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GEOPOLITICA DEL QATAR
from FOCUS QATAR
by matteo.mora
INTRODUZIONE AL QATAR
Il Qatar è un piccolo Stato situato nella penisola Arabica, il suo unico confine terrestre è con l’Arabia Saudita e per il resto è circondato dal Golfo Persico. È molto importante inquadrare geograficamente il Qatar in quanto, la sua posizione, ha influito parecchio sia nello sviluppo socio-economico del Paese sia nelle vicende di politica internazionale che hanno scosso l’Emirato in questi ultimi anni, e che andremo poi ad approfondire. Il Qatar si estende per 11.525 km2, la sua capitale è Doha, città desertica fino a quindici anni fa, oggi giovane e multiculturale capitale di Stato; conta circa 2,5 milioni di abitanti, di cui solo 300.000 sono originari del Qatar, la comunità più numerosa è quella indiana (545.000), seguita da quella nepalese e filippina, che vanno a formare la bassa ed economica manodopera del Paese. Il paese è a maggioranza musulmana sunnita ed è una monarchia ereditaria, che attribuisce all’emiro reggente poteri assoluti. Da qualche anno fa parte praticamente di tutti principali organismi internazionali (come ad esempio: CCG, Lega Araba, OCI, ONU, OPEC e WTO), e grazie ai numerosi investimenti esteri è stato in grado di attivare una forte rete diplomatica in tutto il mondo. In questo report, sfruttando le testimonianze raccolte in classe, verranno analizzate le questioni storiche, politiche geografiche che hanno permesso ad uno stato così piccolo di diventare un player fondamentale per l’economia mondiale, i principali business del Qatar, con le prospettive per imprese e manager, e un inquadramento giuridico.
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1) DA PESCATORI DI PERLE ALL’ATTIVITA’ ESTRATTIVA: STORIA E SITUAZIONE ECONOMICA E GEOPOLITICA DEL QATAR 1.1) Storia
Le vicende storiche dell’Emirato ci sono state esposte dell’imprenditore, operante anche nelle zone del Medio Oriente e del Qatar, Georges Mikhael, che ha voluto poi analizzare la situazione al giorno d’oggi, non solo dal punto di vista politico ed economico, ma anche culturale, mondano e sportivo, per garantire una prospettiva a 360 gradi sul Paese e sulle origini e mentalità del popolo qatarino. La presenza umana in Qatar è stata fatta risalire al periodo Ubaid (tra il 6500–3800 a.C.), infatti sono stati ritrovati manufatti mesopotamici lungo la costa. Tuttavia, i primi insediamenti stabili certi e di cruciale importanza sono datati 1776, con l’arrivo nella penisola della dinastia araba Utubi, dall’arabo punizione. Gli Utubi erano una popolazione emigrata dal Kuwait e installatisi sulle coste qatarine. Lo Stato cadde poi sotto il protettorato turco, vero impero e stabilizzatore mediorientale all’epoca, per circa quarant’anni (1871-1914), che riconobbe come famiglia regnante la dinastia al-Thani. La stessa che nel 1916 concluse un accordo di protezione con la Gran Bretagna, e, sostanzialmente, divenne parte dell’impero coloniale britannico. Nel 1971 il Qatar proclamò l’indipendenza. Negli anni a venire ci furono diversi scossoni politici all’interno della famiglia al-Thani, che si conclusero nel 1995 con la detronizzazione attuata da Ḥamad bin Khalīfa al-Thani ai danni del padre. Le idee del nuovo emiro erano progressiste e più aperte al mondo occidentale. Nel 2003 si svolse un referendum popolare per l’approvazione di una nuova Costituzione che garantiva elezioni popolari di due terzi dei membri del Parlamento. Dal 2013 il nuovo emiro del Paese è Tamim Bin Hamad al-Thani, figlio di Ḥamad bin Khalīfa al-Thani.
1.2) Cultura
La cultura qatarina è fondata sui precetti dell’Islam ed è uno Stato fortemente legato al concetto della famiglia, questo è espresso anche nel pubblico, con un forte assistenzialismo statale e una predominanza dei qatarini sulle altre popolazioni presenti. Come la maggior parte degli stati musulmani, anche il Qatar è costruito sul rapporto famigliare, tuttavia la predisposizione per il commercio e l’apertura verso gli altri popoli han fatto si che non si isolasse e di conseguenza non si radicasse, infatti i qatarini non sono estremisti islamici, ma un popolo legato alle proprie tradizioni e allo stesso tempo aperto al mondo, probabilmente anche per l’istruzione filo-europeista impartita all’emiro (ha studiato in Inghilterra). Doha è una capitale di Stato multiculturale e globalizzata, dove la qualità della vita è abbastanza elevata anche per gli standard occidentali. Sicuramente la parità dei sessi è ancora lontana, tuttavia il ruolo della donna nella società si sta rivalutando e non è raro trovare donne che ricoprano cariche importanti. Il Qatar oggi è un Paese che punta molto sull’istruzione, il 6,9 % della popolazione è analfabeta, tasso piuttosto basso per uno stato della penisola araba. Molti qatarini studiano all’estero e, grazie ai fondi messi a disposizione dalla Qatar Foundation all’Università di Doha, è stato possibile, per quest’ultima, stipulare contratti importanti con le migliori
università del mondo, in modo da attirare studenti stranieri in Qatar, che, in diverse occasioni, rimangono nell’emirato una volta terminati gli studi. La giustizia è decisamente arretrata, legata al Corano e sorretta ancora una volta dal rapporto famigliare tipico dell’Islam, quindi tendenzialmente a favore dei qatarini rispetto agli stranieri. Sono ancora in vigore delle restrizioni ai diritti, quali: libertà d’espressione, associazione e riunione pacifica. Al centro di dibattiti internazionali sulla giustizia in Qatar ci sono ancora temi come la tortura e maltrattamenti dei prigionieri, i diritti dei minori e la pena di morte, ancora in vigore nell’emirato.
1.3) Sviluppo del commercio in Qatar
Il Qatar ha sempre avuto una vocazione commerciale, come sottolineato sia da Georges Mikhael che da Gianclemente De Felice, a capo della divisione Iraq, Iran, Penisola Araba per il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Negli anni dei popoli nomadi e nel XIX secolo l’economia qatarina si basava prevalentemente sulla raccolta e sul commercio di perle e sull’allevamento di cammelli. Le cose cominciarono a cambiare dagli anni ’30 del secolo scorso, quando la globalizzazione incombente ha portato sul mercato delle esportazioni di perle un nuovo grande player: il Giappone. Per questo motivo e per la scoperta di giacimenti petroliferi l’economia del Qatar cambiò radicalmente, da pescatori a estrattori di petrolio. La vera ricchezza del Paese però non è il petrolio, che comunque garantisce enormi entrate per le casse dell’emirato, ma il gas naturale, infatti il Qatar possiede il più grande giacimento di gas dell’area del Golfo e terzo nel mondo. Inizialmente lavorare sul gas era improduttivo, oltre che costoso, perché non si liquefaceva. La tecnica di liquefazione del gas porta ad una primavera commerciale per il piccolo emirato, perché questo metodo di trattamento permetteva di trasportarlo e di conseguenza di esportarlo nel mondo e quindi di diventare uno degli attori principali dell’economia mondiale. Le esportazioni di LNG (liquefied natural gas) qatarino cominciarono nel 1996, utilizzando il trasporto via mare; da allora ebbero un vero e proprio boom, raggiungendo la capacità attuale di 78 milioni di tonnellate annue esportate. Questo ha permesso ad uno stato di 11.000 km2 di diventare, in vent’anni, tra i primi tre stati fornitori di LNG a livello mondiale. Oltre alla ricchezza del sottosuolo, la grande fortuna delle esportazioni qatarine è dovuta alla sua posizione, infatti grazie alla centralità di cui gode può commerciare sia sull’ Atlantico che sul Pacifico, ricoprendo un ruolo strategico. Il percorso che ha portato alla conquista della posizione di leader non è sempre stato lineare, ci sono stati anche diversi traumi, gestiti in maniera ottimale dall’emiro, come ad esempio: il boom delle esportazioni di gas scisto, che ha diminuito i volumi diretti agli Stati Uniti, o la crisi finanziaria del 2009, che ha ridotto la spesa dei paesi europei e asiatici. Nonostante oggi nuovi Stati, come l’Australia, stiano finanziando progetti per l’estrazione di LNG molto ambiziosi, si pensa che il Qatar possa continuare comunque ad avere una posizione di leadership del mercato dovuta ad un’esperienza accumulata e ad ingenti investimenti attuati che hanno portato ad un break-even point della produzione molto basso, quindi l’emirato potrà garantire un prezzo inferiore rispetto ai concorrenti. Dal 2004 ad oggi il Qatar ha venduto carichi di LNG a 34 Paesi, ma l’84% del volume viene venduto a 8 Paesi: Giappone, Corea del Sud, Taiwan, India, Cina, Spagna, Gran Bretagna e Italia. Ha quindi deciso di intraprendere un processo di diversificazione dei mercati di sbocco, reso necessario soprattutto dopo lo shock sul mercato statunitense dovuto al gas scisto, puntando sui mercati dell’America Latina (in particolare Brasile e Argentina), del sud est asiatico, del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale. Ad oggi, della vecchia economia qatarina legata ai pescatori di perle, rimane poco o niente, solo qualche piccolo avamposto turistico, per ricordare le origini di una nazione che, in meno di un secolo, è stata capace di trasformarsi e diventare uno degli Stati più avanzati al mondo. I qatarini sono fieri delle proprie radici e non le dimenticano; nel nuovissimo e spettacolare Museo Nazionale del Qatar (inaugurato questa primavera), concepito dall’archistar francese Jean Nouvel, ci sono chiari riferimenti alle tradizioni e ai popoli che hanno reso grande l’emirato, è infatti esposto al suo interno il Tappeto di Perle di Baroda realizzato nel 1865 con 1,5 milioni di preziosissime perle del Golfo, in ricordo del passato da pescatori.
1.4) Un ulteriore step: convertire l’economia. Parole chiave: modernizzazione, diversificazione, servizi
L’economia del Qatar a inizio del XXI secolo era basata interamente sull’attività estrattiva e sull’esportazione di LNG e petrolio; gli enormi giacimenti di cui dispone garantiscono un’ingente liquidità, che ha portato negli anni ad un forte assistenzialismo al popolo qatarino, ma che rischia di stagnare l’economia dell’emirato e soprattutto di renderla dipendente dal mercato degli idrocarburi e dai giacimenti, che per loro natura, seppur di enormi dimensioni, come
quelli del Qatar, non sono infiniti. Ed è a questo punto che si è vista la lungimiranza dell’emiro, definito illuminato: lo Stato aveva accumulato un’immensa ricchezza, che andava reinvestita; così decise di intraprendere un’opera di modernizzazione e di diversificazione dei business con l’obiettivo di convertire l’economia. Il processo partì con il necessario innalzamento del livello di istruzione e formazione della popolazione, come sostenuto anche dalla sorella dell’emiro, Hind al-Thani: “ le parole chiave del Qatar del presente e del futuro saranno conoscenza e innovazione.” I due nuovi poli culturali recentemente inaugurati, il Museo Nazionale del Qatar e la Biblioteca Nazionale del Qatar, sono la prova tangibile che arte e cultura sono due business attuabili in questo Paese, il settore culturale è e sarà uno di punti cardine dell’emirato, che, grazie ai fondi pressoché illimitati, è diventato uno stato mecenate. Artefice di tutto questo è la sorella dell’emiro, Sheikha Al-Mayassa bint Hamad bin Khalifa al-Thani, definita l’emira dell’arte contemporanea, che. con un budget di oltre un miliardo di dollari all’anno, sta acquistando opere importantissime, creando centri culturali internazionali di rilievo. Gli investimenti interni ed esteri sono regolati dalle principali fondazioni e fondi del Qatar, come ad esempio la Qatar Investiment Autorithy o il Qatar Fund for Devolpment, tutte controllate direttamente o indirettamente dell’emiro. La fondazione più importante in ambito scientifico, educativo e sociale, che guida la spinta innovatrice del paese, è la Qatar Fondation. Il fondo più potente, e uno dei più ricchi al mondo, è il Qatar Investiment Autorithy, un fondo sovrano, fondato nel 2005, specializzato negli investimenti diretti esteri, con un patrimonio stimato di 600 miliardi di dollari. Attraverso questo strumento finanziario l’emiro ha esteso la sua rete di influenza in tutto il mondo, acquistando alberghi (Hotel Gallia a Milano), aeroporti (Heathrow), squadre di calcio, partecipazioni in istituti di credito e grosse società e finanziato infrastrutture. Ancora una volta in queste operazioni si è vista la lungimiranza del principe Tamin, e prima di lui suo padre, che, sapendo benissimo della scarsa importanza del Qatar nel complicato mondo diplomatico e di come la presenza di giacimenti di gas naturale possa attirare le mire espansionistiche di altri stati, ha deciso di puntare molto sugli investimenti diretti esteri in modo da avere una notevole influenza nei maggiori stati del mondo e la possibilità di sedersi al tavolo delle trattative con quest’ultimi, forti di essere una potenza economica. Grazie a questo il Qatar ha raggiunto una posizione rilevante nella scacchiera politica internazionale e una diversificazione e internazionalizzazione della propria economia. Il Qatar punta a diventare una meta turistica, per fare ciò, e per migliorare la qualità della vita e attirare capitale umano, è necessario investire in infrastrutture e servizi in modo da poter offrire esperienze uniche ed indimenticabili. La vocazione turistica di paesi come il Qatar, o gli Emirati Arabi Uniti, è molto recente e legata soprattutto alla costruzione di un “brand paese” che possa essere sinonimo di divertimento, relax e sicurezza. Il Qatar non può offrirti bellezze naturali, o siti storici particolarmente rilevanti, tuttavia gioca sul fattore esperienze e ospitalità che si basano su una forte rete di servizi e infrastrutture rivolte al turista e al residente. L’emiro ha puntato molto sulla compagnia aerea di bandiera, la Qatar Airways, che, in pochi anni, è diventata una delle migliori compagnie al mondo, riconosciuta a livello internazionale. La strategia attuata è stata quella di fornire collegamenti a lunga distanza (soprattutto per i partner strategici, come l’Italia) in modo da utilizzare il nuovissimo e all’avanguardia aeroporto Hamad International di Doha come Hub di scalo per appunto voli di lunga gittata, operazione facilitata anche dalla posizione centrale e di collegamento tra Asia e Europa di cui gode l’emirato. Questo metodo, utilizzato con successo negli Emirati Arabi (Dubai nel 2018 è stata la terza città più visitata al mondo), punta ad incrementare il numero di passeggeri in transito nella capitale, e, di conseguenza il numero di persone che, indirizzate e incuriosite da un’offerta turistica di qualità, decidono di trascorrere qualche giorno in Qatar. Il governo del Paese sta impiegando molto denaro nelle infrastrutture, sia in strade asfaltate extra-cittadine, per collegare i principali siti petroliferi, sia in trasporti interni a Doha, attualmente sono in costruzione, contemporaneamente, tre linee della metropolitana. Tutta questa implementazione dei servizi va valutata sicuramente nell’ ottica dei mondiali del 2022, l’intero paese vuole arrivare pronto dal punto di vista infrastrutturale a questo crocevia fondamentale, che, in qualche modo, oltre ad essere un evento storico, concluderà un primo ciclo di espansione economica del Qatar e fungerà da banco di prova. Grandi opere ingegneristiche sono in programma nel futuro prossimo: un ponte che dovrebbe collegare il Qatar col Bahrein, la costruzione di un’isola artificiale di 400 ettari. La più importante di tutte dal punto di vista strategico, visti anche i problemi politici della zona, è stata inaugurata due anni fa: un maxi-porto contro l’embargo dei paesi arabi. L’opera è costata circa 7,5 miliardi di dollari e, ad oggi, rappresenta uno dei porti più moderni al mondo; costruito in appena due anni si estende per una superficie di 28,5 chilometri quadrati, ha un terminal dedicato ai container, uno per i carichi convenzionali, uno per le rinfuse, spazi dedicati alla guardia costiera e alle navi militari, e altre destinate al
servizio del traffico di veicoli finiti, per lo stoccaggio alimentare e per la movimentazione di bestiame vivo. Il porto ha un’importanza cruciale per il Qatar, gli permette di diminuire l’influenza daegli altri paesi arabi e di importare tutto ciò di cui necessita, infatti vengono investite continuamente ingenti somme nell’ampliamento e nell’ammodernamento dell’area portuale. Il Qatar non è un paese a vocazione industriale, grazie però all’apertura internazionale, sta cercando però di acquisire know-how da paesi più industrializzati, i quali decidono di investire nell’emirato per il favorevole regime fiscale. Stesso discorso vale per il settore alimentare, il clima desertico non ha mai permesso grandi colture, tuttavia, dopo i problemi diplomatici che hanno portato all’embargo degli altri paesi del Golfo (paragrafo 1.7), ha dovuto cominciare un processo di indipendenza agroalimentare. Per questo motivo il settore agricolo è uno dei business più interessanti e particolari da sviluppare in Qatar; l’autarchia alimentare è uno degli obiettivi prefissati dall’emiro, che infatti ha stanziato miliardi di dollari per il raggiungimento di questo traguardo, e ad oggi sta ottenendo buoni risultati: la richiesta interna è coperta dall’autoproduzione (in serra e nelle poche aree coltivabili) per circa il 30% per le verdure, il 90% delle uova, e quasi il 100% dei prodotti caseari. L’autosufficienza casearia sta per essere raggiunta grazie ad una mastodontica operazione attuata nel 2017: il più grande trasferimento di bovini al mondo che ha portato a Doha 4000 mucche. Gli animali, dal peso di 6 quintali l’uno, sono stati acquistati da un businessman qatarino (Al Khayyat) principalmente da Australia e Stati Uniti e trasportati con 60 aerei a Doha. Le infrastrutture collegate all’agricoltura in costruzione, oltre alle serre e alle strutture per l’allevamento, sono dei grandi siti per lo stoccaggio delle derrate alimentari. La Qatar islamic Bank sta finanziando la costruzione di un enorme deposito di circa 530.000 metri quadrati per immagazzinare gli alimenti e per lavorarli in loco. Il sito sarà in grado di contenere derrate alimentari tali per sfamare l’intera popolazione qatarina per due anni. Il processo di modernizzazione del paese passa anche attraverso lo sport, è vero, i mondiali di calcio sono il fiore all’occhiello e hanno catalizzato l’attenzione internazionale, ma il processo di ampliamento sportivo è molto più esteso; comprende anche sport minori e l’obiettivo è quello di migliorare ancora una volta i servizi del paese e usare lo sport come base per la formazione dei futuri qatarini. Quest’anno ci sono stati i mondiali di atletica, evento molto discusso, ma in sordina e lontano dai riflettori internazionali. Il vero successo sportivo del Qatar è l’Aspire Academy, un gigantesco centro per lo sport (290.000 metri quadri) costato 1,3 miliardi di dollari, in cui è possibile praticare moltissime discipline, utilizzando le migliori attrezzature disponibili, un’assistenza medica sportiva invidiabile e sotto gli occhi di esperti coach provenienti da tutto il mondo. È il miglior centro per la formazione sportiva al mondo, e, il modus operandi è lo stesso utilizzato negli altri settori: stringere accordi di partnership con le eccellenze a livello mondiale. Io pratico scherma da molti anni, ed anche nella mia disciplina è subentrato con coraggio negli ultimi anni il Qatar; la scherma rappresenta un’eccellenza italiana, siamo da sempre la miglior scuola al mondo, per questo motivo l’Aspire Academy ha siglato una partnership strategica con la Federazione Italiana Scherma. Questo rapporto che ha portato uno scambio di know-how e ha dato la possibilità, lo scorso anno, di far allenare a Doha, nel modernissimo centro sportivo, i migliori talenti italiani under 14. Il mio primo maestro adesso insegna scherma presso l’Aspire Academy e, a conferma dell’importanza che gli eventi internazionali hanno, da un paio d’anni Doha ospita una tappa del circuito di coppa del mondo di spada. Il Qatar resta un paese pieno di contraddizioni, da una parte il richiamo occidentale e il modernizzazione, dall’altro la legge coranica ancora in vigore, ma ha sicuramente intrapreso una direzione coraggiosa, che in futuro potrà garantirgli un’economia diversificata e non dipendente dall’attività estrattiva.
1.5) Il rapporto con l’Italia
Il Qatar rappresenta un partner strategico per l’Italia, i due Paesi hanno creato un forte rapporto biunivoco; la presenza italiana in Qatar è ormai consolidata e sarà poi approfondita nella seconda parte dell’elaborato, con le esperienze presentate da Fincantieri e Leonardo, anche le esportazioni del Qatar verso l’Italia sono aumentate in maniera significativa. Aziende italiane riescono ad ottenere commesse importanti nell’emirato, soprattutto nei settori delle costruzioni, delle infrastrutture, dell’impiantistica e della difesa. Un altro settore strategico, utilizzato per solidificare il rapporto tra i due Paesi e in grado di far appassionare i qatarini alle nostre eccellenze, è il “made in Italy”, i mobili, i manufatti dell’industria luxury e i prodotti agro-alimentari italiani. I dati aggiornati a novembre 2017 riportavano un valore dell’import pari a 1,06 miliardi di euro, e l’Italia si classifica all’ottavo posto dei Paesi fornitori del Qatar.
La famiglia al-Thani ha deciso di intervenire economicamente in Italia nel 2012. Ha utilizzato dei fondi per acquistare immobili di lusso, alberghi, partecipazioni in aziende dell’eccellenza italiana. Da sottolineare, ancora una volta per l’importanza strategica, l’acquisizione da parte di Qatar Airways del 49% delle quote di Meridiana nel 2018; quest’operazione rientra nel processo di internazionalizzazione e in un’ottica di implementazione del trasporto areo verso la Costa Smeralda, territorio dove si sono verificati ingenti investimenti in real estate da parte di fondi qatarini. Per quanto riguarda le esportazioni dal Qatar verso l’Italia, 87,6% riguardano gli idrocarburi (80% gas naturale), per un totale, nel 2017, di 1,19 miliardi di euro; il rapporto si è solidificato negli anni ed è stato programmato a lungo termine a partire dal 2009, anno di entrata in funzione del terminale di rigassificazione Adriatic LNG a Rovigo. A parte un brusco calo nel 2016, dovuto alla minor richiesta di idrocarburi in Italia, l’export qatarino verso il nostro Paese ha sempre avuto un trend positivo. In sintesi, i dati sono riassumibili in un interscambio tra i due Paesi nel 2017 di 2,35 miliardi di euro, che ha portato vantaggi alle reciproche economie.
1.6) Qatar Vision 2030
Tutto ciò che è stato fatto fino ad ora rientra in una prospettiva a lungo termine chiamata “Qatar Vision 2030”. Ogni investimento, infrastruttura, progetto sociale ed economico non va visto in modo isolato, ma analizzato in un complesso programma che mira a rendere il Qatar uno dei paesi con lo standard della qualità della vita più elevato. Il piano lanciato nel 2008 si fonda su quattro punti cardine: lo sviluppo economico, sociale, umano e ambientale. Lo sviluppo economico intende trasformare e modernizzare l’economia del Paese, in modo da garantire una crescita sostenibile, duratura e non dipendente dalle estrazioni dal sottosuolo. In quest’ottica rientra anche una crescita ecosostenibile, basata sull’utilizzo di fonti rinnovabili e green; i pannelli fotovoltaici tradizionali potrebbero essere ottimali per la morfologia del territorio, tuttavia le alte temperature ne impediscono l’uso (sopra i 35° i pannelli vengono danneggiati). Per questo motivo stanno studiando e sperimentando nuove tipologie di fotovoltaici, in grado di resistere alle estati qatarine; sono stati investiti 160 milioni di dollari, con una prospettiva di spesa che potrà raggiungere i 3,5 miliardi di dollari. Lo sviluppo sociale e umano ha lo scopo di promuovere una società giusta, basata su principi morali e nella quale un uomo possa crescere personalmente e realizzarsi. Per fare ciò l’emiro intende offrire ai cittadini servizi di prima qualità, dalla sanità all’istruzione scolastica, passando per una serie di opere infrastrutturali (metropolitane, strade, magazzini per lo stoccaggio alimentare) in grado di aumentare la qualità della vita. I mondiali del 2022 sono una sorta di step intermedio, la conclusione di un primo ciclo di crescita. Alla fine dell’evento si potranno tirare le prime somme sulle politiche intraprese dalla famiglia reale, ma non bisogna dimenticare che il programma statale ha una visione molto più ampia, che vedrà la sua scadenza nel 2030, e che, se tutto andrà secondo i piani, sarà in grado di garantire al Qatar prosperità economica, sociale e culturale.
1.7) Situazione geopolitica
religiosa
Il Qatar si trova in un contesto regionale abbastanza complesso; una polveriera mediorientale fatta di equilibri precari, embarghi, problemi religiosi e non solo, che rendono l’intera area instabile e in certi casi caratterizzata da conflitti. Risulta quindi di cruciale importanza il lavoro diplomatico svolto nella zona, non solo dagli Stati interessati, ma anche dalle altre potenze mondiali che hanno interessi nella penisola arabica. La situazione Geopolitica del Qatar ci è stata introdotta da Gianclemente De Felice, capo della divisione Iran, Iraq e Penisola Araba per il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il quale, vista la sua lunga carriera diplomatica e la permanenza nella zona, conosce bene l’equilibrio precario dell’area del Golfo. Il Qatar ha stretto nel tempo una fitta rete di rapporti diplomatici, sia con Stati occidentali che con i vicini del Golfo, con l’obiettivo di poter diventare un player importante a livello internazionale. La situazione precipitò velocemente nel giugno 2017, quando Arabia Saudita, Bahrein, E.A.U. ed Egitto decisero di interrompere le relazioni diplomatiche con il Qatar, dichiarare un embargo nei confronti di quest’ultima e una chiusura degli spazi aerei; formalmente Doha fu accusata da questi stati di sostenere economicamente gruppi terroristici legati ad al-Qaida e allo Stato Islamico e di utilizzare la propria potenza mediatica (Il Qatar è proprietario di Al Jazeera, la più importante televisione del mondo arabo) per sovvenzionare movimenti islamisti, come la Fratellanza Musulmana, con lo scopo di destabilizzare il Medio Oriente. Inoltre, fu incolpata di avere rapporti con il nemico comune degli Stati della Penisola: l’Iran. Certamente questi sono i motivi di facciata; secondo De Felice le motivazioni principali sono da ricercarsi nella progressiva apertura internazionale dell’emirato, che, in poco tempo, grazie alla ricchezza economica ed energetica, è diventato una potenza regionale, e nella politica di modernizzazione voluta da al-Thani, la quale non è vista di buon occhio da Paesi tradizionalisti come l’Arabia Saudita. Va segnalata inoltre una crescente invidia del fronte anti-Qatar verso quello che sarà il main event della storia qatarina: i mondiali di calcio 2022, il più importante evento sportivo al mondo, in grado di catalizzare l’attenzione di tutti e di attirare ingenti flussi turistici. Il potere politico, mediatico e l’acquisita importanza nello scacchiere internazionale, nel mondo artistico e sportivo sono quindi le cause scatenanti delle ire di Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti: l’obiettivo dell’embargo era quello di isolare il Qatar e farlo cedere alle pressioni di Riyadh e Abu Dhabi per quanto riguarda la politica estera e energetica. Come abbiamo visto però la liquidità monetaria accumulata negli anni ha fatto si che il Qatar potesse intraprendere campagne di investimenti volte a raggiungere l’autarchia in diversi settori (agricolo e alimentare soprattutto), in modo da diminuire la dipendenza dagli altri Stati del Golfo. A tal proposito si è rivelato cruciale il nuovo porto commerciale: l’infrastruttura ha permesso di intensificare il commercio via mare e di sopperire all’isolamento terrestre e aereo.

Una delle preoccupazioni principali del popolo qatarino ad oggi è la chiusura dello stretto di Hormuz, che è la principale arteria petrolifera mondiale ed è un punto di passaggio obbligato anche per le esportazioni di Gas Naturale Liquefatto, sulle quali il piccolo emirato fonda la propria economia. La maggior parte delle volte le imbarcazioni sono costrette a passare nelle acque territoriali dell’Iran che, spesso, utilizza la minaccia della chiusura dello stretto come strumento per accrescere la propria importanza internazionale e per ottenere il ruolo di player principale dell’area mediorientale. Anche per questo motivo, Doha segue con particolare attenzione la recente escalation tra Teheran e Washington.
A più di due anni di distanza dall’introduzione dell’embargo, si può dire che il tentativo di Riyadh di isolare il Qatar e imporre a questo le proprie preferenze in ambito di politica estera ed energetica sia fallito; ciò nonostante ha comunque influenzato ulteriormente il già precario equilibrio, infatti ha permesso al califfo qatarino di potenziare