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L'EDITORIALE
Il tempo della crisi
Carlo Maria Lomartire - Direttore Responsabile Le Notizie dell’Opera
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Crisi climatica, energetica, alimentare, pandemica, guerra, inflazione… e infine non ci siamo fatti mancare neppure una crisi politica. Se è già complicata la gestione di una sola di queste crisi, la loro impietosa sovrapposizione ne rende la gestione quasi impossibile. E non spetta certo ad un’organizzazione come l’Opera Cardinal Ferrari risolvere contemporaneamente tutti questi problemi tanto vasti. Ma la consapevolezza che tutti insieme
ricadano sulle fasce più deboli della società impone la necessità di valutare l’effetto della loro complessità.
Ci dobbiamo preparare ad un autunno particolarmente difficile. Ma questa successione di crisi ci ha imposto di imparare qualcosa che in fondo già sapevamo:
i problemi non dobbiamo aspettarli per mettere mano alla loro soluzione ma dobbiamo preparare condizioni e strutture che li prevengano o, quanto meno, siano immediatamente disponibili quando la crisi si manifesta.
Un esempio. La lunga e non prevedibile siccità, nonostante la consapevolezza della crisi ambientale, con la conseguente mancanza di acqua, ci ha insegnato che dovremmo predisporre molti e ampi invasi idrici. Una soluzione ovvia, ma la cui per anni ottusamente volontaria rinuncia ci ha fatto trovare impreparati, lasciando a secco le nostre case, la nostra agricoltura, i nostri giardini, le nostre industrie e le nostre cucine. Lo faremo dopo l’esperienza di questi mesi? Altro esempio. Nella Roma antica, dopo la conquista della Sicilia, i Romani consideravano l’isola il loro granaio per la grande quantità di frumento che l’isola produceva. Con la fine dell’impero, durante il medioevo, le cose cambiarono: le produzioni divennero locali e le riserve domestiche a cura di cascine, castelli e città, in vista di tempi peggiori. A misure analoghe, ma certo compatibili con i nostri modi e livelli di produzione e conservazione, potrebbero pensare i grandi produttori come l’Ucraina per il grano, ma anche i grandi consumatori, come i paesi europei. Questi esempi danno un’idea di soluzioni possibili e non teoriche. Ben vengano quelle d’emergenza, prese all’ultimo momento. Ma quelle, invece, sono disponibili sempre, anche in condizioni “normali": la
nostra Opera non aspetta le condizioni più critiche per mettere a disposizione di chi ne ha bisogno pasti e altre forme di solidarietà e accoglienza.
Ma il paradigma deve cambiare, si deve aggiungere una “cultura della crisi” che adotti lo slogan “l’emergenza è oggi”. Una cultura che dovrebbe coinvolgere lo stato, ma che non potrebbe funzionare se non riguardasse anche il privato, i cittadini e le aziende. Se coinvolgesse tutti, lo slogan
"l'emergenza è oggi" diventerebbe "l'emergenza non esiste".
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