considerazione le ore: per esempio: se il campionamento è stato eseguito alle ore 5.30 del giorno 1, per l’export USA le analisi devono iniziare entro e non oltre le 5.30 del giorno 2. Tali informazioni sono e devono essere rintracciabili dal Rapporto di Prova e dal verbale di campionamento a esso univocamente collegato.

Sulla gestione della reportistica delle superfici, Accredia è molto rigorosa a tutela dei clienti e fornisce regole molto dettagliate, che discendono dalla norma di riferimento per l’accreditamento dei Laboratori di Prova ISO 17025, ben descritte nel Regolamento tecnico “Accredia RT 08 Prescrizioni per l’accreditamento dei laboratori di prova”.

In particolare: se il laboratorio esegue il campionamento, ma questo è escluso dall’accreditamento, il Rapporto di prova deve riportare tale esclusione e il campionamento deve essere indicato come “non oggetto di accreditamento”. Se il campionamento comporti effettuazione di misure della superficie, il laboratorio deve esprimere i risultati in unità di misura di cui può garantire la riferibilità.

Pertanto, se il campionamento non è accreditato o è effettuato dal cliente, il laboratorio deve esprimere:

• il risultato senza tener conto delle misure effettuate in fase di campionamento (UFC e non UFC/cm2, ecc.);

Figura 3. Esempio Rapporto di prova.

• può anche riportare i risultati espressi nelle unità di misura che tengono conto delle misure effettuate in fase di campionamento, purché, in fase di ricezione del campione e/o nel verbale, sia ben chiara la dichiarazione di chi ha eseguito il campionamento, sottoscritta dallo stesso, delle misure effettuate in fase di campionamento (es. superficie che ha campionato); in questo modo il risultato è riferibile a un’unità di misura specifica e nel rapporto di prova si evidenzia una dichiarazione del tipo seguente: “il risultato, così come espresso in unità di misura (es. superficie), è stato ottenuto mediante elaborazione dei dati (es. area misurata) espressamente dichiarati da chi ha eseguito il campionamento”.

Si osservi in Figura 3 l’espressione del risultato, le indicazioni del supporto utilizzato, della superficie campionata oltre alle indicazioni temporali.

CONCLUSIONI

L’igiene degli ambienti di lavoro è un argomento cruciale per la produzione di alimenti sicuri, stabili ed esportabili.

Il controllo delle superfici passa innanzitutto dall’occhio umano, dall’attenzione degli operatori e quindi dalla loro formazione e responsabilizzazione a utilizzare solo attrezzature e impianti in primis visivamente puliti (assenza di residui visibili, di ristagni di acqua, di untuosità, rugosità, di odori sgradevoli e non pertinenti, come minimo).

Un monitoraggio robusto e mirato, con uso di supporti specifici e selezionati, deve essere svolto sistematicamente per valutare nel tempo eventuali deviazioni da condizioni di accettabilità definite, per prevenire contaminazioni inattese, decadimenti del prodotto, incidenti alimentari, formazione di nicchie batteriche resistenti e nell’ottica del miglioramento continuo. La tenuta sotto controllo del processo supporta efficacemente maggiore sicurezza del prodotto finito. Da non sottovalutare anche la Buona Prassi dello studio dei programmi di detergenza e di sanificazione che devono essere riverificati spesso e modulati in base alle esigenze delle produzioni stesse, alle osservazioni raccolte e non definiti “per sempre”.

La scelta non dipende solo dal pensare che si hanno microbi da eliminare; la scelta deve tenere conto anche:

• che ci sono i microbi a diversa resistenza;

• dove li devo eliminare (superfici chiuse, superfici aperte);

• su che tipo di superficie si applicano;

• se devo eliminare qualcosa d’altro (odore, colore);

• che tecnologia uso (CIP, manuale, schiuma, asciutto, bagnato);

• che disinfettante uso (pronto all’uso, da diluire, concentrato);

• sicurezza degli operatori (odore, corrosione, aerosol);

• esperienza e capacità degli operatori; • tempo a disposizione (monofase).

La detergenza è in grado di risolvere tutti i problemi chimici e microbiologici; se non lo fa non è colpa della detergenza ma dell’ignoranza di chi la usa (non-conoscenza = mancata formazione).

Tutto quanto sopra, non è altro che Cultura della Sicurezza Alimentare, come cita il Regolamento UE 2021/382 al CAPITOLO XI bis Cultura della sicurezza alimentare:

Gli operatori del settore alimentare devono istituire e mantenere un’adeguata cultura della sicurezza alimentare, e fornire prove che la dimostrino, rispettando i requisiti seguenti:

• impegno da parte della dirigenza, conformemente al punto 2, e di tutti i dipendenti alla produzione e alla distribuzione sicure degli alimenti;

• ruolo guida nella produzione di alimenti sicuri e nel coinvolgimento di tutti i dipendenti in prassi di sicurezza alimentare;

• consapevolezza, da parte di tutti i dipendenti dell’impresa, dei pericoli per la sicurezza alimentare e dell’importanza della sicurezza e dell’igiene degli alimenti;

• comunicazione aperta e chiara tra tutti i dipendenti dell’impresa, nell’ambito di un’attività e tra attività consecutive, compresa la comunicazione di deviazioni e aspettative;

• disponibilità di risorse sufficienti per garantire la manipolazione sicura e igienica degli alimenti.

La cultura della sicurezza alimentare –da intendersi in termini di impegno della proprietà e della gestione a formare tutti i dipendenti, lavoratori e collaboratori – è la condizione di base per prevenire tossinfezioni e food safety crisis.