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MARKETING

EDITORIALE

RICCARDO AMPOLLINI

UN NUOVO MAGAZINE PER L’AMBIENTE

La mostra-convegno Greenplast 2022 (di cui si parla ampiamente nell’articolo di pag. 29) non è l’unica novità lanciata dall’alleanza Amaplast-AcimacUcima per aiutare le imprese a lasciarsi alle spalle il pessimo periodo dovuto alla pandemia e per affrontare soprattutto la crescente “domanda di sostenibilità” proveniente dalle filiere industriali rappresentate dalle tre associazioni. Nasce oggi, infatti, il magazine online Packaging Speaks Green (per gli amici: PSG).

In un mercato in cui i consumatori sono sempre più sensibili alle tematiche ambientali, gli operatori della filiera dell’imballaggio e delle materie plastiche stanno mettendo in campo soluzioni tecnologiche avanzate di processo e di confezionamento, nonché materiali intelligenti, che rispondono alle normative in costante evoluzione. Contemporaneamente, anche le aziende impegnate nella filiera del riutilizzo e del riciclo stanno lavorando per contribuire a rendere più sostenibile il comparto.

La testata digitale packagingspeaksgreen.com, al passo con i tempi e avviata da autorevoli professionisti del settore, nasce proprio per dar voce a questo mercato globale in continua trasformazione. Alla base di PSG ci sono la storia e le competenze di Macplas, Macplas Online, ItaliaImballaggio e Packmedia.net, che si sono infatti unite per dar vita a un magazine digitale, in italiano e inglese, dedicato al mondo del packaging sostenibile, con l’obiettivo di aggiornare gli operatori del settore su tecnologie, materie prime e imballaggi sostenibili, in un’economia sempre più circolare. Grazie ai suoi fondatori, il nuovo magazine può già contare su oltre 160 mila lettori nel mondo, che riceveranno una newsletter mensile, in italiano e inglese, in cui sarà presente una parte delle news pubblicate sulla testata digitale. Le tematiche riguardano tutti gli aspetti della filiera: dalla tecnologia al mercato, dagli imballaggi riciclabili alle materie prime sostenibili e dagli eventi del settore agli aggiornamenti sulle normative dell’economia circolare. Le redazioni di MacPlas e ItaliaImballaggio collaborano già attivamente al nuovo progetto e potete quindi contattarci direttamente per ricevere maggiori informazioni su questa nuova testata digitale che si preannuncia già come un successo, dati i primi riscontri positivi ricevuti “sul campo”.

La Stazione Spaziale Internazionale (ISS)

ESCLUSIVA INTERVISTA ALL’ASTRONAUTA PAOLO NESPOLI NEL CORSO DELL’EVENTO GEFRAN

L’INNOVAZIONE SOTTO PRESSIONE SPIEGATA… DALLO SPAZIO

NEL CORSO DI UN EVENTO DIGITALE ORGANIZZATO DA GEFRAN E DEDICATO ALL’INNOVAZIONE, ABBIAMO AVUTO L’OCCASIONE DI APPRENDERE DIRETTAMENTE DALLA VOCE DELL’ASTRONAUTA PAOLO NESPOLI ALCUNI UTILI CONSIGLI PER PRENDERE LA DECISIONE GIUSTA ANCHE QUANDO SI È SOTTO PRESSIONE

DI MILENA NIGRISOLI E RICCARDO AMPOLLINI

L’ evento digitale dal titolo “Innovazione sotto pressione” ha visto la partecipazione di ospiti d’eccezione, tra cui Giorgio Metta, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia, e Paolo Nespoli, astronauta, ingegnere e astrofotografo. Ma andiamo con ordine… “Con sede a Provaglio d’Iseo (Brescia) e filiali in tutto il mondo, Gefran è da sempre caratterizzata da una grande passione per la tecnologia e l’innovazione, che si rispecchia perfettamente nel nostro purpose: il futuro è il nostro presente”, ha dichiarato Maria Chiara Franceschetti, presidente di Gefran, che ha introdotto il recente evento digitale insieme all’amministratore delegato Marcello Perini. “L’innovazione fa parte del DNA dell’azienda fin dalla sua nascita ed essere riconosciuti come punto di riferimento per coloro che costruiscono valore industriale e innovazione è il principale obiettivo di Gefran”, ha messo ben in evidenza Perini, il quale ha così proseguito: “È esattamente in questo contesto che s’inserisce la nostra stretta collaborazione con università e centri di ricerca nazionali e internazionali, che ci consente non solo di raccogliere nuove idee, ma anche di entrare in contatto con le giovani menti brillanti che le hanno concepite”. “Gli studenti sono il futuro di Gefran e questo evento, a loro dedicato, rappresenta un momento di condivisione di conoscenza, affinché possano elevarsi al ruolo di interpreti di una crescita sostenibile, dell’evoluzione del mondo in cui viviamo, verso il futuro che avranno il coraggio e l’ambizione di costruire”, ha aggiunto Maria Chiara Franceschetti, lasciando poi la parola a Giorgio Metta, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e membro del CdA di Gefran. In qualità di scienziato, Giorgio Metta ha tenuto innanzitutto a illustrare RobotCub, un progetto di open innovation nato nel 2004 grazie a un investimento della Commissione Europea. “Questo progetto costituisce un buon esempio di come sia possibile realizzare attività di ricerca coinvolgendo diversi partner, inizialmente in Europa e poi in tutto il mondo”, ha spiegato Metta. “All’insegna del motto “open hardware, open software, open mind”, i ricercatori dell’IIT hanno progettato un robot umanoide in

grado di manipolare oggetti attraverso gli arti e di acquisire informazioni: è nato così iCub, uno dei pochi robot al mondo che, mediante sensori tattili posizionati ovunque, può “sentire” l’interazione con l’essere umano e con l’ambiente che lo circonda”. Grazie alla sinergia tra i membri della “comunità aperta” che hanno partecipato al progetto, sono stati realizzati diversi robot identici per università e centri di ricerca, attualmente impiegati per condurre i propri lavori sperimentali, di cui successivamente condivideranno i risultati. “Dal punto di vista umano”, ha voluto aggiungere Metta, “è ovviamente molto difficile gestire una comunità formata da tanti attori che lavorano in direzioni diverse. Ciò è stato possibile anche attraverso eventi aperti, come gli hackathon (parola nata da “hacking” e “marathon” ndr), con 30-50 ragazzi, suddivisi in squadre, che lavorano per due o tre settimane a un determinato progetto. In questo contesto, sono state sviluppate nuove abilità di comunicazione non verbale: il robot, infatti, è ora in grado d’interagire con l’uomo per comunicare la propria “volontà” attraverso gesti e sguardi”. I risultati del progetto RobotCub sono stati poi trasferiti nel mondo dell’industria, grazie a collaborazioni proficue con altre realtà aziendali specializzate nello sviluppo di dispositivi per l’Industria 4.0.

L’INTERVISTA ALL’ASTRONAUTA PAOLO NESPOLI

L’ultimo intervento in ordine temporale, ma vero nocciolo del webinar, è stato quello di Paolo Nespoli, uno dei pochissimi astronauti ad aver volato sia con lo Space Shuttle sia con la Sojuz, con una permanenza totale di 313 giorni nello spazio. Alla sua breve relazione è seguita un’intervista allo stesso Nespoli, moderata da Claudio Belotti, noto executive coach e master trainer.

L’amministratore delegato di Gefran, Marcello Perini “Visto il titolo di questo evento, “Innovazione sotto pressione”, vorrei iniziare il mio intervento parlando degli avvenimenti che portarono l’uomo sulla Luna. Avvenimenti storici, sì, ma anche importanti per la loro attualità”, ha esordito Nespoli, prima di rispondere alle domande dei docenti e degli studenti collegati via web. “Nel 1957, circa dieci anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, quando il mondo era diviso essenzialmente tra due superpotenze, l’Unione Sovietica da un lato e gli Stati Uniti dall’altro, gli americani, trovandosi letteralmente sopra le proprie teste il primo satellite artificiale russo, lo Sputnik, capirono che il controllo dello spazio avrebbe garantito anche il controllo della sicurezza nazionale e si attivarono immediatamente, dando inizio al progetto Mercury. Ma all’epoca i russi erano veramente avanti e nel 1961 lanciarono il primo essere umano nello spazio, Jurij Gagarin, che compì un’orbita completa attorno alla Terra. Gli americani sembrarono non tenere il passo, finché, il 12 settembre del 1962, alla Rice University di Houston, si assistette a una vera svolta quando il presidente John Fitzgerald Kennedy pronunciò lo storico discorso: “Abbiamo deciso di andare sulla Luna in questo decennio, non perché sarà semplice, ma perché sarà difficile. Perché quell’obiettivo ci permetterà di organizzare e misurare il meglio delle nostre energie e capacità. Perché questa è una sfida che siamo pronti ad accettare, che non abbiamo intenzione di rimandare, ma di vincere”. Ed ecco che, giusto per arrivare al punto, Kennedy mise immediatamente la NASA “sotto pressione” per raggiungere l’obiettivo dichiaratamente difficile, ma che fornì uno scopo comune per lavorare tutti assieme al fine di vincere quell’enorme sfida. Gli americani arrivarono così alla brillante soluzione di lasciare parte della navicella in orbita attorno alla Luna, mentre un solo componente scendeva sulla superficie (vedi anche video su YouTube dal titolo: “Apollo 11: The Complete Descent”, ndr). L’allunaggio non fu comunque così semplice, perché bisognava evitare sia i massi, altrimenti la navicella si sarebbe schiantata, sia i terreni in pendenza, perché sarebbe poi stato impossibile riportare la navicella in orbita. Non potendo servirsi di un sistema automatico, visto che il computer di bordo era “potente” quanto una moderna calcolatrice che risolve le sole quattro operazioni in N (l’insieme dei numeri naturali), la NASA inventò un LEM (Lunar Excursion Module) per addestrare gli astronauti all’allunaggio già sulla Terra. Pilotato da Neil Armstrong, il LEM toccò la superficie lunare il 21 luglio 1969. Ancora oggi mi emoziono nel vedere i vecchi filmati dell’allunaggio, anche perché mi rendo conto che fu veramente complesso

Giorgio Metta, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e membro del CdA di Gefran, insieme al piccolo robot umanoide iCub, uno dei pochi al mondo in grado d’interagire con l’essere umano e con l’ambiente che lo circonda grazie a diversi sensori tattili

agire “sotto pressione” e prendere le decisioni giuste nel corso di un’avventura di quel genere”.

La prima domanda a Nespoli è giunta da Davide Chiaroni, professore ordinario di Strategia e Marketing presso il Politecnico di Milano: “Riguardo all’impresa del 1969, uno degli aneddoti più citati in articoli e discorsi è forse quello legato alla visita di Kennedy allo Space Center della NASA. Vide un inserviente con una scopa e gli chiese cosa stesse facendo. L’inserviente rispose: “Signor presidente, sto aiutando a portare un uomo sulla luna”. Quel lavoratore, seppur impegnato in un’attività non direttamente connessa con l’obiettivo, si sentiva comunque parte del percorso d’innovazione. Allora la mia domanda è: quanto è stato importante quell’obiettivo così largamente condiviso nell’accelerare il processo d’innovazione? Questo modo d’agire potrebbe essere il segreto per realizzare innovazione anche nelle nostre imprese?” Nespoli: “Sicuramente è stato importantissimo. Negli Stati Uniti persino la gente comune credeva in quell’obiettivo, fino a sentirsi davvero parte del progetto. Anche oggi è così, se c’è una forte comunione d’intenti. Questa è una delle cose che ci convincono a stare in un “barattolino” per sei mesi, insieme ad altre cinque persone, svolgendo tutto il lavoro programmato senza litigare. Nel 1969, grazie alle immagini trasmesse, di fatto siamo andati tutti sulla Luna. È stato un momento in cui gli esseri umani hanno condiviso l’emozione di aver mandato alcuni di loro su un altro corpo celeste”. Belotti: “Fortunatamente, ho riscontrato anche

in alcune aziende italiane - tra cui Gefran - proprio questa fierezza di lavorare tutti insieme a un unico progetto, sapendo che ciascuno è importante, pur nel suo piccolo”.

Marco Perona, professore ordinario di Logistica Industriale e Supply Chain Management all’Università degli Studi di Brescia: “Immagino che il processo di preparazione estremamente severo che lei ha dovuto affrontare per diventare astronauta non riguardasse solo l’allenamento fisico o la formazione tecnica, ma anche la tenuta psicologica, dato che è necessario mantenere un ottimo equilibrio mentale per prendere in maniera rapida decisioni che spesso sono determinanti per la propria stessa vita, o per quella dei compagni. Può raccontare ai nostri studenti, quali sono stati i passaggi principali attraverso cui lei è riuscito a sviluppare la preparazione in questi ambiti?” Nespoli: “Il momento più difficile della carriera di un astronauta professionista è forse quello della selezione, perché, privi ancora delle competenze necessarie, bisogna presentarsi davanti a una commissione che seleziona uno, due, tre o quattro candidati da formare, tra le migliaia che ha davanti. Quando devo dare un consiglio ai ragazzi che vogliono intraprendere la carriera di astronauta, dico loro, da sempre, di cercare innanzitutto di capire quali siano le loro passioni e di seguirle, perché sono quelle che consentono di elevarsi al di sopra della massa, a patto ovviamente di avere almeno una preparazione media nelle discipline scientifiche. Una volta arrivati all’agenzia spaziale, occorre lasciarsi plasmare. Mettiamola così, per fare l’astronauta non bisogna essere un genio o un supereroe, come tutti pensano. Di fatto, noi siamo persone normali. L’unica differenza è che, in orbita, è necessario essere in grado di fare tutto. Per esempio, chi è ingegnere, come nel mio caso, deve fare un corso di pronto soccorso; così come un medico deve imparare a costruire un alimentatore a partire da diodi, condensatori e resistenze. La miglior definizione di astronauta, secondo me, è quella di una persona che deve saper fare di tutto a un livello sufficiente e senza combinare pasticci. Ma, per raggiungere tale obiettivo, occorre molto tempo, poiché tutte queste capacità devono essere acquisite. Poi, come lei ha ben ricordato, esiste un aspetto psicologico da non sottovalutare. Una persona può lavorare benissimo nel suo laboratorio, scoprire le cose più belle del mondo, ma non riuscire a relazionarsi con gli altri e non essere capace di lavorare in team, facendo propri gli obiettivi comuni. Per questo, sia la NASA che l’ESA programmano tutta una serie di simulazioni che prevedono anche di mandare i candidati nei po-

Nelle nostre organizzazioni, dovremmo sempre trovare il modo di competere cooperando

Paolo Nespoli, astronauta, ingegnere, ma anche astrofotografo Maria Chiara Franceschetti, presidente di Gefran

sti più strani della Terra. Io, per esempio, sono stato due volte in Alaska, su un’isoletta in mezzo al nulla, dove il “must” era collaborare in team per sopravvivere. Un’altra volta ho sperimentato il Wyoming d’inverno, a 3000 metri d’altitudine, costruendo una truna: un bivacco d’emergenza realizzato scavando una buca nella neve. In queste situazioni si diventa irritabili, qualsiasi cosa dà fastidio, proprio come succede in orbita, ma, nonostante tutto, bisogna svolgere sempre le proprie mansioni e portare a termine la missione. Questo per sottolineare come sia possibile realizzare e portare a termine anche gli incarichi che sembrano impossibili. Comunque, vorrei terminare di rispondere a questa domanda facendo sapere a eventuali aspiranti astronauti che, tra i 31 candidati della mia classe di astronauti (25 americani e 6 stranieri), alla fine hanno volato tutti tranne due, semplicemente perché una ha avuto un incidente durante un addestramento e un altro “ha alzato le mani” e se n’è andato”.

Chiaroni: “In tutti gli esempi che ha fatto, la pressione a cui sono sottoposte le persone è molto evidente. Ma, quando s’insegna innovazione, viene spesso citato il paradosso della rana bollita: una rana, messa direttamente in una pentola d’acqua calda, salterà fuori perché “si accorgerà che qualcosa non va”. Al contrario, una rana, messa a scaldare pian piano all’interno di una pentola d’acqua, resterà all’interno della sua zona di comfort fino a quando si renderà conto di non riuscire più a muoversi. Ergo: quando si è sotto pressione è più facile innovare. Ma come si fa a innovare quando la pressione non c’è? Può raccon-

tare qualche episodio della sua esperienza al riguardo?” Nespoli: “Il compito di chi ha il controllo della situazione è quello di porre obiettivi che siano quasi irraggiungibili, perché, se gli obiettivi fossero perseguibili, tutti riuscirebbero a portarli a termine e si adagerebbero. Invece, se, come persona o come team, si riesce in un’impresa apparentemente impossibile, si è incentivati a puntare ancora più in alto. Ritengo che ciascuno di noi debba avere un proprio sogno “irraggiungibile”. Tuttavia, quando si lavora in team, dovrebbe essere il leader a condividere obiettivi sempre più ambiziosi con i suoi collaboratori, che non dovrebbero comportarsi da semplici gregari, ma piuttosto da persone che sono lì per proporre, mediare e cooperare. A questo punto vorrei parlare delle due facce della stessa medaglia: competizione e cooperazione. Quando competiamo arriviamo talvolta a essere distruttivi nei confronti degli altri, o anche nei confronti di noi stessi; invece, quando cooperiamo, ci mettiamo d’accordo, spesso facendo il minimo possibile. Quindi, nelle nostre organizzazioni, dovremmo sempre trovare il modo di competere cooperando”.

Perona: “Immagino che quando lei, da ragazzo, concepì il desiderio di diventare astronauta, avesse in mente un ideale un po’ romantico, quasi da supereroe. Poi invece, come ci ha raccontato, è stato inserito in un’organizzazione grandissima ed estremamente strutturata. Com’è stato il suo incontro-scontro con questa realtà così tendenzialmente diversa dalle sue aspettative?”

Pioniere del coaching in Italia, Claudio Belotti lavora come coach e trainer da quasi 30 anni con migliaia di persone e in quattro continenti, a stretto contatto con top manager, imprenditori ed eccellenze del made in Italy Nespoli: “In effetti, questa realtà si è rivelata diversa dalle mie aspettative, ma in modo positivo. Ho scoperto, infatti, che le procedure di base erano fondamentalmente le stesse di quando frequentavo la scuola o l’oratorio, ovviamente con una gestione e una pianificazione di più alto livello. Se all’inizio mi sono sentito molto intimorito, alla fine sono arrivato a pensare di potercela fare senza dover necessariamente essere Superman. Certo, bisogna lavorare, performare, essere pronti a imparare e a mettersi in gioco, ma queste sono le stesse competenze delle persone che hanno successo nella vita comune. Ho quindi abbandonato il timore di non essere all’altezza, di non potercela fare e piano piano, un piccolo passo alla volta, ho messo insieme tutte le tesserine che servivano per costruire il puzzle finale”.

Perona: “Quindi, quest’organizzazione ha quasi aiutato il suo inserimento…” Nespoli: “La struttura è fondamentale. Come si fa a realizzare una cosa complicata? La si suddivide in tante piccole parti e, poco alla volta, con l’addestramento appropriato, la forma mentis giusta, le procedure corrette, il team giusto… si arriva alla fine”.

Prima domanda dagli studenti: “Quale, tra le sue esperienze, è stata quella più significativa dal punto di vista dell’innovazione?” Nespoli: “Paradossalmente, se devo cercare qualcosa di veramente innovativo nella mia carriera, penso a prima di diventare astronauta, quando lavoravo come ingegnere all’Agenzia spaziale europea e mi è stato chiesto di seguire un progetto per la preparazione e la gestione di un computer di bordo che raccogliesse dati sperimentali. La sfida sembrava impossibile, ma il mio team e io siamo riusciti nell’intento e abbiamo creato un computer che ancora oggi è utilizzato nella stazione spaziale internazionale (ISS, nella foto d’apertura di questo articolo)”.

Ulteriore domanda dagli studenti: “Quali sono le prossime frontiere e le innovazioni nei viaggi nello spazio?” Nespoli: “Il prossimo passo dovrebbe essere quello di andare su Marte. Attualmente è difficile, ma potremmo riuscire se, come all’epoca Kennedy, ci dessimo un programma che, a parer mio, dovrebbe durare almeno 15 anni. Di fatto, non conosciamo praticamente nulla dell’universo, ma il bello di noi esseri umani è quello di non essere mai soddisfatti di ciò che sappiamo e di voler conoscere sempre di più. Alla fine, paradossalmente, ogni volta in cui scopriamo qualcosa di nuovo, ci rendiamo conto di essere sempre più ignoranti”.

Il 12 settembre del 1962, alla Rice University di Houston, John Fitzgerald Kennedy annunciò che gli Stati Uniti avrebbero presto inviato i primi uomini sulla luna

Nel 1961 il russo Jurij Gagarin fu il primo uomo a compiere un’orbita completa attorno alla Terra

Tra le ultime domande dagli studenti: “Se dovesse dare un consiglio a una giovane studentessa d’ingegneria che desidera diventare astronauta, quale frase potrebbe guidarla nel suo percorso?” Nespoli: “Oltre ad acquisire una serie di conoscenze di base tecnico-scientifiche, dovrebbe conoscere bene sé stessa e il lavoro degli altri. Deve sfidare sé stessa e conoscere i suoi limiti in tutti i campi. Attenzione, però, perché spesso e volentieri ci poniamo dei limiti da soli pensando di non poter andare oltre. Di conseguenza, rinunciamo a provare. Lo sport, e soprattutto gli sport di gruppo, permettono, ad esempio, di mettersi alla prova e di capire quali siano i propri veri limiti. In sintesi, il mio consiglio agli studenti è quello di seguire le proprie passioni e di aprirsi a tutta una serie di attività che permettono di conoscere meglio sé stessi”.

Ha chiuso i lavori Marco Svara, CTO di Gefran, sottolineando quanto l’azienda per cui lavora sia orgogliosa di accogliere le migliori idee che provengono dal mondo accademico e di affiancarsi a studenti e ricercatori per portarle al loro pieno potenziale: “Come direbbe JFK, Gefran lo fa non perché sia semplice, ma perché è una sfida difficile, che tira fuori il meglio di noi”.

NEWS Macchinari per plastica e gomma Bene tutti gli indicatori: crescono fatturato e ordini

Trend positivo nel primo semestre 2021 per il settore di macchine e attrezzature per plastica e gomma, rappresentato dall’associazione di categoria Amaplast: l’ultima indagine congiunturale svolta dal Centro Studi MECS riscontra infatti una progressione a due cifre per fatturato e ordini, consolidando il clima di ritrovata fiducia del settore. Rispetto al periodo gennaio-giugno 2020, la variazione di fatturato è pari al +11%. In particolare, si mantiene alto il livello delle vendite domestiche di macchinari, mentre oltreconfine risulta robusta soprattutto la domanda di ricambi. Sempre nei primi sei mesi di quest’anno, le aziende associate hanno registrato una decisa risalita del portafoglio ordini: +46% rispetto allo stesso periodo del 2020. La ripresa è figlia soprattutto delle rilevanti richieste d’impianti da parte di clienti italiani (con un poderoso +134% segnato nel solo ultimo trimestre), ma molto positiva è anche la tendenza degli ordinativi raccolti all’estero, sia per i macchinari sia per la ricambistica (+58%). Alla luce di questo trend, i mesi di produzione assicurata sono in media 6,4.

Primaria azienda trasformatrice serba è interessata

a operazione di buyout della propria struttura produttiva.

L’impresa, situata nel nordest del paese, nei pressi del confine rumeno, produce da oltre 40 anni più di 300 tipologie di imballaggi in vari materiali (PET, PP, PS, OPS), per il segmento alimentare, e vanta una cinquantina di clienti diretti e retail. Su un’area di quasi 60 mila metri quadrati edificabili, i reparti produttivi di oltre 6000 m2 sono suddivisi in tre unità principali, dedicate a: estrusione, termoformatura e stampa, attrezzate con oltre 20 macchinari. La capacità produttiva è di 3000 t all’anno.

Gli operatori interessati a ulteriori dettagli possono contattare l’associazione Amaplast scrivendo a: s.arioli@amaplast.org, oppure telefonando a: + 39 02 822837.28

Il rimbalzo del mercato interno conferma così la maggiore propensione agli investimenti da parte delle aziende nazionali, stimolata anche dagli incentivi (credito d’imposta per l’ammodernamento degli impianti e per gli investimenti in tecnologie 4.0) previsti dai piani di politica industriale. Continuano a mostrare vivacità tutti e quattro i più importanti settori d’impiego dei macchinari. In particolare, medicale, imballaggio e automotive evidenziano segnali di crescita che i prossimi mesi dovranno confermare, mentre si stabilizza il comparto edilizia. Rimangono però le incognite legate alla diffusione della variante Delta del coronavirus e, soprattutto, le preoccupazioni per gli ancora alti livelli dei prezzi delle materie prime e per la loro scarsa disponibilità. Ad aumentare le tensioni si aggiungono: la corsa al rialzo dei noli marittimi, arrivati a livelli record; le difficoltà logistiche e i rincari delle spedizioni, che si verificano in tutti i quadranti geografici. Il quadro di sintesi dell’Indagine Statistica Nazionale, elaborata sempre dal Centro Studi MECS, descrive un settore che nel 2020 ha generato un fatturato di 3,74 miliardi di euro, realizzato all’estero per circa il 76% del totale, confermando quindi la storica propensione all’export delle imprese del comparto. Le quasi 350 aziende censite - che occupano poco più di 13000 addetti - si concentrano soprattutto in Lombardia (55% del totale), Emilia-Romagna (15%), Veneto (13%). Si tratta perlopiù di piccole realtà: circa il 74% delle imprese realizza meno di 10 milioni di euro di fatturato, con una minore propensione all’export. Parallelamente, le aziende di grandi dimensioni (26% del totale) generano il 77% del fatturato e raggiungono quote export superiori all’85%. L’imballaggio rimane il primo mercato di riferimento dei costruttori italiani e, più nello specifico, quello alimentare (30% del fatturato), seguito dagli altri segmenti di packaging (12% circa); l’automotive assorbe il 19% della produzione e l’edilizia l’11%; con quote dal 4 al 2% sul totale seguono, a scendere, il medicale, l’agricoltura, l’elettronica/elettrotecnica e le altre applicazioni. Quanto alle tipologie di macchinari, si osserva che è la categoria degli estrusori, con il 17% del totale, a rappresentare il nucleo più consistente del fatturato totale di settore. Seguono: ausiliari (12%), macchine a iniezione (11%), soffiatrici (quasi 7%). Gli impianti per recupero/riciclo e la macrocategoria dei macchinari per la gomma sfiorano entrambi una quota del 6%.

Il mercato domestico dei costruttori di macchinari per plastica e gomma è cresciuto del 19% circa, mentre quello estero del 15,9%. Quest’ultimo rimane però fondamentale per il settore, dato che il 76% dell’intero fatturato realizzato nel 2020 (pari a 3,74 miliardi di euro) deriva dall’export

Fig. 1 - Vendite al minuto e produzione industriale negli Stati Uniti dal giugno 2019 al giugno 2021 (Indice febbraio 2020 = 100)

Economia d’oltreoceano L’aumento della produttività è la chiave per la ripresa economica negli USA

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Fonte: Analisi effettuata dalla Plastics Industry Association su dati dello US Census Bureau e della Commissione governativa del Federal Reserve System

La recessione economica provocata dal Covid-19 è stata la più breve nella storia degli Stati Uniti. È iniziata a febbraio e si è conclusa nell’aprile dello scorso anno. Nonostante la sua brevità, secondo Perc Pineda, economista capo della Plastics Industry Association, questa fase recessiva è tuttavia riuscita a fermare l’economia del paese, causando una contrazione del PIL reale, su base annualizzata, del 5,1% nel primo trimestre e addirittura del 31,2% nel secondo trimestre 2020. Successivamente, il PIL reale è rimbalzato del 33,8% nel terzo trimestre e del 4,5% nel quarto trimestre 2020. Nel primo e nel secondo trimestre di quest’anno, invece, il PIL reale è aumentato rispettivamente del 6,3% e del 6,5%. A 14 mesi dalla fine della recessione innescata dal Covid-19, la ripresa economica negli USA continua a fronteggiare nuove sfide. Il divario tra la domanda di beni e servizi e la loro produzione ha continuato ad ampliarsi (vedi figura 1). La ripresa economica è stata alimentata dalla forte spesa delle famiglie, a cui hanno contribuito le politiche fiscali del governo per rispondere alla recessione. Le difficoltà della filiera degli approvvigionamenti hanno provocato un ulteriore divario tra l’offerta di beni e l’aumento della domanda. Nonostante in luglio si siano aggiunti 943000 nuovi salari non agricoli, portando il tasso di disoccupazione al 5,4%, la percentuale degli occupati dovrà aumentare ancora per permettere alla produzione di tenere il passo con la domanda. Sempre in luglio, il tasso di disoccupazione nel settore plastica e gomma era del 2,9%, quindi inferiore a quello complessivo del comparto manifatturiero, pari al 4,2%. Ciò significa che l’industria delle materie plastiche continua a coprire le posizioni lavorative vacanti. Guardando al futuro, la cessazione dell’indennità di disoccupazione nel prossimo settembre potrebbe far crescere il tasso di occupazione e, di conseguenza, la produttività. Per sostenere la ripresa economica, la produzione industriale dovrà aumentare e, per farlo, dovrà colmare l’attuale divario rispetto ai consumi. Tuttavia, poiché aleggia ancora lo spettro della pandemia, questo processo potrebbe continuare a progredire molto lentamente.

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