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Sì. Il pericolo di fascismo c’è!

Negli ultimi tempi è rispuntato nel dibattito politico in Italia il tema del fascismo. Una questione che ha avuto vari riflessi mediatici sia nel nostro Paese sia all’estero. Da talune parti si ritiene che parlare ora di fascismo sia anacronistico, soprattutto perché si tratta di qualcosa che si considera inesistente, e da altre parti si ritiene necessario alzare la guardia in quanto il pericolo più o meno latente c’è. Personalmente confermo la preoccupazione che già espressi su questo Giornale nell’agosto del 2018 con un testo che titolari “Venti di fascismo sull’Europa”? Posi l’interrogativo non perché non nefossi convinto, ma per sollecitare una riflessione. Allora parlai di “un germe pericoloso inserito nel corpo della democrazia europea”. A tutt’oggi ritengo che quel germe non sia morto; anzi, lo percepisco alimento anche da potenti forze esterne marcatamente illiberali e del tutto intolleranti del sistema democratico che regge paesi occidentali. Intendiamoci, non penso esplicitamente al fascismo storico che per vent’anni ha soffocato la libertà in Italia e ha calmato taluni agitati con olio di ricino. Probabilmente c’è chi di quel fascismo vuol tenersi il copyright del nome, e lasciamocelo pure. Parlando oggi di fascismo, dobbiamo più che altro orientarci verso un nazionalismo intollerante di ciò che è diverso rispetto a quel che viene considerato identità nazionale, che va difesa ad ogni costo; una difesa che si fa generando artificiosamente paura i tratto identitari. Si crea paura per l’arrivo dello straniero di colore o di altra cultura o religione. Paura nei confronti di chi non si adegua ai nostri costumi di vita, alla nostra cultura e alle nostre tradizioni. La nazione e l’identità nazionale, insomma, sono ancora eccessi identitari, e questo nonostante l’avvio del processo di integrazione europea abbia avviato quello straordinario progetto di unità dei popoli nell’auspicio che gli stessi, nel rispetto delle loro diversità, possono vivere e prosperarew nell’unità. L’identità di una nazione va certamente riconosciuta e tutelata; altro è affermate un nazionalismo patologico. Per rapporto alle diversità, ce n’è una che non riguarda solo una nazione, ma che è condivisa fra tutti i popoli che vivono ed adoperano sulla base di costituzioni improntate ad una democrazia liberale verso la quale potenze esterne d’impronta ancor più che fascista hanno dichiarato guerra. Purtroppo non si tratta solo di guerra metaforica, ma reale, come quella voluta dalla Federazione russa guidata da quel criminale di Vladimir Putin che con l’invasione dell’Ucraina vuole annientare una nazione, un popolo, con atrocità che ci riportano agli anni più bui del secolo scorso. La campagna fascista - è forse qui uso il termine con tono attenuato per definirne la strategia è comportamento – messa in campo da Putin e dal suo compagno cinese Xi Jinping – questi in termini apparentemente più morbidi – per demolire i sistemi democratici liberali dell’Occidente, ritenuti obsoleti e segnati dal fallimento, è costituisce pericolo già in essere. Mosca e Pechino stanno sostenendo con investimenti astronomici infiltrazioni diplomatiche e manipolazioni mediatiche nelle democrazie occidentali per destabilizzarle. Operano strategie di manipolazione della verità scientificamente studiate per mettere inconsciamente la gente contro i propri governi democratici legittimamente eletti. La manipolazione della verità è massiccia all’interno dei loro Paesi e molto sofisticata sull’esterno. Un sistema che è stato codificato con il termine “sharp power”, un potere acuto, subdolamente utilizzato all’interno di un paese straniero democratico attraverso l’informazione e altri metodi capaci di generare, fra l’altro, persuasione occulta. Motore di questo satanico disegno è il mondo digitale, con tutti i “social” che mette a disposizione di chiunque. All’interno di Internet vengono utilizzate fra l’altro “debolezze umane” riferite a comportamenti noti con neologismi come “postverità” e “democrazia delle bolle” e che portano le persone a credere che tutto ciò che naviga nella Rete si considera vero se è condivisibile e coincide con le proprie idee e convinzioni personali, ritenendo tutto il resto inattendibile o addirittura falso.

In tutto ciò possiamo parlare di “fascismo digitale”, con il quale non si rappresenta una struttura verticale, che, per quanto riguarda l’Europa, può essere riferibile alla dittatura italiana inaugurata da Mussolini o al nazionalsocialismo di Hitler, quanto piuttosto un sistema orizzontale fra molti gruppi collegati nella Rete e pronti a unirsi per dar corpo a insane convinzioni.

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Se non ci piace il termine fascista, utilizziamo pure le espressioni che vogliamo – autoritarismo, dispotismo, ed altro – ma siamo coscienti che la sostanza ha un unico significato: privazione della democrazia, della libertà e della dignità umana. Per tentare di contrastare l’affermarsi di processi di profilo fascista un contributo può essere fornito da tutti noi, navigatori dell’universo digitale; un mondo che talvolta rischia di renderci ipnotizzati mentre fa fluire nelle nostre menti informazioni che al risveglio ci portano a comportamenti sociali – o elettorali – che possono incanalarci verso la privazione della libertà. E la libertà, bene troppo prezioso per perderla, va difesa ogni giorno, anche quando usiamo il cellulare.