20 minute read

RIASSUNTO

DI GEOGRAFIA DEGLI SPAZI DELL’UOMO ( CORSO VISENTIN )

Il Concetto Di Geografia

Advertisement

La geografia è la forma di conoscenza che ci fa conoscere il mondo e ci dice che la Terra non è piatta, bensì sferica.

Non è la scienza precisa e le metafore geografiche ci aiutano ad interpretare e comprendere il mondo , non è la descrizione oggettiva della Terra.

Il geografo usa le carte geografiche , le legge e le interpreta.

La geografia è frammentaria , scomposta perché quando viaggiamo ci limitiamo a dei punti.

Nel XVII secolo si riteneva che il geografo conoscesse il mondo e in Olanda veniva visto come matematico che sa dare delle indicazioni e riempie il globo.

La geografia è la scienza che ha per oggetto la descrizione interpretativa della superficie terrestre , lo spazio tridimensionale ; non studia i fenomeni fisici né le società umane ed è di tipo territoriale. Essa cerca di guardare gli oggetti che si muovono.

CONDIZIONE DI STORICITA’ :le persone che studiamo appartengono ad una società e ad un’epoca particolare : non esistono al di fuori del tempo e non possono essere compresi se proviamo a separarli dagli avvenimenti che hanno vissuto e dall’atmosfera nella quale sono immersi.

Ad esempio Emilio Gadda ( ancora studente universitario ) nel 1915 scrive a D’Annunzio una lettera per entrare in guerra, periodo di clima tossico in Italia e si spingeva per fare entrare in guerra sia Trento e sia Trieste.

CONDIZIONE DI GEOGRAFICITA’ : gli individui sono sempre analizzati in un contesto sia materiale che sociale, non vivono in uno spazio astratto e appartengono ad un luogo.

IL LUOGO : è sempre al centro della ricerca geografica come ritiene VIDAL DE LA BLANCHE , grande geografo e padre della geografia umana. Questo concetto è in perenne trasformazione perché le persone cambiano.

E’ una parte della superficie terrestre che non equivale a nessun’altra parte e i luoghi non hanno un’unica identità , ma ne hanno molte.

I luoghi si autocostruiscono e gli individui dimostrano attaccamento o esprimono sentimenti e significati nei confronti dei luoghi particolari.

I luoghi sono instabili e questo potrebbe creare spaesamento perché ci piace fissare la memoria da ciò che ci circonda anche cambia sempre; esistono dei luoghi dalla memoria collettiva ( Schama 1995 ).

TOPOFILIA : legame affettivo / emozionale tra le persone e i luoghi.

SPAZIO : deriva da stadion e indica che nel concetto di spazio tutte le parti sono l’una equivalenti all’altra e non c’è alcuna differenza qualitativa , è qualcosa di universale che ci serve per misurare il mondo.

Lo spazio ha a che fare con la rappresentazione e serve a localizzare ed è utile nella costruzione del mondo.

Secondo GEORGES PEREC ( specie di spazi ) lo spazio è qualcosa di molto grosso, esagonale , ed è stato circondato da una grande linea punteggiata.

MARC AUGE’ :dice che dovremmo leggere le descrizioni dei luoghi e capire come vengono vissuti.

Egli teorizza la differenza tra LUOGHI e NON LUOGHI aiutandosi con il concetto di abitabilità e transitorietà.

I luoghi di transito sono tutti uguali , THE TERMINAL invece smentisce, li considera relazione.

DICOTOMIA FUNZIONALISTA : luoghi che diventano spazi e viceversa ( es. le case abbandonate ) .

La tecnologia ci fa perdere il senso dell’orientamento e possiamo abitare ovunque grazie ad essa.

PAESAGGIO : è considerato un bene prezioso , oltre a guardarlo lo viviamo in maniera transitoria o ci abitiamo ; noi condizioniamo il paesaggio con la nostra presenza e viceversa.

PAESAGGIO CULTURALE : lo troviamo in Kandinsky ed è un paesaggio con macchie rosse ( 1913 ).

L’ arte ci aiuta a capire le cose , perché gli artisti riescono a leggere quello che noi fatichiamo a comprendere. Il paesaggio è anche quello che noi percepiamo.

CONCETTO POLIEDRICO : paesaggio ( Treccani ) , parte di territorio che si abbraccia con lo sguardo da un punto determinato.

Il termine è usato per fare riferimenti a panorami caratteristici o a località di interesse storico o artistico.

Qui il paesaggio viene definito come una scena.

CONCETTO DECLINABILE : questo concetto per i geografi rappresenta la materializzazione nello spazio geografico dei processi storici , articolati secondo i meccanismi insediativi, le presenze culturali o artistiche , gli eventi di varia natura e l’evoluzione dei modi di produzione.

Tra gli aspetti naturali troviamo l’individuazione dei paesaggi , suolo , vegetazione , paesaggio di montagna o di pianura , paesaggio forestale , di prateria o desertico.

Tra i fattori umani invece i caratteri dell’insediamento e dell’economia rurale, mentre il paesaggio agrario è divenuto uno dei temi più frequentati della ricerca geografica.

Il paesaggio è natural – culturale e non va solo visto ma anche sentito ( SOUNDSCAPE ; paesaggio dell’olfatto ).

Non vedremo mai tutto quello che ci circonda , perché gli occhi sono allenati a vedere solo quello che possono.

In Germania il paesaggio si dice LANDSCHAFT da Land terra e ci indica ciò che è collegato insieme ad un’appartenenza e indica l’essenziale collegamento delle cose.

Il paesaggio è una parola ubiquitaria in inglese e in altre lingue nord europee di matrice anglo –tedesche ad esempio LANDSKIPE in nederlandese vuol dire sguardo verso la terra.

Al nord si usa la parola LAND mentre al sud si usa paesaggio. La parola non ha a che fare con l’arte , la rappresentazione , ma ha altre origini. Il paesaggio ha a che fare con la politica e la legge.

Nelle lingue latine ha una radice latina ( pagus ) che significa distretto rurale definito e la radice è simile anche al francese PAYSAGE e allo spagnolo PAIS. Questa radice latina ha a che fare con qualcosa di rurale e il paesaggio è collegato anche alla cultura e alla conoscenza.

Il paesaggio ha un concetto POLISEMICO che nella teoria è multidisciplinare e trasversale.

WAYS OF SEEING : è il paesaggio visto dal critico d’arte Berger in cui afferma che le persone vedono le cose attraverso delle modalità che vengono acquisite nel tempo.

Il paesaggio è un modo di vedere e non quello che è di per sé, è un modo in cui noi ci appropriamo dello spazio attraverso lo sguardo.

Il Paesaggio Come Testo

Secondo HOSKINS il paesaggio non è creato solo materialmente ma anche intellettualmente siamo in grado di saper leggere il paesaggio come testo.

Il paesaggio ci parla di varie situazioni e se lo leggiamo possiamo trovare le narrazioni delle persone , dei valori culturali, delle identità , della storia , della politica e delle religioni. Dobbiamo usare l’idea di inter testualità.

Il paesaggio si può leggere perché ci parla ed è contenitore di memoria del passato, non bisogna leggerlo di per sé stesso , ma dobbiamo usare la chiave dell’interstualità.

Il paesaggio è fatto da diversi momenti : es . Piazza San Marco non è stata costruita tutta subito , bensì in diversi periodi.

Esiste sia la persona che analizza il paesaggio e sia il paesaggio stesso è in grado di dirci più o meno cose.

Ci sono anche paesaggi ad ALTO CONTESTO e altri a BASSO CONTESTO e certi si fanno leggere facilmente , perché noi abbiamo la capacità di farlo mentre altri paesaggi ci dicono poco e non riusciamo bene ad interpretarli, ne sappiamo poco e possono aver subito delle modifiche in diversi momenti della storia e noi le diamo per scontate come se ci fossero sempre state.

I 5 Modi Di Interpretare Il Paesaggio

Esistono diversi modi per interpretare il paesaggio :

• PROSSIMITA’ / DISTANZA secondo Cezanne ci sono 60 modi diversi per vedere lo stesso posto ( dipingerlo, mentre sulla distanza Williams dice che per capire qualcosa dobbiamo capirla in maniera oggettiva. Nella prossimità invece ci colleghiamo alla topofilia e il paesaggio deve essere inteso nel contesto.

• ATTORE / SPETTATORE osservare e abitare non si escludono a vicenda , siamo soliti a fare entrambe le cose. Il problema sorge quando il paesaggio diventa collettivo perché è difficile mettersi d’accordo su cosa fare. All’interno del paesaggio si muovono delle dinamiche di tipo diverso.

• CORPO / MENTE il paesaggio è anche un modo di vedere le cose e può essere percepito con la mente e con il corpo, è frutto del processo mentale EDUCATED EYE che proviene dalla conoscenza e dal contesto in cui viviamo, ognuno lo fa in maniera diversa.

• CULTURA / NATURA questa relazione costituisce il cuore degli studi sul paesaggio nella geografia culturale. Quando guardiamo il paesaggio è difficile capire se è plasmato dalla natura o dalla cultura perché questi sono intrecciati.

• PRESENZA / ASSENZA pensiamo a quello che vediamo nel paesaggio e molte volte l’assenza di un elemento ci svela la presenza di qualcos’altro. Fino al Seicento non c’era la distinzione tra cultura e natura, noi le separiamo perché è un processo moderno in cui l’uomo si rende conto che non può vivere con la natura, ma deve addomesticarla. Le assenze sono costitutive della presenza e l’assenza crea una presenza.

Il Paesaggio Culturale

Il paesaggio culturale ha una sua riconoscibilità ed è sotto tutela dell’ UNESCO come il paesaggio del Prosecco , prima del 1992 l’Unesco divideva beni monumentali dai beni naturali e poi si sono resi conto che questa suddivisione non era sufficiente ( es. la Laguna di Venezia ).

Il paesaggio culturale ci racconta il passato , l’uomo porta una trasformazione , un esito e poi un riconoscimento.

Nell’odierna geografia culturale il paesaggio si è affermato come espressione dei significati umani, il paesaggio non è solo quello che è , ma anche ciò che rappresenta. Per descrivere un paesaggio non è sufficiente andarlo solo a vedere ma anche capirlo.

Il Paesaggio Palladiano

Il paesaggio palladiano è legato al mondo vissuto, cioè il teatro della storia umana, per leggere il paesaggio si utilizza la creatività artistica.

Si può plasmare la natura secondo il proprio volere, nel 1600 entriamo in un periodo in cui distinguiamo cultura e natura.

Deve esserci un rapporto tra architettura e idea di ambiente perché quando si costruisce bisogna tener conto del territorio, dobbiamo concentrare la nostra attenzione sulle pratiche del e nel paesaggio.

Il paesaggio non è sempre coerente, perché è fatto dalle persone che cambiano.

Deve esserci un rapporto tra architettura e idea di ambiente perché quando si costruisce si deve tenere conto del territorio. Il paesaggio è visto come pratica quotidiana perché rappresenta un sistema simbolico-materiale in cui viviamo.

Le criticità implicite dell’approccio della geografia culturale si trovano nei territori dove la cultura avvia vari processi e determinate dinamiche.

Oggi la geografia rappresenta solo un compito descrittivo e tutto ha un valore, non solo i paesaggi.

Il paesaggio, pertanto, non è sempre coerente, perché è fatto dalle persone che cambiano.

CONCETTO DI CITTA’

E’ la manifestazione dell’azione umana sul territorio, il suo ruolo va ben oltre ai suoi confini e viene influenzata da diverse realtà urbane sia dal punto di vista economico che da quello spaziale, ma anche culturale.

Viviamo la città sempre in maniera diversa e molte volte cambiamo la città senza porci domande, la città non è altro che un polo culturale, sociale e storico che espande le proprie influenze immateriali anche in luoghi molto distanti tra di loro.

Le città sono nate quando c’è stata la separazione del lavoro legato all’agricoltura e all’allevamento e ad altre attività che non erano legate tra di loro, una volta la città era solo dentro alle mura.

Le città sono fatte di immagini, da una pare la città è vissuta e dall’altra è visitata. Queste realtà si intrecciano, ma non sempre coincidono.

Le città hanno una crescita continua perché ci sono sempre meno persone che vogliono vivere in campagna.

Ci sono le mappe che sono essenziali per muoversi in città.

Nasce il concetto di centro storico. Si formano delle periferie residenziali. Le aree industriali sono scomode all’interno della città. Si trasferiscono all’esterno, ma con il tempo verranno inglobate nuovamente. Chi aveva soldi si trasferiva fuori dal centro storico, ma qua lo stesso non ci sono servizi adeguati.

È la città del flâneur che è una figura mitologico letteraria che si aggira, deliberatamente senza meta, solo osservando.

L’uomo della folla non è un flâneur. In lui l’abito tranquillo ha lasciato il posto a un tenore maniaco; e da lui si può inferire, piuttosto, che cosa sarebbe accaduto del flâneur quando gli fosse stato tolto il suo ambiente naturale”

(Benjamin, 1955, p. 107 in Angelus novus -1995-)

La città moderna → tra gli anni ’40 e ’70 si evidenzia la tensione tra spazio progettato e quello vissuto. Si cerca di mettere insieme funzionalità ed estetica, ma un conto è fare il progetto, l’altro è quello che viene realizzato. Nuovi temi → promuovere uguaglianza, benessere sociale e crescita economica. Queste nuove progettazioni trovano problemi. L’idea di fondo è positiva, ma gli effetti non lo sono. La moderna città-macchina non è fatta solo di edifici, ma anche di persone il cui comportamento nello spazio non sempre risponde in modo conforme alle previsioni dei pianificatori → alienazione urbana e tragedia della monotonia. Esiste uno stile che si riconosce in tutto il mondo → international style, nato in Germania con la scuola architettonica Bauhaus. No fronzoli, sì alla funzionalità. La città è vista come un oggetto. Es. palazzi enormi, che vengono costruiti per dare una casa a tutti (case popolari). Spesso questi posti sono disagiati e ghettizzati. Si inizia a capire che il modello è sbagliato, così lo si cambia.

La città post-moderna → dopo la crisi petrolifera del 1973 per la prima volta si è costretti a tornare in bicicletta. I canoni che guidano il disegno delle città sono quelli del ‘postmodern urbanism’.

Tutto questo porta ad un fenomeno detto di ‘gentrificazione’ delle città e degli spazi, ‘Disneyficazione’ dello spazio urbano → le città diventano mercati in concorrenza, centri storici = poli attrattivi, dei parchi. Es. il fenomeno delle mostre. Le città cercano di brandizzarsi. Si ribellano, perché sono cambiati di nuovo i modelli culturali, di movimento, di commercio.

Cominciano a palesarsi i problemi dei quartieri delle case popolari. In questa maniera non c’è varietà e, se c’è, c’è scontro.

3 elementi che rientrano nel fenomeno della gentrificazione:

• recupero e la tutela degli spazi storici (heritage). Chi poteva costruiva la propria città al di fuori, perché il centro storico era in degrado. Adesso i centri storici sono di nuovo ambiti.

• rivitalizzazione di aree in declino → gentrificare la città = modifica sostanziale del sistema socio-economico-urbano di certi quartieri. Non è solo una modifica fisica, ma anche dal punto di vista socio-culturale. Questi vengono ripuliti, rifatti, ricostruiti. I prezzi salgono. Es. posti vicini ai porti, con l’affaccio sul fiume.

• Urban design → attenzione alla complessità e alla dimensione locale.

Che cos’è la gentrificazione?

= è tipica delle “città globali”, associata alle politiche a indirizzo neoliberale, con forte permeabilità delle arene pubbliche locali agli interessi del capitale privato. Gli effetti della gentrificazione consistono in un radicale mutamento delle aree più depresse (inner city) delle città industriali in termini sia di ambiente costruito –attraverso la demolizione, ricostruzione o riqualificazione dei quartieri storici in via di decadenza – sia della composizione sociale.

= confezionamento di paesaggi da consumare e da mettere in mostra per attirare nuovi consumatori. Le città cercano di dimostrare a chi viene da fuori, che sono attraenti. Non è più una trasformazione pianificata dal Comune. C’è un insieme di capitali privati e pubblici che fanno il progetto. Il tutto viene visto come un insieme di arcipelaghi. Bisognerebbe curare dove le cose non vanno bene, non dove le cose sono già messe bene.

La funzionalità e la riqualificazione sono le risposte all’abitabilità?

Differenza tra urbs e civitas → urbanesimo vs urbanità

«La geografia urbana finirà per rappresentare una quantità di fatti culturali, sociali, economici, politici che vanno ben oltre la semplice realtà fisica dell’agglomerazione di edifici e di abitanti da cui si è partiti»

Dematteis (1998) in: Minca C. e Colombino A. Breve manuale di geografia umana, Padova: CEDAM, 2012, p. 58

Adesso si parla molto di più di quartieri, che dell’intera città → arcipelaghi. Lavorando solo a quartiere si creano sempre più disuguaglianza, disomogenizzazione. All’interno delle città i luoghi diventano fluidi?

La città oggi

Da un lato → la progettualità a frammenti che dà origine a innumerevoli isole gentrificate nel tessuto urbano contemporaneo è il risultato di un nuovo modo di pensare e gestire la città ’per funzioni’ (evitando pianificazioni controllabili nel loro complesso).

Dall’altro → è il risultato del nuovo ruolo che la competizione globale sta assegnando ai centri urbani per attirare nuovi capitali sociali, culturali e economico-finanziari.

Costruire immagini di città e identità urbane → dai progetti ai processi

Oggi si parla molto di più della città, perché si vedono gli effetti della gentrificazioni. Ci si focalizza sul processo? Questo è vago, non ha una fine. È importante mantenere i processi, perché ci aiutano a risolvere i problemi delle città? Il Coronavirus ci ha fatto ripensare alle città? Chi potrà lavorare in smart-working? Non tutti.

La Scala

La scala ci serve per cambiare ‘sguardo’ sul territorio: in base alla scala che usiamo, riusciamo a studiare determinati fenomeni, escludendone altri. Lo facciamo ogni giorno in maniera automatica. Per vedere i dettagli ci si muove attraverso la scala → approccio scalare nello studio della geografia.

Scala cartografica = rapporto matematico, che mi permette di rappresentare il territorio sulla carta. Sulle carte c’è poco spazio, perciò bisogna scegliere che cosa rappresentare. Scegliere una cosa vuol dire escluderne un’altra. Su Google Maps in base alla scala emergono particolare. 1:100.000 (cm) → 1cm = 1km.

Scala geografica → ci permette agilmente di studiare e capire il mondo. Usiamo diverse scale in base alle persone con cui comunichiamo. Es. vivo a Ronchi, in FVG, Nord Italia, Italia, Sud Europa. Modo in cui i geografi interpretano il territorio. Si decide di affrontare certi argomenti (es. periferia di Udine), serve per capire le relazioni.

La Regione

La regione ha delle caratteristiche, che si distinguono dagli altri spazi = capisco di essere in un’altra regione grazie alle cose che vedo fuori alle differenze.

Richard Hartshorne (1939) sosteneva che la regione è uno spazio di specifica localizzazione che in qualche modo si distingue da altri spazi e che si estende nella misura di questo distinguersi. In sintesi: la regione più che avere delle sue caratteristiche è identificabile grazie alla diversità, al cambiamento e alla variazione. Quindi può essere caratterizzata da un elemento in particolare, ma anche da combinazioni di più elementi (caratteristiche multiple) che la rendono ‘distinguibile’ dalle altre.

Individuazione per diversità → (etnico-linguistiche, fisico-naturali, storico e sociale o sullo sviluppo urbano e/o economico e/o politico)

Consideriamo la regione come qualcosa di naturale, che c’è. Ma come tutti gli schemi attraverso i quali analizziamo le cose, appartengono ad un periodo storico, hanno un fondo sociale, culturale. Non bisogna vederlo come concetto universale e buono per tutti i tempi. Non per tutti il termine “regione” ha lo stesso riferimento culturale. Ci sono delle consonanze. Es. americano = regione dei grandi laghi : italiano = regione Lombardia. Anche da noi, però, si pensa ad esempio alla regione alpina, regione marittima, o per caratteristiche etnolinguistiche regione ladina.

La regione quindi non è un dato oggettivo, nel senso che non è un elemento preesistente del territorio, non è un suo attributo. È piuttosto una forma definita e rielaborata di volta in volta.

La regionalizzazione ci serve ad organizzare efficacemente la conoscenza geografica e ad impadronirci ‘razionalmente’ dello spazio.

Il ruolo ‘politico’ della regione → strumento di salvaguardia dei particolarismi e delle specificità locali (per non cadere nell’omogenizzazione) da una parte e dall’altra strumento di controllo centrale per organizzare il territorio da parte dello Stato-nazione.

La regione rimane sempre un modo di controllo e potere, che si riduce nella logica cartografica. Si può sezionare il territorio, perché così si può controllarlo meglio.

In Italia le regioni sono sempre state le stesse?

• divisioni anche durante il Regno d’Italia, ma erano di tipo diverso

• le regioni vengono introdotte il 31 gennaio del 1947: Emilia, Romagna, Salento, Lucania, … → 22 regioni

• il 20 dicembre viene rettificato il testo e sono costituite le seguenti: Emilia-Romagna, Abruzzi e Molise, … → fino al 1963 ci sono 19 regioni

• le regioni vengono istituite appena nel 1970.

Cambiamo la scala: lo stato territoriale Lo Stato è fatto di persone e dal territorio. Per controllare quest’ultimo deve farne una mappatura. Per le persone si fa il censimento. Il concetto di stato-territoriale nasce nel XVI-XVII sec e dura fino al ‘700. Gli Stati esistevano già prima in Occidente, ma non erano omogenei e cambiavano. Per noi adesso invece, è compattezza territoriale.

Sono modelli geografici di organizzazione della politica, ma anche modelli alternativi di organizzazione socio-economica → ‘prodotto storico e politico.

In questo periodo mancano 3 elementi:

• principio politico (esercizio del potere) si cerca un contenitore di potere, che sia una via di mezzo tra il papa e SRI e le città-stato e i domini feudali.

• principio militare (confini definiti) → un territorio contiguo è più facile da difendere

• principio economico (struttura centralizzata) → se difendo il territorio, difendo gli interessi nazionali ovvero anche quelli economici

Dietro a questi cambiamenti ci sono degli avvenimenti storici → guerre di religione in Europa. Necessità di omogeneità, di controllo.

L’altro movente politico-economico è l’assurgere del modello capitalista di commercio globale (capitalismo ante litteram).

Dopo il XVII nasce il concetto di stato-nazione. Quello territoriale è eretto da un monarca e la legittimazione del controllo del territorio è data dallo suo stesso potere. Nel XVIII ci sono la rivoluzione francese (1789) e quella americana (1775-83), che cambiano il modo di vedere lo Stato, lo mettono in crisi → rivoluzioni borghesi. Non sono i capi a rappresentare lo Stato, ma i cittadini → principio di sovranità = popolo.

Oggi come stato-nazione intendiamo Stati che hanno un’omogeneità territoriale, culturale, linguistica ed etnica. È un modo sbagliato di guardare alle cose, es. in Canada ci sono 2 lingue ufficiali.

Secondo Erik Hobsbawm, studioso gallese, «In ogni caso, il rapporto tra una ‘nazione’ di una certa estensione, per quanto di carattere autoctono, e lo Stato rimane problematico, risultando piuttosto chiaro che dal punto di vista etnico e linguistico, come del resto sotto altri aspetti, la maggior parte degli Stati, indipendentemente dalle dimensioni, non erano affatto omogenei e, pertanto, non potevano puramente e semplicemente essere parificati alle nazioni» (2002, p. 22).

Ne deriva che il termine nazione non ha alcuna connotazione territoriale, ma politica.

Dal congresso di Vienna in poi: il principio di nazionalità L’idea dello stato nazione inizia con l’idea del nazionalismo. La mappa dell’Europa muta profondamente tra il 1830 e il 1880 → nascita dell’Italia (17 marzo 1861) e Germania (1870), suddivisione dell’Austria-Ungheria (1867), Stati indipendenti: Belgio, Grecia, Serbia, Romania, Bulgaria

E’ più utile partire dal modo di concepire la ‘nazione’ (cioè dal ‘nazionalismo’) che non dalla realtà che questa rappresenterebbe. Poiché «la Nazione quale concepita dal nazionalismo la si può riconoscere per così dire in prospettiva, mentre la ‘nazione’ vera e propria la si può solo riconoscere a posteriori» (John Stuart Mill in: Hobsbawm, 2002, p. 12).

Claval «Lo Stato nazione è nato rifiutando le forme incontrollate e irrazionali di diversità. Ma questa negazione è possibile solamente attraverso un controllo effettivo dello spazio…» (1998).

Non è interessante analizzare il pezzo di terra così com’è, ma capire come si è formato, i motivi → così si ha un’idea della prospettiva delle persone durante il tempo. Non guardiamo ai dati di fatto, ma le dinamiche del territorio. Es. la Transinistria è uno Stato autoproclamato all’interno della Moldavia, che è riconosciuto solo da alcuni Stati.

Per Walter Bagehot «La costruzione nazionale fu l’elemento caratterizzante lo sviluppo storico del secolo XIX» (1887). Quindi il 19° sec. è stato il secolo della costruzione nazionale.

D’Azeglio «Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani» → nel 1970 solo il 2,3 % delle persone parlavano l’italiano. C’è un problema tecnico. Perché la gente si identifichi in uno Stato ha bisogno di idee. Gli Stati non si auto-costruiscono, ma sono delle costruzioni sociale → approccio del social constructivism.

Perché l’Olanda (Paesi Bassi) è una nazione e l’Hannover o il ducato di Parma no? Perché dietro non c’è stato un processo nazionalistico.

Il nazionalismo è anche un fenomeno geografico, perché ogni regione ha una concezione diversa delle fasi del nazionalismo. Al centro il nazionalismo è più debole, sui confini è più forte.

Secondo Anderson (1983) e Hobsbawm (1990, tr. 2002) sono una costruzione sociale e politica caratterizzata da una specifica storia, una storia connessa allo sviluppo dello stato moderno (cioè secondo i principi del XVIII-XIX sec.) e del capitalismo globale.

Chi sono gli attori di questo cambiamento? L’èlite economicamente, culturalmente e politicamente egemonica.

Anderson (1983) definisce le nazioni come ‘comunità immaginate’ cioè comunità tenute assieme né da parentela o comune discendenza, né dall’interazione quotidiana dei loro membri, bensì da un immaginario condiviso che consente di pensarle come comunità e come spazio fondamentale e riferito. È, infatti, l'aspetto performativo del discorso nazionale a determinare la costruzione di quella moderna comunità chiamata Stato-nazione.

Primo dello stato-nazione non c’era la necessità da parte del popolo di identificarsi nello stato. Per farlo ci vogliono 2 elementi, che sono stati studiati soprattutto negli anni ’80 da degli studiosi che si sono avvalsi del social

Perché lo Stato funzioni, le persone ci devono credere. Devono pensare di appartenere ad una comunità, che dev’essere plausibile per essere vera. Perché questa comunità possa essere immaginata serve che trovi dei fondamenti su cui credere dare storicità al processo di geograficità, ovvero una descrizione del passato per avere la comunità immaginata. Quindi descrizioni del passato e immaginazione del futuro.

Le persone che l’hanno pensato, erano figli dell’Illuminismo (‘700), il quale era profondamente anticlericale. La Chiesa era uno Stato molto ricco e forte. Queste idee fanno venire a mancare i pilastri, che hanno retto la nostra società per millenni. L’opera di secolarizzazione è fondamentale, perché prima c’erano due elementi che garantivano e reggevano il pensiero: il paradiso e la salvezza. Tolti questi serve qualcos’altro la Chiesa viene sostituita dallo Stato.

La globalizzazione non è un evento degli ultimi 30 anni. Ha assunto dei connotati diversi attraverso il tempo. Una volta le persone erano lo stesso in contatto, semplicemente i loro mondi globali erano più ristretti. Per i Greci il globo consisteva solo in quello che conoscevano erano globalizzati nel loro territorio di conoscenza. Anche i Romani.

Lungo la storia dell’umanità ci sono degli elementi che cambiano la globalizzazione, es. lo sviluppo tecnologico, che porta intensità negli scambi, nelle forze e nelle influenze economiche, politiche, culturali e ambientali che possono provenire da altri luoghi.

“La globalizzazione è un processo e un prodotto che prende forma dall’intersecarsi di reti di relazioni di diversa natura che collegano persone e luoghi all’interno di uno stesso spazio sociale e tempo storico” (Allen, 1995)

La rappresentazione che abbiamo, o che facciamo (assumiamo), della globalizzazione dipende dal genere delle connessioni (economiche, politiche, culturali…) attraverso le quali la guardiamo.

Le nostre economie interconnesse sono divise dalle distanze → non è una vera e propria economia senza confini. Solitamente le aziende investono e commerciano in Paesi dove conviene farlo, perché costa meno.

La pandemia ci ha insegnato che dietro ad un prodotto c’è una catena e questa gira, finchè tutti gli anelli sono a posto. Questi possono anche trovarsi in diversi angoli del mondo. Es. la nave porta container che si è incagliata nel canale di Suez a marzo, bloccando la comunicazione per una settimana.

Con “omologazione” si intende mettere in evidenza che i processi di globalizzazione, tramite il diffondersi di modelli di consumo e di stili di vita simili (occidentali) in diversi angoli del mondo, stanno erodendo l’unicità di luoghi e le culture tradizionali. Motivi che sostengono questa tesi → strapotere USA, diffusione TV, uso dell’inglese come lingua veicolare, accesso a Internet, possibilità di viaggiare a prezzi bassi.

Dall’altra parte non sono i consumi e i desideri degli individui ad essere uguali in tutto il mondo, ma spesso sono le grandi aziende internazionali che cecano di vendere i propri prodotti a clienti con gusti simili. Spesso vanno incontro alle diversità delle persone, infatti la globalizzazione necessità di contestualizzazione. Ci sono dei parametri uguali dappertutto, ma vengono declinati in base al posto. La Coca-Cola è ovunque, ma le percentuali degli ingredienti cambiano da Paese a Paese. Es. panini del Mc con Asiago DOP, spicy pizza in Messico, pineapple pizza in America. Lo stesso prodotto ha delle conseguenze diverse in base a dove viene messo.

La globalizzazione è inoltre influenzata dai flussi migratori = bagaglio di tradizioni che i migranti si portano dietro dai loro Paesi di origine. Es. proliferare di kebab un po' ovunque. di persone. C’è una mobilitazione coordinata in tutto il Paese non solo a Rio de Janeiro. Nasce la solidarietà.

Le manifestazioni sono state anche molto violente sia da parte della polizia che dei manifestanti. Bersagliavano quello che credevano i bersagli di questa crisi, es. le banche.

Conseguenze positive:

• prezzi dei trasporti momentaneamente bloccati

• legge contro l’omosessualità e l’aborto bloccata

• il presidente offre un referendum sulle riforme politiche (ma successivamente bloccato dal Congresso)

• salvati alcuni edifici dalla demolizione

• aperto uno spazio per la discussione politica nella società

This article is from: