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Il Comune di Firenze e la Societas militum Tusce

Il Comune di Firenze e la Societas militum Tusce

Il 26 giugno 1297, il già citato cappellano papale Roberto de Robertis legato papale in Toscana, presentò la richiesta da parte del papa di un immediato sostegno militare contro i «rebelles» della Chiesa romana alle autorità municipali gigliate, sollecitate a inviare per un periodo di due mesi vari cavalieri della Tallia Tuscie e un contingente di fanti balestrieri e pavesati. 58

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Il Consiglio dei Cento discusse la questione. Nel dibattito il notaio Gianni Siminetti membro del Consiglio prese la parola sostenendo l’utilità e l’opportunità politica per il Comune di Firenze di accettare l’appello del pontefice inviando cavalieri e fanti come richiesto, demandando al podestà, al capitano, al priore delle arti e al vessillifero di fissare tempi e modalità dell’intervento. L’esito della votazione finale fu positivo, settantuno voti favorevoli in opposizione a soli sette contrari. 59

La Tallia Tuscie alla quale fa riferimento la delibera era la Societas militum Tusce, l’organizzazione militare che era stata costituita formalmente dai Comuni di Firenze, Siena, Lucca, Pistoia, Prato e Volterra l’8 febbraio 1281, sostenuta economicamente con una imposta, la tallia appunto.60

Sebbene a quest’altezza temporale il numero dei milites della Tallia Tuscie fosse superiore alle 600 unità,61 in sostegno alle forze bonifaciane vennero inviati solo 200 cavalieri, come rivela una lettera inviata il 18 luglio al Comune di San Gimignano da Inghiramo conte di Biserno, vice capitano generale della Societas, sul quale si tornerà a breve.62

58 Dossier, n. 37. Davidsohn, Storia di Firenze, III, pp. 59-65; Canaccini, I conti Guidi, pp. 140-141; Id., Bonifacio VIII, p. 481; Indizio, Con la forza, p. 7 dell’estratto. 59 Ivi. 60 Naldini, La «tallia militum», pp. 82-83: «In questo primo periodo la taglia guelfa consiste nell’alleanza militare per una determinata operazione bellica, che i Comuni toscani stringono intermittentemente fra loro e col loro capo, Carlo d’Angiò; convenzione militare che rimane tacita formalmente e si rivela soltanto attraverso la sua attuazione pratica. Ogni comune aveva i propri mercenari che lo servivano in guerra; le varie masnade, riunite per una determinata campagna, costituiscono la tallia. Ed è subito opportuno notare come per taglia toscana s’intenda l’alleanza dei comuni della valle inferiore dell’Arno, da Firenze a Pisa, della valle del Serchio, del l’Elsa e dell’Era; cioè la taglia è l’unione delle terre che Firenze ha bisogno di dominare per giungere liberamente al mare: è quindi uno strumento di espansione e di predominio commerciale di Firenze. A capo della lega figura Carlo d’Angiò, rappresentato da un vicario, ma in realtà la direzione sta nelle mani del popolo grasso fiorentino, che contenta il Re ed il Papa con generiche formule di ossequio e con indefinite promesse di sudditanza». Il testo di Naldini, pubblicato nel 1920, costituisce ancora la migliore base di informazione sulla Societas militum Tusce. 61 Naldini, La «tallia militum», p. 101. 62 Dossier, n. 44.

Non sono noti i motivi per cui sino alla fine di luglio Inghiramo non avesse ancora lasciato la Toscana: il 9 luglio, infatti, era a Siena, il 18 a Firenze, il 26 a Città di Castello e il 29 a Poggibonsi.63 Praticamente era scaduto il primo mandato e il capitano della Tallia Tuscie non era uscito dal territorio senese, molto probabilmente perché impegnato per tutto il mese a reclutare, radunare le truppe e organizzare la complessa logistica della campagna militare.

Il 23 e il 26 agosto, ormai decorsi i due mesi previsti, il Consiglio dei Cento e il Consiglio Generale dovettero decidere se far rientrare le truppe o prorogarne le operazioni, visto che – come ben sappiamo – il principale obiettivo di quella prima fase del conflitto, la conquista della città di Nepi, era stato tutt’altro che raggiunto, nonostante, appunto, gli aiuti ottenuti da parte di molti Comuni dell’Italia centrale.

La risoluzione finale fu quella di prorogare l’ingaggio fino al 10 novembre, considerando entro tale termine anche il tempo necessario per il rientro delle truppe; tuttavia questa volta la percentuale dei contrari fu superiore, nel Consiglio dei Cento sessanta votarono per la proroga del termine del rimpatrio delle truppe e sedici contro; mentre nel Consiglio Generale la decisione venne presa con 273 voti favorevoli e 76 contrari.

Ancora una volta veniva affidato ai priori delle arti e al vessillifero di preoccuparsi degli aspetti logistici, soprattutto di natura economica. 64

In previsione della scadenza del 10 novembre, il 27 ottobre 1297 il papa inviò in Toscana il cardinale Matteo Rosso Orsini e Stefano Giordani di Roma, cappellano papale e canonico della Chiesa di Padova, per esortare i Comuni di Firenze, Siena, Lucca, Pistoia e gli altri associati nella Societas militum Tusce a continuare a combattere contro i Colonna. 65

Proprio facendo riferimento alla missione dei due ecclesiastici appena citati, l’8 novembre il capitano e il Consiglio di Parte Guelfa di Firenze informavano i loro omologhi dei Comuni di Siena, Pistoia, Città di Castello, Prato e San Gimignano che era stata presa la decisione di prorogare l’impegno militare della Societas militum Tusce a fianco dell’esercito papale.66

Ciò che era accaduto in quel lasso di tempo ben lo sappiamo: Bonifacio VIII aveva promulgato la Crociata anticolonnese, abilmente propagandata in Toscana dal cardinale Matteo di Acquasparta (ci torneremo). A parte le adesioni personali di singoli individui, che si analizzeranno oltre, il Consiglio dei Cento, in forza dell’entusiasmo suscitato dall’abile mossa del pontefice e delle conseguenti valutazioni di ordine politico, in una seduta dell’8 febbraio 1298

63 Dossier, nn. 43, 44, 49, 50. 64 Dossier, n. 55. 65 Dossier, nn. 74, 75. 66 Dossier, n. 76.

decise di prorogare l’impegno militare «contra perfidos Columpnenses, rebelles et impugnatores Ecclesie sancte Dei et fidei christiane et eorum sequaces, et ad eorum perfidiam conterrendam».

Il Comune a proprie spese avrebbe contribuito con cento cavalieri, ben equipaggiati, con buoni destrieri e tutte le attrezzature belliche necessarie per tre mesi, considerando al di fuori di tale termine il tempo necessario per il movimento del contingente verso e dal fronte. 67

Non deve stupire che la scelta del comandante del contingente militare fiorentino fu presa dai tre principali esponenti del clero della città, il vescovo, Francesco Monaldeschi, 68 l’abate della “Badia” (l’abbazia di Santa Maria) e l’arciprete del Capitolo della cattedrale, visto che egli avrebbe dovuto guidare le truppe in una “guerra santa”. Il designato fu Davizzo di Galliano, la cui nomina venne recepita dal Consiglio dei Cento nella seduta del 28 aprile.69

Gli Annali di Simone della Tosa indicano che il contingente fiorentino, formato da 200 cavalieri e 600 fanti, era capitanato oltre che da Davizzo anche da Ciango di Motespertoli:

… e ’l Comune di Firenze vi mandò in servigio della Chiesa e del papa 200 cavalieri e 600 pedoni; e capitani de’ pedoni furono Ciango da Monte Spertoli e Davizo da Gagliano; e giunti a Roma, con molta altra gente, che v’era di più parti, assediarono Nepi, ed ebberlo a patti, e poi assediarono Pilestrino, ed ebberlo, e più altre tenute de’ Colonnesi.70

Diversamente un diario di anonimo cronista fiorentino precisa che i cavalieri erano sotto il comando di Inghiramo da Biserno e i fanti sotto quello di Davizzo di Galliano e Ciango di Motespertoli

… e ’l Comune di Firenze vi mandò in servigio della Chiesa e del papa 200 chavalieri e 600 pedoni tutti vestiti dell’arme del Comune effue chapitano de’ cavalieri messer Inghiramo da Biserno e de pedoni fue Ciangho da Montespretoli e Davizio da Ghagliano…71

Giovanni Villani, invece, non indica i comandanti, ma è più preciso riferendo che i 600 fanti erano in parte balestrieri e in parte pavesati:

Il papa … fece fare oste sopra la città di Nepi, e il Comune di Firenze vi mandò in servigio del papa VIC tra balestrieri e pavesari crociati co le sopransegne del Comune di Firenze; e

67 Dossier, n. 104. 68 D’Acunto, Monaldeschi, Francesco. 69 Dossier, n. 127. Secondo Scipione Ammirato, che tuttavia non rinvia ad alcuna fonte, «Lapo Ulivieri gonfaloniere di quest’anno sentendo l’istanza che faceva papa Bonifazio per mezzo del cardinale Matteo d’Acquasparta suo legato d’esser soccorso di nuono contra suoi ribelli Colonnesi, gli mandò sotto il comando d’Alberto Boscoli cavaliere aretino uno dei capitani della Repubblica cento cavalli» (Historie fiorentine, Libr. IV, p. 201). 70 Dossier, n. 14. 71 Dossier, n. 9.

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