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UOMO E AMBIENTE NELL'ASIA CENTRALE ................................................................................ pag
UOMO E AMBIENTE NELL'ASIA CENTRALE
di Mario Vianelli
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Samarcanda, nome mitico per eccellenza, città antichissima, luogo d'incontro di popoli e di culture, fra l'Oriente e l'Occidente. Il nome stesso evoca l'esotico, il lontano, il differente: eppure, a grandi linee, le caratteristiche ambientali di queste remote regioni non sono molto differenti da quelle riscontrabili in luoghi aridi e montuosi dell'ambito mediterraneo, ad esempio in Spagna e in Turchia. È evidente che volendo analizzare in dettaglio piante, animali, fattori climatici e pedologici le differenze sarebbero notevoli. Però la macrofauna e la vegetazione arborea sono simili e in molti casi comprendono le medesime specie: l'impressione che ne riporta un generico visitatore europeo è quasi familiare, a differenza di quanto ritenevamo prima della nostra partenza.
Le spedizioni hanno trascorso la maggior parte della permanenza in Asia centrale in alta montagna e nelle vallate sottostanti, ma il tragitto da Dushambè a Baisun e la visita a Samarcanda, Buhara e Chi va ci hanno consentito di conoscere anche la realtà delle pianure. Qui l'uomo ha pesantemente influenzato l'evoluzione ambientale a partire da quasi tremila anni fa, dando vita ad una delle grandi civiltà fluviali dell'antichità: come nelle vallate del Nilo, dell'lndo e in Mesopotamia, anche qui l'abbondanza d'acqua- garantita dai fiumi defluenti dalle poderose catene montane dell' Hindukush e del Pamir verso il lago d' Aral- ha favorito la nascita precoce di sistemi d'irrigazione per aumentare la superficie coltivabile. Molti storici sostengono che proprio al metodo irriguo sia legata la nascita della civiltà urbana: dalla necessità- soddisfabile solamente da comunità organizzate- di costruire e gestire complesse opere di canalizzazione.
Il colpo di grazia a questo mirabile e millenario tipo di organizzazione territoriale fu inferto dalle orde dei mongoli di Gengis Khan, allevatori e nomadi, culturalmente ostili ai sedentari agricoltori. Clementi con chi si sottometteva, feroci con chi si opponeva, i mongoli-in seguito ad un tentativo di ribellione - sterminarono la popolazione del vasto e ricco reame che aveva il centro fra il Sir Darja e l' Amu Darja: la stessa Samarcanda fu distrutta; dei suoi cinquecentomila abitanti se ne salvarono fortunosamente poco più di ventimila.
I sopravvissuti non furono più in numero sufficiente per mantenere il sistema irriguo, che ben presto cadde in rovina e fu ripristinato solamente dopo la conquista sovietica; attualmente l'acqua di tutti i principali fiumi della regione è deviata verso le coltivazioni, e il diminuito apporto idrico non è più sufficiente a compensare le perdite per evaporazione del lago d' Aral, che si sta inesorabilmente prosciugando e ritirando: catastrofe ambientale di dimensioni bibliche, e dalle conseguenze ancora sconosciute.


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In montagna, invece, l'opera dell'uomo è stata assai limitata dalle morfologie aspre e dall' aridità, che comunque non raggiunge mai livelli desertici. Il paesaggio non è molto differente da quello che si trova in tutta l'immensa area montuosa dell'Asia centro-occidentale e che ha nel Pamir il nodo oro grafico principale. Per dirla con le parole di Fosco Maraini, "l'alternarsi di lande semidesertiche e di oasi roride di verde è caratteristico di tutto il mondo alpestre asiatico occidentale, dall'Afghanistan, dalle valli dell' Hindukush, dai pian ori di Gilgit e Y asin, alle vallate periferiche del Kashmir e oltre, fino a certe zone del Nepal. Son paesaggi, questi, decisamente simpatici, onesti, senza inganni; uno sguardo ti rivela l'intera struttura del mondo in cui avanzi, dai torrenti in basso e dal fondovalle con le sue oasi, su su ai fianchi sassosi, spesso dirupati dei monti ... ".
N ella zona dove hanno operato le spedizioni -sui monti al confine tra U zbekistan, Tagikistan e Afghanistan - le cime principali, o meglio le massime elevazioni di lunghissime creste e di enormi massicci, raggiungono i 4000 metri di altezza. Lassù il paesaggio è davvero desertico: un deserto d'alta quota, roccioso, sterile, spazzato da venti furibondi, cui seguono in basso praterie d'altitudine dalla vita effimera; lo scioglimento delle nevi assicura l'acqua necessaria alla crescita, ma le greggi al pascolo e l'aridità es ti va depauperano velocemente queste magre formazioni erbacee che all'inizio di agosto si presentano già assai degradate.
Più in basso, fra i 2800 e i 1500 metri di quota, si estende una bella fascia di boschi formati da giganteschi ginepri a portamento arboreo: contorti e nodosi, potentemente radicati alla roccia, alcuni di questi alberi dall'accrescimento lentissimo devono avere età vertiginose, sicuramente ultramillenarie.
In questo ambiente aspro, contraddistinto da un clima fortemente continentale e da escursioni termiche estreme, i fondovalle sono caratterizzati da una nota di inaspettata dolcezza. I venti sono qui meno violenti e la relativa ricchezza di acque perenni-in gran parte garantita da belle sorgenti carsiche - permette la crescita di una rigogliosa vegetazione: si tratta di autentiche oasi verdeg-

gian ti, artificialmente estese da meticolose opere di irrigazione.
Pioppi altissimi e salici disegnano sinuosamente il corso di torrenti e canali, mentre i coltivi sono punteggiati da alberi da frutta: albicocchi, peschi, meli e giganteschi noci che spesso si vedono protendere le poderose ramificazioni a proteggere crocevia, piazzette e luoghi di ritrovo dei villaggi.
Quest'insieme ambientale assai variato nella sua stratificazione verticale ospita una fauna indubbiamente ricca. L'attività esplorativa ericognitiva delle spedizioni non ha consentito di approfondire la conoscenza faunistica, ma alcune presenze sono state talmente evidenti da entrare a far parte della quotidianità della vita dei camp1.
Nella fascia boscata, ad esempio, è frequentissimo rinvenire aculei di istrice, anche se i loro elusivi e notturni possessori non sono mai stati da noi avvistati; incontri quotidiani, invece, si ave-

A sinistra salendo verso la catena di Baisun Tau. La rada vegetazione ad alto fusto raggiunge i 3000 metri di quota: si tratta in genere di ginepri a portamento arboreo. In alto: un tipico esempio di canalizzazione delle acque di fondovalle. Sopra: il torrente di fondovalle a Kairak, uno dei villaggi ai piedi della catena. 85



vano con le vipere, che abbiamo trovato anche in Kashmir, Afghanistan e in una piccola area del sulle cenge più alte e apparentemente inaccessi- Tagikistan orientale. Lo stambecco di Falconer, bili. Fra i grandi mammiferi vanno sicuramente che ha una stretta parentela con lo stambecco ricordati: l'orso bruno, che sverna e si rifugia in grotte ben al di sopra del limite della vegetazione arborea, e di cui abbiamo appurato le insospettabili capacità nell'arrampicata anche su difficoltà notevoli; una, o più, specie di ungulati che abbiamo incontrato in posti impervi e su cenge v ertigino se: si tratta probabilmente dell' Argali ( Ovis ammon) una sorta di muflone di cui abbiamo anche rinvenuto le corna; su queste stesse montagne è stata anche dimostrata la presenza dell'elegantissimo stambecco di Falconer, o markhor. Infatti nella galleria d'ingresso della grotta Dark Star, esplorata da speleologi inglesi nel 1990, sono stati ritrovati i resti ben conservati di questo splendido animale. Il markhor è una specie di capra selvatica che si trova comunemente siberiano (Capra ibex siberica), presenta poderose corna a cavatappi. I cacciatori e i pastori della zona dicono comunque di non aver mai visto il markhor nella zona. Secondo l'opinione di alcuni esperti inglesi lo stambecco di Falconer è scomparso dalla regione di Baisun Tau da più di cinque secoli. Fra i grandi predatori, il lupo vive stabilmente nella fascia dei boschi ma durante l'estate si spinge anche nelle praterie d'altitudine, probabilmente al seguito dello spostamento stagionale delle greggi. Infine c'è il mistero di un "gattopardo", la cui spoglia mummificata è stata trovata dagli speleologi russi all'interno di una grotta che si apre in parete: dovrebbe essere il leopardo delle nevi,

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90 magnifico felino delle alte quote protetto dalla legge sovietica e che in queste montagne isolate e ricche di potenziali prede dovrebbe trovare un habitat ideale.
La presenza più visibile, costante e affascinante in queste montagne centro asiatiche è comunque quella dei rapaci: in qualunque momento, durante la permanenza ai campi, bastava alzare gli occhi per vederne le sagome volteggianti, sempre stagliate contro un cielo color cobalto. Falchi di varie specie, grifoni, gipeti, aquile, poiane e, nei fondovalle, anche nibbi: a volte parevano puntini minuscoli persi nell'immensità di altezze inconcepibili, altre volte la loro ombra incombeva gigantesca e velocissima, un po' inquietante, e si poteva persino sentire il fruscio dell'aria fra le penne remiganti delle ali.
Una tale concentrazione di rapaci è senz' altro da collegare ad una situazione quanto mai favorevole: gli infiniti si ti adatti alla nidificazione negli anfratti delle lunghissime e complesse pareti e, tutt'attorno, vastissimi spazi aperti ada tti alla caccia e ricchi di prede. Proprio sullo sperone sovrastante il campo dell' 89 si trovava un nido di gipeti, individuabile in distanza per le strisciate di guano secco che rigavano la parete.
Tutte le mattine ci era dato di assistere ad uno spettacolo d'eccezione: i giganteschi uccelli che attendevano pigramente il formarsi delle correnti ascensionali necessarie a sostenerne il peso e poi il tuffo nel vuoto, la vertiginosa planata sopra le nostre teste e il lento rialzarsi in larghi giri circolari fino quasi a sparire alla vista. Immagini di poderosa bellezza, indimenticabili.

Pagine p redenti: il Markhor, o stambecco di F alconer, nel disegno di Marisa Ceccarelli. Sulla destra l'immagine del teschio ritrovato nella grotta di Dark Star: secondo alcuni zoologi inglesi l'animale sarebbe scomparso dali' area oltre 500 anni fa. In queste pagine: il gipeto, presenza costante tra le pareti. Disegno di Marisa Ceccarelli.




