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Roberto Sarno

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Matteo Muntoni

Matteo Muntoni

“Prova zero” riepiloga dieci anni di canzoni di un cantautore dalla sensibilità sicuramente “alternativa”, attento alle vibrazioni che arrivano sia dalla memoria sia dal presente

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Mi pare di capire che “Prova zero” sia una sorta di compendio e riepilogazione degli anni precedenti. Come hai capito che era necessario tirare una riga in fondo al foglio? Ho avuto paura di perdermi, sentivo che quello che avevo fatto per quelle canzoni non era stato

abbastanza. Ho avuto bisogno di viverle ancora, di sentirle vibrare con un mood più viscerale e istintivo. Ho sentito l’esigenza di approfondire le cose fatte, prima di proseguire. Il processo naturale della memoria è quello di setacciare i ricordi, lasciando leggibili solo quelli che ci hanno segnato di più. I gesti, le immagini, i colori di queste canzoni per me sono indelebili e ho dovuto dare loro una veste più congrua alla loro indole per appagare la mia coscienza.

Altra impressione che ho avuto è che il dolore sia forse l’ingrediente più condiviso dalle canzoni del disco. E’ una fotografia realistica del periodo? Il dolore è una componente esistenziale dell’uomo, lo osserviamo manifestarsi in molteplici modi e in varie entità. A partire dal malessere interiore di un bambino che si sente incompreso, fino al crepacuore di un innamorato, dalla sofferenza della depressione di una persona cara, fino alla morte

di un malato e al vuoto che lascia nei vivi. Ho avuto occasione di osservare e vivere queste emozioni, di sentirle vibrare nel profondo tanto da trasformarle in musica e parole. Perché la cover di Motta? Quali altri cantautori di oggi ti colpiscono? Motta e il suo primo disco mi avevano colpito e quel pezzo mi era vicino in particolare per le parole. L’adattamento musicale è venuto piuttosto istintivamente, come se l’avessi scritto davvero io; per l’arrangiamento ho adottato lo stesso metodo di svuotamento e rimodellamento come per gli altri pezzi che ho inserito nel disco. Forse oggi proverei a fare qualcosa di simile con Giorgio Poi, mi piace molto come gioca con le parole. A ogni modo il songwriter che più ha sconvolto il mio immaginario cantautorale viene da oltre oceano e si chiama Justin Vernon. Visto che “Prova zero” ha messo un punto, che cosa ti aspetta da ora in poi? Vorrei che tutte le sperimentazioni sonore dell’ultimo periodo fossero la base di un nuovo lavoro, sul quale peraltro sono già impegnato sul fronte compositivo. Mi piacerebbe che la maturità stilistica che ho ricercato fosse il presupposto di un nuovo e originale capitolo della mia vita artistica. Vorrei suonare di più dal vivo, essere maggiormente a contatto con la gente per cogliere più direttamente il feedback emotivo delle persone che ascoltano la mia musica. Infine vorrei sorprendere perfino me stesso…

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