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Se la chioccia non cova basta darle del vino
from L’Imprenditore Agricolo - Maggio 2020
by L'Imprenditore Agricolo - Agricoltura, Zootecnia, Fisco Approfondimenti -
I metodi poco democratici con cui una volta le donne di campagna “convincevano” le galline a prendersi cura delle uova da covare
In primavera, le donne di campagna avevano sempre un gran da fare per preparare la casa delle chiocce. Il tutto consisteva in uno sgabuzzino di legno ricavato in un angolo della tettoia dove si sistemavano, in diverse ceste di vimini,
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le chiocce per la cova. Nei giorni precedenti si selezionavano le uova più belle e a volte si scambiavano anche con i vicini di casa per ottimizzare il più possibile le razze al fine di diminuire alquanto le malattie dei pulcini.
VINO ALLE GALLINE
Ogni chioccia poteva coprire e covare, di norma, due dozzine di uova e servivano una decina di chiocce; a volte però non c’erano galline che di loro spontanea volontà fossero disposte a fare le chiocce restando nel nido per giorni e giorni, perfettamente immobili se non per quel pochissimo tempo necessario all’alimentazione. A tal fine, siccome non c’era altra strada, le donne avevano escogitato dei metodi direi alquanto poco democratici. Uno di questi consisteva nel fare trangugiare alla gallina che non voleva fare la chioccia una buona quantità di ottimo vino, convincendosi che anche sulla gallina il vino facesse lo stesso effetto che fa sull’uomo; la stessa poi veniva in parte escoriata con una striglia nella parte bassa del corpo, tanto che quella poveraccia sentiva sicuramente sollievo nell’accovacciarsi sulle levigate uova.
RAGGI X
Sia per un motivo o sia per l’altro, fatto sta che alla fine quasi tutte le galline così trattate diventavano chiocce e covavano le loro nidiate. Nelle settimane della cova le donne non perdevano

assolutamente di vista le loro chiocce e ad un certo punto, nel buio dello sgabuzzino, aiutandosi con il lume di una candela, passavano ad una sorta di “raggi x” tutte le uova, lasciando solo quelle con il pulcino formato e distruggendo quelle in un certo senso sterili. A volte qualcuna di queste si rompeva o addirittura scoppiava rilasciando nell’ambiente un insopportabile lezzo di uova marce.
PULCINI VOCIANTI
Alla fine della cova, quando finalmente si era schiuso anche l’ultimo uovo, ogni chioccia lasciava il suo nido e cominciava a farsi vedere e a farsi sentire con i suoi richiami, nel cortile e nei prati vicino a casa, seguita da quella schiera di meravigliosi e vocianti pulcini che sembravano dei soffici batuffoli gialli. Nei giorni successivi le chiocce con il loro seguito non andavano assolutamente perse di vista; al primo brontolio del tuono le donne si davano da fare per recuperare le loro chiocce che magari si erano addentrate nell’erba alta e non riuscivano più a districarsi per raggiungere velocemente il loro piccolo pollaio prima del temporale.

PERICOLI DAL CIELO
Il pericolo più temibile, comunque, arrivava sempre dal cielo. I falchi ed i gheppi vedevano in queste piccole prede gialle dei bocconcini prelibati, facili da predare, e cominciavano a volteggiare alti nel cielo per poi buttarsi giù come delle saette a catturare con i loro potenti artigli quei minuscoli pulcini. Di solito le donne del casolare conoscevano bene il verso del falco e quando sentivano quel particolare stridere del predatore uscivano velocemente di casa per dare manforte alle loro chiocce. La guerra di difesa continuava anche di notte perché alla sera, quando le chiocce erano tutte nelle loro casette accovacciate con quella moltitudine di pulcini ben protetti e riscaldati sotto le loro ali, si faceva il giro per chiudere accuratamente le porticine e lasciare fuori i predatori notturni che andavano dai topi alle faine e soprattutto la volpe. A fine stagione queste meravigliose creaturine sarebbero diventate: in parte giovani galline, in parte capponi per Natale e solo qualcuno, di solito il più bello, un meraviglioso gallo.