Portogruaro.Net Magazine

MAGAZINE Stiamo in salute I maggiori traumi per i nostri denti

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Fuoriscena Intervista esclusiva a Silvio Orlando

Ritorno al futuro Le stampanti 3D nel lavoro di oggi e di domani

In copertina

STUDENTI: COSA FARE D'ESTATE? Siamo nel clou delle vacanze estive, immergiamoci nel mondo dei giovani per scoprire se prediligono l’ozio assoluto o il darsi da fare Stampato in 11.000 copie e distribuito gratuitamente casa per casa a Portogruaro e frazioni

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L’ETÀ DELLA POST-VERITÀ

Sommario

FATEMI CAPIRE: QUINDI IL GIORNALISMO È MORTO? L’editoriale di Giulio Serra

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sercizio di autoanalisi introspettiva per direttori di giornale: tema “Il giornalismo è vivo o è morto?”, svolgimento “La seconda, senza dubbi. Fine”. Troppo pessimista? Forse, ma l’attualità impone ad esserlo. Se anni e anni di inchieste, approfondimenti, scoop, editoriali, elzeviri, hanno partorito l’attualissima e soggettivissima “post-verità”, beh, allora confermo tutto e rilancio: il giornalismo è morto e sepolto. Sì, perché se è ormai assodato che la post-verità ha fatto vincere le elezioni a Donald Trump,

oscurando - in quegli stessi giorni di fine 2016 - decine di inchieste giornalistiche indirizzate al magnate e pubblicate dai più autorevoli tabloid americani, allora significa che la postverità ha definitivamente sconfitto il giornalismo puro, svalutandolo e ridicolizzandolo agli occhi della gente. Cosa c’è di più importante, infatti, dell’elezione del presidente della più influente e ricca nazione al mondo? E quale ruolo dovrebbe avere il giornalismo se non quello di far catalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica sul profilo umano e morale di un candidato alla Casa Bianca? Se, come detto, la post-verità ha polverizzato il giornalismo tradizionale su uno degli eventi più significativi per gli americani e per tutti noi, a questo punto non resta altro che sancire fino all’ultimo grado di giudizio che, ahimè!, il giornalismo è finito. Ma facciamo un passo avanti e ci chiediamo: cos’è la post-verità?

Armi di distrazione di massa Verità o bufala? O è una cosa a metà tra la verità e la bufala? La definizione esatta di post-verità non esiste.

O meglio: sono in molti a cercare di darne una ma la realtà è che la post-verità, per sua stessa natura, è indefinibile. Per provare a dire cos’è la post-verità è molto meglio, a mio parere, usare qualche esempio. 1: “Brexit permetterà alla Gran Bretagna di risparmiare 350 milioni di sterline alla settimana attualmente spesi in contributi all’Unione Europea e investirli nella sanità pubblica nazionale”. È questo il mantra con cui i sostenitori della Brexit hanno convinto (as-

sieme a molti altri di questo tenore) i britannici a tagliare il cordone che li legava all’Europa. Uno slogan che gli stessi autori hanno successivamente ammesso essere falso (la Gran Bretagna non versa infatti 350 milioni di sterline alla settimana all’UE) ma che nel frattempo ha ingannato il popolo condizionandone fortemente la scelta. 2: “Barack Obama è musulmano e non è nato negli Stati Uniti”. Per mesi The Donald ha promosso questa “campagna” di discredito contro l’ex presidente americano, colpendo lui e, di sponda, Hillary Clinton. Nonostante il certificato di nascita prontamente esibito dallo stesso Obama (che ne testimoniava la nascita alle Hawaii), il popolo americano ha continuato a vivere con il sospetto che quel certificato fosse addirittura un fake, alimentando una post-verità insinuata in lungo e in largo negli States da Trump e dal suo staff di comunicazione.

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Diventeremo dei selettori umani Dovremo quindi abituarci a vivere in un mondo di post-verità? Io personalmente credo che dovremo perlomeno abituarci a conviverci. La postverità, infatti, non scomparirà con uno schiocco di dita ma, anzi, l’uso planetario dei social media lo alimenterà sempre più (nonostante filtri e filtrini). Ma spetterà a noi - utenti - il compito di selezionare, indagare, ascoltare e leggere più fonti, diventando una sorta di selettori umani. E spetterà a noi - giornalisti - il compito di accompagnare gli utenti in questa selezione di notizie, nella comprensione della verità; nel diventare selettori umani, per l’appunto. E forse, in fin dei conti, il giornalismo non morirà... con ogni probabilità si stravolgerà, cambierà platea, strumenti, fonti, ma alla lunga sopravviverà (sperando che anche questa tesi non si riveli col tempo una post-verità!)

Editoriale Cosa significa post-verità

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In copertina L'estate dei giovani

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Stiamo in salute I traumi dentali

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Leggiamoci su I gruppi di lettura

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La parola a Confartigianato V. O.

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Fuoriscena Intervista a Silvio Orlando

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Oltre confine Itinerario fluviale

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Pratichiamo Biomasse meno inquinanti

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Ritorno al futuro Le stampanti 3D

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L’acquolina in bocca I pesci d'acqua dolce in cucina 14 Giocherellando Cruciverba e crucipuzzle

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In copertina

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LUGLIO AGOSTO 2017

ESTATE, I GIOVANI SI RIMBOCCANO LE MANICHE TRE I PUNTI CHIAVE: DIVERTIMENTO, VOLONTARIATO ED ESPERIENZA LAVORATIVA

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on l’arrivo dell’estate inizia la fervente fase di programmazione delle vacanze che, sempre più, diviene ricerca di proposte particolari soprattutto per i più giovani. La bella stagione diventa un momento in cui si ha voglia di buttarsi in nuove avventure, in contesti diversi, in esperienze di gruppo con un occhio all’impegno e con l’altro alla sana leggerezza. Quindi, dopo le colonie degli anni Cinquanta e Sessanta, l’Interrail degli anni Settanta e Ottanta, le destinazioni da beach party degli anni Novanta e Duemila, quali saranno le intenzioni dei ragazzi d’oggi per questa estate? La vacanza stile tintarella e ozio assoluto sembra essere passata.

Per molti giovani non va più bene, non soddisfa più. Ecco perché al dolce far niente, al divertimento fine a se stesso, alle distrazioni frivole si preferisce una rimboccata di maniche. Chi nel volontariato, chi nell’alternanza scuola-lavoro e chi, invece, nella cosiddetta “stagione” in qualche attività nelle località balneari qui vicine. Conta fare qualcosa: occupare la giornata con un mix di ingredienti che rendano le vacanze tutt’altro che classiche. Scopriamo insieme, dunque, come si danno da fare i nostri giovani.

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Ciurme di bambini e ragazzi, capitanati da parroci e guidati da giovani animatori prendono d’assalto oratori e campetti per vivere l’esperienza che attendono da tutto l’anno: il grest. Gli animatori preparano per i bambini giochi, laboratori, visite, si impegnano per un unico obiettivo: stare insieme e divertirsi. Ed è proprio questo che spinge tanti adolescenti a decidere di far parte del Gruppo Animatori, “sacrificando” alcune settimane di vacanza da scuola. “Frequento il grest da tre anni - racconta Stefano, animatore 17enne nella parrocchia di Sant’Andrea a Portogruaro -. Ho fatto questa scelta perché mi sembrava un bel gesto per la comunità e un modo per

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divertirmi d’estate. Tuttavia, ritenevo l’esperienza anche una sfida personale adatta a farmi capire le mie qualità e capacità, soprattutto nell’affrontare così tanti bambini insieme. A guidarmi in questa decisione sono state le parole di Papa Francesco, il quale sostiene che i ragazzi d’oggi devono alzarsi dal divano per darsi da fare, aiutando e mettendosi in gioco. Io ho fatto proprio così”. Un impegno che non dura solo tre settimane, ma è frutto di un percorso formativo che continua tutto l’anno. “A differenza di quanto si possa pensare - spiega Carolina, anche lei animatrice nella parrocchia di Sant’Andrea - il gruppo animatori è attivo anche l’inverno. Da settembre, infatti, ci riuniamo ogni mercoledì sera per organizzare le attività, in particolare il grest. È proprio in quest’occasione che l’animatore si mette alla prova.

In queste tre settimane è fondamentale il lavoro di gruppo e l’unione, senza i quali nulla potrebbe funzionare”. È un’esperienza davvero arricchente. “Si impara a relazionarsi con altre persone - sostiene Carolina - abituandosi ad avere a che fare con opinioni diverse, spesso contrastanti. Ti aiuta, inoltre, ad uscire fuori dagli schemi, a pensare velocemente a delle alternative che non erano comprese nei piani”.

“Spesso - conclude Stefano - propongo l’attività ai miei amici che non hanno niente da fare e vogliono imbattersi in qualcosa di nuovo. Lo consiglio perché è un modo alternativo di stare tutti quanti insieme, per avvicinarsi alla chiesa, per crescere, farsi nuovi amici e per staccare dalla tecnologia.

Sinceramente non ho mai pensato di trovarmi un lavoretto: quando sarà il tempo di lavorare, lo farò. Ahimè, frase un po’ da sfaticato: diciamo che mi piace vivere l’estate dopo la scuola”.

Scout, il servizio ai campi estivi L’amore per la natura, per l’avventura, per la vita all’aria aperta. La riscoperta della manualità, del servizio verso

In copertina gli altri, della buona azione. La strada, la condivisione, la fatica, le regole, la lealtà. Il gioco, il fuoco di bivacco, le canzoni strimpellate, le notti in tenda a raccontarsi storie e a sognare il futuro. Sono questi gli aspetti e i valori che attraggono molti giovani a dire “sì” all’esperienza scout, uno stile che ti accompagna per tutta la vita.

In estate, per i giovani scout, è tempo di raccogliere i frutti di un anno intero di lavoro, è tempo di campi estivi.

Sono diversi i giovani che si mettono al servizio del gruppo aiutando gli adulti nell’organizzazione e nell’animazione delle attività estive per i più piccoli. Un esempio sono i ragazzi del Clan (dai 16 ai 20 anni) del gruppo scout Settimo 1 (Cinto Caomaggiore).

“Ho scelto di intraprendere la strada scout fin da quando ero piccolo - dice Diego, uno dei ragazzi del Clan - perché ho trovato valori e avventure che condivido: lo stare insieme in un clima di comunità, il rispetto reciproco e per la natura, per non parlare dello spirito avventuriero e pioneristico che ti consente di metterti in gioco.

Non è un’esperienza per tutti: solo chi è disposto a sopportare la fatica e, in generale, la vita scout può farlo”.

I ragazzi tra luglio e agosto si divideranno tra le “Vacanze di branco” con i lupetti (i bambini dagli 8 agli 11 anni) e il campo estivo degli Esploratori (i ragazzi dai 12 ai 16 anni) per poi vivere in prima persona la loro “route” estiva in Umbria, dove, oltre alle giornate di cammino, faranno anche servizio presso la Caritas di Assisi.

“Ho scelto lo scautismo - spiega Elia, 17enne del gruppo - per la compagnia e le attività diverse dal solito, che difficilmente hai la possibilità di fare da altre parti. Ogni esperienza scout ti lascia qualcosa di nuovo e significativo indipendentemente dal fatto che sia un campo estivo, una riunione o un servizio”.

Un lavoro per le vacanze da scuola Questa estate li si vede un po’ dappertutto: nelle anagrafi, nelle biblioteche, nei musei, ma anche in alcune aziende del territorio. Sguardo un po’ sperduto, intimiditi, non si fa fatica a riconoscerli. Sono gli studenti chiamati a fare l’alternanza scuola-lavoro, come prevede la legge 107 della Buona Scuola. “Il decreto - spiega Roberto Barbuio, dirigente scolastico del Liceo XXV Aprile di Portogruaro - prevede 200 ore obbligatorie nel triennio dei licei, 400 ore, invece, negli istituti professionali e tecnici. È un’ottima occasione per avvicinare gli studenti al mondo del lavoro”. Per questo tipo di esperienza non esiste un vero e proprio accordo tra scuola ed ente ospitante. “Ci sono una serie di progetti che gestisce direttamente la scuola afferma Marina Drigo, insegnante del Liceo XXV Aprile - ma, in genere, si è creata una prassi per la quale i colleghi, i ragazzi e le rispettive famiglie prendono i contatti con i vari esercizi”. Svariate sono le possibilità per gli studenti che possono decidere di espletare le 200 ore sia durante l’anno scolastico sia nel corso dell’estate. “In questi tre mesi di vacanza - continua Marina Drigo - diversi studenti sono nelle biblioteche di alcuni paesi del territorio, tra cui Annone Veneto, San

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Michele e Cordovado, oppure nelle librerie dove sono impegnati nella catalogazione dei libri e nel dare consigli ai clienti. C’è anche chi si sposta verso il mare: alcuni fanno i bagnini, altri aiutano nelle farmacie avendo anche l’opportunità di parlare le lingue studiate a scuola. Ad ospitare i ragazzi sono anche agenzie di viaggi, studi fotografici e camping. Un ragazzo, ad esempio, spenderà le sue 200 ore in un camping di Cavallino e svolgerà compiti relativi alla sicurezza: accompagnerà - conclude la professoressa Drigo - i tecnici nei vari controlli, così potrà mettere in pratica alcune conoscenze apprese a scuola frequentando i corsi sulla sicurezza, primo soccorso e antincendio”. A tutte queste attività si aggiungono quelle di affiancamento agli istruttori nelle associazioni sportive (danza e pallacanestro in particolare), negli Uffici Protocollo dei Comuni e negli studi legali, dove gli studenti prendono consapevolezza di come si può scrivere una lettera e partecipano alle udienze pubbliche in tribunale.

Ultimamente, prendono sempre più piede le iniziative all’estero. In molti, infatti, decidono di fare un’esperienza di studio in un altro Paese grazie a progetti come Intercultura e Vivimondo. Tra queste centinaia di studenti c’è anche chi ha già completato le ore di alternanza scuola-lavoro e ha deciso di andare a fare la cosiddetta “stagione”, come Giovanna, 18enne portogruarese. “È stata una mia scelta - sostiene - nessuno mi ha imposto niente. Lavoro come commessa in un negozio di bigiotteria: ho iniziato facendo solo i weekend perché non era ancora terminata la scuola, ora, invece, seguo l’orario ordinario. Penso sia un’esperienza indimenticabile: il fatto di doversela cavare da soli lontano da casa ti aiuta a crescere e ti dà l’idea del vero significato della parola autonomia”.

Gloria Morettin

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Stiamo in salute

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I TRAUMI DENTALI SI TRATTA DI UNA PATOLOGIA CHE HA UNA SENSIBILE INCIDENZA NEI BAMBINI, E CIÒ È OVVIAMENTE LEGATO ALL’ESUBERANZA E ALLA VIVACITÀ TIPICHE DELL’ETÀ. CI PREME QUI SOTTOLINEARE L’IMPORTANZA, IN CASO DI TRAUMA DENTARIO, DI UNA VISITA ODONTOIATRICA IMMEDIATA ANCHE NEI CASI CHE, APPARENTEMENTE, PRODUCONO MENO EFFETTI “VISIBILI”

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primi denti erompono normalmente verso i 6 mesi di vita, e a 30 mesi circa la prima dentizione è completa. Questa viene definita “dentatura decidua” (i cosiddetti “denti da latte”) e consta di 20 elementi dentari. Verso i 6 anni compaiono i primi denti permanenti (o denti definitivi) aggiungendosi, e in alcuni casi sostituendosi, agli elementi della dentatura decidua. Verso i 12 anni la nostra dentatura è completa e conta 28 denti (per maggior esattezza, la dentatura permanente si completa verso i 18-20 anni con l’eruzione dei denti del giudizio, per un totale di 32 denti). Quando il dente permanente comincia a svilupparsi all’interno delle arcate ossee prende il nome di “germe dentario” e, crescendo, assume gradualmente la sua forma matura composta di una “corona” (la parte del dente che noi vediamo in bocca) e di una “radice” (la parte del dente che non vediamo, che sta sotto alla gengiva e come la radice di un albero provvede alla stabilità del dente). Nel bambino, di solito, vi è la presenza di denti da latte e di germi dentari dei denti permanenti che muteranno e cresceranno fino a scalzare i denti da latte, sostituendosi ad essi. Il germe dentario si trova in stretta vicinanza con la radice del dente da latte.

Un ultimo cenno anatomico: il dente, al suo interno, contiene un “fascicolo vascolo nervoso”, il cosiddetto “nervo”, che provvede alla sua sensibilità e al suo nutrimento.

La dinamica dei traumi I traumi si possono verificare con un meccanismo diretto (es. caduta sul viso o urto dei denti contro lo spigolo di un tavolo) oppure indiretto (es. caduta sul mento con conseguente chiusura improvvisa dell’arcata dentaria inferiore contro la superiore). I più colpiti in assoluto sono gli incisivi superiori. Esaminiamo ora brevemente le più frequenti conseguenze dei traumi.

minore sarà il tempo trascorso dall’evento traumatico, tanto maggiore sarà la probabilità del successo di questa metodica.

La lussazione Con questo termine si intende una perdita di stabilità del dente traumatizzato con mobilità e possibile spostamento dalla sua sede. Molto sinteticamente si dirà che se un dente è fuori dalla sua sede, per prima cosa bisogna riportarlo nella sua posizione originaria (manovra di “riduzione”) e lì bloccarlo (“contenzione”) per fargli riacquistare la stabili-

tà perduta. Poi il dente andrà seguito e rivalutato a distanza.

La frattura È più frequente nei denti permanenti (soprattutto incisivi superiori). Le fratture possono interessare solo lo strato più superficiale del dente (lo “smalto”) o più in profondità (la “dentina”) o interessare anche il fascicolo vascolo nervoso (il “nervo”) e ancor più in profondità fino alla radice. La terapia sarà diversa da caso a caso, dal più semplice al più complesso: dalla semplice ricostruzione con materiale plastico da ottura-

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Estrazione traumatica La più drammatica tra le conseguenze dei traumi è l’estrazione del dente. In questi casi è talvolta possibile recuperare il dente estratto e provvedere al “reimpianto” con successiva immobilizzazione tramite varie metodiche. Tanto

zione alla ricostruzione con l’ausilio di un ancoraggio a “perno”, alla necessità di effettuare la “cura canalare” (“devitalizzazione”), fino alla ricostruzione complessa con corone protesiche (le “capsule”) o all’estrazione nei casi non più recuperabili.

La contusione Tutti i traumi dentari, sia che si accompagnino a lesioni evidenti (come quelli visti finora) o senza evidenti lesioni, possono ledere i tessuti molli del fascio vascolo nervoso in maniera reversibile o irreversibile: possono, in sostanza, “far morire il dente”, provocandone la “necrosi”. Questa condizione può avverarsi senza alcun segno, ma può svelarsi successivamente con un cambio di colorazione (dente scuro) o con eventuali complicanze: infezioni del dente con possibile ascesso (manifestazione acuta) o reazione cronica (granuloma, cisti radicolare) che compromette seriamente la prognosi del dente stesso. È perciò importante che queste lesioni siano diagnosticate precocemente con delle “prove di vitalità”. In tutti i casi descritti, dal più semplice al più complesso, è sempre possibile che il danno si estrinsechi oltreché nel dente interessato anche al “germe” dentario del dente permanente, con esiti di vario tipo che potranno ripercuotersi nella dentatura definitiva.

Riflessioni Dopo questa veloce e molto sommaria trattazione credo sia importante puntualizzare alcune cose. Un bambino che ha subìto un trauma dentario, quale che sia l’effetto, è bene che venga sottoposto ad una visita odontoiatrica per puntualizzare la diagnosi in previsione di un recupero che talvolta richiede un trattamento tempestivo. In alcuni casi, al contrario, il recupero richiede pazienza e rivalutazione a distanza anche di mesi.

Spesso molti traumi sono misconosciuti o perché i genitori non ne vengono a conoscenza o perché essi ritengono alcuni traumi non importanti. Capita di frequente di vedere delle complicanze di traumi a distanza di molti anni dall’evento, in cui i denti sono in condizioni purtroppo difficili da recuperare. Considerando che i più interessati sono gli incisivi centrali superiori, i “denti del sorriso”, è evidente il danno funzionale e, forse, ancor più estetico, derivante dalla compromissione o dalla perdita che presuppone poi un complesso e non sempre soddisfacente intervento a distanza, quasi sempre di tipo protesico (“capsule”, “ponti”, protesi su “impianti”, ecc).

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Leggiamoci su

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INCONTRI SULLA VIA DELLE PAROLE “Ho trasgredito il mandato degli dei del sonno, gli dei minori, per trasferire i ricordi, le domande e le risposte che, una volta udite, si moltiplicano nel cuore degli uomini e nell’opera di quelli che le stampano in vari colori su pelli e teli di iuta”.

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ensando al rapporto tra una città e i suoi libri, la prima domanda che viene in mente di solito è: quanto si legge da queste parti? Al punto interrogativo dovrebbero seguire una sfilza di dati, raccolti con precisione storiografica, in grado di mettere a confronto le percentuali di vendita delle librerie locali con i tassi di prestito delle biblioteche, magari riservando una buona fetta d’attenzione anche al fenomeno degli e-book. Ma un altro aspetto - forse meno istituzionale, seppur decisamente più romantico - sul quale interrogarsi, passeggiando tra gli scaffali colmi di carta stampata, è... come si legge in questa città? I due uncini domandativi potrebbero sembrare strettamente collegati, e lo sono, ma concentrarsi sul secondo aspetto significa prima di tutto pensare al rapporto che esiste tra una determinata popolazione e il mondo della letteratura, nonché alle forme in cui esso si esprime. Leggere, infatti, non vuol dire solo acquistare un insieme di pagine da consumare e far inghiottire alla libreria di casa. Significa anche condividere il proprio percorso di lettura, discutere delle riflessioni nate tra le pagine, esprimere o ascoltare le emozioni che hanno fatto capolino in quel periodo della nostra vita segnato dalla lettura, e ancora incuriosirsi circa le storie di chi quell’insieme di parole l’ha scritto con il sudore della fronte e l’indolenzimento delle dita. Leggere, quindi, non è solo un fatto privato.

(da Il bibliotecario, in Incontro d’amore in un paese in guerra di L. Sepùlveda, edizioni Guanda) so. Ma qual è la composizione interna del gruppo? In altri termini, chi sono i lettori portogruaresi che aderiscono a questo genere di proposte? “Sono per lo più donne, tra cui alcune lettrici volontarie. Gli uomini iscritti, invece, sono solo tre - continua Balasso -. Un dato che non sorprende: gli utenti della biblioteca per il 60-70% sono donne.

L’età media va dai trentacinque anni in su e il livello d’istruzione è medio-alto”.

Una fascia d’età ampia, dalla quale, però, emerge una considerazione importante: dove sono i giovanissimi? “I giovani non leggono - dice Balasso - e

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in questo anche la scuola non aiuta: si pensi alle riflessioni di Daniel Pennac nel suo saggio Come un romanzo”. Forse per attirare un pubblico più giovane bisognerebbe scegliere letture diverse? “Difficile dirlo - conclude -. Siamo aperti a ogni proposta. Ma, in generale, quello che si percepisce è la mancanza di un senso civico e di appartenenza”.

I gruppi di approfondimento letterario Un’altra forma di interesse per la letteratura può essere espressa attraverso una riflessione condivisa sulla vita e

ETRI

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I gruppi di lettura Una delle forme più classiche di condivisione della lettura è la partecipazione a gruppi di confronto che si riuniscono periodicamente per commentare i libri scelti, di volta in volta, in comunione.

Anche la Città del Lemene ha esperienza in questo genere di ritrovi. A marzo 2017, infatti, la Biblioteca “Nicolò Bettoni” ne ha attivato uno che si riunisce presso la sua sede, a Palazzo Altan Venanzio. “C’è stata una risposta importante - spiega Loretta Balasso, responsabile della biblioteca di Portogruaro -. Abbiamo ricevuto più di quaranta adesioni e siamo stati costretti a chiudere molto presto le iscrizioni per lasciare aperta la possibilità di una partecipazione attiva. Ora il gruppo medio è costituito da venti persone attive, alcune delle quali partecipano o hanno partecipato anche ad altri gruppi. In ogni caso si tratta di un progetto pensato per durare nel tempo: abbiamo già inviato una richiesta di interesse agli iscritti, così che se si libererà qualche posto si potranno riaprire le iscrizioni”.

Guardando ai numeri l’iniziativa sembrerebbe aver riscosso un buon succes-

la produzione dei grandi autori, locali e non. Ne sa qualcosa Luisa Pestrin, scrittrice e titolare della casa editrice “La Marilìa”. Da tempo, infatti, ha trasformato in lavoro l’organizzazione - in Veneto e, soprattutto, in Friuli Venezia Giulia - non solo di corsi di scrittura creativa per racconti brevi, ma anche di laboratori d’approfondimento letterario. “Si tratta di piccoli corsi durante i quali parlo della vita di vari autori attraverso quello che hanno scritto e lasciato. Anche se è difficile, di solito cerco di farli partire anche con meno di dieci iscritti. Il mio obiettivo non è aver tanti frequentanti, ma rilassarci vicendevolmente parlando di poesia e di grandi autori. È anche un ottimo aggancio per capire come gli scrittori vedevano il loro tempo o profetizzavano quello che sarebbe accaduto”. Uno degli ultimi laboratori attivati dalla Pestrin, partito il 29 maggio, è quello che verrà ospitato fino ai primi di agosto presso la sede di Villanova della Cooperativa “Il Gabbiano-Il Pino”. Si tratta di un ciclo di dieci incontri da un’ora e mezza dedicato a tre autori friulani: Pier Paolo Pasolini, David Maria Turoldo e Pierluigi Cappello. “Siamo in sette in totale, tra cui anche alcune persone con disabilità. Faremo dieci incontri da un’ora e mezza fino ai primi di agosto. Sono molto soddisfatta, il tempo passa velocemente. I ragazzi si interessano e si documentano. Di solito io introduco l’incontro, leggendo i testi e spiegandoli, poi intervengono. Verso la fine del corso andremo anche a visitare alcuni luoghi rappresentativi”.

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Le occasioni per discutere di libri o autori a Portogruaro ci sono. Ma resta la sensazione che vi siano alcune fasce, in particolare quelle più giovani, ancora lontane dal mondo della carta stampata o, comunque, meno disponibili a impegnare il loro tempo in una condivisione di quanto maturato attraverso l’esperienza della lettura. “È difficile invogliare alla lettura, per questo è importante trovare dei modi per trasmettere prima di tutto il piacere di leggere - conclude Pestrin -. Forse, però, non dovremmo fissarci troppo solo sui numeri: questi fanno massa non cultura.

Se vuoi arrivare da qualche parte, invece, devi investire sulla qualità. Meglio abbassare aspettative e migliorare la ricerca. Il rischio altrimenti è di limitarsi a cercare l’evento, non il libro”.

Massimiliano Drigo

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LUGLIO AGOSTO 2017

Il 2017 rappresenta per Confartigianato Imprese Veneto Orientale un anno importante. La nostra Associazione taglia infatti il traguardo dei 70 anni, un momento importante per noi e per tutti gli artigiani del comprensorio di Portogruaro. Un’attività che inizia i suoi primi passi nel dopoguerra e arriva in epoca moderna fortunatamente ancora in salute.

Settant’anni dalla parte delle imprese!

Abbiamo pensato di intitolare il progetto legato ai festeggiamenti “Luce&materia” (intelletto e creatività) con uno slogan per noi rappresentativo del lavoro artigiano: “Dal 1947, sosteniamo i lavoratori creativi ed originali: gli ARTIGIANI”. La materia è la parte oscura e manovrabile, diciamo la parte bassa, la pancia del lavoro, mentre la luce è da sempre l’intelligenza, l’uso della ragione in funzione della creatività, dell’originalità e dello spirito del tempo.

Questo binomio “Luce&materia”, dunque, rappresenta ora più che mai il valore dell’artigianato.

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sario, nella giornata del Santo Patrono degli Artigiani, San Giuseppe, presso il Duomo cittadino;

e premiazione dei soci benemeriti alla presenza del Presidente Nazionale di Confartigianato Giorgio Merletti presso il Teatro comunale L. Russolo;

5/7 maggio: Artigianato in galleria Esposizione e vendita delle produzioni dei nostri artigiani all’interno della galleria del Centro Commerciale Adriatico2 di Portogruaro;

1 luglio/30 agosto: Luce & Materia Mostra d’arte alla Galleria Ai Molini di Portogruaro, con opere di G. Spagnuolo e G. Favero, per mettere in primo piano il lavoro, conferendogli valore e dignità artistica.

Per celebrare il prestigioso appuntamento abbiamo pensato ad un palinsesto di attività che si snodano fino a fine anno e che possano rendere omaggio a tutti gli imprenditori del mandamento di Portogruaro, forza trainante del nostro sistema economico:

Vi aspettiamo nei prossimi appuntamenti che chiuderanno il 70° Anniversario ed i suoi festeggiamenti:

2/7 agosto: Fiera di Santo Stefano Si dà vita a una nuova dimensione dell’artigianato: T-Neo. Non più solo maestria e lavoro manuale, ma anche tecnologia e passione;

17 marzo: 4P Avvio delle attività di promozione del 70° con l’apertura della pagina Facebook dedicata alla grande opera della Quarta Porta;

19 marzo: Messa solenne Prima occasione di incontro per celebrare l’anniver-

Confartigianato Imprese del Veneto Orientale Associazione dell’Artigianato e delle Imprese Mandamento di Portogruaro fa parte di una delle 119 Associazioni territoriali che compongono il sistema Confartigianato italiano; una vera e propria forza positiva, costantemente impegnata per la tutela dei valori e degli interessi della imprenditorialità, della professionalità

La parola a

28 maggio: Inaugurazione e premiazioni Taglio del nastro e benedizione della Quarta Porta

e della crescita economica.

Confartigianato Imprese del Veneto Orientale, si propone come Sindacato d’impresa largamente di uso sul territorio, garantendo risposte adeguate alle esigenze del settore con una continua azione politico-sindacale ed una capillare ed efficace rete di servizi.

Nel Mandamento di Portogruaro Confartigianato Im-

19/25/26 novembre: Fiera di Sant’Andrea Conclusione dell’anno di festeggiamenti con esposizioni di artigianato e convegno all’Antica Sagra Mercato delle Oche e degli Stivali.

prese del Veneto Orientale è presente con una sede mandamentale a Portogruaro, tre uffici periferici a Caorle, S. Michele al Tagliamento e S. Stino di Livenza, tre recapiti a Annone Veneto, Bibione e La Salute di Livenza e un Centro promozionale, formazione aziendale, sicurezza ambientale e del lavoro a Portogruaro.

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LUGLIO AGOSTO 2017

Fuoriscena

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I LACCI NELLE NOSTRE VITE IL VINCITORE DELLA COPPA VOLPI ALLA 65ª MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA, SILVIO ORLANDO, È STATO PROTAGONISTA AL RUSSOLO DI “LACCI”, UNO SPETTACOLO TRATTO DAL ROMANZO DI DOMENICO STARNONE

Nel 1995 il film “La scuola” l’ha consacrata come uno dei più grandi attori della scena italiana. Oggi ritrova Domenico Starnone (autore del romanzo che diede vita al film “La scuola” e di quello da cui è tratto “Lacci”) a teatro: il vostro è un corteggiamento artistico o cosa?

Diciamo subito che Domenico (Starnone, ndr) fugge e io lo rincorro! A parte gli scherzi, il romanzo “Lacci” aveva già in sé degli intrecci narrativi e un canovaccio che si prestavano benissimo a una sua riduzione teatrale.

Quando ho ricevuto la sceneggiatura, però, mi sono accorto che c’erano così tante cose là dentro che era impossibile metterle tutte in scena. Ma si sa: i romanzieri fanno sempre una gran fatica a tagliare, e così tocca a noi poveri attori il duro compito di sfoltire, mantenere gli equilibri, ricucire e armonizzare.

E il risultato finale la soddisfa?

Devo dire che mi aspettavo parecchie resistenze da parte del pubblico, e invece, fortunatamente, sono arrivati solo commenti positivi. A dire il vero, in ogni spettacolo teatrale c’è sempre il pericolo che gli spettatori non apprezzino la messa in scena. Ma in questo c’era un’ulteriore difficoltà data dal fatto che “Lacci” è una commedia totalmente nuova, senza precedenti e

quindi senza metri di misura. Oltretutto noi non ci siamo limitati a “lisciare il pelo al gatto” ma glielo abbiamo proprio “arruffato”. Nonostante ciò, o forse: grazie a ciò, il pubblico ha accettato il nostro gioco, apportando qualcosa in più e di diverso allo spettacolo stesso.

Durante la tournée, lei e la compagnia riuscite a fare delle ulteriori prove tra una data e l’altra oppure il calendario è così fitto che è praticamente impossibile rimettere mano alla storia?

Con i sistemi di debutto che ci sono in Italia è difficilissimo riuscire a fare

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o raggiungo al telefono dopo settimane di “corteggiamento”.

Dalla reception dell’albergo in cui alloggia (è in tournée in tutta Italia con lo spettacolo) mi mettono in attesa per diversi minuti; poi la sua voce. È quella “silenziosa” di Silvio Orlando, che nulla ha a che fare con quella chiassosa, viscida, irriverente, del Cardinale Voiello, personaggio da lui interpretato nella serie tv “The Young Pope” del premio Oscar Paolo Sorrentino. Silvio Orlando è uno di quei napoletani gloriosi che paiono usciti da qualche soffitta di attori puri. Se il suo interloquire non cedesse, qualche rara volta, in strascichi vesuviani, diresti quasi che Orlando è un uomo del nord, tanto è lontano dalla veracità e dalla voce brillante dei campani. Ci parli e ti fai rapire dal timbro “minuscolo”, rispettoso dei silenzi e delle parole, che rotolano una dopo l’altra con una cura tipica di chi a quelle parole ci tiene. E tanto.

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prove o a modificare la storia durante la tournée. Per fortuna, tuttavia, il teatro è un grande e continuo lavorio, una sorta di macchina che non si ferma mai. È una cosa viva. Questo ci permette di lavorare sulla storia, sui personaggi, sui testi, anche durante le messe in scena. Come ho detto, il teatro è una cosa mutevole che ti porta a lavorare sugli spettacoli giorno dopo giorno. È il bello del teatro.

“Lacci” è la storia di Vanda e di suo marito Aldo. Sposati negli anni ’60, sono oggi divisi nell’affetto e nelle rispettive città di residenza (lui se ne sta a Roma e lei a Napoli). Da questa situazione scaturisce una serie di domande che riguarda tutti noi: che cosa siamo disposti a sacrificare pur di non sentirci in trappola? E che cosa perdiamo, quando scegliamo di tornare sui nostri passi? Insomma, Orlando: nella società odierna esistono i lacci?

Se guardiamo ai lacci come a dei legàmi direi proprio di no. O se esistono, sono dei lacci invisibili, impossibili da vedere. Sono lacci fittizi, dove ci si parla solo via internet, dove non ci si guarda neppure più negli occhi, e dove tutto è liquido. Ecco, mi piacerebbe un mondo meno liquido. Un mondo con più responsabilità da parte di tutti.

Breve biografia di Silvio Orlando Nasce a Napoli il 30 giugno 1957. Esordisce nel 1975 nello spettacolo “Nascette ’mmiez ’o mare”. L’anno successivo inizia la carriera di attore nella scena teatrale.

Dopo il successo raggiunto con il film “La scuola”, nel 2000 vince il Nastro d’argento come migliore attore protagonista per l’interpretazione nel film “Preferisco il rumore del mare”. L’anno successivo prende parte al film di Nanni Moretti “La stanza del figlio” e nel 2006 viene ancora diretto da Moretti ne “Il caimano”, grazie al quale vince il David di Donatello come migliore attore protagonista. Il punto più alto della sua carriera lo raggiunge nel 2008, quando riceve la Coppa Volpi alla 65ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia come miglior attore per il film “Il papà di Giovanna” di Pupi Avati.

S. G.

Oltre confine

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ITINERARIO A PELO D’ACQUA NEL CUORE DEL VENETO ORIENTALE

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IN BARCA TRA SILENZI E SUGGESTIONI

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VILLA SORANZO

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sservo distratta una foglia che si posa sul pelo dell’acqua e leggera e lenta scivola via. È sorprendente notare che, se i toni ed i colori del fiume Lemene variano a seconda dell’ora del giorno e delle condizioni atmosferiche, la sua placidità è una costante che accompagna la vita di tutti i giorni nel Veneto Orientale.

Le Terre dei Dogi sono attraversate da un reticolo di fiumi e canali navigabili che formano il Parco dei fiumi Lemene e Reghena: una risorsa utile che per secoli è stata sfruttata per trasporti e commerci, ma anche un elemento che segna il territorio dandogli unicità e trasmettendogli una carica di romanticismo. È indiscutibile la bellezza del centro storico di Portogruaro affacciato sulle sponde del fiume o il riflesso di Villa Soranzo visto dalla pista ciclabile che collega Portogruaro e Concordia Sagittaria. Ma come sarebbe se gli stessi luoghi venissero osservati da un punto di vista nuovo? Se non guardassimo più l’acqua ma osservassimo dall’acqua? Lo voglio scoprire. Tutto ha inizio in piazza della Dogana, quella che storicamente era la porta d’ingresso a Portogruaro: in passato, come in una piccola Venezia, anche qui le strade erano d’acqua e gli ingressi principali dei palazzi erano tutti rivolti sul canale. Da piazza della Dogana piccole barchette elettriche ci portano alla scoperta di un mondo diverso: sono quei paesaggi che si possono vedere durante una passeggiata o una corsa in bicicletta ma che, percorsi in barca, assumono un aspetto totalmente nuovo. Le imbarcazioni si noleggiano in loco presso l’azienda Blu Verderame e si guidano in autonomia per seguire il proprio personale itinerario lungo le vie d’acqua del Veneto Orientale.

In barca nel cuore di Portogruaro Il ronzio silenzioso del motore elettrico è la colonna sonora di questa gita sull’acqua. Poi ci sono i rumori circostanti: quelli delle auto nelle strade, il chiacchiericcio di qualche passante o lo starnazzare delle anatre, ma tutto sembra attutito come se il fiume assorbisse ogni rumore rendendolo più dolce e delicato. Navighiamo verso il cuore di Portogruaro superando un ponte dopo l’altro ed entrando piano piano nella città storica. I palazzi più recenti lasciano spazio a quelli più antichi, si scoprono giardini nascosti dietro ad alti muri e

accessi al fiume che - non più utilizzati - sono inghiottiti dai rampicanti. È quel “dietro le quinte” che sfugge al nostro occhio quando passeggiamo per le vie del centro storico, è la città che svela timidamente la sua intimità. L’aspettativa è ormai altissima quando si supera l’ultima ansa e l’emozione è grande quando, uno dopo l’altro, fanno capoli-

no i molini, la piazzetta della Pescheria e il campanile. Il respiro si ferma per un attimo e si rimane incantati di fronte a quel quadro meraviglioso. Si vorrebbe proseguire oltre ma i molini fungono da diga e non ci permettono di scoprire cosa si nasconde oltre ad essi: possiamo solo immaginare altri giardini segreti, sponde smeraldo in cui nidificano le

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anatre selvatiche e gli altri uccelli che hanno la loro casa qui.

Lungo il Reghena fino a Summaga A pochi metri da piazza della Dogana le acque del fiume Reghena si tuffano sul Lemene, curiosi le risaliamo per un tratto fino ad arrivare all’Abbazia di Summaga. La barchetta si addentra nella campagna ma si fa fatica a visualizzare i campi circostanti da questa posizione ribassata, infatti il corso del fiume è costeggiato da alti argini, uno dei quali è per un tratto adibito a pista ciclopedonale. Tra la vegetazione fluviale si intravedono pazienti pescatori con le lenze tese e qualche airone in cerca di cibo e pronto a spiccare il volo al nostro passaggio.

L’Abbazia si scorge da lontano grazie alla sua posizione rialzata e sulle sponde del Reghena, prima piccina, poi sempre più grande.

Tra i riflessi a Concordia Anche la bella Concordia Sagittaria può essere parte di un itinerario in barca, basta seguire il corso del fiume Lemene verso il mare e in poco più di mezz’ora di navigazione da Portogruaro raggiungerne le sponde. Il percorso è semplice e senza ostacoli, la colonna sonora è sempre una sinfonia che unisce il leggero ronzio del mezzo ed i rumori attutiti della natura. Ogni cosa si riflette sull’acqua come su uno specchio: le fronde dei salici, le persone e le biciclette che percorrono la pista ciclabile, le guglie di una fabbrica e le anatre che spiccano il volo. L’impressione è di trovarsi sospesi a metà tra due mondi identici e simmetrici mentre il cielo limpido e la luce calda del tramonto contribuiscono a rendere gli scorci ancora più incantevoli. Raggiunta Concordia la perfezione è concludere l’escursione con un aperitivo direttamente a bordo o godendosi il tramonto da uno dei tavolini di via Roma prima di rientrare alla base e ricominciare a guardare l’acqua “da fuori”, ma ora con occhi diversi.

Valentina Paro

Questa rubrica è realizzata grazie al contributo di:

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Pratichiamo il futuro

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LA NUOVA FRONTIERA DEL FUOCO SEMPRE PIÙ FAMIGLIE UTILIZZANO FONTI DI RISCALDAMENTO DERIVANTI DA BIOMASSE. UN BUON MODO PER RIDURRE L'INQUINAMENTO È GUARDARE ALLE NUOVE TECNOLOGIE: VEDIAMO INSIEME IL SISTEMA A PIROLISI

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e statistiche negli ultimi anni ci dicono che è cresciuto il numero di famiglie italiane che ha deciso di utilizzare fonti di riscaldamento derivanti da biomasse. Con una quota del 40% complessivo, l’Italia è il primo consumatore europeo di pellets a uso domestico. Una famiglia su cinque, infatti, utilizza impianti di riscaldamento “alternativi”, per un totale di 10 milioni tra stufe e caldaie alimentate a biomassa legnosa. I dati sono stati forniti su base 2013 dall’ISTAT, che ha portato a termine per la prima volta uno studio sui consumi energetici delle famiglie italiane. È sempre il metano la fonte primaria del riscaldamento per le utenze: il 70,9% lo usa per riscaldare la propria abitazione.

Subito dietro, però, viene la biomassa, anche se principalmente per uso termico, con il 14,5% delle famiglie che lo privilegia.

per gli impianti automatici alimentati a pellet, dove la qualità del combustibile influenza in modo importante i livelli di emissione (ad es. con il suo contenuto di ceneri e cloro), specie nei boiler a pellet. La combustione di biomassa legnosa presenta quantitativi medi di emissione di inquinanti

per unità di energia termica sviluppata superiore rispetto a quella del gas naturale; come già detto, considerando la gamma di impianti domestici di combustione della legna utilizzati, vi sono grandi differenze, con un impatto maggiore in termini emissivi degli impianti più obsoleti (caminetto aper-

Un futuro più pulito

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Da un punto di vista ambientale, se si decide di optare per questo tipo di riscaldamento sarebbe bene prediligere e ricercare combustibile di origine locale, oltre che certificato. Un’opzione che si sta sempre più affacciando all’orizzonte nel panorama del riscaldamento derivante da biomasse è un’importante innovazione dell’idea di combustione. Sto parlando della combustione tramite l’uso del sistema a pirolisi che alla fiera “Progetto fuoco 2016” di Verona ha mostrato molte delle sue potenzialità. L’idea è stata sviluppata proprio nel nostro territorio dall’Università di Udine ed oggi se ne occupa in particolare Blucomb, una realtà innovativa che sta progettando soluzioni pirolitiche per vari tipi di stufe. Il bruciatore a microgassificazione brevettato da Blucomb permette una combustione efficiente e, come dicono loro, “ordinata”. Per quanto riguarda il contenimento delle emissioni di CO (monossido di carbonio) e particolato, la tecnologia Blucomb garantisce risultati di gran lunga superiori alle combustioni tradizionali a legna, mantenendo un’altissima efficienza. Il pellet viene bruciato generando una fiamma del tutto simile a quella della legna che, oltre l’ambiente, scalda l’anima, preservando il piacere del fuoco tradizionale. La combustione avviene con un tiraggio naturale senza la necessità di corrente elettrica, garantendo così il funzionamento della stufa anche in caso di guasti o black-out. Oltre agli svariati vantaggi enunciati, questa innovazione permette di ottenere alla fine del primo processo di combustione del buon carbone di legna da poter utilizzare nella fertilizzazione dei terreni. In questo modo si procede ad un vero e proprio sequestro di carbonio dall’atmosfera, ovvero proprio il carbone di legna non andato combusto. Il geniale principio da cui è scaturita questa soluzione è ancora in via di implementazione ma già oggi tramite vari progetti si possono ammirare le potenzialità di questa nuova frontiera del fuoco.

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Prorogato il Conto Termico 2.0 Il rapporto ISTAT sulle biomasse a uso domestico distingue tra legna da ardere e pellets. In Italia nel 2013 se ne sono consumati 19 milioni di tonnellate, 1,4 milioni è la quota parte del pellets. Numeri che hanno permesso all’Italia di raggiungere e superare con grande anticipo l’obiettivo fissato per le biomasse dal PAN (Piano d’Azione Nazionale) per le energie rinnovabili per il 2020. A questo proposito, va ricordato che è stato prorogato anche per quest’anno il Conto Termico 2.0, in vigore dal 31 maggio del 2016, che incentiva interventi per l’incremento dell’efficienza energetica e la produzione di energia termica da fonti rinnovabili. Al contrario dell’Ecobonus, è un incentivo stabile, ovvero senza scadenza, usufruibile da privati e Pubbliche amministrazioni.

Facendo una panoramica geografica, l’uso delle biomasse è preferito soprattutto nei comuni montani, nel nostro Nordest e in Centro Italia. Sardegna, Umbria, Val d’Aosta e Trentino-Alto Adige risultano essere le Regioni dove, nello specifico, va per la maggiore il pellets. Come riportato da Arpa Veneto, “rispetto alle emissioni in atmosfera, le modalità di combustione e la stagionatura hanno un peso maggiore rispetto al tipo di biomassa utilizzata, specie per apparecchi ad alimentazione manuale. Ciò non sembra valere

to, stufa tradizionale) rispetto a quelli più avanzati tecnologicamente (caldaia e stufa innovativa, stufa a pellet)”.

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LA STAMPA 3D, UNA TECNOLOGIA PER IL FUTURO NEI FABLAB, NEL SETTORE INDUSTRIALE, IN AMBITO GASTRONOMICO E PERSINO IN AMBITO MEDICO: LA STAMPA 3D SEMBRA RAPPRESENTARE L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA PIÙ PROMETTENTE PER IL NOSTRO FUTURO

Le aziende alla prova dell’Hi-tech

strada verso nuovi mercati.

Plus+ e i fabber Oltre che nel settore industriale, la stampa 3D ha trovato riscontro nel pubblico profano amante della tecnologia e della sperimentazione tecnologica. Gli appassionati, infatti, hanno trovato nei cosiddetti fablab (dall’inglese fabrication laboratory), una piccola officina che unisce l’artigianato alla fabbricazione digitale, un punto d’incontro e di sperimentazione. Un posto dove sviluppare progetti e prototipi utilizzando nuove tecnologie e macchinari. “Sono per lo più giovani che approfittano del laboratorio per scambiare idee e progetti fra loro”, ci ha detto Giulia, membro di Plus+, un fablab di Portogruaro, descrivendo il pubblico che frequenta questo inno-

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Uno dei settori più promettenti per la stampa 3D è certamente quello industriale. “La stampa 3D permette di aprire nuovi mercati. E molte aziende ci stanno provando a utilizzare questa nuova tecnologia e a sfruttare le sue potenzialità”. A dirlo è Marco Giuliato, architetto e co-founder di ProtoMaker, un service con sede a Dosson di Casier (TV). Si tratta di una start-up che mette a disposizione delle aziende delle stampanti 3D e non solo. Fondata nel 2013, inizialmente da tre soci e con il supporto di un’azienda di telecomunicazioni, è oggi una delle più promettenti realtà dedite alla progettazione e realizzazione attraverso la stampa 3D presenti in Veneto e attiva in tutto il Triveneto. “La stampa 3D - continua Giuliato - è una realtà ancora non totalmente compresa dalle aziende ma permette di posizionarsi su nuove fasce di mercato. C’è ancora della diffidenza tra le aziende della nostra regione, mentre in contesti come il Trentino ci sono più realtà simili alla nostra e le aziende sembrano più propense a sperimentare e innovare”. Eppure vantaggi ce ne sarebbero.

La stampa 3D permette “soprattutto alle piccole-medie imprese - ci dice di poter accettare commesse che, per la quantità di prodotti richiesti, sono troppo onerose da sostenere con le tradizionali tecniche di produzione”. E, come abbiamo detto all’inizio, non c’è limite alla fantasia. “Il bello di lavorare e fare imprenditoria in questo campo tecnologico è che non abbiamo delle commesse da un unico settore merceologico. Sono molti i settori con cui ci confrontiamo quotidianamente: dalla meccanica all’illuminazione, dallo stampaggio alla pubblicistica”. Ciò che

bisogna considerare, però, è che sono soprattutto le aziende che intendono rinnovarsi, quelle più propense a sperimentare questo nuovo tipo di produzione e prototipizzazione. “La stampa 3D - avverte Giuliato - offre la possibilità di personalizzare i prodotti. Anche per piccole produzioni. Ed è ciò che il mercato chiede”. Per questo l’azienda trevigiana lavora soprattutto con le piccole e medie imprese, caratteristiche della realtà produttiva del Nordest. Le grandi aziende, invece, hanno la possibilità di acquistare le stampanti 3D e nel loro processo produttivo la stampa 3D entra soprattutto tra la fase della progettazione e quella della realizzazione. La nuova tecnologia non ha ancora espresso totalmente le proprie potenzialità ma la stampa 3D potrebbe essere la chiave per aprire la

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astasciutta, strutture in vetro, piccoli edifici. Ma anche protesi e addirittura organi. Queste sono solo alcune delle ormai innumerevoli applicazioni della stampa 3D. E non c’è giorno che non venga dato l’annuncio della possibilità di stampare nuove e impensabili strutture o di utilizzare nuovi materiali. È ormai entrata prepotentemente nella nostra vita quotidiana ma se vi sembra una tecnologia molto recente, potreste stupirvi nel sapere che, invece, ha più di trent’anni. La storia della stampa 3D inizia nel 1982 quando Charles Hull inventò la stereolitografia, un metodo per creare oggetti da strati solidificati di resina sensibile alla luce ultravioletta. Ottenne il brevetto nel 1986 e, nello stesso anno, fondò la 3D Systems.

Da allora, la tecnica ha subito continue innovazioni e migliorie e la resina è stata via via sostituita con moltissimi altri materiali. Oggi le possibili applicazioni della stampa 3D sono praticamente illimitate e molti ipotetici impieghi rimangono inesplorati.

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vativo spazio creativo. “Ogni venerdì sera è ormai appuntamento fisso per i makers della zona incontrarsi per discutere sulle proprie stampanti e per lavorare a progetti comuni” ci ha raccontato descrivendo la realtà del fablab portogruarese. Quella di Plus+, attivo dal 2015, è una realtà locale gestita da giovani che mette a disposizione tre diverse stampanti 3D e offre la possibilità di stampare oggetti con diversi materiali (plastica, gomma o resina). La presenza - oltre che di una laser cutter, una fresatrice CNC, una da banco, una stazione saldante e un plotter da taglio - di uno scanner 3D permette anche di riprodurre in scala oggetti reali. Per accedervi è necessario tesserarsi, con una quota esigua, a Fablab Portogruaro.

Una società (im)preparata?

Il discorso pubblico sulla stampa 3D la tratteggia come una tecnologia rivoluzionaria, pronta a introdurci in una nuova era che cambierà la nostra società. Ma le cose stanno veramente così?

Sovente immaginiamo l’innovazione tecnologica come un “qualcosa” che determina i nostri comportamenti, le nostre abitudini e gli stili di vita. Generalmente si immagina che, in qualche luogo del mondo (recentemente la retorica predilige i “garage californiani”), una persona dotata di genialità fuori dal comune stia inventando, o abbia inventato, un nuovo prodotto tecnologico. Questo prodotto verrà immesso sul mercato e ciò, inevitabilmente, modificherà e muterà la nostra vita quotidiana. Una simile rappresentazione (nota come “determinismo tecnologico”) non corrisponde però al reale processo di co-evoluzione tra scienza, tecnologia e società. Questo processo è molto più complesso: una tecnologia, come abbiamo potuto anche sentire dalle parole dei protagonisti, si afferma in un contesto sociale se quest’ultimo è pronto ad accoglierla.

La stampa 3D è in rapida espansione e in alcuni settori sarà presto una pratica consolidata. Ma per affermarsi definitivamente ha ancora molta strada da fare. Come ogni tecnologia, per affermarsi anche la stampa 3D dovrà rispondere ai bisogni della società e di numerosi elementi e attori (economici, sociali, industriali, infrastrutturali, organizzzativi, ecc.). Un’innovazione, infatti, non è solo “una nuova tecnologia”. Talvolta l’elemento tecnologico è solo un aspetto del cambiamento, e spesso nemmeno il più importante ma coinvolge una più lunga trasformazione sociale. La stampa 3D pare arrivare in un buon momento e avere “le carte in regola” per diventare parte della nostra futura vita quotidiana. Sempre che non diventi, troppo presto, un tecnosauro.

Andrea Rubin

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L’acquolina in bocca

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PESCE DI FIUME, LA RIVINCITA DELLA TRADIZIONE VIAGGIO TRA LE SPECIE ITTICHE D’ACQUA DOLCE, ALLA RISCOPERTA DELLE NOSTRE TRADIZIONI CULINARIE

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n territorio solcato da fiumi e canali. Un tempo crocevia strategico di traffici, dall’Adriatico alle Alpi, dal Veneto al Friuli.

La storia del Veneto Orientale è profondamente legata alla presenza di una fitta rete di vie di comunicazione fluviali. Un rapporto indissolubile che si è modellato nei secoli, attraverso lo sviluppo di una serie di attività connesse, dal commercio al trasporto di merci alla pesca. Parlare di pesca nella Venezia Orientale significa delineare un quadro non uniforme. Se infatti la zona lagunare è caratterizzata da situazioni di contatto tra il mondo della pesca professionale e quello dilettantistico, la pesca nelle acque interne viene esercitata quasi esclusivamente nelle forme più propriamente ludiche dal momento che la finalità alimentare è del tutto secondaria. C’è invece un dato comune a tutto il territorio della provincia veneziana: la pesca dilettantistica nelle acque interne e quella sportiva rappresentano tradizionalmente una delle attività amatoriali più praticate. Certo, la figura del pescatore professionale è ormai in via di estinzione. Ma il pesce d’acqua dolce è un elemento che consente di rivalutare e valorizzare un’intera tradizione culinaria e un pezzo importante di storia locale, quando il pesce costituiva per molte famiglie l’unica fonte di proteine.

canali delle valli, tirandola verso terra per raccogliere i pesci. Le carni del cefalo sono semigrasse e forniscono un buon apporto di proteine nobili, fosforo e vitamine. Vengono usate cotte, bollite, al forno o ai ferri. Carni molto buone e dal sapore delicato sono invece quelle della trota iridea. Ci troviamo di fronte ad un alimento molto valido dal punto di vista nutrizionale, dotato di elevata digeribilità e adatto anche per un’alimentazione ipocalorica.

Diverse le tecniche di preparazione: al cartoccio, alla griglia oppure lessa.

“Una specie che può raggiungere notevoli dimensioni è la carpa - spiega Florean -, specie ampiamente diffusa in tutto il nostro territorio. Un pesce che predilige le acque lente e stagnanti della bassa pianura dove il fondo è fangoso. La carpa è divenuta oggetto di vanto da pesca sportiva, proprio a causa delle grandi dimensioni che può raggiungere e della resistenza che oppone alla cattura. Tanto che è stato

coniato un termine per indicare la sua pesca, ovvero il carpfishing. Un metodo di pesca più evoluta che ha ormai soppiantato le tecniche più tradizionali”. La carpa ricerca cibo sul fondo, mettendo il muso nel fango, motivo per cui la sua carne non è considerata eccelsa. Quando la si vuol cucinare, dunque, è preferibile comprare carpe di allevamento. “Per la sua resistenza e versatilità - continua Florean - anche il carassio o pesce rosso è diffuso in molte aree di pianura”. Si tratta di una specie che ha puramente valore ludico-sportivo. Pesce di medie dimensioni, con corpo fusiforme di colore grigio scuro è il cavedano. Data la grande quantità di lische che presenta, è un pesce con scarso valore alimentare.

Corpo fusiforme e allungato ha anche il luccio. Il suo habitat preferito è costituito dai grossi corpi idrici a corso lento, ma lo si ritrova anche nei piccoli corsi d’acqua e nelle risorgive, zone in cui si sposta per la riproduzione.

Tanti protagonisti Conosciamo allora da vicino le specie ittiche che popolano i nostri corsi d’acqua. A farci da guida nel mondo subacqueo è Vinicio Florean. Appassionato di pesca, da anni gestisce un’attività assieme alla moglie a Concordia Sagittaria. “Tra le specie principali c’è sicuramente l’anguilla” ci spiega. In dialetto nota come bisato. Un pesce con un particolare ciclo vitale. Cresce infatti nelle acque dolci o salmastre, dove rimane fino al raggiungimento della maturità sessuale (da 9 a 12 anni), per ridiscendere poi al mare e compiere un lungo viaggio verso le zone di riproduzione, localizzate nel Mar dei Sargassi, nell’Oceano Atlantico. “L’anguilla - continua Florean - viene pescata con piccole reti a forma di sacco posizionate con l’apertura rivolta a valle”.

Un piatto caratteristico si ottiene con l’anguilla pescata a maggio-giugno, chiamato “bisato coi amoi”. In questo piatto il pesce viene cotto in umido con successiva aggiunta dei frutti acerbi del prugno selvatico.

Le dimensioni raggiunte normalmente sono di mezzo metro per 1-2 kg di peso, ma si conoscono catture di esemplari anche di diversi chilogrammi. “Stiamo parlando della tinca - racconta la nostra guida -. Il suo habitat preferito è quello dei canali a corso lento o stagnanti con fondo fangoso e ricchi di vegetazione”. Un tempo veniva considerata una specie abbastanza importante per il consumo alimentare e apprezzata per la qualità delle sue carni. Oggi la sua richiesta alimentare si è fortemente ridotta e viene ricercata soprattutto dai pescatori sportivi. Il pesce gatto, o barbo, vive in acque stagnanti o a lento corso con fondo fangoso. È una specie di discreto interesse sia per i pescatori professionisti che per pescatori dilettanti, molto apprezzata per la sua carne e intensamente allevata. Infine, un cenno al gambero di fiume della Venezia Orientale o, semplicemente, gambero d’acqua dolce. L’allevamento di questo crostaceo rappresenta un metodo di organizzazione produttiva dell’ecosistema fluviale che ha un’antica tradizione in Veneto. Un tempo i gamberi venivano pescati con particolari nasse costruite in vimini intrecciato. Oggi, in via d’estinzione, sono tutelati da una specifica normativa regionale. Il gambero di fiume autoctono viene artigianalmente allevato a partire da esemplari locali catturati con apposita autorizzazione, e viene quindi utilizzato vivo per il ripopolamento. La carne del gambero ha un sapore delicato. Viene cotto ai ferri, lesso o fritto. È ricco di proteine, fosforo e vitamine.

Vito Digiorgio

Specialità

CE ETTO ALLA BRA

GALL

Tra tradizione e nuove tecniche Altro pesce tipico della tradizione culinaria è il cefalo. Una specie che vive nei fondali rocciosi e melmosi. I cefali vivono liberamente nelle zone costiere o lagunari dell’alto Adriatico o vengono allevati nelle valli da pesca, dove risalgono naturalmente o vengono immessi artificialmente. Vengono pescati con tecniche tradizionali, con la fiocina ma soprattutto con la “trata”, una grande rete che si immerge nei

Carni un tempo pregiate

Via Boccaccio, 18 - PORTOGRUARO Aperti tutti i giorni (chiuso martedì) È gradita la prenotazione Tel. 0421 760227

! o t r o p s a a d e h anc

BISATEL COI “AMOI” Ingredienti (per 4 persone): 4 anguille d’acqua dolce, 10 susine acerbe, 1 cipolla novella, 1 costa di sedano, 1 carota, 1 cucchiaio di doppio concentrato, 1 bicchiere di vino bianco, 1 mestolo di brodo vegetale, 1 cucchiaio di aceto rosso, alloro, sale e pepe q.b.

Preparazione: Pulire le verdure e soffriggerle in una casseruola aggiungendo il doppio concentrato, l’alloro, le anguille infarinate.

Rosolare il tutto e bagnare con vino bianco e un cucchiaio di aceto rosso. A cottura quasi ultimata, aggiungere le susine acerbe. Ultimare la cottura con un mestolo di brodo vegetale.

Servire con polenta gialla grigliata.

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ORIZZONTALI 1. Uva per dolci - 6. Il titolo del giornale - 12. Concludono i viaggi - 14.

Può essere armato - 15. Perpetua, imperitura - 16. Manifesto in camera - 17. Chiave - 18. Il pianeta rosso - 19. Noto museo di New York - 23. Canti nazionali - 24. Chiave - 25. Coppia d’assi - 26. Piegato a semicerchio - 28. C’è bianca e nera - 29. Iniziali di Leopardi - 30.

Non andati via - 31. Il serpente che s’incanta - 32. Quota di pagamento - 34. Tirare su a braccia - 35. Si parla a Belgrado - 36. Il Grande è a Venezia - 37. La “briscola” del bridge 38. Il Lama tibetano - 39. Chiave - 40. Gli agrumi meno aspri - 41. Debuttare

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CRUCIVERBA

Gastronomo dell’antica Roma che ancora oggi ispira le ricette delle cene romane organizzate d’estate a Concordia Sagittaria.

Risolvi lo schema e la soluzione apparirà nelle caselle cerchiate.

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VERTICALI 1. Devono esserle le vincitrici - 2. Prestanti, forti - 3. Osso piatto del torace - 4. Topi, ratti - 5. Bagna Firenze - 6. Dopo la esse - 7. Residuo inutile - 8. Si batte per scrivere - 9. Lo è la pittura - 10. Il numero delle Grazie - 11. Arteria del cuore - 13. I confini del Nicaragua - 16. La provincia con Mortara - 18. Non gli serve la dieta - 19. Il nome della Makeba - 20. Non lo è l’imbrogliona - 21. Noto Andrè pittore francese - 22. L’Antonin che teorizzò il “teatro della crudeltà” - 24. Molte nello zoo - 25. Stella dell’Aquila - 27. Bollata per gli atti - 28. Frutto di rovo - 29. Pugni dati dal pugile - 31. L’Adolfo di “Amici miei” - 32.

Audace incursione - 33. Da un amaro succo - 35. L’ultimo è Silvestro - 36. Con Preghiera di Restituzione - 38. Chiudono tardi - 39. Aosta (sigla)

CRUCIPUZZLE Un importante sito, memoria delle guerre del ‘900, di recente restaurato e aperto al pubblico a San Michele al Tagliamento.

Le lettere rimanenti daranno la soluzione della domanda.

ACQUA BACIARE BAMBINO BOSCO CARATTERISTICO CARNE CONTO CRISI DENTE DONNA ESTERO FERMO FIUME GATTO GESTO GRAVE GRIGIO INTERESSANTE LARGO

LASCIARE LATTE LEGGE LIBRO LUNGO MARITO MATTINO MESTIERE MIGLIORE MISURA MOLTO ONORE PIEDE PIETRA POSTO PREOCCUPARE PROVA QUELLO RUSSO

SANGUE SCUOLA SONNO STAMPA STARE STUDIARE STUDIO TEMPO TRANQUILLO TUTTO UNIRE VARIO VASTO VERDE VOLTARE VOLTO VUOTO

LE SOLUZIONI DEI GIOCHI DEL NUMERO PRECEDENTE

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S A C R N I E D R E L P P

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I R T O E A E S D T T S G D S L

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