Portogruaro.Net Magazine

MAGAZINE Stiamo in salute Problemi con il mal di schiena?

Consigli per prevenirlo e curarlo

M A R Z O

A P R I L E

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Oltre confine La natura e l’enogastronomia tra Concordia e Caorle

Ritorno al futuro L’e-book e il libro di carta: la guerra dei due mondi

In copertina

È POSSIBILE IL DIALOGO TRA RELIGIONI? Lo abbiamo chiesto a tre esponenti del portogruarese di tre diverse fedi religiose

Stampato in 11.000 copie e distribuito gratuitamente casa per casa a Portogruaro e frazioni

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La cultura è nelle idee

MAGAZINE

E SE LI PRENDESSIMO AD ESEMPIO? L’editoriale di Giulio Serra

ANTONIO FERRARI, TITOLARE DI UNA NOTA ENOTECA DI PADOVA, HA FATTO LO “SCONTO BIMBI EDUCATI” A DEI COMMENSALI PER IL COMPORTAMENTO ESEMPLARE AVUTO DAI PICCOLI OSPITI DURANTE IL PRANZO. TRE COSE DA IMPARARE DA QUESTA FAVOLA BUONA

L

ui giura che non lo ha fatto per farsi pubblicità ma che è stato un gesto nato dal cuore. Lui è Antonio Ferrari, proprietario dell’omonima enoteca di Padova che lo scorso febbraio ha battuto uno scontrino decisamente “singolare” che gli è valso un inaspettato clamore su giornali e televisioni.

Nel momento di presentare il conto, a una compagnia di cinque adulti e sei bambini Ferrari ha battuto uno scontrino con una voce a dir poco insolita: “SCONTO BIMBI EDUCATI”. Ebbene sì, il titolare dell’enoteca patavina ha inteso premiare la compagnia di commensali per l’educazione dimostrata dai piccoli ospiti durante tutto il pranzo. I sei bambini, infatti, hanno mangiato e bevuto in totale autonomia, restando ai loro posti e divertendosi con pennarelli e fogli portati da casa anche quando gli adulti hanno continuato a degustare i vini a fine pasto. “Ho pensato di fare quello sconto dopo aver visto lo “spettacolo” dei più piccoli (...) Sul loro tavolo non c’era nessun tablet, neppure uno smartphone: solo penne, pennarelli e fogli” ha dichiarato al Corriere della Sera (14 febbraio 2017) lo stesso Ferrari.

La straordinarietà della normalità Credo che il caso di Padova ci insegni almeno due o tre cose. La prima, e la più importante, riguarda i nostri bambini e, più in generale, i nostri ragazzi. Sei piccoli commensali che anziché sbraitare, lamentarsi per il cibo troppo caldo, correre tra i tavoli come indemoniati, tirare pezzi di carne a destra e a sinistra, se ne stanno ben seduti sulle loro sedie, composti ed educati, a divertirsi con una penna e un foglio in mano, sono la dimostrazione che non tutto è ancora perduto. In un mondo, come il nostro, invaso da milioni di notizie sui più giovani in cui tutto è bullismo, tutto è sballo, tutto è ribellione alle regole, leggere di sei bambini “normali” seduti “normalmente” a tavola diventa sconvolgente. È la straordinarietà della normalità che abbiamo dimenticato di guardare e su cui è bene tornare a ispirare il nostro futuro.

Adulti 2.0 La seconda cosa che possiamo imparare dal caso di Padova riguarda gli adulti che stavano con quei sei bambini.

Adulti che, possiamo dirlo a gran voce, hanno compiuto un gesto assolutamente rivoluzionario: sono tornati indietro nel tempo (probabilmente senza saperlo!). Quegli adulti, infatti, sono stati capaci di dimenticarsi, almeno per qualche ora, di smartphone, tablet e videogiochi, consegnando nelle mani dei propri figli strumenti semplici, su cui cucire tele intere di fantasia: colori e fogli bianchi. Sei Millennials e cinque Adulti 2.0 che fanno un passo indietro di almeno venti o trent’anni, pranzando in un’enoteca con il cellulare lasciato in tasca, guardandosi dritti negli occhi, parlando e scherzando, colorando e sognando un giorno di pace.

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MARZO APRILE 2017

Il ristoratore che premiava la normalità...

Diciamolo: tutta questa storia sembra una favola. La favola buona del ristoratore buono che fa uno sconto a degli adulti buoni che hanno cresciuto dei bambini buoni. Ma stavolta, per nostra fortuna, il caso patavino una favola non è. È semplicemente una bella notizia normale che ci può insegnare una terza cosa altrettanto normale: il merito va riconosciuto e va premiato. In questo caso il merito è la buona educazione che i piccoli ospiti hanno dimostrato e, di riflesso, le buone norme che gli adulti hanno saputo dare loro nel tempo.

D’accordo, premiare dei commensali con uno sconto solamente perché i figli non hanno giocato a “Strega comanda color” tra i tavoli del locale può apparirci un’enormità, addirittura una trovata di marketing ben riuscita. E forse sarà

proprio così. Ma forse, può essere il gesto spontaneo di un ristoratore che per una volta ha scelto di confezionare una bella storia con un fiocco speciale, premiando sei bambini che, ne sono certo, saranno usciti da quell’enoteca fieri e contenti per aver reso fieri e contenti i propri genitori. E sono altrettanto convinto che un premio di questa portata, quei sei piccoli ragazzini se lo porteranno nel petto per tanto tempo ancora, contagiando i loro coetanei tra un OFF allo smartphone e un foglio colorato di verde speranza.

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Sommario Editoriale Sconto bimbi educati

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In copertina Religioni a confronto

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Stiamo in salute Rimedi al mal di schiena

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Leggiamoci su È ancora viva la satira?

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La parola a Poliambulatorio Odontoiatrico 8 Sincronie 8 Fuoriscena Intervista a Calabresi e Monti 10 Oltre confine Dalla campagna al mare

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Pratichiamo Le nuove filiere produttive

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Ritorno al futuro C’è futuro per l’e-book?

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L’acquolina in bocca I fiori nella cucina

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Giocherellando Cruciverba e crucipuzzle

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In redazione: Vito Digiorgio, Massimiliano Drigo, Nicola Forte, Gloria Morettin, Valentina Paro, Andrea Pavan, Andrea Rubin “LA PAROLA A...” è una rubrica di inserzioni promozionali redazionali a pagamento.

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In copertina

MAGAZINE

MARZO APRILE 2017

LA CROCE, IL DUOMO E LA MEZZALUNA NEL PORTOGRUARESE LA VIA DEL DIALOGO TRA LE RELIGIONI

Chiesa dell’Ann

unciazione della

Beata Vergine M

ant’A Duomo di S

aria

C

hi, passeggiando per via Seminario, non ha mai notato la piccola chiesa accanto a Palazzo Altan-Venanzio? Semi nascosta dagli alberi del suo piccolo giardino, quella chiesa, la Chiesa dell’Annunciazione della Beata Vergine Maria, è una bella dimostrazione della ricchezza culturale e religiosa che, negli anni, ha sempre di più caratterizzato Portogruaro. Infatti, nel gennaio 2012 la Diocesi di Concordia-Pordenone ha deciso di dare in comodato d’uso l’edificio alle comunità ortodossa rumena e greco-cattolica. Una decisione presa per favorire il dialogo ecumenico con alcune delle realtà più presenti sul territorio a fronte dei fenomeni migratori partiti dall’est Europa, e, in particolare, da Ucraina e Moldavia. “Con la Globalizzazione diverse popolazioni hanno raggiunto l’Italia - spiega Don Pietro Cesco, parroco di Sant’Andrea Apostolo e di Sant’Agnese -. I primi contatti hanno condotto a proporre una celebrazione mensile per gli afro-anglofoni a Sant’Agnese. Poi, hanno chiesto lo stesso anche i moldavi e gli ucraini aderenti ai riti greco-cattolici. Si trattava di esperienze saltuarie, che non hanno favorito l’aggregazione: per questo, su richiesta di Monsignor Silvan e del nostro Vescovo Pellegrini, abbiamo affidato la chiesa alla comunità greco-cattolica, che celebra il sabato pomeriggio, e istituito una parrocchia ortodossa per i rumeni, che hanno come riferimento Padre Igor Baranovschi, cui abbiamo concesso alcune stanze dell’istituto della Fondazione Calasanzio per attività catechistica”. Una scelta che sembrerebbe aver prodotto buoni frutti.

Soprattutto con l’ala ortodossa, la Parrocchia portogruarese mantiene tuttora un rapporto di cordiale collaborazione, mentre le singole comunità hanno avuto modo di consolidarsi e ampliarsi. “Grazie alla continua e sempre più intensa attività all’interno della chiesa - conferma Padre Igor

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- le persone sono riuscite ad aprirsi alla comunità, che all’inizio era composta da poche decine di persone, e a percepire un senso di familiarità. Abbiamo avuto sempre buoni rapporti sia con i greco-cattolici ucraini, con i quali condividiamo la chiesa, sia con la chiesa romano-cattolica di Portogruaro che ci ha accolti e ci ha dato la possibilità di sentirci a casa”. Il mondo, però, non si ferma. Le migrazioni sono ormai un fenomeno mondiale e oggi Portogruaro, come tutta l’Italia, si trova a dover fare i conti anche con le culture provenienti dall’Africa subsahariana, da quella mediterranea e dal Medio Oriente. Questo ha portato un ulteriore arricchimento delle realtà religiose presenti nella città del Lemene. Basti pensare che - come stimato dall’Associazione Culturale Islamica Orizzonte, con sede a Fossalta di Portogruaro - la comunità musulmana del territorio ammonta a circa un migliaio di persone. Numeri che costringono a riflettere su una questione fondamentale: un dialogo tra tante fedi diverse è veramente possibile?

La questione è antropologica, non religiosa Qualche mese fa l’associazione culturale “Il Dialogo” ha provato a rispondere a questa domanda con un appuntamento presso il Teatro Russolo, dal titolo “Il dialogo per conoscere, il dialogo tra le religioni”. Durante l’incontro - cui hanno preso parte docenti, esperti o esponenti delle varie fedi presenti sul territorio - Don Cesco ha evidenziato che: “siamo agli inizi di un dialogo, ma è importante non aver fretta. Non si cambia cervello dall’oggi al domani. L’unità è frutto dello spirito, non dell’uomo in quanto soggetto che opera su politica ed economia. L’unità della fede passa attraverso la conversione della mente e del cuore”. In altri termini, secondo il parroco portogruarese, il problema non sarebbe tanto religioso, quanto

In copertina

MAGAZINE

A ssociazione Cul

turale Islamica

antropologico. Per abbattere gli ostacoli alla tolleranza e al confronto pacifico tra le religioni, bisogna prima di tutto accettare il cambiamento e lavorare sulla conoscenza reciproca.

“Le criticità sono e rimangono a livello economico, istituzionale o politico - chiarisce il parroco -. La migrazione mondiale è un fenomeno nuovo e inarrestabile. La sua gradualità, però, ci aiuta a capire che non possiamo ignorarlo. È una questione che non riguarda solo i grandi palazzi, ma anche la coscienza di ognuno di noi”.

Aprire la mente per favorire la convivenza “Riteniamo che né la religione né la cultura possano essere considerate la causa dei problemi attuali. Ciò che può creare problemi, semmai, è la gente meno propensa al dialogo e alla conoscenza, dalla mentalità chiusa e piena di pregiudizi. Noi pensiamo che la diversità sia un valore aggiunto alla società e che il confronto sia sinonimo di saggezza”. Risponde così Asmae Said, portavoce di Afaq (Associazione Culturale Islamica Orizzonte), a chi le chiede quali siano i principali ostacoli al dialogo interreligioso. Costituita nel novembre 2014, l’associazione culturale fossaltese conta un’assemblea di otto membri, tutti ben inseriti all’interno del territorio, e rappresenta un importante riferimento per la comunità musulmana locale insieme ai centri culturali islamici di Portogruaro. L’associazione e tutti i suoi aderenti sono profondamente contrari alla violenza fondamentalista e, nel tempo, hanno cercato di costruire un dialogo attivo con le altre realtà del territorio. “All’inaugurazione della nostra associazione è stato invitato anche il prete di Villanova - spiega Asmae Said -. Inoltre, dopo l’attentato di Rouen, ci siamo recati presso una chiesa per esprimere la nostra vicinanza e le nostre condoglianze alla comunità cristiana”. Secondo la giovane questa propensione al confronto e alla cooperazione non riguarderebbe solo i soci di Afaq: l’intera comunità islamica sarebbe aperta al dialogo e lo dimostrerebbe proprio l’alta partecipazione di fedeli all’incontro svoltosi presso il Teatro Russolo.

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MARZO APRILE 2017

L’importanza di investire sul futuro Su una cosa tutte le realtà intervistate sembrano d’accordo: la necessità di lavorare con i giovani per facilitare il

Orizzonte

confronto e costruire il mondo di domani. “I ragazzi sono il futuro - spiega Asmae Said -. Per questo riteniamo sia estremamente importante trasmettere loro i valori etici che contribuiran-

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no a migliorare la società”. “Sarebbe interessante che le nuove generazioni mettessero in agenda questi problemi - si allaccia Don Cesco -. Si tratta di un fenomeno nuovo, da non affrontare con un senso di resa. Più che la scuola sono gli adulti che devono fare di più.

La discriminazione è un risvolto della cultura gretta e della mentalità fredda nei confronti razziali”. Secondo Padre Igor la coesistenza tra diversi Credi potrà essere raggiunta per mezzo di un lavoro attento e condiviso, che, però, non può essere lasciato in mano solo alle nuove generazioni. “Penso che la convivenza non dipenda soltanto dai giovani ma da tutte le persone che costituiscono una comunità - precisa -, per riuscire a convivere ci si deve conoscere, sapere quali sono le differenze che ci separano e le somiglianze che ci accomunano”.

Cosa fare adesso?

Affrontare questioni così delicate richiede uno sforzo continuo, graduale e mirato. Devono essere chiari gli obiettivi e le modalità. Per fare questo gli sforzi unilaterali non bastano: la conoscenza deve passare attraverso l’incontro. “Allo stato attuale, non ci sono rapporti diretti con le istituzioni islamiche locali - spiega Don Cesco -.

Per ora la parrocchia si sta limitando a dare una risposta assistenziale, purtroppo insufficiente perché tocca solo l’aspetto materiale. Sarebbe interessante costruire delle relazioni significative con delle figure di riferimento e organizzare iniziative il cui obiettivo non sia solo la presentazione delle varie realtà, ma anche dare delle indicazioni tecniche, pastorali, per capire cosa e come proseguire il dialogo. Le modalità si costruiscono insieme, non ci sono doveri unilaterali”. Una speranza, quella del parroco portogruarese, che, forse, potrà trovare uno spiraglio nelle prossime iniziative di Afaq.

Infatti l’associazione sta lavorando su alcune attività di sensibilizzazione come “Moschea aperta”: un’occasione per garantire a tutti i portogruaresi di visitare i luoghi di culto musulmani e confrontarsi con i fedeli.

Massimiliano Drigo

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Stiamo in salute

MAGAZINE

MARZO APRILE 2017

IL MAL DI SCHIENA: MALE COMUNE COME SI MANIFESTA, CHI COLPISCE, COME SI CURA E COME SI PUÒ PREVENIRE

T

utti noi, almeno per una volta nella vita, abbiamo sofferto di mal di schiena (o lombalgia).

Spesso, per nostra fortuna, si è trattato di un dolore passeggero, estemporaneo, che svanisce facendoci tirare un sospiro di sollievo. Ma alcune volte capita, ahinoi, che il dolore persista per giorni e giorni, acutizzandosi a tal punto da costringerci a far visita al medico di base. Conosciamo più da vicino, dunque, questo sgradito “ospite”, imparando a prevenirlo, a riconoscerlo e a curarlo.

ro, nello sport, per traumi) sia per un eccessivo carico di tutta la colonna vertebrale dovuto al sovrappeso. Nel giovane, rara ma possibile, come causa può essere riconosciuto anche l’uso di sostanze stupefacenti endovena (le impurità presenti nelle sostanze possono ostruire piccoli vasi sanguigni provocando dei microinfarti ossei).

Con l’avanzare dell’età la causa più frequente del mal di schiena è l’artrosi, che è un processo degenerativo me-

LIGNANO SABBIADORO

Forme infiammatorie e non infiammatorie La lombalgia è uno stato doloroso che interessa la parte bassa della schiena e che può essere più o meno invalidante, cioè limitare la nostra libertà di movimento (stare seduti, alzarsi, chinarsi, ruotare il busto, stare sdraiati). In base alla durata, la lombalgia viene classificata in “acuta”, quando dura meno di sei settimane, “subcronica”, quando la sua durata è compresa fra le sei e le dodici settimane, “cronica”, quando dura più di dodici settimane o ritorna periodicamente nel tempo. Viene classificata anche in base alla sua origine in “infiammatoria” e “non infiammatoria”. La prima si manifesta durante processi infiammatori che coinvolgono direttamente le vertebre lombari: infezioni, osteoartrite, artrite reumatoide, spondilite anchilosante, fibromialgia.

Queste forme sono le più gravi ma per fortuna molto meno frequenti delle forme non infiammatorie. Queste ultime sono molto frequenti e possono avere origini diverse: osteoporosi, artrosi, sovraccarico, peso eccessivo (obesità), posture incongrue, dismetrie degli arti inferiori, traumi, metastasi, sostanze stupefacenti iniettate endovena, gravidanza, mestruazioni e malattie dell’intestino. Il dolore nelle due forme si manifesta in maniera opposta; nelle forme infiammatorie il dolore è minore al mattino e più accentuato alla sera mentre nelle forme non infiammatorie accade esattamente il contrario: è il mattino il momento più critico per il dolore, mentre con il passare delle ore la sintomatologia diminuisce.

La lombalgia nei giovani e nelle donne incinte In soggetti giovani la causa più frequente del mal di schiena è il sovraccarico della stessa che può avvenire sia facendo sforzi eccessivi (nel lavo-

diante il quale viene a diminuire l’elasticità delle articolazioni. Ancora più avanti con l’età, alle precedenti cause se ne aggiunge un’altra che di frequente può essere all’origine della sintomatologia dolorosa: l’osteoporosi. A queste principali forme di lombalgia se ne aggiungono altre dovute a particolari situazioni congenite e acquisite. Le prime possono essere dovute a una dismetria degli arti inferiori (una gamba più lunga dell’altra almeno di due centimetri) in cui per mantenere una postura con un equilibrio sufficiente si assumono costantemente posizioni che possono sbilanciare la schiena e sovraccaricare una parte di essa; le seconde sono dovute a posizioni sbagliate che noi assumiamo nel lavorare, nello studiare, nello sport, che possono provocare un sovraccarico (eccessivo e/o sbagliato “peso”) su

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una parte della schiena. Ci sono altre forme di lombalgia che sono dovute a situazioni particolari dei nostri organi addominali. L’esempio più facile da comprendere è la gravidanza in cui il mal di schiena è dovuto sia all’aumento del peso che grava sulla colonna sia alla pressione diretta che può essere esercitata sulla colonna stessa.

Non è raro poi che chi soffre di colite (malattia del colon) possa soffrire di mal di schiena; il meccanismo è simile a quello della gravidanza: l’organo infiammato è rigido e non permette tutti i movimenti liberi alla schiena o può, per ispessimento, esercitare una pressione diretta sulla colonna.

Possiamo prevenire il mal di schiena?

Il trattamento può essere farmacologico e non farmacologico. L’uso dei farmaci, di solito, è riservato alle fasi di acuzie (presenza di maggior dolore, rigidità della schiena con limitazioni funzionali) e, in ordine di potenza farmacologica, sono: miorilassanti, farmaci antinfiammatori, cortisonici, analgesici, cocktail dei precedenti somministrati tramite infiltrazioni mirate. La terapia non farmacologica si basa sull’utilizzo di materiali o metodiche che non comprendono l’utilizzo di farmaci: ghiaccio/caldo, stretching, esercizi posturali, pilates, yoga, massaggi, ultrasuoni, tens. Per avere il maggior beneficio per l’utilizzo di questi rimedi occorre prima una corretta diagnosi; per esempio, se una lombalgia è di natura traumatica va bene la borsa di ghiaccio ma se fosse dovuta a una contrattura muscolare il freddo è dannoso mentre farebbe bene la borsa d’acqua calda. Per questo coloro che soffrono di mal di schiena dovrebbero, le prime volte, rivolgersi a personale qualificato: medici, fisioterapisti, chiropratici, istruttori. Altro rimedio non farmacologico è il busto: per il mal di schiena è indicato il busto semirigido con stecche posteriori e laterali, che va usato nelle attività che ci impegnano in stazione eretta o che ci costringono a degli sforzi. Non va portato per tutto il giorno perché dovrebbe essere previsto un periodo senza questo ausilio in modo da utilizzare i muscoli della schiena che così non perdono ulteriormente tono. Chi soffre di mal di schiena dovrebbe fare o mettere in atto tutte le attività che permettono di evitare/allontanare le acuzie: smettere di fumare, praticare nuoto (per irrobustire i muscoli addominali e i muscoli paravertebrali), mantenere il giusto peso, imparare a sollevare gli oggetti utilizzando ginocchia e gambe, usare il busto nelle attività di maggior carico per la schiena e infine mantenere sempre la postura corretta nel camminare, stare in piedi, sedersi, alzarsi.

Nicola Forte

Leggiamoci su

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MARZO APRILE 2017

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E LA SATIRA DOV’È?

NE PARLIAMO CON LUCIANO GUARESCHI E GIANNI MARELLA

A

h, la satira! Secondo la chilometrica definizione della Treccani si tratta di una “composizione poetica che rivela e colpisce con lo scherno o con il ridicolo concezioni, passioni, modi di vita e atteggiamenti comuni a tutta l’umanità, o caratteristici di una categoria di persone o anche di un solo individuo, che contrastano o discordano dalla morale comune o dall’ideale etico dello scrittore”. Se già con la Batracomiomachia di Omero, i Silli di Senofane o, ancora, con la commedia di Aristofane si era iniziato a parlare di comicità, è con i Latini che si arriva alla codificazione di un vero e proprio genere letterario sul filo del “castigat ridendo mores”. Ma se oggi pensiamo alla satira dubito che ci saltino in mente nomi come Lucilio, Flacco, Marziale o Giovenale. Più probabilmente, condizionati dai recenti fatti di cronaca, ci sono più famigliari nomi come Charlie Hebdo, Vauro o quello di qualche gruppo reperibile su facebook. Naturale: nel corso del tempo la tensione verso il superamento dei canoni letterari, le innovazioni tecnologiche e la sempre maggiore importanza dei nuovi mezzi di comunicazione ha favorito un progressivo svuotamento della satira come “arte a sé”.

Ma a Portogruaro cosa si dice sul tema?

Ne parlo, chiuso in un’aula studio deserta, con Luciano Guareschi, scrittore, originario del veronese, trapiantato nella città del Lemene da così tanto che ormai lo possiamo considerare “nostro” (l’unica cosa che gli manca è il dialetto, ma quello, confesso, non lo parlo più nemmeno io). La presentazione riportata sul suo ultimo libro, Racconti Portogruaresi (Visystem Editore), lo identifica come autore umoristico dal taglio locale. Allora, chiedo: come si è avvicinato questo grande signore canuto al mondo dello scherzo letterario? “Sono cresciuto leggendo il Candido e il Bertoldo e già alle elementari facevo una satira che non sempre le maestre capivano. Anche durante la naja mi sono occupato di un giornaletto scritto a macchina. Poi ho partorito il Libero pensatore, pubblicazione satirica anonima, con cui ho criticato alcune situazioni del portogruarese facendo incavolare un po’ di sindaci.

Però ho cominciato veramente a inseguire la satira quando ho avuto accesso al computer. Nel tempo, ho avuto modo di collaborare, curando articoli e vignette, con Portogruaro Inferma, La Cazzetta, Erreuno Portogruaro (Le pillole di Guareschi) e Portogruaro.Net (Con rispetto Parlando e Le Spigolature).

Ora pubblico principalmente sulla mia pagina facebook”. E, a fronte di tutto questo, si può parlare di una produzione satirica? “Forse c’era più satira nei miei primi due libri, in cui usavo

il dialetto: Spana quatro dei, dove racconto personaggi che mi piacevano di Portogruaro, e Chi c’è, c’è. Ricordo una frase nella prefazione del primo libro attribuita a un contadino di Villanova, tanto educato e gentile, che va in una casa compiacente e, di fronte ai gemiti della controparte, le chiede “Ghe fasso mal siora putana?”. Ma guardando un po’ fuori dal suo recinto, qual è la situazione della satira a Portogruaro?

“Qui la satira c’è stata solo nei primi anni Sessanta con Il Pozzetto, diretto da Ugo Padovese e con le vignette di Bepi Pupulin - spiega Guareschi -. Non so quanto abbia avuto successo, ma qui non ho mai visto nient’altro. In un certo senso credo che, ben prima, Ippolito Nievo abbia fatto satira: ha

preso in giro i portogruaresi dicendo che imitavano male i veneziani”. Poca roba, quindi. Sono un po’ deluso ma forse me l’aspettavo. Mi occorre un altro punto di vista. Lo trovo durante una chiacchierata con Gianni Marella, ex docente di filosofia originario di Venezia. Me l’hanno venduto come vignettista, ma la realtà è leggermente diversa.

Vignette, ceramica e pubblico “Io non ho mai pensato di pubblicare vignette, me l’hanno chiesto - spiega -. Ho cominciato con Luciano Guareschi e collaborando con il giornaletto Erreuno, dove pubblicavo brani accompagnati da vignette. Del tutto casuale.

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Sempre casualmente, perché qualcuno me l’ha chiesto, ho fatto da coautore a un paio di calendari di Portogruaro.

Se devo camuffarmi da artista, il mio vero interesse è stato per la ceramica”.

Ma come? Niente passione per il disegno? Nessuno studio ad hoc? “Non è stata una scelta di vita, qualche volta è anche una rottura perché devi farle per cose che non ti interessano più di tanto. Credo che non avrei mai avuto un reale desiderio di produrre qualcosa di satirico. Ci vuole un’incazzatura precisa, tematicamente circoscritta.

Il resto sono meri sberleffi”. Ecco che si torna a pungere una questione importante: il canone. “La vera satira è una costruzione poetica complessa, dotata di metrica e di un tema definito - continua Marella -. Qui non ci siamo. L’unica nel portogruarese è stata, forse, quella di Angelo Bertoni, che dalla tribuna del municipio s’impegnava ad arringare la gente, oppure i lazzi raccontati da Guareschi”. Ma, secondo Marella, il problema non si limita a una questione formale. Il fatto è che ad essere cambiato non è solo il mezzo, ma anche il contesto. “Prova a pensare agli esempi storici di satira e alle grandi riviste - insiste -, la satira presuppone un pubblico, che ride, riflette e ti segue. Deve risponderti. Ho l’impressione che quello che manca qui a Portogruaro sia proprio questo.

Scrivi per te stesso, oppure finisci a scrivere eccessi come Charlie Hebdo. Il punto è che c’è spazio per compagnie, ma non per una satira vera. A chi ti rivolgi? O alla banda di amici o a nessuno. Allora tanto vale non rivolgersi a nessuno”. Il pubblico. Ammetto che a questo non avevo pensato. Chiedo a Marella che cosa è cambiato. Perché il pubblico è svanito? Forse, mancano gli ambienti adatti? “Manca il pubblico anche perché mancano le osterie: i luoghi ideali per diventare sede della satira. I bar, oggi, li frequento poco ma mi sembrano più dei centri commerciali”.

Ma in un mondo in cui comunicare è diventato così semplice (tra tweet, post e hashtags) è veramente possibile protestare contro la mancanza di un pubblico? Certamente sì se questo è costretto dalle redini di una feroce omologazione culturale come quella attuale. Tuttavia, un antico brocardo recita che “I mezzi sono mezzi, l’importante è come li usi”. Le tante possibilità mediatiche di oggi potrebbero condurre a un completo assorbimento della satira oppure a una sua rinascita: sta a chi si siede dinanzi al Pc la responsabilità di scegliere quale strada prendere. Si è detto che la satira non c’è più o, addirittura, non c’è mai stata.

Ma mi chiedo: e se ci preoccupassimo semplicemente di ringiovanirla?

D. M.

MARZO APRILE 2017

LA PREVENZIONE DENTALE Quante volte ci siamo chiesti perché curare i denti decidui?

Effettivamente il quesito nasce dal fatto che questa dentatura è - come dire - provvisoria, dal momento che è destinata ad essere sostituita dagli elementi permanenti.

Ci farà infatti risparmiare tempo e denaro per curare eventuali elementi cariati, e lo stesso per evitare lunghe e costose cure ortodontiche SICURAMENTE NECESSARIE in caso di estrazioni precoci o carie devastanti su denti “da latte”. Senza considerare i disagi (e i dolori!) risparmiati ai nostri figli.

Primo: anche i denti decidui sono sensibili e, se colpiti dalla carie, possono essere causa di dolori anche intensi. A proposito, tutte le cure vanno effettuate sotto buona copertura anestetica!

Secondo: la dentatura decidua (“da latte”) rappresenta di fatto un apparecchio ortodontico che madre natura ci dà. Gratuitamente. Infatti questi denti sono fondamentali per “guidare” l’eruzione dei permanenti. L’ordine con cui avviene la permuta dei denti decidui non è casuale, ma risulta fondamentale per organizzare lo spazio in arcata ed avere un ricambio per così dire ordinato da parte della dentatura permanente.

Ecco che allora è fondamentale la PREVENZIONE, che deve interessare i nostri figli, ANCHE SE CON DENTATURA ANCORA DECIDUA. Quella che può apparire come un’azione poco utile (se non superflua) è invece un INVESTIMENTO vero e proprio.

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Fuoriscena

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MARZO APRILE 2017

SIAMO UNA COPPIA VERA LORO SONO PAOLO CALABRESI E MARIA AMELIA MONTI, CHE AL TEATRO RUSSOLO HANNO PRESENTATO “NUDI E CRUDI”, UNA COMMEDIA CHE METTE ALLA BERLINA LA BORGHESIA INGLESE (E TUTTI NOI)

E

cco due attori di teatro “veri”, di quelli che preferiscono le luci della scena a quelle del gossip. Attori con la A maiuscola, che arrivano da percorsi di studi, sacrifici, gavetta… Loro sono Paolo Calabresi e Maria Amelia Monti: due nomi, una garanzia. Lo scorso 14 dicembre la coppia Calabresi-Monti ha portato al Teatro Russolo la commedia “Nudi e crudi”, tratta da un testo dello scrittore Alan Bennett. Paolo Calabresi è attore di teatro, televisione e cinema. Oltre alle produzioni teatrali, ha preso parte a fiction televisive come “Nati ieri”, “RIS - Delitti imperfetti”, “Distretto di Polizia”, “La squadra” e ai film tv “Don Bosco”, “Padre Pio” e “Maigret”. Nel 2008 diventa una “iena” ufficiale de “Le Iene” su Italia Uno. Nel 2016 affianca Nadia Toffa e Giulio Golia alla conduzione de “Le Iene”. Maria Amelia Monti si diploma all’Accademia dei Filodrammatici di Milano, diretta da Ernesto Calindri, e debutta come attrice teatrale negli anni Ottanta. Seguono programmi televisivi e film al cinema. Tra i suoi film per il grande schermo ricordiamo: “Miracolo italiano”, “Mi fai un favore”, “13dici a tavola”. Numerose le fiction tv a cui ha preso parte, tra cui “Amico mio”, “Dio vede e provvede” e “Finalmente soli” con Gerry Scotti. Dal 2015 Calabresi e Monti sono in giro per l’Italia con la commedia “Nudi e crudi”, che racconta di una coppia di borghesi inglesi, i signori Ransome, che, di ritorno da una serata a teatro, trova il proprio appartamento completamente vuoto, svaligiato da ladri che non hanno lasciato né un interruttore, né un rubinetto, né la moquette sul pavimento. Da questo trauma si aprirà una voragine che, inevitabilmente, porterà la coppia a interrogarsi su se stessi e sul proprio posto nel mondo.

CALABRESI Per fortuna non mi è mai capitato ma se dovesse succedermi credo che reagirei come il protagonista maschile (interpretato dallo stesso Calabresi, ndr). Immagino che mi sentirei svuotato della mia vita e questo mi spaventerebbe parecchio.

MONTI Faccio fatica a immaginarlo ma se devo farlo direi che reagirei come la protagonista femminile (interpretata dalla stessa Monti, ndr).

Io sono buddista e questa religione insegna proprio l’elasticità mentale, l’apertura al cambiamento e alla diversità, al lasciarsi andare. Certo, se dovessi trovare la casa svaligiata non

sarei certamente entusiasta ma in me c’è anche una parte che si riconosce nella protagonista femminile dello spettacolo.

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La prima volta a Portogruaro?

M. Ci sono già stata pochi anni fa, portando qui una commedia con Angela Finocchiaro. È una piccola città molto carina, così com’è stupenda tutta la nostra Penisola. Purtroppo spesso noi italiani diamo per scontata la bellezza del nostro Paese ma se ci fermassimo un po’ di più a riflettere su tutto quello che ci attornia sono certa che saremmo felici di farne parte.

Questo è il secondo anno che portate in scena Nudi e crudi. Fate ancora le prove? E rispetto al primo anno ci sono dei cambiamenti sostanziali nello spettacolo?

C. Facendo parecchie date tendiamo a non fare molte prove. In ogni caso, ciascuna esibizione è una specie di prova.

Ogni sera, infatti, ci mettiamo qualcosa di nuovo, nascono degli spunti diversi e l’energia che ci trasmettono i diversi pubblici fa sì che l’atmosfera cambi di volta in volta.

M. Io e Paolo Calabresi abbiamo un bellissimo rapporto professionale e umano. Recitiamo insieme da diverso tempo, anche per la televisione.

Questo ci permette di darci dei consigli spassionati che ci aiutano a migliorare reciprocamente. Io credo che quest’anno lo spettacolo abbia acquisito uno spessore maggiore, più adulto. I protagonisti si sono modificati in meglio, sono cresciuti.

Qual è il messaggio che Bennett ci vuole dare in questa commedia?

C. Credo che, in fondo, sia una commedia che prova a guardare ai problemi di oggi specchiandoli sulla rappresentazione teatrale. Nudi e crudi parla infatti dei rapporti tra uomo e donna, delle difficoltà di comunicazione, della scoperta di sé…

M. C’è anche un tentativo di puntare il dito contro un certo tipo di borghesia inglese, quella più formale, fintamente composta, moralista… una borghesia ingessata che non porta assolutamente a nulla di buono.

S. G.

Oltre confine

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MARZO APRILE 2017

DALLA CAMPAGNA AL MARE

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i sa che la cucina è il canale privilegiato per conoscere un luogo: ecco perché in questo numero voglio portarvi alla scoperta di alcuni sapori del Veneto Orientale. Un breve itinerario, poco più di 20 km, che inizia nell’entroterra a Concordia Sagittaria e si conclude vista mare a Caorle. Non aspettatevi indicazioni precise, preparatevi invece a cogliere suggestioni che vi faranno viaggiare tra passato e presente attraverso i sensi, in primis gusto, ma anche vista e olfatto.

I vigneti del Marango È seguendo le tracce del buon vino che raggiungiamo la tappa successiva. Ci avviciniamo alla costa caorlotta e, pur trovandoci ancora nell’area di produzione del vino DOC di Lison Pramaggiore, il vino prodotto tra queste campagne si discosta dallo stesso DOC mesciuto in zone più interne. Le vigne che si estendono tra il corso del fiume Livenza e il Canale Nicesolo crescono in un terreno alluvionale calcareo ed ar-

gilloso, ed è proprio la tipicità del suolo, con la sua componente minerale, a donare tipicità e profumazioni uniche ai vini prodotti in questa zona. La laguna e il mare sono dietro l’angolo ed il salso regala alle uve una salinità particolare che esplode nel bicchiere e solletica il palato. Dobbiamo assolutamente fermarci per una degustazione in una delle cantine che punteggiano la zona agricola tra le frazioni del Marango e di Ca’ Corniani per rendercene conto.

La renga a Concordia Sagittaria La prima tappa del nostro itinerario è Concordia Sagittaria. La sua posizione sulle sponde del fiume Lemene e all’incrocio tra le vie Annia e Postumia la resero un punto nevralgico per i commerci già in epoca romana.

Fu così che probabilmente giunsero fin qui le prime arringhe, pesci originari dell’Europa settentrionale i cui metodi di conservazione - affumicatura, salatura o essiccatura - ne garantivano il mantenimento per lunghi periodi. Per secoli la renga è stata parte integrante della tradizione culinaria locale. Le storie che narrano di renghe penzolanti e di intere famiglie contadine riunite attorno a “tociare” la polenta forse sono solo leggende, ma è certo che era abitudine consumare la renga durante la Quaresima, in particolare il mercoledì delle Ceneri. Inoltre, nell’estrema povertà che pervadeva le campagne venete del secolo scorso spesso una sola, piccola e rinsecchita renga doveva bastare a sfamare un’intera famiglia, ma il suo gusto forte e deciso, che impregnava appena un tozzo di pane o un pezzo di polenta, dava la poco saziante sensazione di gustarsela appieno. A Concordia ancora oggi la renga è un’istituzione oltre che una tradizione e, in una sorta di revival culinario, è lei la protagonista il mercoledì delle Ceneri; se passiamo di qui, per l’occasione possiamo gustarla in uno dei ristoranti del posto. Le ricette di oggi sono più elaborate dei piatti che si consumavano sulle tavole dei nostri nonni, ma la tradizione è viva e portata avanti con tale orgoglio che la Pro Loco di Concordia si fa promotrice del Concorso della Renga d’Oro, una competizione che vede i ristoratori combattere a suon di pentole per vincere i premi: miglior renga e migliore abbinamento tra piatto e vino.

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La tradizione ittica di Caorle Rallegrati dal vino arriviamo alla meta finale del tour enogastronomico: a Caorle possiamo goderci l’aria di mare dopo un percorso che si è snodato tra campi coltivati, corsi d’acqua dolce e tenute agricole. A Caorle la specialità culinaria per eccellenza è il pesce: cos’altro potevamo aspettarci da un antico borgo di pescatori? Prima di diventare la destinazione balneare che è oggi, Caorle basava la propria economia sulla pesca alternando quella in mare aperto a quella in laguna: i casoni, le antiche abitazioni di canne dei pescatori, testimoniano ancora questa antica tradizione. Oggi i metodi sono diversi, non cambia la sostanza: i pescherecci a motore salpano nel cuore della notte per attraccare carichi di pesce al porto quando il sole è già alto.

Ci basta una passeggiata lungo il Porto Peschereccio durante il pomeriggio per incrociare i pescatori che ripongono le reti. Osserviamo moscardini, sogliole, scorfani, branzini e altri pesci venir scaricati al Mercato Ittico Comunale di Caorle dove, in un’asta segreta al rialzo, commercianti e ristoratori si aggiudicano la merce. La curiosa pratica di sussurrare all’orecchio dell’astatore la propria offerta è una tradizione che Caorle condivide con altri mercati ittici del Veneto. Suggerisco di concludere questo excursus culinario assaporando il pesce fresco di Caorle: potremmo farlo in uno dei ristoranti del variopinto centro storico oppure optare per un’esperienza gastronomica in casone.

In ogni caso consiglio di scegliere tra le ricette della tradizione - dal “broéto”, una zuppa di pesce, pasto principale per i pescatori nelle loro lunghe giornate in mare, allo “Speo e Bisato”, ovvero l’anguilla allo spiedo - per uscirne sazi ed ebbri dei sapori del Veneto Orientale.

Lunghezza del percorso: 20 km circa Livello di difficoltà: facile, adatto a tutti Tipologia di percorso: asfalto Valentina Paro

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MARZO APRILE 2017

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Pratichiamo il futuro

RIPENSARE IL TERRITORIO PER AFFRONTARE IL FUTURO ALLEARSI TRA CITTADINI (E TRA PRODUTTORI E CONSUMATORI) PER GUARDARE AL DOMANI CON PIÙ OTTIMISMO

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i legge, si discute e si scrive dovunque riguardo all’affanno della ricerca nei confronti di un nuovo ipotetico sviluppo per le economie dei nostri territori, i quali sembrano ormai perduti nella folle corsa alla globalizzazione, che ci ha reso tutti figli di uno stesso cielo lasciandoci, al contempo, incredibilmente vulnerabili. Nella nostra lussuosa, anche se inconsapevole, posizione ci poniamo ogni giorno domande sul divenire dell’economia, sulla sua competitività rispetto ai paesi emergenti e via discorrendo. Il modello nordest, su cui ancora oggi poggia il nostro pensiero politico e il nostro territorio, fatica a reggere i mutamenti. È normale che sia così. Nato sull’onda di un modello di crescita oggi completamente fuori luogo, ci troviamo sempre più spaesati. Passeggiando a piedi o in bicicletta tra i marciapiedi disastrati delle nostre zone industriali ci viene spontaneo chiederci quale modello socioeconomico possiamo ancora immaginare.

Non credo, francamente, che esista una ricetta che possa abbracciare le richieste di tutti; bastino, a tal proposito, le parole del Mahatma Gandhi: “Sulla terra c’è abbastanza per soddisfare i bisogni di tutti, ma non per soddisfare l’ingordigia di pochi”.

Come ripartire?

A fronte di tutto ciò, un serio e sincero piano d’azione che guardi al domani con consapevolezza e lungimiranza deve puntare ad aumentare la capacità delle comunità di soddisfare i propri bisogni energetici e alimentari con cibo a Km zero, o quasi. Questo aspetto dovrebbe essere attuato attraverso una corretta organizzazione del territorio, capace di recuperare i luoghi delle nostre città già costruiti e magari abbandonati e di favorire la rilocalizzazione dell’artigianato e della piccola produzione. Un’opera importante sarebbe quella di rigenerazione delle aree urbane, che sono il luogo dove riorganizzare le competenze delle istituzioni locali. Governare le città che sono ormai in sinergia le une con le altre attraverso progetti in grado di unire le esigenze economiche con quelle dell’ambiente e della popolazione in cui sono inserite sarebbe un enorme progresso.

In quest’ottica è necessario programmare la formazione nelle scuole professionalizzanti al fine di creare occupazione utile e nuove e proficue filiere produttive, prima di tutto agroalimentari, vista la necessità di concretezza che il prossimo futuro ci richiede.

Cos’è la filiera agroalimentare?

Con il termine “filiera agroalimentare” si intende tutto il processo che porta alla realizzazione di un prodotto alimentare finito, a partire dalla materia prima fino

a ciò che arriva sulla nostra tavola. Una filiera può essere più o meno corta o lunga a seconda del numero di passaggi che esistono tra il momento in cui viene ricavata la materia prima al momento in cui viene venduto il prodotto finito.

Oggi si dà un particolare valore alle filiere corte che grazie alla riduzione del numero di passaggi nella catena di produzione cercano di garantire un maggior valore aggiunto a favore del produttore della materia prima. Nel caso dell’industria agroalimentare il produttore della materia prima è chiaramente l’agricoltore. Nella filiera, l’azienda agricola produce solo la materia prima. Talvolta l’azienda agricola, nei sistemi produttivi a

“filiera corta”, gestisce anche le fasi della trasformazione, così come del confezionamento e della commercializzazione, fino alla vendita diretta in modo da non dover svendere il proprio prodotto a dei grossisti, ma venderlo invece direttamente al consumatore finale ricavandone un maggior profitto.

E nel nostro territorio?

Nel nostro territorio si sta sperimentando in tal senso più di quello che si possa immaginare. Tante idee imprenditoriali e socioculturali nascono nell’alveo di questa nuova idea di mondo finalizzato alla condivisione sociale e territoriale di flussi di conoscenze ed

energie. Ci sono persone che stanno sperimentando nuovi modi di lavorare condividendo gli spazi e puntando all’efficienza innovativa in tutti i campi come presso il centro Plus di Portogruaro; ci sono aziende che stanno rivolgendo il loro focus imprenditoriale al recupero, al restauro piuttosto che alla creazione ex novo. Sono in fase di lancio anche nel nostro territorio realtà che cercano di cambiare direzione agricola aderendo alle C.S.A. ovvero all’agricoltura supportata dalla Comunità (in inglese C.S.A., Community Supported Agriculture).

Significa creare un legame diretto tra contadini e consumatori. In Europa e nel mondo assume forme particolari a seconda del luogo e del gruppo di persone che la mette in pratica, ma ovunque ha a che fare con la condivisione dei rischi e dei benefici d’impresa connessi all’agricoltura biologica, contadina e di piccola scala, un’agricoltura che produce cibo gustoso, sano e vicino a chi lo mangia. Inoltre questa modalità pone attenzione alla possibilità da parte di un territorio di aumentare la propria produzione di cibo, e al diritto delle persone di prendere decisioni a proposito del cibo che mangiano. Infatti se un gruppo di cittadini si accorda direttamente con le aziende produttrici allora il controllo del cibo sarà più diretto e certo. Un sistema del genere crea la possibilità di sostenere idealmente, fisicamente e finanziariamente un’alternativa al modello della produzione industriale di cibo. In quest’ottica diventa imprescindibile scegliere e partecipare attivamente a un’agricoltura che pone attenzione a quanta energia è necessaria per produrre, in quali condizioni di lavoro e in quale stagione viene prodotto il cibo e quanta strada percorre.

Come funziona una C.S.A.?

In questo tipo di esperienze, infine, è forte il desiderio di ricreare relazione fra chi principalmente coltiva e chi mangia, di restituire al cibo un valore e non solo un prezzo, di godersi la possibilità di conoscere da vicino chi coltiva ciò che mangiamo e fidarsi di come lavora. In questo modo è possibile tornare ad avere il piacere di vedere gli ortaggi che crescono, maturano e danno frutti e provare la fatica del lavoro fisico nel campo. Dal punto di vista economico e finanziario in una C.S.A., una volta calcolati i costi necessari per produrre gli alimenti (l’acqua, le piantine, i semi, il lavoro dei contadini e di chi amministra i conti), si suddivide il totale tra tutti i membri, che a fronte di una cifra versata a inizio anno ricevono e si dividono ogni settimana il raccolto del campo. Più semplice di quanto si possa pensare...

Andrea Pavan

Ritorno al futuro

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L’E-BOOK, OVVERO L’AMORE PER LA CARTA NEL 2018 SI CELEBRERANNO I VENT’ANNI DAL PRIMO ISBN CONCESSO A UN LIBRO DIGITALE. NONOSTANTE CIÒ, È ANCORA UNA TECNOLOGIA GUARDATA CON DIFFIDENZA

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el 2018 saranno vent’anni esatti da quando, nel 1998, Kim Blagg ottenne per la prima volta un ISBN (International Standard Book Number), il codice identificativo univoco a livello internazionale e duraturo di un titolo o un’edizione, per un libro digitale. Il suo nome deriva dalla contrazione delle parole inglesi electronic (elettronico) e book (libro) e indica la versione elettronica, o meglio digitale, di un libro.

L’oggetto perfetto “Il libro è come il cucchiaio. È un oggetto perfetto”. Così sosteneva Umberto Eco riferendosi al libro di carta che ognuno di noi conosce. Gli possiamo cambiare colori, design grafici, rilegature e caratteri di stampa ma il libro è un oggetto rimasto inalterato dal V secolo, quando dalla pergamena si passò al codex e, sostanzialmente, il libro assunse la forma attuale. Nella sua lunga storia trova uno spazio, non proprio secondario, la nostra Regione e, in particolare, Venezia. Grazie soprattutto alla figura di Aldo Manuzio e alla libertà di stampa che vigeva nella repubblica Serenissima. Anche Portogruaro ebbe tra i suoi concittadini una figura illustre legata all’editoria. Si tratta di Nicolò Bettoni che nacque a Portogruaro il 24 aprile 1770 e nelle cui tipografie vennero stampate la prima edizione Dei sepolcri di Foscolo e la prima edizione dell’Iliade di Vincenzo Monti. Alla sua figura è dedicata la biblioteca comunale di Portogruaro che, come le altre biblioteche, con l’arrivo dei libri digitali si è trovata a dover affrontare una nuova sfida. Far proprio un oggetto sconosciuto inserendo un “non-libro” tra i libri.

Nuovi inquilini in biblioteca Ma a che punto è la digitalizzazione del patrimonio librario della biblioteca cittadina e la diffusione degli e-book nel nostro territorio? “La biblioteca di Portogruaro ha avviato il servizio di biblioteca digitale MLOL a partire dal 2015, subito dopo il trasferimento nella nuova sede. Inizialmente, il progetto era gestito in forma autonoma e rivolto esclusivamente ai propri utenti”, dichiara Loretta Balasso, responsabile della biblioteca comunale.

Dal 2016, invece, la biblioteca è in rete con il sistema della Biblioteca Digitale di Venezia Metropolitana dalla quale è possibile il prestito di libri in formato digitale (http://binp.regione.veneto. it). È consentito il prestito di un solo e-book alla volta per una durata di

cario” precisa Balasso, che sottolinea come “l’ingresso dell’e-book non ha spaventato o messo in crisi le biblioteche, da sempre aperte a ogni novità che promuova e faciliti l’accesso alla lettura e all’informazione”. La responsabile della biblioteca nota come oggi “appare sempre più evidente la comodità di fruizione dell’e-book, almeno per la lettura nel tempo libero, anche se per i testi di studio la preferenza sembra rimanere per il cartaceo, come possiamo riscontrare ogni giorno osservando gli studenti chini sui libri.

Sarà la maggior facilità dello sfogliare avanti e indietro, di annotare, sottolineare, evidenziare, o sarà che ancora oggi la maggior parte dei testi di studio sono in cartaceo”.

14 giorni, al termine dei quali scade la possibilità di utilizzo permessa dai diritti digitali. Ad oggi, il sistema dispone di un catalogo di 40.331 titoli.

Balasso ci ha fornito i numeri relativi all’anno 2016, riferiti al servizio con MLOL. Gli accessi sono stati complessivamente 2.186 mentre solo 94 gli utenti che hanno richiesto il prestito di ben 512 e-book. “Solo al termine di quest’anno sarà possibile tirare le somme sulla fruizione annuale degli e-book con il nuovo Sistema bibliote-

Dalla scuola all’università: l’e-book dov’è?

Qual è l’uso che si fa degli e-book nelle nostre scuole oggi? “Non ci sono

Fare business con i social Oggi per un’azienda è sempre più importante poter comunicare sui social. È altrettanto fondamentale, però, saper COMUNICARE BENE e meglio degli altri. Per questo è indispensabile sapersi affidare a professionisti del settore in grado di studiare il target di pubblico a cui ci si vuole rivolgere e di comprendere il modo migliore per farlo.

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e-book e e-reader disponibili per gli alunni” ci dice un docente della scuola primaria IV Novembre di Portogruaro. “Nessuna delle 16 classi dell’Istituto dispone di e-book per gli studenti, mentre la digitalizzazione della scuola passa attraverso l’installazione delle Lavagne Interattive Multimediali (LIM), nelle quali possiamo visionare i libri di testo che dal 2012, con la Legge Profumo, devono necessariamente prevedere anche una versione elettronica”. Sembra andare un po’ meglio alle scuole superiori. “Nei corsi di informatica, comunicazione ed edilizia del triennio (3ª, 4ª e 5ª, ndr) del nostro Istituto, gli studenti possono consultare i libri digitali attraverso il proprio computer portatile in classe” ci dice la Dirigente Scolastica Raffaella Guerra dell’I.S.I.S Leonardo da Vinci. “Abbiamo aule informatiche e la disponibilità di molte LIM per rendere più interattiva la didattica. Tuttavia abbiamo lasciato scegliere a studenti e genitori sulla possibilità di avvalersi esclusivamente dei testi digitali e, con nostra stessa sorpresa, abbiamo riscontrato che il 90% opta per un uso abbinato di digitale e cartaceo”. “Nonostante i ragazzi che ora frequentano le scuole superiori siano dei “nativi digitali” prosegue la Preside -, hanno introiettato un modello di scuola che fino ad oggi ha previsto solo supporti cartacei. E ci sono rimasti affezionati tanto da continuare a preferire il libro classico. Alcuni lo scelgono, in particolare, perché li aiuta nella memorizzazione e nello studio”. Seppure la sfida alla modernizzazione e digitalizzazione della scuola sia stata accettata con impegno da docenti e presidi del mandamento, ci si trova a dover affrontare uno scoglio molto arduo: “Nel mio Istituto - afferma la Dirigente -, l’età media dei docenti è di 57 anni”. Non proprio dei nativi digitali. L’età media dei docenti in Italia, infatti, è uno dei dati più preoccupanti che emergono da una recente indagine del centro di ricerca indipendente di Vicenza, Observa - Science in Society, che vede l’Italia penultima per docenti impiegati con meno di 40 anni. Solo il 15% sul totale è infatti under 40. Peggio di noi, in Europa, solo la Grecia (13,6%). Non solo.

Il Networked Readiness Index, l’indice sviluppato dal World Economic Forum per misurare la capacità dei Paesi a sfruttare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), ci vede al 45° posto.

Permettetemi in conclusione un breve e personale commento. La stesura del presente articolo ha necessitato dell’invio di nove mail. Si è cercata una pluralità di voci e commenti. Il tasso di risposta è stato del 22%. Il problema alla digitalizzazione dell’Italia, pare evidente, è poco connesso alle tecnologie in sé, ma piuttosto è legato all’assenza di una diffusa cultura digitale.

Andrea Rubin

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L’acquolina in bocca

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LA PRIMAVERA NEL PIATTO TRA INGREDIENTE ESSENZIALE ED ELEMENTO DECORATIVO, I FIORI TROVANO AMPIO USO IN CUCINA. SAPORI PARTICOLARI NEL PIATTO, E ANCHE L’OCCHIO VUOLE LA SUA PARTE

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i respira un’aria più leggera.

Le giornate si fanno più tiepide. Una pennellata di colori si stende sulla natura. Lo spettacolo della primavera si ripete ogni anno portando con sé sensazioni di gioia e benessere. È una rinascita che reca segni inequivocabili: i fiori che punteggiano prati e giardini di casa. I simboli della primavera sono molto utilizzati anche in cucina. A livello ornamentale, per abbellire tavole in occasione di cerimonie importanti. Ma anche nella preparazione di piatti. “L’uso di fiori nelle ricette – spiega lo chef Vincenzo Morutto del Ristorante Hotel Iulia Trattoria Zentil - non è legato, come verrebbe spontaneo pensare, alla creatività di moderni chef. Anzi, affonda le proprie radici nell’antichità e nella necessità di conferire alle ricette particolari sapori che solo i fiori sanno dare. A questa esigenza si è aggiunta, in tempi recenti, la necessità di adoperare i fiori eduli per preparare piatti commestibili e dall’aspetto invitante, coinvolgendo nella degustazione non solo il gusto, che da solo sarebbe insufficiente a decretare il successo di un piatto, ma anche la vista e l’olfatto. Perché la composizione cromatica di un piatto - conclude - è importante tanto quanto la sua bontà”. Questo aspetto si è accentuato particolarmente nella pratica culinaria odierna, quando l’elemento cromatico nella preparazione di un piatto finisce per assumere una valenza quasi precipua.

Fiori per tutti i gusti “L’abitudine di guarnire piatti con fiori eduli - continua lo chef - apparteneva già agli antichi romani. Si è poi protratta nel corso dei secoli sotto forme e tradizioni culinarie differenti. Nella tradizione culinaria italiana a farla da padrone è lo zafferano, utilizzato come spezia, al quale si affiancano la borragine, usata per insaporire le frittate e nella preparazione di insalate e aceto aromatizzato, e i petali di rosa e violetta”. Alcuni fiori li consumiamo quotidianamente senza saperlo. Tra questi, i fiori di zucca, i carciofi, i cavolfiori. Altri li troviamo oggi abbinati in particolari piatti, con mescolanze e accostamenti che non possono che rallegrare il palato.

Un piatto ornato con un fiore assume tutt’altra aria, colore, profumo e significato. Tra ingrediente essenziale della ricetta ed elemento decorativo ecco alcune esemplificazioni. I

petali di geranio si adattano alla preparazione di frittate, vini, liquori e sorbetti.

I fiori di lavanda sono uno degli ingredienti della miscela di spezie usate per il cous cous. Vengono usati anche per accompagnare la degustazione di formaggi. La viola del pensiero è un altro fiore noto in cucina: i suoi petali sono famosi per essere mangiati canditi, ma il loro uso si può benissimo estendere anche nella preparazione di gelati, marmellate, gelatine, macedonie, insalate. I petali di rosa trovano utilizzo nella preparazione di marmellate e liquori, ma anche di dolci, insalate e risotti. La scelta dei fiori è legata, ovviamente, alla stagione.

Prepariamo la tavola Fiori nel piatto, ma non solo. Ad arricchire e abbellire una tavola ci sono anche bouquet e composizioni floreali, che accompagnano le nostre cerimonie. La scelta del menù e la bontà dei cibi non sono sufficienti a sancire il successo di un pranzo: vi contribuisce in maniera determinante anche l’allestimento della tavola. Mettersi a tavola è un momento fondamentale per scoprire il gusto di stare assieme. Tutto concorre a creare la giusta atmosfera: l’illuminazione, la scelta della tovaglia, la disposizione delle posate e dei bicchieri. E ogni occasione richiede, naturalmente, una particolare attenzione. Già nel Settecento lo scrittore gastronomo francese Grimod la Reynière scriveva che non basta far sedere l’ospite a tavola e servirgli il cibo abbondante, ma bisogna osservare una quantità di altri obblighi, tra

asqua P a n o u B o m a i r Vi augu l 16 e d o z n a r p l a o e vi invitiam ezze marinare at a base di prelib HHH HOTEL IULIA RISTORANTE TRATTORIA

i quali proprio l’apparecchiatura della tavola, che deve essere consona al menù e all’occasione. Principio al quale non si sottrae neppure la disposizione di fiori. Importante, infatti, nell’allestimento di una composizione floreale, è valutare la forma del tavolo e la sua grandezza. Ad esempio, nel caso di un tavolo rettangolare e ristretto è preferibile optare per una composizione floreale da porre al centro oppure per un singolo fiore in un piccolo vaso, ripetuto più volte su tutta la lunghezza della tavola. Nel caso di una tavola rotonda, con molti commensali, è preferibile scegliere un mazzo di fiori corposo. Di non minore importanza la scelta del colore, che deve abbinarsi al servizio piatti, al tovagliolo e alla stagione. Il resto lo fa, come sempre, l’inventiva. Una brocca con fiori freschi può trasformarsi in un centrotavola che porta gioia e buonumore. Se la preferenza deve ricadere su un qualcosa di più semplice, ma non meno grazioso, si può ricorrere ad un vasetto di vetro ricoperto con un sacchettino di tela da legare con un filo di rafia o un nastro di seta. Un altro allestimento floreale può essere ottenuto con carta velina e una ciotola piena di spugna imbevuta di acqua in cui inserire dei fiori o dei germogli. Una vecchia zuppiera in ceramica o un’antica teiera in argento possono conferire quel tocco di originalità gradito agli ospiti. Esistono delle regole, ovviamente. La prima, e fondamentale, è quella di evitare fiori che emanano profumi troppo intensi che potrebbero disturbare o sovrastare l’aroma delle pietanze. Attenzione anche a evitare l’uso di fiori a lungo stelo che impediscono ai commensali di conversare guardandosi negli occhi. Preferire, sempre, fiori freschi. Lasciano un’impronta di vivacità tra le pareti di casa e richiamano la gioia di stare assieme.

Perché la tavola è il centro nevralgico degli affetti.

Vito Digiorgio

A. ZENTIL

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RISOTTO ALLE FRAGOLE E PETALI DI ROSA Dosi per 4 persone: 300 gr. di riso carnaroli, un litro e mezzo di brodo vegetale, due cipolle fresche novelle, 200 gr. di fragole, un bicchiere di prosecco, parmigiano grattugiato, una noce di burro e i petali di due rose non trattate chimicamente (bio), sale e pepe q.b.

Preparazione: In una casseruola mettere un filo di olio di oliva con la cipolla tritata, quindi farla imbiondire. Aggiungere il riso fino a farlo tostare, sfumarlo con il prosecco e farlo evaporare. Aggiungere un mestolo di brodo. A parte, mondare le fragole e i petali di rosa: sminuzzare le fragole creando una purea, aggiungendole al riso a metà cottura assieme ai petali di rosa.

A cottura ultimata mantecare con una noce di burro fior di panna. Aggiungere una manciata di parmigiano e dare una pepata, quindi impiattare il risotto con una fricassea di fragole, i petali di rosa e il profumo di limone.

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Annone Veneto prende il nome dalla nona pietra miliare (ad nonum lapidem) di quale antica strada romana? Risolvi lo schema e la soluzione apparirà nelle caselle cerchiate.

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O P E R A I O A E P A L L O F E

ORIZZONTALI 1. Grosso albero africano - 6. Sicuri, leali - 11. Grosso strumento a corde - 12. Capo politico - 14. E va bene! - 15. Il padre della miss - 16. Iniziali di Toscanini - 17. I confini della Spagna - 18. Chiave - 20. Grosse ondate - 25. Si tagliano inaugurando - 26.

Breve squillo - 28. La Chris grande tennista - 29. Sfila per le strade - 30. È affine alla caffeina - 31. Una nota Ines - 33. John Dickson giallista - 34. Misura... astronomica - 35.

Pende dal soffitto nelle grotte - 37. Trasmissione tv dal vivo - 38. Due a Roma antica - 39.

Relativi ai mesi più caldi dell’anno - 40. Pallone in rete - 41. Dopo set e prima di nov - 42.

Aggregate - 43. Lavorano di buon mattino VERTICALI 1. Voci liriche - 2. Gonfia il pallone - 3. Offerta Pubblica d’Acquisto - 4. Capoluogo pugliese (sigla) - 5. Confezione per farmaci - 6. Vuoti, frivoli - 7. Come sopra - 8.

Dileggiare, schernire - 9. In mezzo al mare - 10. Rivestiti di malta - 13. L’ispirazione dell’artista - 15. Esposizioni d’arte - 18. Può essere stagna nella nave - 19. Nome di teatri - 20.

Un attributo di Gesù - 21. Pupi regista - 22. Ridata - 23. Gruppo delle Alpi Retiche - 24.

I brillanti per i lustrini - 25. Dannosi alla salute - 27. Buona a niente - 30. Non smette di rodere - 32. Cento grammi - 34. La Edith di “La vie en rose” - 36. Fra due tac - 37. La nota “di petto” - 40. Il principio del generoso

CRUCIPUZZLE Il ramo principale di quale fiume attraversava anticamente Fossalta di Portogruaro, che era superabile mediante un guado (fossa alta)?

Le lettere rimanenti daranno la soluzione della domanda.

AMICO ATTEGGIAMENTO BRUCIARE CARATTERE COMPIERE COMUNICAZIONE CONGRESSO DENARO DIRITTO ENERGIA FOLLA GIOIA GRADO GRECO GRUPPO GUERRA IMMAGINARE IMPEDIRE

LATTE MADRE MATERIA MEDIO MINIMO MOLTO OMBRA OPERAIO PADRE PARTE PASSO PAURA PENSARE PEZZO PIEDE PIETRA POPOLO PORTA

POSTO PROPRIO PROVARE RACCOGLIERE RECARE REGNO RIDERE SENSO SERIO SMETTERE SPAZIO SPERARE TEMPO TESTA VIAGGIO VICINO

LE SOLUZIONI DEI GIOCHI DEL NUMERO PRECEDENTE

O D I A R E

R A N G E R

D I I N N I O C R O

A L I C N E I M P E A T N E

L I N E A V B M E C I L E F N N

P A U R A B O O A M O R E E I A

I E E A A E I L A O O R R T A S

O D A E A E R O O O B D T A T O

O P R G S M E T T E R E A T T C

R A R A T I R A U C R V A A R I A C R O S P O S A T O N E T A D A N A I N I F O R O O

L N I I I A P O S S I B I L E N

A U C P C L I S F S L U P R G D

U S N S U D G I P E E T A O G E

T U I G E T A O V N S T C T I R

O M M M O T S A T O S A S T A E

S S A A I O L K I I M N D I D F A T S I D E C A A V O R I T L O G I A I

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B T B I R L R I I E E T T O N T

I I O O T I C U O R E M U N T N

L N N U R T N B P I C C O L O A

A N T I A E R E O

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