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iOPBG - Speciale Chirurgia Robotica
CHIRURGIA ROBOTICA
L'INNOVAZIONE E L'OSPEDALE DIGITALE
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CHIRURGIA ROBOTICA, È TEMPO DI GARANZIE?
A cura di MARIO DE GENNARO
COME È FATTO UN ROBOT CHIRURGICO
DAI PRIMI ROBOT AL ROBOT CHIRURGICO DA VINCI
I ROBOT E IL FUTURO DELLA CHIRURGIA
PANORAMICA DI UNA SALA OPERATORIA ROBOTICA
CHIRURGIA ROBOTICA IN PEDIATRIA
SUPPORTARE I BAMBINI MALATI? CI PENSANO I ROBOT
NANOROBOTICA E NANOMEDICINA
I ROBOT E IL FUTURO DELLA CHIRURGIA
di Alberto Eugenio Tozzi
Se avete visto i filmati del Massachussets Institute of Technology che mostrano due robot che si aiutano tra loro per aprire una porta attraverso l’uso della maniglia, avrete capito quanto la tecnologia per la robotica sia matura. La chirurgia non poteva che essere una delle tante discipline investite da essa: il robot non si stanca mai e le procedure da effettuare possono essere calibrate nell’ordine della frazione di millimetro. I robot chirurgici possono essere perfino telecomandati come dimostrano alcuni interventi di cardiochirurgia già effettuati in India. La robotica aiuta chi ha difficoltà a compiere movimenti elementari: vediamo ormai esoscheletri che consentono di camminare a chi non ne ha più la capacità fisiologica. Nati come applicazioni militari, è stato facile passare a una funzione medica. Esistono ormai anche sofisticate protesi per gli arti basate sulla robotica che permettono di compiere i movimenti più complessi al paziente che non ha più queste funzioni. Ma i dispositivi meccanici robotici possono anche fare altre cose. Esiste già un robot in grado di eseguire i prelievi venosi con precisione e, sembra, senza dolore. E se avete visto un bambino giocare con un robot “sociale” avrete sorriso e avrete capito come questi dispositivi sono davvero in grado di stabilire una relazione un po’ meno che umana, ma che ad essa si avvicina molto. Queste strane creature infatti sono in grado di ascoltare e rispondere alle domande delle persone in modo naturale. Non è un caso che essi cominciano a essere utilizzati nei grandi esercizi commerciali e negli alberghi con grande soddisfazione dei clienti. La frontiera forse più interessante però, è probabilmente quella dei robot microscopici fino alla scala nanometrica: i nano-robot. La tecnologia studia la possibilità di sviluppare questi dispositivi in modo da poterli utilizzare in vivo. Una delle grandi difficoltà è come ottenere energia capace di far muovere questi oggetti mentre si trovano all’interno del corpo umano. Prendete le odiate endoscopie. Anche se tutta da perfezionare, l’idea dell’endoscopia virtuale è abbastanza concreta. Se a una capsula ingeribile equipaggiata con una videocamera senza fili e magari altri strumenti possiamo collegare un telecomando potremmo forse eseguire questo esame con maggiore comfort del paziente e aumentarne la frequenza. Non basta. Un oggetto sperimentale basato sull’origami, la nota arte orientale, sembra essere in grado di essere orientato e spostato con una calamita posta sulla superficie cutanea. Gli inventori ne stanno studiando il possibile uso per la rimozione di corpi estranei dallo stomaco. Ma la frontiera più interessante riguarda la costruzione di nano-bot. Si lavora allo sviluppo di dispositivi che possano essere iniettati e letteralmente teleguidati. Con essi, potremo somministrare terapie solo nei distretti malati a tutto vantaggio dell’efficacia e della tollerabilità. È quello che aveva preconizzato Isaac Asimov nel suo “Viaggio allucinante”. L’unica cosa che non siamo riusciti ancora a fare è miniaturizzare le persone per mandarle in missione in un organismo vivente, come descritto nel romanzo e nel film. Per il resto, ci siamo quasi.
DAI PRIMI ROBOT AL ROBOT CHIRURGICO DA VINCI
La parola Robot deriva dal Ceco “Robota” che significa “lavoro forzato”. In antico slavo ecclesiastico rabota (servitù) indicava qualsiasi macchina in grado di svolgere un lavoro al posto dell'uomo. Leonardo da Vinci disegnò un cavaliere meccanico (Robot) nel 1495. Da qui l’ispirazione per il nome del robot chirurgico più diffuso, Da Vinci Robot, che conosciamo nella pratica clinica sin dal 2003. Il primo robot fu costruito nel 1738 da Jacques de Vaucanson. Era un'anatra meccaniche, secondo le testimonianze, mangiava e svuotava l’intestino. Come predisse già nel 1964 alla Fiera di New York, Isaac Asimov, scienziato e scrittore di romanzi di fantascienza: “tra 50 anni i robot non saranno ancora né molto comuni né particolarmente efficienti, ma esisteranno”. In effetti, la sua previsione si è avverata. Le nuove sfide, non solo tecnologiche, ma anche dell’economia sociale, sono fortemente influenzate dall’Intelligenza Artificiale.
Molte grandi innovazioni tecnologiche in medicina, ad esempio la ultrasonografia che deriva dalle sonde radar delle navi per scandagliare il mare, provengono dalla ricerca bellica. Allo stesso modo, la ricerca in chirurgia robotica nasce dalle potenziali esigenze di operare a distanza, sfruttando le esperienze di chirurghi lontano dal campo di guerra, ma in qualche modo collegati. Il robot chirurgico può essere manovrato a distanza dal letto operatorio, ma per il momento i comandi della consolle devono stare nella stessa sala. Una prospettiva futura potrebbe essere quella di avere un comando a distanza e quindi effettuare le manovre chirurgiche in remoto. Al momento, comunque, è già possibile interferire con dei segnali sullo schermo che rappresenta il campo chirurgico in 3D e indirizzare l’intervento. Inventato per facilitare le manovre di chirurgia mini-invasiva, il robot non ha nessuna capacità di agire in autonomia. Non esistono e non sono oggetto di ricerca attuale, robot più o meno ‘umanoidi’ con la pretesa di decidere ed agire in sala operatoria. Al contrario, i bracci operativi del robot sono manovrati direttamente dal chirurgo, che si è sottoposto a training formativi per imparare ad utilizzarlo, attraverso manopole che guidano i bracci su cui sono montati gli strumenti chirurgici (pinze, forbici, coagulatori, ecc.). Circa 15 anni fa il robot chirurgico era una semplice curiosità, oggi è un partner essenziale del chirurgo.
Nel mondo sono installati oltre 3.500 robot chirurgici
Circa 650 in Europa
Oltre 60 in Italia
La gran parte negli Stati Uniti
In Italia, i robot si sono affacciati in sala operatoria prima timidamente, ma dal 2006 in poi c’è stata una progressione con più di 7 mila interventi in un anno, soprattutto su tumori della prostata e patologie ginecologiche, ma anche su cuore, polmoni, apparato digerente. Certamente, per non disperdere risorse, sarebbe utile concentrare gli interventi in centri che siano specializzati per determinate patologie: nello stesso tempo, sarebbe importante fornire un po' tutte le aree geografiche della tecnologia robotica. Per quanto riguarda la pediatria, la chirurgia robotica ha mosso i primi passi in ospedali pediatrici americani sostanzialmente nello stesso periodo, soprattutto nel campo dell’urologia pediatrica, in particolare la correzione dell’idronefrosi congenita, mediante procedura di pieloplastica.
COME FUNZIONA IL ROBOT CHIRURGICO DA VINCI
Il robot chirurgico non ha un’intelligenza artificiale, non decide. È un semplice esecutore, anche se opera con grande accuratezza e con una tecnologia superiore ad ogni altra precedentemente sperimentata. Il robot “assiste” gli interventi effettuati in laparoscopia, cioè con strumenti (e ottica) inseriti nel paziente attraverso piccoli fori chirurgici di entrata. Il chirurgo guida gli strumenti inseriti e li utilizza, manovrando delle manopole (joystick) e vedendo i propri movimenti in un visore tridimensionale. Il robot riceve i movimenti del chirurgo e li trasmette più “puliti” e lineari al paziente, attraverso bracci meccanici fissati agli strumenti inseriti nel paziente. I movimenti e le azioni che il chirurgo fa con le manopole (taglio, coagulazione, punti di sutura) sono esattamente gli stessi che avrebbe fatto con la chirurgia tradizionale (cosiddetta “open” cioè “aperta”), effettuata quindi con taglio chirurgico. Per questo motivo, la chirurgia-assistita dal robot è stata chiamata “intuitiva”: un chirurgo che abbia esperienza in una determinata procedura open, può facilmente trasformarla in robot-assistita, dopo un breve aggiornamento sull’utilizzo del robot chirurgico.
IL CHIRURGO "ROBOTICO"
Non si deve pensare ad una nuova figura professionale, come ad un tecnico esperto di moderna tecnologia che si appresta ad operare il vostro bambino. Si tratta dello stesso chirurgo che ha effettuato per molte volte un determinato intervento chirurgico, il quale lo ripete ma questa volta con l’utilizzo della tecnologia robotica, eseguendo gli stessi identici movimenti e le stesse procedure come nella chirurgia tradizionale.
COME È FATTO UN ROBOT CHIRURGICO
IL ROBOT CHIRURGICO È COSTITUITO DA QUESTI ELEMENTI
Vista in tre dimensioni e magnificata come un microscopio
Permette ai due chirurghi di scambiarsi i comandi e quindi è ottimale per la loro formazione nella massima sicurezza
Una console su cui il chirurgo è seduto, con pedali per azionare la coagulazione, variare l’ingrandimento e spostare il campo chirurgico
CONSOLLE(doppia)
Lo strumento robotico vero e proprio, costituito da una pedana e da 3-4 bracci articolati, che si devono congiungere per guidarli
Manopole per manovrare a distanza gli strumenti chirurgici molto delicati (pinza, forbice, coagulatore, ecc.)
LETTO OPERATORIO
COLONNA
La colonna contiene processori di immagine che forniscono una visione tridimensionale del campo operatorio.Negli ultimi modelli consente di variare la visione durante l’intervento
PERCHÉ IL ROBOT CHIRURGICO
L’esigenza di utilizzare un robot chirurgico nasce dalla difficoltà di raggiungere, facilmente e senza provocare danni ai tessuti, alcuni campi chirurgici “nascosti”. Tra questi, il robot è oggi maggiormente usato per gli interventi alla ghiandola prostatica. La necessità che si è presentata al chirurgo è stata quella di poter rimuovere completamente un tumore della ghiandola con i tessuti vicini, con precisione, per non provocare lesioni ai nervi che servono per la funzione della continenza urinaria e per la funzione erettile. La laparoscopia è stata molto d’aiuto, ma l’intervento era molto difficile finchè non si è avuto a disposizione il robot, che può assistere la laparoscopia favorendone i movimenti, ma al tempo stesso limitando le manovre potenzialmente lesive. Analogamente, sono state messe a punto, con l’assistenza del robot chirurgico, una serie di procedure che, in chirurgia tradizionale, erano rese difficili dal fatto di essere in un campo chirurgico appunto “nascosto” e tra strutture delicate. Nel bambino le strutture sono di per sè molto delicate e, a parte la più rara chirurgia tumorale, ci sono diverse anomalie congenite che possono essere così corrette, con grande precisione e grande risparmio di tessuti circostanti, insomma in modo mini-invasivo.
QUALI SONO I CAMPI D'AZIONE
Nel paziente adulto, la principale indicazione è la procedura urologica per asportazione di tumore della prostata, una patologia oncologica molto frequente. Ma in molte altre patologie tumorali urologiche, di chirurgia addominale o ginecologica la chirurgia robotica è molto usata per i vantaggi della precisione e della mini-invasività. Molte altre specialità, anche se con utilizzo meno frequente, possono trarre vantaggi dall’utilizzo del robot, per procedure che, in chirurgia tradizionale, erano rese difficili dal fatto di essere in un campo chirurgico “nascosto” e tra strutture delicate:
• Chirurgia toracica: l’asportazione del timo o di lobi del polmone sono esempi di vantaggio mini-invasivo e la simpaticectomia della necessaria precisione.
• Otorinolaringoiatria: operando attraverso la bocca per evitare di praticare un’ampia incisione nella mascella e nella gola per interventi sulla base della lingua o per la laringectomia parziale, o nel bambino per anomalie congenite curabili con grande risparmio di tessuti.
• Cardiochirurgia: è possibile operare, ad esempio la valvola mitralica, eseguendo solo alcune piccole incisioni tra le costole, senza necessità di rompere lo sterno e la cassa toracica.
• Chirurgia dei trapianti: il prelievo di rene e di fegato parziale si può avvalere di minima invasività per il donatore, che è una persona sana.
• Chirurgia pediatrica: le procedure più frequenti sono quelle urologiche ed addominali, e sono state affrontate con successo molte altre procedure anche in bambini sotto i 15kg di peso.
VANTAGGI DELLA CHIRURGIA ROBOTICA
La chirurgia robotica ha diversi vantaggi clinici per il paziente, particolarmente rilevanti per un bambino:
• dolore molto contenuto o del tutto assente;
• minore necessità di farmaci antidolorifici nel postoperatorio rispetto alla chirurgia tradizionale;
• sanguinamento minimo, minori infezioni e ripresa più rapida;
• scarsa ospedalizzazione, con dimissione 24-48 ore dopo l'intervento;
• ripresa funzionale rapida, con possibilità di tornare in pochi giorni alle attività regolari domiciliari e scolastiche e in poche settimane a quella sportiva. La robotica in sala operatoria non significa solo robot chirurgico.
• Esistono robot per la neurochirurgia spinale. Parliamo di delicati interventi alla schiena, in casi gravi di scoliosi, deformazioni, tumori, nei quali grazie al robot in sala operatoria viene applicata una procedura che era stata accuratamente pianificata prima dell’intervento. Il robot è anche in questo caso uno strumento di assistenza.
• Esistono anche “navigatori” robotizzati per indirizzare il neurochirurgo in caso di interventi su alcune zone delicate del cervello.
CHIRURGIA ROBOTICA, È TEMPO DI GARANZIE?
Un articolo da poco pubblicato su JAMA, autorevole rivista medica dell’American Medical Association, pone delle perplessità sull’uso indiscriminato della Chirurgia robotica. Il suo utilizzo si è, infatti, triplicato nell’ultimo decennio, con oltre 600.000 procedure negli Stati Uniti nel 2017. In effetti, mancano delle precise “garanzie” riguardo le procedure, la maggiore efficacia, la sicurezza, la formazione, le credenziali dei chirurghi. L’articolo prende spunto da recenti ricerche sulla oncologia ginecologica, da cui emergono dati non positivi sulla sopravvivenza rispetto alla chirurgia tradizionale, per porre soprattutto il problema dei costi e della preparazione dei chirurghi. Gli autori suggeriscono di incoraggiare un maggior dialogo sui rischi e sui benefici della tecnologia robotica, nel contesto dell’esperienza del chirurgo. Un altro aspetto critico è quello economico - a cui la Sanità statunitense è più sensibile. Emerge, dunque, la preoccupazione che i maggiori costi della robotica, che sono a carico della struttura ospedaliera, si traducano in aumenti dei premi assicurativi, questi invece a carico dei pazienti. Queste considerazioni, ancora di più, sottolineano la larghissima diffusione di questa tecnologia, tanto da rendere necessaria la sua standardizzazione e regolamentazione. Anche se questo vale per tutte le tecnologie avanzate o rivoluzionarie, ancor di più in medicina l’uso delle nuove tecnologie ha bisogno di adeguati studi sulla sicurezza. Ma l’impatto della chirurgia robotica è stato così rapidamente rivoluzionario che non sono ancora stati creati degli standard. In Europa, ad esempio, la società di urologia ha stabilito i percorsi per la formazione, ma ancora non sono state rese ufficiali le modalità di certificazione. In consuntivo, articoli su riviste ragguardevoli prospettano alcune problematiche e perplessità riguardo la maggiore validità della chirurgia robotica per specifiche patologie. Si devono perciò elaborare garanzie che rimangano valide finché non maturino sufficienti evidenze in favore o contro la chirurgia robotica nei vari specifici ambiti.
PANORAMICA DI UNA SALA OPERATORIA ROBOTICA
In primo piano, il letto operatorio, con l’aiuto chirurgo e l’infermiera ferrista che controllano le azioni, i bracci mobili del robot, che sono attaccati e comandano gli strumenti inseriti nel paziente. Sullo sfondo, il chirurgo seduto alla consolle, che manovra attraverso le manopole i bracci del robot che – filtrando i movimenti – muovono gli strumenti inseriti nel paziente. Nello schema si capisce meglio la disposizione della sala operatoria: il robot è in questo caso a fianco (a destra) del paziente e dall’altro lato c’è il chirurgo aiuto; alla testa del paziente, l’anestesista e ai piedi l’infermiere ferrista per cambiare gli strumenti. Il chirurgo è seduto alla consolle (in questo schema una sola) in un angolo della stanza. Tutti possono guardare nei monitor.
CHIRURGIA ROBOTICA IN PEDIATRIA
Non c’è il minimo dubbio e non si può che essere d’accordo che proprio nella chirurgia del bambino sia opportuno operare con la massima precisione, determinando le minime complicazioni e favorendo una rapida ripresa e assenza di dolore. Nel 2013 è stata pubblicata un’inchiesta su 48 chirurghi pediatri di 14 nazioni anche europee, i quali avevano avuto almeno una qualche esperienza in chirurgia robotica. Alla domanda «C’è un ruolo futuro per la chirurgia robot-assistita nel bambino?», il 98% dei chirurghi pediatri risponde positivamente.
LE APPLICAZIONI DELLA ROBOTICA IN PEDIATRIA
La pieloplastica sembra essere una buona indicazione all’uso del robot in età pediatrica: è un’operazione che corregge l’idronefrosi congenita, cioè un’ostruzione delle vie urinarie alte. La procedura richiede una fine dissezione e suture intracorporee in uno spazio anatomico molto ristretto. Ci sono evidenze cliniche di risultati comparabili con la chirurgia tradizionale Ma riduzione significativa della degenza ospedaliera e del dolore postoperatorio.
• La correzione del reflusso vescico ureterale è una procedura in generale molto frequente. I primi interventi con laparoscopica tradizionale sono di oltre 20 anni, ma a causa della difficoltà della tecnica si è dovuto attendere l’avvento del robot chirurgico perché risultasse molto più semplice, ed ora è la seconda più frequente procedura robotica urologica nel bambino.
• Quando si deve togliere solo una parte del rene (nefrectomia parziale), la chirurgia robotica consente una migliore visione e riduce il rischio di danno al polo vascolare.
• Nel bambino si sono potute affrontare con chirurgia robotica, in centri particolarmente accreditati, anche procedure urologiche ricostruttive molto complesse: con minima invasività si può “ampliare” la vescica con un tratto di intestino (ileocistoplastica); in alcune condizioni particolari, è necessario ricostruire una via urinaria alternativa utilizzando l’appendice intestinale. Si tratta di interventi con tempi molto lunghi, fino a 8-10 ore, effettuati senza aprire l’addome e migliorando l’accuratezza.
• Procedure chirurgiche per la continenza urinaria, come la plastica del collo vescicale, o patologie malformative della vie genitali maschili, come il residuo mulleriano o delle vie femminili come la vaginoplastica sono molto invasive se effettuate a cielo aperto. Ma sono affrontabili con accesso mini-invasivo robotico, che permette di operare con precisione nonostante i campi chirurgici profondi. Tra le procedure per cui viene utilizzata la chirurgia robotica anche nel bambino, ci sono quelle di chirurgia dell’apparato digerente:
• L’intervento di Nissen o ‘funduplicatio’ consiste in una plastica dell’esofago sullo stomaco per curare il reflusso gastroesofageo, patologia frequente t te e anche grave nel bambino che determina problemi anche gravi nel bambino con lesioni neurologiche. Anche nel bambino è possibile si debba ricorrere all’asportazione della colecisti, eseguita con una particolare tecnica che utilizza una sola via di accesso per braccio robotico invece di quattro.
• Malattie congenite gastrointestinali come le malformazioni anorettali possono giovarsi della chirurgia robotica, oppure cisti pararettali e patologie per cui è necessaria resezione ed anastomosi intestinale, come la colectomia.
La chirurgia robotica potrebbe facilitare, per la sua precisione, anche la chirurgia oncologica con:
• Asportazione di tumori del rene senza dover asportare tutto il rene.
• Rimozione di masse in organi pelvici, cioè nella base dell’addome, che sono zone affollate di nervi che regolano funzioni importanti come la continenza urinaria.
• Preservazione di organi come la milza quando si deve rimuovere la parte periferica del pancreas.
La chirurgia toracica tradizionale è di per sé molto invasiva in quanto per operare nel torace è necessario rompere strutture ossee come lo sterno o le costole. Le procedure mini-invasive assistite dal robot possono consentire di evitare il doloroso taglio chirurgico,
• L’asportazione robotica del timo diventa una procedura sicura e con bassa morbilità e complicanze rispetto alla procedura sternale.
• L’asportazione di lobi polmonari patologici o di tumori e metastasi polmonari.
SUPPORTARE I BAMBINI MALATI? CI PENSANO I ROBOT
Con modelli di comportamento piuttosto semplici ed espressioni facilmente identificabili, i robot umanoidi insegnano al bambino a esprimere le proprie emozioni. E interagire in modo efficace con il mondo intorno a lui
di Ilaria Campagna
Robot in ospedale al fianco dei bambini? Già ampiamente utilizzati in molte realtà come la chirurgia i robot sono ancora poco presenti in corsia, come aiuto diretto ai pazienti. Diversi e con i compiti più svariati: dal tenere compagnia, all’aiuto nel riconoscere ed elaborare le emozioni, fino a ridurre l'ansia legata a interventi chirurgici o procedure diagnostiche. I robot umanoidi come Pepper, Nao, iCub, R1 e molti altri loro colleghi meno famosi, hanno già iniziato a muovere i primi passi in pediatria. E nei prossimi anni potrebbero diventare una presenza costante. Diversi studi hanno ormai dimostrato come i bambini che affrontano gravi malattie, o che devono essere sottoposti a procedure diagnostico-terapeutiche, sperimentino spesso sensazioni di smarrimento e paura. Trovino difficoltà ad esternare le proprie emozioni negative, nel timore che queste, allontanino chi si prende cura di loro. Oppure, per chi vive condizioni permanenti come l’autismo, trovarsi a fronteggiare quotidianamente problemi emotivi, di comunicazione e di interazione sociale. Come aiutare allora i bambini a superare tali difficoltà e vivere con maggiore serenità situazioni simili? La soluzione arriva dai robot umanoidi che – proprio perché vicini alle sembianze di un essere umano – hanno capacità di interazione simili a quelle umane, ma risultano meno frustranti. I robot infatti, a differenza degli esseri umani, presentano modelli di comportamento piuttosto semplici ed espressioni facilmente identificabili.
Tra i robot umanoidi che conosciamo oggi ci sono Nao, Pepper, R1 robot (Romeo Robot) e iCub. Ma anche i meno noti Kaspar, Milo, la palla robot Leka e chissà quanti altri loro “colleghi” che vengono realizzati e messi a punto ogni giorno, pronti ad aiutare tutti noi negli aspetti più svariati della nostra vita. Ad oggi è Nao – prodotto dalla francese Softbank Robotics, una delle più note aziende di robotica sulla scena mondiale – a essere tra i social robot più evoluti presenti sul mercato. Nao ha grandi capacità di interazione con l’uomo, può parlare (ben 19 lingue tra cui l’italiano), ascoltare, camminare ed evitare gli ostacoli, rendersi conto se è seduto o in piedi, rialzarsi da solo se perde l’equilibrio e cade, percepire se viene toccato, afferrare oggetti e riconoscere volti e voci. Nao ha già svolto diversi compiti importanti a fianco dei bambini in ospedale. Dal Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, dove ha insegnato ai bambini ricoverati a riconoscere ed esternare le proprie emozioni. Fino al Royal Children’s Hospital di Melbourne, dove si è occupato, con giochi ed esercizi, della riabilitazione motoria dei bambini. E non finisce qui, perché Nao viene utilizzato anche per distrarre e calmare in modo divertente i bambini prima di un intervento chirurgico. E come terapia nei bambini autistici, grazie al software Ask Nao (Autism Solution for Kids), che propone esercizi pratici e giochi per attirare l’attenzione del bambino e spingerlo ad aprirsi.
L’obiettivo di Nao non è quello di sostituire l’interazione umana con il terapeuta, ma di agevolarla e trovare un canale di comunicazione efficace. Non avendo espressioni facciali infatti, i robot risultano più prevedibili e meno minacciosi per i bambini, attratti invece, dal loro aspetto ludico. Il robot può così abituare gradualmente i bambini a sviluppare le proprie abilità sociali e prendere confidenza col mondo intorno a loro. Pensati per la robot-terapia nei soggetti con autismo sono anche R1 (o Romeo Robot) e iCub, realizzati dall’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova. In particolare iCub, il robot bambino, fiore all’occhiello della robotica italiana, annoverato tra i robot più sofisticati al mondo. Sperimentato presso l’Ospedale Gaslini di Genova nel 2017, iCub è in grado parlare, ascoltare, vedere, muoversi, ballare, toccare, simulare emozioni e riconoscere le persone con cui entra in contatto. L’obiettivo anche in questo caso: rompere l’isolamento che caratterizza i bambini autistici. Tra i meno famosi: Milo (chiamato anche Zeno Robot), della società texana RoboKind è uno dei robot umanoidi più utilizzati per questo tipo di terapie; attraverso uno specifico software gestito dal terapeuta tramite tablet, il robot insegna ai bambini autistici a comunicare tramite giochi ed esercizi orientati a migliorare il livello di interazione sociale. E Kaspar, il bambino robot creato dall’università di Hertfordshire in Inghilterra, che grazie a movimenti ripetitivi, lenti e facilmente intuibili tranquillizza i bambini che riescono così a interagire con lui.
Per finire con Leka, la palla robot che promette di aiutare i bambini autistici, con sindrome di Down e ritardi di vario genere. Uno smart toy che parla, mostra immagini, si muove e cambia espressione in base alle emozioni. Personalizzabile grazie all’inserimento di dati, stati d’animo ed eventi caratterizzanti la vita del bambino, Leka è controllabile attraverso bluetooth o wifi da tutti i dispositivi. E permette attraverso un’app, di conoscere e seguire i progressi del bambino. Un’altra grande star della robotica è Pepper, il robot che non vuole essere utile alla persona, ma ne vuole essere amico. E contende per questo, il primato a Nao e iCub. Pur non essendo ancora perfetto, Pepper è in grado di capire il 70-80% delle conversazioni spontanee e di rappresentare in modo molto fedele, le emozioni tipiche dell'uomo. Parla 15 lingue ed è capace, attraverso il tono della voce o la posizione della testa del suo interlocutore, di capirne emozioni e stati d'animo. Dopo il suo debutto come receptionist in alcuni ospedali belgi nel 2016, l’anno seguente Pepper è stato utilizzato nella clinica pediatrica dell’ospedale di Padova, per intrattenere i bambini e far loro superare momenti di ansia e paura legati alla malattia e/o al ricovero. Più tempo si trascorre con Pepper, più questo si adatta e impara a conoscere la persona e a comportarsi di conseguenza. Grazie all'intelligenza artificiale infatti, questo robot umanoide riesce a interagire perfettamente con l'ambiente e gli esseri umani che lo circondano.
di Andrea Masotti
NANOROBOTICA E NANOMEDICINA
Se ad un bambino chiedessimo quale invenzione vorrebbe che fosse realizzata per guarire le malattie, molto probabilmente nella sua fantasia scorrerebbero immagini di microscopici supereroi e imbattibili robot miniaturizzati chiamati a salvare gli uomini. La “cura universale” per una vivace bambina di 10 anni che ha visitato i Laboratori di Ricerca del Bambino Gesù durante una delle passate edizioni della Notte della Ricerca, era realizzare delle cellule-robot, ovvero delle “cellule da iniettare nei vasi sanguigni che quando trovano la cellula impazzita (tumore) infilano una mini siringa che uccide la cellula malata”. Ma la fantasia qualche volta si trasforma in realtà, anzi supera la realtà. La Nanomedicina, ovvero l’applicazione delle nanotecnologie in medicina, ha portato negli ultimi anni a sviluppare veri e propri Nano-robot, grandi un millesimo del diametro di un capello, utilizzati nel trasporto e per il rilascio di farmaci nelle cellule e nei tessuti. Alcuni ricercatori hanno sviluppato eliche miniaturizzate (chiamati nano-swimmers) in grado di muoversi e roteare liberamente in acqua che, forse, un domani potrebbero “nuotare” anche nel nostro sangue e trasportare i farmaci del futuro. Sono stati anche realizzati dei Nano-contenitori di farmaci in grado di ‘esplodere’ in seguito a un impulso esterno o, in maniera passiva, in seguito a una variazione di temperatura o di pH (come succede per esempio nel microambiente tumorale). Ma di esempi come questi ne potremmo citare tantissimi, perché anche la fantasia dei ricercatori a volte è simile (o superiore?) a quella di un bambino quando si tratta di trovare nuove soluzioni per curare i nostri piccoli pazienti. Anche da noi in OPBG, è attivo da qualche anno un filone di ricerca sulla Nanomedicina. Alcuni ricercatori stanno studiando, ad esempio, dei sistemi di trasporto di farmaci mediante Nano-tubi di carbonio: veri e propri “tubi” microscopici, in grado di penetrare all’interno delle cellule come se fossero degli aghi miniaturizzati. Questa ricerca ha trovato un nuovo sistema per cui le cellule dell’endotelio vascolare possono modificare la loro capacità di formare nuovi vasi sanguigni (vascular remodeling). In futuro ci si aspetta che queste scoperte possano migliorare le condizioni di salute di tutti quei pazienti che soffrono di malattie cardiovascolari, di ipertensione polmonare o di patologie simili. La strada per sviluppare nuovi e più potenti sistemi di cura mediante le Nanotecnologie è però ancora lunga, e saranno necessari non solo molti sforzi da parte dei ricercatori, ma anche un grosso aiuto economico per finanziare queste importantissime ricerche.