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DELLA SCLEROSI MULTIPLA

Per giungere alla loro scoperta, i ricercatori del Karolinska Institutet hanno analizzato i campioni di sangue di 700 pazienti affetti da sclerosi e di 700 sani

di Domenico Esposito

Promette di rivoluzionare o quanto meno aggiornare molte delle conoscenze sulla sclerosi multipla fino ad oggi date per consolidate lo studio, fresco di pubblicazione sulla prestigiosa rivista Science Advances, realizzato dagli scienziati dal Karolinska Institutet. Secondo quanto dimostrato dagli esperti, infatti, un comune virus potrebbe essere un complice importante, se non decisivo, nello sviluppo e nella progressione della patologia infiammatoria del sistema nervoso centrale caratterizzata dalla perdita di mielina (la sostanza che riveste le fibre nervose della sostanza bianca) in più aree (da cui deriva la definizione di “multipla”). La ricerca dell’università medica svedese nella città di Solna ha evidenziato che il virus in questione è quello Epstein-Barr (EBV), noto per provocare la cosiddetta malattia del bacio, ovvero la mononucleosi. Questo è solito infettare la maggior parte delle persone all’inizio della vita, per poi restare all’interno dell’organismo in maniera perlopiù silente, ovvero senza causare sintomi. Gli studiosi hanno notato che gli anticorpi diretti contro questo virus sono in grado di provocare anche lesioni cerebrali e midollari corrispondenti a quelle che emergono in presenza di sclerosi multipla.

Per giungere alla loro scoperta, i ricercatori hanno posto sotto la lente di ingrandimento i campioni di sangue di oltre 700 pazienti affetti da sclerosi multipla e di 700 individui sani. Così facendo hanno osservato come gli anticorpi che si legano ad una proteina del virus Epstein-Barr, EBNA1, possono fare lo stesso anche nei confronti di una proteina simile presente nel cervello e nel midollo spinale, denominata CRYAB, e che ha funzioni protettive. Il cattivo indirizzamento di questi anticorpi e la reattività incrociata sono in grado di danneggiare il sistema nervoso e determinare gravi sintomi nei pazienti affetti da sclerosi multipla, quali problemi di equilibrio, mobilità e affaticamento. La correlazione tra questi anticorpi del virus e la malattia è emersa in maniera chiara quando si è osservato che essi erano

Oltre il 90% della popolazione mondiale entra in contatto con il virus nei primi anni di vita, durante l’adolescenza o in età adulta. L’ipotesi più probabile, suggerita da numerosi studi, è quella che ritiene la patologia il risultato di una serie di diversi fattori, genetici ed immunologici. Ad oggi, secondo le ultime stime rilasciate dall’Associazione senti in circa il 23% dei pazienti con sclerosi multipla rispetto al 7% riscontrato nei soggetti appartenenti al gruppo di controllo. La professoressa Olivia Thomas, ricercatrice post-dottorato presso il Dipartimento di Neuroscienze Cliniche del Karolinska Institutet e primo autore condiviso del lavoro, ha commentato: «Questo dimostra che, sebbene queste risposte anticorpali non siano sempre necessarie per lo sviluppo della malattia, possono essere coinvolte nella malattia in fino a un quarto dei pazienti con sclerosi multipla». Dallo studio, secondo la scienziata, si ricava anche «l’elevata variazione tra i pazienti, evidenziando la necessità di terapie personalizzate».

Italiana Sclerosi Mutipla (AIMS), ad essere colpite nel mondo dalla malattia sono circa 2,5/tre milioni di persone, di cui circa 122mila in Italia.

Nel recente passato altri studi avevano suggerito che l’infezione da Epstein-Barr potesse precedere la sclerosi multipla e che gli stessi anticorpi contro il virus potessero risultare coinvolti nello sviluppo della patologia che colpisce soprattutto le donne (in numero doppio rispetto agli uomini) e i soggetti di età compresa fra i 20 e i 40 anni. In questo senso si possono citare due articoli pubblicati lo scorso anno sulle riviste scientifiche Science e Nature, ma è da tempo che la questione anima il dibattito scientifico tra i ricercatori. La dottoressa Thomas ha dichiarato: «La sclerosi multipla è una malattia incredibilmente complessa, ma il nostro studio fornisce un importante tassello del puzzle e potrebbe spiegare perché alcune persone sviluppano la malattia». La ricercatrice ha poi riconosciuto che «le attuali terapie sono efficaci nel ridurre le ricadute nella sclerosi multipla, ma sfortunatamente nessuna può impedire la progressione della malattia». Ecco perché il prossimo passo sarà cercare di indagare ulteriormente a partire dai risultati emersi dallo studio. Come ha chiarito Mattias Bronge, ricercatore del Karolinska Institutet e altro autore dello studio, «ora stiamo espandendo la nostra ricerca per studiare come le cellule T combattono l’infezione da EpsteinBarr e come queste cellule immunitarie possono danneggiare il sistema nervoso nella sclerosi multipla e contribuire alla progressione della malattia».

È necessario comunque precisare come l’infezione provocata dal virus Epstein-Barr non può essere l’unico fattore capace di innescare i meccanismi patogenici della sclerosi multipla. Ciò lo si deduce in considerazione del fatto che il virus infetta la maggior parte delle persone.

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