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Il prezzo di essere madri

Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Pavia N. 2 / 2022

GRAZIA LONGO Giornalista, La Stampa

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Le mamme lavoratrici sono più penalizzate degli uomini. Al punto di essere costrette ad abbandonare il lavoro per difficoltà incontrate nel conciliare l’attività professionale con quella genitoriale. La fotografia viene offerta dall’Ispettorato del lavoro (Inl): nel 2020 si sono registrate oltre 42 mila dimissioni di genitori di bambini da zero a tre anni e le donne rappresentano il 77% del totale delle persone che si sono dimesse.

Nel complesso le dimissioni sono diminuite del 18% rispetto al 2019, anche perché probabilmente lo smart working ha allentato i problemi di gestione familiare, ma il dato che più salta all’occhio è l’effetto del “gender gap” che tra l’altro vede l’Italia come fanalino di coda della Ue nella occupazione femminile. La molla che ha spinto tante mamme lavoratrici a sacrificare il lavoro è delineata nel rapporto Inl: “La condizione di genitorialità ha strutturalmente un impatto diverso sulla partecipazione al mercato del lavoro di uomini e donne. In presenza di figli la partecipazione maschile aumenta e quella femminile si riduce”. Il passaggio avviene con il primo figlio e si incrementa con il secondo, senza particolari differenziazioni a livello territoriale ”Questa dinamica ha valori più elevati nella classe di età 25-34”. L’occupazione delle donne con un capo nucleo tra i 20 e i 50 anni è al 60% senza figli tra zero e un anno nel nucleo familiare al 50% con un figlio minore di un anno mentre la fascia occupazionale maschile è all’86% senza figli da zero e un anno, e al 90% in presenza di neonati. Su 42.377 convalide arrivate da neo genitori la tipologia di recesso più frequente è costituita dalle dimissioni volontarie (oltre il94%) mentre le dimissioni per giusta causa e le risoluzioni consensuali sono pari rispettivamente al 4% e al 2% del totale. Sul complesso dei richiedenti il 61% ha un figlio, il 32% due figli e il 7% più di due. L’età del figlio che più incide in questo fenomeno è quella fino ad un anno, quindi prevale l’esigenza di primo accudimento. Il terziario è il settore con più dimissioni di neogenitori (72% delle convalide). La motivazione più frequente continua ad essere la difficoltà di conciliazione dell’occupazione lavorativa con le esigenze di cura della prole. “Esiste una profonda differenza di genere – scrive l’Inl – nel dato relativo alle motivazioni in quanto la difficoltà di esercizio della genitorialità in maniera compatibile con la propria occupazione è quasi esclusivamente femminile e riguarda donne in percentuale fra il 96% e il 98%. La prevalente motivazione della convalida riferita ad uomini è invece, il passaggio ad altra azienda”. Oltre il 92% delle dimissioni e risoluzioni consensuali concerne lavoratori inquadrati come operai o impiegati, con un’età tra i 29 e 44 anni e nll’88% dei casi la decisione di lasciare il lavoro è presa nei primi 10 anni di servizio *da La Stampa, 23 settembre 2021 | 27

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