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& CUORE
Letto per voi
Incontro i due autori di Comandante, uscito a fine gennaio per la casa editrice Bompiani, in un albergo romano. Edoardo De Angelis, regista, sceneggiatore e produttore, si è preso un’ora di pausa dal montaggio del film da cui è nato il libro: un percorso controcorrente, dalla sceneggiatura al romanzo, che è già un piccolo miracolo. Ce ne sono altri nelle 150 pagine del libro: il miracolo di un cavo di mina tagliato da un corallaro che accetta la morte per salvare i compagni; il miracolo di un cuoco napoletano che scopre la squisita semplicità delle patate fritte, piatto nazionale dei naufraghi belgi; il miracolo di un amore lontano, che non potrebbe essere più grande ma vive nella rinuncia; il miracolo di un comandante che sa tutto ciò che deve sapere, anche leggere nella mente del nemico nel momento in cui non è più nemico, ma soltanto un uomo di mare come lui. Il romanzo. La storia del romanzo è quella della prima missione in Atlantico del Cappellini, uno degli 11 sommergibili oceanici classe Marcello entrati in servizio nella Regia Marina tra il 1938 e il 1939, e della straordinaria scelta del comandante Todaro di non abbandonare i naufraghi del mercantile armato belga Kabalo che aveva appena affondato a cannonate, il 15 ottobre 1940, 720 miglia a ovest dell’isola di Madeira. Todaro mise a repentaglio la sopravvivenza del suo sommergibile e dell’intero equipaggio per obbedire a una legge superiore che accomuna i naviganti: chi è in balia del mare deve essere salvato, a qualsiasi prezzo. Non mi aspettavo, leggendolo, un ruolo tanto importante dei personaggi minori, in particolare gli uomini dell’equipaggio del Cappellini: ombre che prendono vita nella narrazione con un’alternanza di voci, in diversi dialetti, che rende omaggio a un’Italia lontana, ancora aspra, povera, elementare. Un’Italia fatta di molte anime, che la straordinaria e terribile vita dei sommergibilisti racchiude in un universo claustrofobico di 73 metri di lunghezza, stretto come uno dei sigari che il comandante Todaro impara a fumare a fogu aintru, ovvero tenendo la punta accesa in bocca per non rivelare la posizione al nemico, grazie a uno dei suoi cannonieri, il sardo Mulargia. O stretto come una bara d’acciaio, cosa che divennero davvero tre quarti dei 145 sommergibili italiani partiti in missione tra il 1940 e il 1943, e ben nove degli undici della classe Marcello a cui apparteneva il Cappellini