Internos Nr.2_ottobre/Oktober 2010_La Strada - Der Weg ONLUS

Nr.02/2010

Periodico trimestrale Vierteljährliche Zeitschrift

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Sommario / Inhaltsverzeichnis

Il Santo della Carità Musicoterapia a S. Isidor La violenza di genere in un’ottica di prevenzione Un’esperienza positiva Eine Geschichte zum Nachdenken Nur was man schätzt ist man bereit zu schützen Spazio Neutro Dialoghi sul bullismo con genitori ed insegnanti Wir haben für euch gelesen - Abbiamo letto per voi L’eremo di San Giorgio Il Gruppo dei volontari in alta Val di Non Monteortone e Padova Giro dei conventi: tappa di Borgo RAcconto di una vita impegnata Scuola Calcio 2010 Progetto Arianna e..il Cammino di Santiago Sport ed esclusione Cosa bolle in pentola

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Il santo della Carità riflessioni su San Vincenzo De Paoli Ho tanto piacere di presentarvi una lettera di San Vincenzo de’ Paoli. Sentirete subito l’intensità del suo amore, del suo atteggiamento verso i poveri.

Nella lettera che vi offro mi impressiona e ne sono molto felice - la condividoquando scrive: “Se lasciate l’orazione per assistere un povero, sappiate che far questo è servire Dio.” Ancora: “Tutti quelli che ameranno i poveri in vita (è lo scopo della nostra Associazione “La StradaDer Weg”) non avranno alcun timore della morte.”

Siamo all’inizio di un nuovo tratto di strada -“un anno sociale”- che vi auguro sull’esempio e sulle orme di S. Vincenzo.

Amare, sentire, incontrare, perdonare, condividere, guardando all’amico Gesù che si rende presente con la vita di questo campione della Carità, dovrebbe essere la nostra missione quotidiana! S. Vincenzo fondò la congregazione delle Figlie della Carità (chiamate anche Suore di S. Vincenzo, presenti pure nella nostra diocesi).

Agli inizi della fondazione dell’Associazione La Strada sono stato sostenuto,

accompagnato, consigliato da una suora saggia di S. Vincenzo: suor Klara Rabensteiner , oggi Superiora della Casa di Cura di Martinsbrunn. Ho quindi sperimentato di persona la presenza viva di S. Vincenzo de’ Paoli e delle sue Figlie. E’ stata, quella di suor Klara, una presenza attenta, costante, intelligente: ricca di speranza!

Mi ha dato una mano all’inizio anche con le giovani dell’”Anno di Volontariato Sociale”.

Con S. Francesco e S. Chiara, ai primi passi di quest’anno, sentitevi vicino e presente anche questo innamorato dei poveri.

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Leggete e meditate questa sua lettera così significativa anche per il nostro servizio ed il recupero delle motivazioni.

Non dobbiamo regolare il nostro atteggiamento verso i poveri da ciò che appare esternamente in essi e neppure in base alle loro qualità interiori. Dobbiamo piuttosto considerarli al lume della fede. Il Figlio di Dio ha voluto essere povero, ed essere rappresentato dai poveri. Nella sua passione non aveva quasi la figura di uomo; appariva un folle davanti ai gentili, una pietra di scandalo per i Giudei; eppure egli si qualifica l’evangelizzazione dei poveri: «Mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio» (Lc 4, 18).

Dobbiamo entrare in questi sentimenti e fare ciò che Gesù ha fatto: curare i poveri, consolarli, soccorrerli, raccomandarli.

Egli stesso volle nascere povero, ricevere nella sua compagnia i poveri, servire i poveri, mettersi al posto dei poveri, fino a dire che il bene o il male che noi faremo ai poveri lo terrà come fatto alla sua persona divina. Dio ama i poveri e, per conseguenza, ama quelli che amano i poveri. In realtà quando si ama molto qualcuno, si porta affetto ai suoi amici e ai suoi servitori. Così abbiamo ragione di sperare che, per amore di essi, Dio amerà anche noi.

Quando andiamo a visitarli, cerchiamo di capirli per soffrire con loro, e di metterci nella disposizione interiore dell’Apostolo che diceva: «Mi sono fatto tutto a tutti» (1 Cor 9, 22). Sforziamoci perciò di diventare sensibili alle soffe

renze e alle miserie del prossimo. Preghiamo Dio, per questo, che ci doni lo spirito di misericordia e di amore, che ce ne riempia e che ce lo conservi.

Il servizio dei poveri deve essere preferito a tutto. Non ci devono essere ritardi. Se nell’ora dell’orazione avete da portare una medicina o un soccorso a un povero, andatevi tranquillamente.

Offrite a Dio la vostra azione, unendovi l’intenzione dell’orazione. Non dovete preoccuparvi e credere di aver mancato, se per il servizio dei poveri avete lasciato l’orazione. Non è lasciare Dio, quando si lascia Dio per Iddio, ossia un’opera di Dio per farne un’altra. Se lasciate l’orazione per assistere un povero, sappiate che far questo è servire Dio. La carità è superiore a tutte le regole, e tutto deve riferirsi ad essa. E` una grande signora: bisogna fare ciò che comanda.

Tutti quelli che ameranno i poveri in vita non avranno alcuna timore della morte. Serviamo dunque con rinnovato amore i poveri e cerchiamo i più abbandonati. Essi sono i nostri signori e padroni.

Vi auguro un anno pieno di attenzione e presenza cordiale ai giovani che camminano con noi. Siate una presenza significativa ed educante.

Prego per voi e vi voglio bene!

Salutissimi e … buon cammino insieme.

Don Giancarlo Fondatore e assistente ecclesiastico

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Musicoterapia a S. Isidor La musicoterapia è uno degli spazi creativi e terapeutici offerti dalla nostra Comunità di Accoglienza S. Isidoro.

I pazienti fanno un’ora alla settimana con la musicoterapista, Michaela Papst.

Gli obiettivi che la Papst si pone nel lavoro con i nostri pazienti, persone con problemi di abuso di sostanze, sono di favorire in loro: lo sviluppo della capacità di trovare contatto con il proprio corpo, con sé stessi e con i loro vissuti interni, lo sviluppo della capacità di trovare e percepire il contatto verso l’Altro, ed in generale offrire uno spazio che si pone l’obiettivo dello sviluppo della creatività di ciascuno.

La Papst ha iniziato a lavorare con i nostri pazienti a Maggio. Lei dice: “si nota la crescita dei pazienti da maggio fino ad oggi: essi sono oggi più liberi nella loro espressione. Si notano oggi più palesemente aspetti dei pazienti che non si vedono spesso nel quotidiano: un paziente che nel quotidiano è molto chiassoso si manifesta ad esempio nella musicoterapia con strumenti e

melodie molto soavi. E’ sorprendente.

Anche il suonare insieme è cambiato.

Prima era più caotico; ora invece sono più integrati nel gruppo, e allo stesso tempo più rispettosi dei loro vissuti reciproci.”

In effetti è impensabile per un profano immaginarsi una persona che ha problemi di abuso di sostanze mentre esprime attraverso uno strumento lati di sé che tiene ben nascosto, spesso anche a sé stesso.

La musicoterapia è per il paziente stesso spesso un’avventura ardua da intraprendere.

Da troppo tempo non si ascoltano ed in parte neanche lo vogliono fare. E’ un avventura che parte dall’obbligarsi a fermarsi ed ascoltarsi, dovendo superare la prima barriera vera: la vergogna. L’avventura continua con l’esperienza di ascoltare l’Altro, quindi sapersi fermare e rispettare l’Altro. E’ poi una forte esperienza la scoperta

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che si riesce a creare qualcosa di armonioso con gli Altri nel rispetto degli Altri: si crea un atmosfera di vera accettazione reciproca attraverso lo stumento musicale. E’ come se ciascuno dicesse “io sono qui e sono così e partecipo allo stare insieme a voi con il mio modo di essere, sentire e pensare.” Pensare che parliamo di persone che spesso hanno bisogno di sballarsi perché non vogliono sentire, pensare né essere viste!

Tutto ciò è il miracolo che si verifica ogni settimana in un’ora di musicoterapia!

Annalisa De Paola Comunità di Accoglienza „S. Isidor“

La violenza di genere in un’ottica di prevenzione Da tempo le operatrici del Progetto Donna stanno svolgendo delle formazioni nelle scuole di Bolzano nell’ambito di un progetto di prevenzione, elaborato dall’ASSB e dal Comune di Bolzano in collaborazione con varie realtà territoriali, quali l’Associazione Gea, l’Associazione Casa degli Alloggi Protetti e l’Associazione La Strada, sul tema della violenza contro le donne.

Tale progetto nasce come obiettivo del Piano di Settore “Donne in situazione di violenza”, approvato dal Consiglio Comunale.

I destinatari del progetto sono insegnanti, studenti/esse delle scuole superiori e medie e i loro genitori.

La finalità del progetto è quella di rendere questi attori, a seconda della loro fase di sviluppo, maggiormente consapevoli delle diversità psicologiche, sociali e culturali tra maschi e femmine, in modo da aumentare la conoscenza reciproca ed il rispetto tra i generi. La violenza contro le donne è infatti strettamente collegata a modelli culturali fortemente radicati nelle persone.

In un’ottica di prevenzione lavorare con i/le giovani, ma anche con gli/le insegnanti e i genitori, è importante per dare loro la possibilità di conoscere il fenomeno della violenza contro le donne e lo sappiano riconoscere.

E’ soprattutto utile che i/le giovani e gli adulti ricevano informazioni sui servizi specifici presenti sul territorio.

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discussioni moderati e sostenuti dalle operatrici delle 3 associazioni, si mira a fornire agli/lle studenti/sse gli strumenti cognitivi ed emotivi per conoscere e riconoscere la violenza di genere.

I temi che si sviluppano durante le ore di formazione sono: • consapevolezza delle differenze di genere; • definizione di violenza di genere (violenza domestica e sfruttamento sessuale); • dati della violenza domestica e dello sfruttamento sessuale; • tipologie della violenza contro le donne e stereotipi; • come riconoscere la violenza e le sue dinamiche; • come uscire dalla violenza; • le emozioni: chiamarle per nome e gestirle; • a chi rivolgersi se si subisce o agisce violenza.

Nadia Gagliardini Area Donna

La metodologia é incentrata sull’attivazione e sul coinvolgimento dei/le ragazzi/e e degli adulti. Attraverso brainstorming, lavori di gruppo, giochi di ruolo, osservazioni, filmati, confronti e

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Un’esperienza positiva Durante il periodo febbraio/giugno 2010 la fase di accoglienza del progetto Alba ha potuto contare sul prezioso aiuto di una tirocinante proveniente dalla Svezia.

Didi è una ragazza svedese di origini salvadoregne di 25 anni, ed ha da poco concluso la sua formazione come operatrice sociale presso l’università di Stoccolma.

Didi aveva già lavorato per il progetto Alba, nella fase Unità di Contatto, durante un anno di Volontariato Europeo che aveva svolto presso l’Associazione Volontarius nel 2008.

Didi è stata da noi per tre mesi, affiancando inizialmente le operatrici e pian piano svolgendo sempre più autonomamente le sue mansioni.

Il suo rapporto con le donne, specialmente con quelle che abitano nella comunità, è stato fin da subito molto positivo. Didi ha avuto spesso un ruolo di mediazione tra le donne e le operatrici, sia di tipo educativo, poiché si inseriva con un ruolo in qualche modo diverso da quello delle operatrici, sia linguistico/culturale, in quanto ha potuto comunicare in inglese con un’utente che all’inserimento non parlava bene l’italiano, e il suo ruolo di “straniera” in Italia ha fatto si che le donne si interessassero spesso alla sua storia di vita.

Anche per noi operatrici il contributo di Didi è stato molto importante, a livello pratico, ma anche come insegnamento su esperienze di lavoro diverse dalla

nostra.

Didi ci ha raccontato come si articola la formazione per le operatrici in Svezia, e ci ha parlato delle differenze che talvolta esistono nel modo di lavorare.

E’ stato molto interessante sentire le sue esperienze nel lavoro con persone con background migratorio, rispetto ad una società, quella svedese, che da molto tempo punta ad un’integrazione delle diverse culture verso un riconoscimento dell’interculturalità, e dove il lavoro sociale riflette le politiche di immigrazione.

Speriamo che questa collaborazione fra l’associazione e le università straniere possa continuare, per poter avere sempre nuovi spunti e scambi.

Nadia Gagliardini Area Donna

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Eine Geschichte zum Nachdenken „Come sempre...ho pianto e non ho detto niente“

Der Zufall führte uns zu einer Frau marokkanischer Herkunft, die Zeugin und Opfer von großem Unrecht wurde. In den folgenden Zeilen möchten wir dieses Unrecht nach außen tragen und zum Reflektieren anregen, denn

die Gesichter von Menschen sind oft gekennzeichnet von Geschichten, von denen wir nichts erahnen.

In einem gebrochenen Italienisch erzählt uns diese Frau einen kleinen Teil ihrer Geschichte, den Teil von ihrer Ankunft in Bozen bis heute, einem Jahr später... Vor uns sitzt eine sehr hübsche Frau, Mitte 30, sie trägt ein buntes Kleid, hat zusammengebundenes Haar und schaut uns mit ihren großen Augen an, die es nicht zulassen Tränen zu zeigen.

Sie kam alleine nach Bozen in der Hoffnung, eine Arbeit zu finden, ein neues, besseres Leben zu beginnen.

Dieser Traum ging jedoch nicht in Erfüllung, im Gegenteil, er zerplatzte schon bald nach ihrer Ankunft.

Sie wurde ausgenutzt und ausgebeutet von einer Familie des eigenen Heimatlandes.

Ohne Entlohnung sorgte sie für die 4 Kinder und war das Dienstmädchen des

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Hauses. Kontakte zu Aussenstehenden sollte sie vermeiden. Es waren die leeren Versprechungen, an denen sie festhielt und die sie daran hinderten zu gehen oder auszubrechen. Außerdem hatte sie keine Aufenthaltsgenehmigung, wo also sollte sie eine reguläre Arbeit finden? Ein Kreislauf aus dem es sehr schwer ist, einen Ausweg zu finden... Unsere Gesprächspartnerin hat es geschafft, auch wenn dies nicht ohne Gewaltangriffe seitens dieser Familie vorüber ging. „Adesso ho una stanza, un lavoro“ sagt sie mit einem Làcheln im Gesicht.

Eine von vielen Frauen deren Arbeitskraft missbraucht wird? Dem Verein Volontarius sind im Moment keine Fälle im Raum Bozen bekannt, „..oft werden sie aber auch im Verborgenen bleiben..“, meint mein Ansprechpartner am Telefon. Auf nationaler Ebene gibt es vorliegende Zahlen, die den Arbeitsmissbrauch dokumentieren.

Ca. 350 Fälle waren 2007 in Italien bekannt, bei denen es sich meist um Personen aus Südost Europa, sowie aus Ländern wie Pakistan, Bangladesh China und Marokko handelt.

Was macht der Mensch nicht alles für ein Dach über den Kopf und etwas zum Essen...? Sehr viel! Leider gibt es Menschen die dieses Grundbedürfnis, lange nach der Abschaffung der Sklaverei, noch immer zu ihrem Vorteil nutzen und wie dieses Beispiel zeigt, passiert es nicht weit von uns. Die nationalen Zahlen belegen, dass es kein Einzelfall ist, sondern durchaus vorkommt.

Und dies ist nur eine Begebenheit wodurch der Traum von Europa, dem 10

„Westen“ für manche Frauen zum Alptraum werden kann...

Barbara Messner Studienzentrum „G.Antonin“

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Nur was man schätzt ist man bereit zu schützen!

Durch Umweltbildung bzw. Naturerfahrungen besteht die Möglichkeit Kinder und Jugendliche für ihre Umwelt und die Natur zu sensibilisieren. Ein wichtiger Beitrag für die „Bildung für Nachhaltige Entwicklung“.

Der Klimawandel, die Transformation unserer Umwelt, die Umweltkatastrophen.... die Welt ist in einem globalen Wandel und der Mensch scheint der Hauptschuldige zu sein. Es wird versucht dagegen anzukämpfen, durch Ziele welche gestellt werden und Abkommen die unterzeichnet werden.

Die Herausforderung an die Mensch-

heit, die Umwelt bzw. die Natur (und sich selbst) zu erhalten ist nur möglich, wenn die Entwicklung des menschlichen Geistes mit den bevorstehenden klimatischen und ökologischen Veränderungen Schritt halten kann. Die Einstellung der Menschen ihrer Umwelt und Natur gegenüber muss sich verändern, sodass ein nachhaltiger Verhaltenswandel stattfinden kann.

Wo von individuellen Bewusstseinsveränderungen die Rede ist, müssen

immer auch Lernprozesse stattfinden.

Erziehung scheint hier als der nahe liegende Weg, einen solchen Mentalitätswandel herbeizuführen.

Die Jahre 2005 bis 2014 haben die Vereinten Nationen zur Weltdekade „Bildung für Nachhaltige Entwicklung“ aufgerufen. Je früheren Alters damit begonnen wird, desto effektiver 11

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ist sicherlich die Auswirkung auf das Individuum. Die Naturerfahrung, als Bestandteil der Umweltbildung, stellt im Kindes- und Jugendalter eine wirkungsvolle Möglichkeit dar, sich dengesetzten Ziele anzunähern.

Unser Leben wird oft nur noch wenig von direkten Begegnungen mit der Natur geprägt, dafür immer stärker von Technik, Medienüberfluss und Konsumzwängen. Diese Überflutung von Reizen, führt zu einer Abstumpfung der sinnlichen Wahrnehmung. Bewusst herbeigeführte Naturerfahrungen können diese verschütteten Zugänge wieder öffnen, indem durch verschiedene Methoden und Spiele alle Sinne angeregt werden. Auch Beobachtungsaufgaben in und mit der Natur und das bewusste Bemühen von Langsamkeit und Konzentration können einen positiven Beitrag leisten.

Die Menschen setzen sich meist nur für das ein, was ihnen lieb und wichtig ist. Zuneigung und Verständnis für die Natur entstehen auf der Gefühlsebene und Gefühle, bzw. die Bildung von positiven Einstellungen gegenüber Naturphänomenen, werden durch sinnliche Erfahrungen gefördert. „Be – greifen“ ist durchaus wörtlich zu nehmen. Beim “Baumangreifen” zum Beispiel, wird dieser Baum zum Besonderen, die Person baut eine Beziehung auf. Sinnerfahrungen in der Natur können den Menschen zu Wertschätzung, Achtung und tiefem Respekt, sowie Verantwortung der Natur gegenüber anleiten.

Positive persönliche Beziehungen zu Pflanzen, Tieren und Lebensräumen sind eine wesentliche Vorraussetzung 12

für die Wertschätzung der Natur und den daraus wachsenden pflegerischen Umgang mit ihr. Wertevorstellungen haben in der Umweltbildung ein ganz besonderes Gewicht, da die Umweltproblematik und die Beantwortung der Fragen nach dem richtigen Handeln zu komplex sind, um rational vollständig durchdrungen und bewältigt zu werden. Das Problem mangelnder rationaler Entscheidungshilfen führt dazu, dass Menschen zum Handeln auf ihre Wertevorstellungen zurückgreifen.

Die Schule spielt eine wichtige Rolle bei der Vermittlung von ökologischem Bewusstsein. Die Vermittlung von Kenntnissen und Einsichten reicht allerdings nicht aus, wenn Umweltbildung wirksam entfaltet werden soll.

Erfahren die Heranwachsenden nur Wissen um die globale Gefährdung, so kann dies eine traumatische Reaktion hervorrufen. Sehr wichtig sind deshalb die Anstöße für Handlungsmöglichkeiten. Fächerübergreifender und projektorientierter Unterricht können vernetztes und ganzheitliches Denken anregen. In der Schule kann den Kindern und Jugendlichen eine ökologische Sachkompetenz vermittelt werden, außerschulisch hingegen besteht die Möglichkeit die direkte Naturerfahrung intensiver zu leben. Jugendgruppen, Vereine, Bürgerinitiativen haben somit einen wichtigen Stellenwert in der Umweltbildung.

Wie bereits erwähnt, wirkt sich die Sensibilisierung für die Natur und die Umwelt umso effektiver auf das Individuum aus, desto früher damit begonnen wird. Als Beispiel möchte ich ein

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Projekt des Kindergartens Oberbozen (Ritten) erwähnen, bei welchem die Kinder bei den so genannten Waldtagen regelmäßig den Lebensraum Wald mit allen Sinnen wahrnehmen und entdecken konnten. Zusammen mit den Kindergärtnerinnen sammelten die Kinder Naturmaterialien und versuchten sich beim kreativen Gestalten damit. Sie vertieften das Erleben im Wald durch Reflexions- und Gesprächsrunden und erarbeiteten dazu passende Bilderbücher, Fingerspiele und Lieder. Im Winter gingen die Kinder auf Spurensuche und fütterten die Tiere. Der Wald wurde so zum bedeutsamen Lern- und Erfahrungsraum.

In Zusammenarbeit mit den Förstern wurden besondere Tätigkeiten und Ausflüge in den Wald organisiert, wie etwa das Setzten eines Baumes oder das Erbauen eines großen Waldsofas.

Die Kinder hatten durch diese Tage die Möglichkeit, das Ökosystem Wald sehr vielfältig zu erleben und praktisches Wissen über die Zusammenhänge in der Natur zu erlangen.

Prinz. „Du musst sehr geduldig sein.

Du setzt dich zuerst ein wenig abseits von mir ins Gras...aber jeden Tag wirst du dich ein wenig näher setzen können...“ Beim letzten Zusammentreffen sagt der Fuchs. „Du bist zeitlebens für das verantwortlich was du dir vertraut gemacht hast.“ Barbara Messner Studienzentrum “G.Antonin”

„...Was heißt zähmen?“ fragt der kleine Prinz „Es bedeutet: sich vertraut machen...

Du bist für mich noch nichts als ein kleiner Knabe, der hunderttausend kleinen Knaben völlig gleicht. Ich brauche dich nicht, und du brauchst mich ebenso wenig. Ich bin für dich nur ein Fuchs, der hunderttausend anderen Füchsen gleicht. Aber wenn du mich zähmst, werden wir einander brauchen. “ „Was muss ich tun?“ fragt der kleine 13

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Spazio Neutro Gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo separato da entrambi i genitori o da uno di essi di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i genitori, a meno che ciò non sia contrario all’interesse preminente del fanciullo. (art.9 § 3, La convenzione sui Diritti dell’Infanzia) “Spazio Neutro”, Incontri protetti”, o diciture simili, sono sempre più presenti nei decreti del Tribunale per i Minorenni d’Italia e di Bolzano. Con ciò il giudice prescrive a uno e ad entrambi i genitori di incontrare il proprio figlio alla presenza di un operatore sociale.

A Bolzano il servizio Spazio Neutro, ge-

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stito dall’Azienda Servizi Sociali, è nato a maggio 2006; e attualmente sono presenti un’assistente sociale, che si occupa del lavoro di rete e un’educatrice che si occupa degli incontri protetti tra il genitore e il minore, garantendo il diritto di visita del figlio.

Le motivazioni per cui le persone giungono allo Spazio Neutro sono svariate e molto differenti l’una dall’altra: vanno da una separazione conflittuale a causa della quale il genitore affidatario impedisce all’altro genitore di incontrare il figlio, a minori che sono inseriti in strutture extrafamiliari.

Gli incontri si svolgono in una stanza dove ci sono un tavolo, dei divani, dei tappeti …e molti giochi per ogni età e interesse. Durante l’incontro è sempre

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presente l’educatrice che è un’osservatrice attiva: osservatrice in quanto, periodicamente, scriverà una relazione osservativa sull’andamento degli incontri, attiva perché gioca insieme ai bambini e ai genitori o partecipa alla loro chiacchiere. Si possono distinguere principalmente due tipi di incontri: quelli “neutrali”, come nel caso delle separazioni conflittuali: il bambino e il genitore non affidatario hanno “solo “ bisogno di uno spazio non giudicante, esclusivo per loro, dove ricostruire o mantenere la relazione. Oppure vi sono gli incontri “protetti”, durante i quali la presenza dell’educatrice garantisce al bambino un ambiente privo di violenza fisica, verbale o psicologica.

Dopo un anno di incontri protetti, in media 10 – 12 alla settimana, quello che vorrei sottolineare è il fatto che allo Spazio Neutro non giungono dei decreti da attuare, ma storie di vita molto sofferte. Anche dietro ad un’apparente “banale” separazione conflittuale, si nasconde molto di più: giungono persone fragili, con delle insicurezze pregresse, persone che hanno bisogno di essere accolte ed ascoltate a partire dal bambino stesso. Inizialmente mi spaventava l’idea di dover spiegare a un bambino, anche di solo 4 -5 anni, chi fosse un giudice e cosa fosse un decreto, perché i bambini vanno sempre protetti! Ma poi ho capito che un bambino che oggettivamente non vive con entrambi o con nessuno dei suoi genitori è già cosciente di molte cose, e quando un bambino ha assistito o subito violenza, non ha bisogno che qualcuno gli taccia la definizione di de-

creto, ma ha bisogno di qualcuno che gli dia risposte reali. Ciò che ho imparato in quest’ultimo anno è l’importanza di una comunicazione trasparente con tutte le figure coinvolte nell’intervento: è sempre molto semplice dire a una persona che il suo progetto sta proseguendo in modo positivo. Diverso è quando ci si siede allo stesso tavolo e guardandosi negli occhi si deve dire a una madre o a un padre, che ci sono ancora delle difficoltà a causa delle quali, non può vedere il proprio figlio da solo. Ma ciò che ho scoperto è che, anche se inizialmente il genitore protesta (incolpano tutti i servizi di avercela con loro senza motivo…), questa trasparenza dà dignità alla persona che si ha di fronte e quel genitore mantiene comunque una relazione di fiducia con te, perché sa che lo stai realmente coinvolgendo nel SUO progetto.

Laura Marchesan Area Donna operatrice Spazio Neutro

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Dialoghi sul bullismo con genitori ed insegnanti Interessante esperienza del centro studi Nei giorni scorsi il Centro studi ha tenuto su richiesta della Gewerbeoberschule Bozen (l’ istituto superiore corrispondente alle ITI italiane) tre relazioni sul bullismo a scuola rispet-

tivamente ai genitori degli alunni delle prime, delle seconde e delle terze classi, riuniti in assemblee plenarie assieme alla direzione scolastica e al corpo insegnanti.

Il tema della relazione è stato scelto dalla scuola, la quale ci ha contattato sulla base di una collaborazione attiva già dagli anni ottanta grazie ad un insegnante particolarmente attento al 16

lavoro della nostra associazione.

Un invito che abbiamo colto al volo, visto che la tematica da affrontare ci era già sembrata molto attuale durante i nostri interventi di prevenzione nelle classi, tenuti nella medesima scuola lo scorso anno scolastico. La tecnica della presentazione di diapositive e filmati (powerpoint) si è rivelata utile per catturare al meglio l’attenzione di un pubblico sempre abbastanza numeroso (in media 70-80 persone).

Parlando del bullismo, della sua definizione, di alcuni aspetti sociologici, del ruolo della famiglia e della scuola, nonché di possibili soluzioni e interventi abbiamo cercato di usare un linguaggio semplice e diretto, poco tecnico e molto comprensibile al fine di stimolare al meglio la riflessione nei partecipanti .

Tra i vari punti trattati poniamo qui l’accento sulla definizione dei ruoli che si cristallizzano durante gli episodi di bullismo, caratterizzati da attacchi violenti verbali o fisici, reiterati nel tempo nei confronti della stessa persona. Come vedete vanno già delineandosi i primi due ruoli, quello della vittima e del “carnefice”, due personalità specularmente deboli e bisognose di aiuto. Molti sono portati

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a pensare che il tutto si circoscriva a queste due figure: un ragazzo, solitamente robusto e forte che vessa continuamente un’ altro ragazzo, per motivi apparentemente banali come il vestirsi o il comportarsi in modo non convenzionale, oppure l’avere un aspetto fisico che non garba al suo carnefice, ecc... Andando oltre si scopre che la scena di un atto di bullismo è sempre popolata anche da un gruppo nutrito di spettatori (il resto della classe), ragazzi che assistono e assumono due tipi di atteggiamento: o appoggiano più o meno marcatamente l’autore delle violenze o se ne stanno in disparte, perché temono di diventare essi stesse vittime. Dalle fila di questi ultimi potrebbero arrivare aiuti per la vittima del mobbing, ma ciò si verifica rarissimamente a causa della paura che blocca sul nascere qualsiasi azione. Ecco perché risulta fondamentale l’intervento di adulti attenti e sensibili, in grado di proteggere la vittima, ma anche di dare sicurezza a quei ragazzi che da spettatori passivi possono trasformarsi in “soccorritori”. Il “carnefice” va infatti in difficoltà quando sente che molte persone condannano il suo comportamento. Egli infatti utilizza la violenza proprio per attirare l’attenzione e l’ammirazione degli altri, che con lui condividono il pensiero della legge del più forte. A questa legge va contrapposta quella del rispetto. Qui entrano in gioco gli adulti di riferimento (genitori, insegnanti, allenatori, educatori, ecc..) che hanno il compito di educare al rispetto: ciò significa “tirare fuori” dai ragazzi quella loro innata ca-

pacità ad accorgersi dell’altro (rispetto: dal lat. Re-spicere, guardare più volte) ad accettarne non solo le cose in comune ma soprattutto le differenze. Se ai ragazzi non viene data la possibilità di allenarsi in questo aspetto, è facile che in molti prevalgano atteggiamenti egoistici ed utilitaristici, tra l’altro veicolati in modo massiccio da una certa cultura televisiva e pubblicitaria, tipici di colui che vede solo se stesso e i propri bisogni e non dà adeguata considerazione agli altri. La cultura del rispetto diventa perciò il fondamento per costruire quella cultura anti-bullismo di cui abbiamo parlato in questi tre incontri con i genitori. Una cultura che può nascere e crescere solo dalla collaborazione attiva di tutti i soggetti educativi coinvolti (famiglia, scuola, associazionismo, mondo del lavoro, ecc..) e che non ammette che qualcuno si chiami fuori delegando le proprie responsabilità agli altri.

Barbara Messner Massimo Antonino Centro Studi “G. Antonin” Manuela Gius – Coordinatrice Centro diurno “H. Lanz”

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Wir haben für euch gelesen...

Abbiamo letto per voi....

A cura del Centro Studi “G. Antonin” Bibliothek Die interne Bibliothek des Vereins „La Strada – Der Weg“ befindet sich im Hauptsitz und ist für Angestellte, Freiwillige, Mitglieder, aber auch für Außenstehende offen. Jeder ist frei Bücher bis zu einem Monat zu entlehnen, oder auch nur durch die Regale zu stöbern. Die Bibliothek ist im Besitz von ca. 2500 Büchern welche sich im sozialen Bereich bewegen. Die Themenbereiche reichen von Abhängigkeiten, Pädagogik, Familie, Randgruppen, Therapie, Jugend, Politik bis hin zu formativen Büchern und Nachschlagewerken. Von 08.30 Uhr bis 13.00 Uhr und von 14.00 Uhr bis 16.00 Uhr sind die Mitarbeiter der Bibliotethek gerne bereit, bei der spezifischen Suche von Büchern behilflich zu sein. Ausserdem steht Ihnen ein Computer für die Suche zur Verfügung.

Die folgenden Buchvorstellungen sind Empfehlungen, bzw. Vorschläge welche jeden der Bereiche des Vereins (Kinder und Jugendliche, Umfeld und Kultur, Abhängigkeiten und Projekt Frau) miteinzuschließen versuchen.

Das Team der Bibliothek freut sich auf eure Lesefreudigkeit!!

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Bibiloteca la biblioteca specialistica dell‘Associazione è situata presso la sede centrale di Via Visitazione 42 ed è aperta a tutti gli operatori e ai collaboratori nonchè ad utenti esterni. Dispone di ca 2500 volumi catalogati secondo categorie dell‘intervento sociale quali dipendenze, pedagogia, famiglia, gruppi marginali,giovani, politiche sociali, ecc....

Durante l‘orario di apertura (8.30.

13.00 e 14.00-16.00) un operarore è sempre a disposizione degli utenti per consigliarli nella ricerca di volumi.È comunque sempre a disposizione un computer per muoversi autonomamente all‘interno dell‘archivio libri. Le recensioni che seguno vogliono essere dei consigli per stimolare la voglia di lettura e d invitare tutti a visitare la biblioteca e trovare uno spunto per una lettura interessante.

“SAG MIR MAL…” Gesprächsführung mit Kindern (4-12 Jahre) Martine F. Delfos (Beltz) Wie können wir Erwachsenen erreichen, dass sich Kinder uns gegenüber verständlich machen? Wie bekommen wir den Zugang zu einem Kind und erfahren seine Bedürfnisse

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und Gefühle?

In diesem Buch beschreibt die Psychologin und Kindertherapeutin Martine Delfos verschiedene Möglichkeiten, wie Erwachsene mit Kindern offene Fragegespräche führen können. Es geht darum, wie die Fragen bei Kindern, je nach Alter, ankommen und welche Antworten man erwarten darf.

Am Beginn des Buches zeigt ein Kapitel die psychosoziale Entwicklung von Kindern zwischen zwei und zwölf Jahren auf. Da sich die Bedingungen für eine Gesprächsführung mit Kindern je nach Lebensalter unterscheiden, sieht Delfos es als wichtigen Grundstein, über die verschiedenen Entwicklungsschritte der Kinder Bescheid zu wissen.

Weiters werden wichtige Merkmale einer allgemeinen Gesprächsführung, sowie Merkmale, die für die Kommunikation mit Kindern spezifisch sind, erläutert. Was sind die Bedingungen für eine gelungene Kommunikation, oder wie verdeutliche ich dem Kind meine Absichten? Wie sollte ein Gespräch aufgebaut sein, was gibt es alles für Fragetechniken und wie wichtig ist Körperhaltung? Auf diese Fragen versucht Delfos dem Leser eine Antwort zu geben und praktische Hinweise aufzuzeigen.

Am Ende geht die Autorin noch auf die spezifische Gesprächsführung in den verschiedenen Altersgruppen ein und versucht mit konkreten Punkten, die wichtigsten Aspekte des Gesprächs aufzuzeigen. Eine effektive Kommunikation bedeutet nach Delfos, dass man sich dem Entwicklungsstand des

Kindes anschließt: den jeweiligen Interessen, der Gedanken- und Gefühlswelt und der Art und Weise der Kommunikation.

Dieses Buch ist sehr praxisorientiert und durch die vielen Beispiele wird der Inhalt verständlich und klar. Es ist all jenen zu empfehlen, die beruflich mit Kindern in Kontakt sind, sowie Eltern, die einen besseren Zugang zu ihren Kindern suchen.

WARUM HUCKLEBERRY FINN NICHT SÜCHTIG WURDE Anstiftung gegen Sucht und Selbstzerstörung bei Kindern und Jugendlichen Eckhard Schiffer (Beltz) Eckhard Schiffer entwirft ein schlüssiges Konzept zur Suchtvorbeugung bei Kindern und Jugendlichen.

Er zeigt, wie Sucht entsteht und welche Möglichkeiten es gibt, Kinder und Jugendli-

che davor zu schützen.

Huckleberry ist in Mark Twains Geschichten faul, verwahrlost, ohne festen Wohnsitz, der Vater ist ein Säufer und von der Mutter ist gar nicht mehr die Rede. Nach unseren heutigen Vorstellungen wäre demnach Huckle19

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berry Finn hochgradig gefährdet.

Wenn Huckleberry Finn nicht süchtig wurde, dann deshalb, weil er sich das Recht und die Zeit nahm, seine Sehnsüchte und Träume auszuleben, meint Eckhard Schiffer und zeigt, dass viele Kinder und Jugendliche diese Möglichkeit nicht haben. Heutigen Huckleberry Finns wird oft frühzeitig ein Riegel vorgeschoben und damit diese Möglichkeit genommen.

Anhand von Krankengeschichten wird in diesem Buch deutlich, wie Sucht, in ihren verschiedensten Erscheinungsformen entsteht, welches Ursachengeflecht sie auslösen kann und wie man ihr unter anderem durch die Schaffung von Freiräumen wirksam vorbeugen kann.

Dieses Buch möchte auch etwas provozieren. Es ist eine Einladung zur Aufsässigkeit, zum Abenteuern und zum Tagträumen. Realität bleibt kein Betonklotz, sondern erweist sich als veränderbar. Konkret und praktisch sind die Vorschläge welche Eckhard Schiffer zur Suchtbekämpfung und Vorbeugung nennt, von der Anleitung zum Tagträumen bis zur Einrichtung des Kinderzimmers.

Ein sehr spannendes Buch, welches eine konkrete Hilfe für Eltern, Erzieher und Lehrer sein kann.

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ERLEBEN UND LERNEN Einführung in die Erlebnispädagogik Heckmair Bernd, Michl Werner (Reinhardt) Dieses Buch bietet eine ausführliche Einführung in die Thematik der Erlebnispädagogik und kann gleichzeitig als Nachschlagwerk in diesem Bereich dienen.

Erlebnispädagogik bezeichnet den Teil der Freizeitpädagogik, welche Natursportarten und gezielte Übungen in und mit der Natur als pädagogisches Mittel einsetzt, um den Teilnehmern neue, elementare Erfahrungen zu ermöglichen, welche sich positiv auf ihr Verhalten und Erleben auswirken. Eine pädagogisch gelenkte Selbsterfahrung und wahrnehmung ist dabei das Kernstück der Erlebnispädagogik. Teilnehmer können dabei Kinder, Jugendliche, aber auch Erwachsene oder Menschen mit Behinderung sein. Auch für Menschen in Führungspositionen gibt es heute erlebnispädagogische Trainings.

Der Anfang dieses Buches führt zurück zu den historischen Anfängen der erlebnispädagogischen Idee. Im zweiten Kapitel wird die weltweite Weiterentwicklung beschrieben und

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das dritte Kapitel setzt sich mit der Grundlegung der Erlebnispädagogik als eigene Disziplin auseinander. Dieser bisher theoretische Teil wird mit Darstellungen von zehn wichtigen Formen der Erlebnispädagogik (z.B. Klettern, Wandern, Fahrradfahren...) ergänzt. Hier beschreiben Heckmair und Michl unter anderem den pädagogischen Nutzen der einzelnen Gebiete.

In einem weiteren Kapitel gehen die Autoren schließlich auf oft vergessene oder verdrängte Themenbereiche der Erlebnispädagogik ein, während das sechste Kapitel noch mal zusammenfasst, welche Chancen, aber auch welche Gefahren von der heutigen Erlebnispädagogik für ihr Klientel und den gesamtgesellschaftlichen Zusammenhang ausgehen.

Dieses Buch bietet einen guten theoretischen Hintergrund für Einsteiger im Bereich Erlebnispädagogik und richtet sich an Studierende und Praktiker der Pädagogik. Es kann als Standardwerk und Grundlagenliteratur für die Erlebnispädagogik gesehen werden. Besonders praktisch ist auch die Zusammenstellung der Internetadressen im Anhang.

RACCONTI DI TRAFFICKING Una ricerca sulla tratta delle donne straniere a scopo di sfruttamento sessuale Emiliana Baldoni (FrancoAngeli) Questo libro è una ricerca che si pone l’obiettivo di indagare il fenomeno della tratta a scopo di sfruttamento sessuale

di donne straniere provenienti dall’Est Europa. L’idea di fondo è che l’esperienza delle vittime di tratta venga analizzata nell’ambito delle aspirazioni migratorie e delle strategie di adattamento ai contesti di destinazione. Il libro contiene diciotto racconti di vita di ragazze dell’Est Europa, oggetto di tratta a scopo di sfruttamento sessuale e inserite in programmi di protezione sociale. È stata posta particolare cura nella ricostruzione della storia migratoria delle donne, cercando di mettere a fuoco i principali fattori di rischio e vulnerabilità.

All’inizio del libro viene definito il fenomeno del trafficking a scopo di sfruttamento sessuale nei suoi aspetti giuridici e sociali. Si fa riferimento anche alle politiche europee e al quadro normativo in Italia. Nel secondo capitolo viene descritto l’intero percorso della ricerca. Vengono esposte le metodologie, i luoghi e i tempi della ricerca, l’accesso al campo e la costruzione della relazione fiduciaria con le donne. Come strumento di rilevazione si è utilizzato il racconto di vita, il quale si configura come un intervista di tipo narrativo. Le sintesi delle interviste vengono riportate nel terzo capitolo e oltre a informazioni di tipo socio- de21

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mografico emerge una breve ricostruzione della famiglia e notizie relative al percorso di coinvolgimento nel trafficking, alle circostanze di uscita dalla prostituzione all’ingresso nelle strutture protette. Nel seguente capitolo vengono analizzati i fattori contestuali, famigliari e individuali che hanno portato le ragazze intervistate al coinvolgimento nella tratta. I percorsi di vita, anche se sono tutti diversi, presentano punti forti di convergenza che consentono di identificare i principiali fattori di rischio. In seguito si ricostruisce il percorso di trafficking delle donne dal coinvolgimento nel meccanismo della tratta fino all’uscita dalle reti del trafficking e dello sfruttamento sessuale.

Infine si illustra il reinserimento sociale delle ragazze nei centri di accoglienza con tutte le problematiche personali e normative.

Questa ricerca riporta una buona visione delle dinamiche del trafficking a scopo di sfruttamento sessuale dall’inizio del coinvolgimento fino all’uscita definitiva dalla tratta. E leggendo alcune schede biografiche delle ragazze, non serve un esperto per capire alcuni fattori di rischio… Questo libro è molto chiaro e ben strutturato e ti dà un’immagine concreta dei fatti.

IL VOLONTARIATO IRRESISTIBILE Alessandra Roccato - Gian Carlo Cocco(Clab Editrice) Il libro vuole essere un contributo un po’ scanzonato, un po’ ironico, ma anche un po’ serio per stimolare alla riflessione chi si dedica o vorrebbe dedicarsi ad attività di volontariato nei settori e nei modi più vari.

Con una serie di aforismi, citazioni, e brevi testi il libro presenta il volontariato analizzandone le origine storiche, le criticità, i protagonisti. Un libro leggero e di facile lettura, ma al contempo ricco di spunti per una meditazione profonda sul senso del dedicarsi gratuitamente all’altro.

Ricetta Cinese Se vuoi la felicità di un’ora fai un sonnellino Se vuoi la felicità di un giorno, va’ a pescare Se vuoi la felicità di un mese, sposati Se vuoi la felicità di un anno, eredita una fortuna Se vuoi la felicità di tutta la vita, aiuta qualcun altro

Times Syndacate, 1930 Amare l’umanità non è una gran fatica: faticoso è amare l’uomo della porta accanto.

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Anthony de Mello Un predicatore, una volta, fece questa domanda ad una classe di bambini: ”Se tutte le persone buone fossero bianche e tutta quelle cattive fossero nere, voi di che colore sareste?”La piccola Mary Jane rispose: “ Reverendo, io sarei a strisce.”

Diario Amico Un giorno un bambino cercava di sollevare una grossa pietra, ma non riusciva a smuoverla di un millimetro. Suo padre, che l’osservava, ad un tratto gli chiese: “ sei sicuro di aver usato tutta la tua forza?” “ Sì” rispose il bambino.

“Non è vero” ribattè il padre. “ non mi hai chiesto di aiutarti”.

LA FAMIGLIA IN DISORDINE Elisabeth Roudinesco (Meltemi Editore) Decostruita, ricomposta, monoparen tale, omoparentale, procreata artificialmente, la famiglia occidentale è oggi soggetta a un grande “disordine” da cui deriverebbero, secondo alcuni, non solo manifestazioni più o meno gravi di incomprensione e

disagio all’interno delle mura domestiche, ma anche preoccupanti fenomeni sociali: abusi, abbandoni, violenza.

Disorientata dalla perdita dell’autorità del padre, mutilata dalla liberalizzazione dei costumi, messa alle strette dalla precarietà propria dell’economia moderna, la famiglia ci appare sempre meno capace di trasmettere i valori che per molto tempo ha incarnato.

Tuttavia, mai è stata nello stesso tempo tanto rivendicata come luogo per eccellenza della realizzazione individuale.

Dal momento che il padre non è più il padre, che le donne controllano la procreazione e gli omosessuali hanno la possibilità di farsi spazio nel processo di filiazione, la famiglia è dunque alla fine condannata e con essa la possibilità per ognuno di noi di costruirsi come soggetto?

L’autrice ci aiuta a sciogliere questo interrogativo, a comprendere l’origine di un simile disordine e a immaginare l’avvenire.

COME ROVINARE UN FIGLIO IN DIECI MOSSE Don Antonio Mazzi (edizioni San Paolo) Viziatelo, accontentatevi del 6-, dispensate carezze di seconda mano, latitate, iperproteggetelo, imbottitelo di merendine, incollatelo alla tv, lavatevene le mani, lasciate che si annoi, svegliatevi solo quando è grande. Questo è ciò che scrive Don Antonio Mazzi nella 23

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breve presentazione sul retro della copertina del suo libro.

Lo scrittore fa una distinzione tra tre categorie di bambini in cui colloca i “bambini bambini”, ovvero quelli che vengono “ educati a crescere con uno sculaccione in più, una caramella in meno, tanta serenità attorno e un niente di capricciosità”, poi ci sono i bambini viziati quelli per cui “……domani il capriccio sarà più importante del dovere, dello studio, del cibo e dello sport. Vorranno tutto, sempre, subito….” e infine ci sono i bambini dotati, quelli che non sono mai stati piccoli che sono diventati subito adulti e che pensano di saper tutto e di poter fare tutto.

Secondo l’autore i bambini viziati e i bambini dotati sono più inclini a provare lo spinello, le pasticche e l’alcol.

I bambini viziati li proveranno perché credono che tutti i vizi vadano provati e i bambini dotati perché credono di poter incominciare e smettere quando vogliono perché si sentono grandi.

Io sono d’accordo con l’autore quando dice che il dialogo e la fiducia reciproca tra genitori e bambini è essenziale, anche se i genitori restano sempre ge24

nitori e quindi devono sempre controllare cosa fanno i propri figli perché la fiducia va guadagnata.

Io personalmente credo che questo libro sia molto interessante e lo consiglio ai genitori perché illustra essenzialmente cosa non bisognerebbe fare con i propri figli attraverso degli esempi, ma lascia loro poi completa autonomia sul cosa bisognerebbe fare. Quindi i genitori hanno sempre il compito poi di scegliere come educare i propri figli al meglio sapendo comunque cosa sarebbe meglio evitare. (commento di Elena, studentessa di liceo e tirocinante al centro studi)

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L‘eremo di San Giorgio giugno 2010

Esperienza all’eremo di S. Giorgio • Ore 6.00 Letture • Ore 7.30 Laudi • Ore 9.00 Lectio divina • Ore 12.40 Ora media • Ore 16.00 Lectio • Ore 18.30 Vespri (ev. S. Messa) Dal lunedì al sabato.

Pare monotono, vero?

Proviamo ad aggiungere altri elementi al quadro.

Al profondo silenzio delle volte aggiungiamo il lontano canto dei grilli, l’occasionale abbaiare dei cani, il canto del gallo alle 4.00, il suono delle campane alle 5.30, la prima luce, la brezza mattutina e poi i raggi del sole sempre più caldo. Ed ecco che il paesaggio acquista contorni nitidi in tutta la sua meraviglia: la baia di Garda a Nord-Ovest, Gardone di fronte, Bardolino a Sud-Est e più oltre il promontorio di Sirmione.

Col caldo sale di intensità il frinire delle cicale: costante nel giorno, mentre nelle pause si percorrono i vialetti all’ombra dei cipressi “osservando tra fondi il palpitare lontano di scaglie di mare”.

Ma anche gli interni hanno il loro fascino, coi monaci riuniti nel presbiterio, al ritmo lento e cadenzato delle letture e dei canti del salterio: i raggi mattutini dall’ingresso, quelli del tramonto dietro l’altare.

Che dire delle “lezioni” di padre Mosconi? Il ruolo ermeneutico della Chiesa,

l’Alleanza, il mistero del servo, l’esegesi del Padre Nostro, quasi a tessere nel contrappunto delle Scritture un nastro che porta necessariamente alla Storia della Salvezza.

E poi la supplenza di fratel Lorenzo col raffronto fra la lavanda dei piedi a Betania e quella a Gerusalemme.

Interessanti anche le considerazioni del priore fratel Gianni emergenti da una ricerca sull’atteggiamento dei giovani nei confronti della religione. Tanti spunti da introitare e far sedimentare e crescere nella nostra storia individuale.

Poi c’è il nostro gruppo: un po’ incostante e alternato nella composizione, ma alla fine un gruppo sentito comunque come coeso. Nel contempo si sviluppa un sentimento di gratitudine e di amicizia coi monaci, anche condiviso.

E’ giunta l’ora di ritornare “nel mondo”. Dopo il digiuno delle notizie si può chiedersi se è cambiato qualcosa “fuori”, dentro sicuramente.

Paolo Spolaore Presidente Associazione “La Strada - Der Weg”

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Il gruppo dei volontari in alta Val di Non E’ proprio una giornata adatta a una gita la domenica 22 agosto. Così un gruppetto di volontari dell’Associazione si mette in … strada raccogliendo dopo Ruffré, al Waldheim, altri amici.

E poi a Castelfondo altri ancora, con don Giancarlo. Infine un piccolo corteo di automobili supera il passo Brez e, superato Lauregno, si inerpica fino ad un inclinatissimo gruppo di case dal nome misterioso: Sinablana – Tonna. Dalla terrazza dell’Agritur Egger,

a 1500 metri sul livello del mare, si gode un panorama stupendo verso le Maddalene che ci separano dalla Val 26

d’Ultimo. Per due ore, sotto la guida di Hartwig, una ventina di volontari discutono su condizioni, possibilità e modalità d’inserimento nei vari servizi dell’Associazione, rappresentata da ben cinque membri del Consiglio di Amministrazione: don Giancarlo, Spolaore, Seifert, Salghetti-Drioli e Tomasi. La concentrazione è disturbata solo dall’andirivieni di cercatori di funghi che, coi loro cestelli traboccanti, suscitano non poca invidia.

Il pranzo a base di specialità locali è l’unica pausa, conclusa con la torta che festeggia il 48° anniversario di

matrimonio di Gina e Piero.

Quindi la riunione prosegue con la raccolta delle disponibilità ai vari tipi di servizio. Soltanto dopo le cinque la-

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sciamo con rammarico il nostro nido panoramico per scendere a Senale.

Lì, al Santuario, si uniscono a noi altri amici venuti ad assistere alla S. Messa celebrata da don Giancarlo a degno coronamento della splendida giornata.

Quindi ci separiamo ed in gruppetti, come eravamo partiti, lasciamo il fresco dei boschi per fare ritorno nella conca di Bolzano ancora torrida.

Monteortone e Padova Sabato 4 settembre il gruppo dei volontari si ritrova all’Associazione; purtroppo ci sono alcune defezioni importanti e motivi familiari ci priveranno, oltre che di don Giancarlo, anche di Hartwig, costringendo Paolo Fait ad assumere la guida di un furgone, Grazia Zogmaister la guida organizzativa del gruppo e don Luciano quella spirituale.

Dopo l’arrivo, il pranzo e la sistemazione logistica presso l’hotel Mamma Margherita di Monteortone, si parte di primo pomeriggio per una visita alla Basilica di Praglia, dove assistiamo a una funzione dei frati Benedettini.

Quindi alle 16.30, con teutonica puntualità, bussiamo al convento di clausura delle suore benedettine di San Daniele presso Abano. Le sorelle ci ricevono con la solita cordialità. Conosciamo così la nuova superiora e ritroviamo il sorriso di suor Maria Pia, la foresteraria.

Dopo l’incontro di presentazione reciproca e la recita del S. Rosario, ci trasferiamo nella chiesetta appena

rinnovata per assistere alla S. messa celebrata da don Luciano. Dopo una generosa cena, qualcuno rientra in albergo, mentre i più preferiscono fare una lunga marcia … digestiva nella zona pedonale di Abano particolarmente sfavillante.

La mattina di domenica, dopo un’abbondante colazione, lasciamo Monteortone per Padova.

Dopo la Messa presso la chiesa di San Leopoldo, un frate ci illustra per sommi capi la vita del Santo.

Quindi ci spostiamo in prossimità del centro storico di Padova, dove, dopo un pasto frugale, una guida bella e brava ci conduce attraverso il centro storico. Dopo una breve, ma intensa visita alla Cappella degli Scrovegni percorriamo il centro: dal … alla Basilica del Santo a quella di Santa Giustina.

Quindi ritorniamo a Monteortone per un breve saluto a don Giancarlo, prima di riprendere la strada del rientro.

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“Giro” dei conventi.

Tappa di Borgo Con la “tappa” di Borgo volge al termine il “giro” 2010 dei conventi di clausura.

Nonostante le defezioni dell’ultim’ora oltre 20 “girini” si presentano all’appello. Arrivati con varie automobili, ci troviamo nel bel centro del paese per salire insieme la breve ripida rampa che ci porta al convento. Fa un certo effetto ritrovarsi sul piazzale d’entrata in uno splendido, limpido tramonto, anziché alla luce abbagliante del pomeriggio del 12 giugno scorso: allora eravamo prossimi al solstizio d’estate, ora all’equinozio d’autunno. Nel parlatorio è un festoso ritrovarsi fra amici.

Due casse di mele fanno il giro della “ruota degli esposti”. Hartwig e Grazia consegnano singolarmente alle Sorelle un “dolce” souvenir.

Scusando l’assenza di don Giancarlo, dovuta a motivi familiari e di salute, don Luciano dà inizio alla celebrazione della Santa Messa sul piccolo altare improvvisato nella sala.

Le sorelle ci accompagnano col canto. Nell’omelia, don Luciano sottolinea che oggi, giovedì, apre idealmente la serie degli incontri eucaristici di don Giancarlo col gruppo. Con un breve riferimento all’odierna festa di San Pio da Pietralcina, egli si sofferma sul fatto che nelle recenti udienze, il Sommo Pontefice ha voluto rendere omaggio a due figure di Santità al femminile: S. Ildegarda di Bingen e S. Chiara che spiccano per la santità delle vite e la ricchezza dell’insegnamento.

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Nelle preghiere sono stati ricordati gli amici dell’Associazione ed i loro parenti sofferenti o defunti. Al termine dell’Eucaristia tocca a Hartwig rompere il ghiaccio, ricordando le motivazioni del nostro “peregrinare, citando l’ultima tappa di Firenze, ed auspicando che in futuro, il “giro annuale dei conventi” possa aprirsi e concludersi con Borgo.

Egli illustra altresì le attività del volontariato in Associazione. Le suore, in particolare la Superiora suor Emanuela, ci raccontano del loro quotidiano.

Il presidente Spolaore, parco di parole come sempre, si limita ad invocare il sostegno della preghiera per l’attività del Consiglio di Amministrazione, cui si prospettano difficili decisioni. Però va detto che il presidente si sobbarca l’intero servizio fotografico, stante l’assenza dell’inimitabile fotografo ufficiale Paolo Fait . La chiacchierata con le suore si protrae alquanto. Una foto di gruppo sul piazzale non è alla portata dei nostri mezzi fotografici per cui ci separiamo alla spicciolata. Metà compagnia si dirige verso Bolzano. L’altra metà aderisce all’invito della famiglia Valente per godere della squisita ospitalità a base di “orzetto”, ma non solo … quindi il rientro. E’ quasi domani.

Paolo Spolaore Presidente Associazione “La Strada - Der Weg”

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Racconto di una vita impegnata VOLONTARIA A TEMPO PIENO.... ma sempre con una famiglia alle spalle Inizia così una bellissima avventura di impegno con bambini e ragazzi in una parrocchia di quartiere. Responsabile un giovane sacerdote , volonteroso fantastico intraprendente.

Bambini e ragazzi di tutte le età, fino ai 20 anni.

Gruppi di incontro a seconda dell’età, con partecipazione di giovani più grandi. Incontri di esperienze di vita, di religione, incontri di grandi discussioni con la partecipazione dei genitori.

Grandi entusiasmi e fantastici momenti di gioco, impegni con problematiche varie, viaggi di conoscenza con altre realtà ecc. Ma soprattutto un enorme felicità con campeggi in montagna, giochi, discussioni anche lì, a seconda dell’età dei partecipanti e grandi camminate su per i monti del circondario, nella bellissima Val di Fiemme, che offriva svariate scelte di ascese nelle montagne e cime circostanti.

Grandi amicizie fra genitori, anche loro a volte coinvolti nei vari esperimenti, e felici, veramente felici giornate passate all’aria aperta, con tutto quanto poteva servire nei momenti più disparati di attività.

Tutta questa meravigliosa avventura ha avuto la durata di 8 anni circa. Poi i ragazzi sono cresciuti, il sacerdote

ha avuto altre destinazioni …….ma fra tutti i vari partecipanti grandi e piccoli, genitori, nonni e zii è rimasta negli anni una grande amicizia e riconoscenza per la grande opportunità offerta ai giovani, di quell’età normalmente difficile, e un’esperienza che poi nel tempo non si è mai più dimenticata e nemmeno più verificata nel giro delle varie avventure, che comunque non sono cessate, visto il carattere zingaresco che mi ritrovo.……

Dopo questa....un‘altra esperienza un po’ più impegnativa, mi attendeva al varco....

Nel 1980, cercando dove potevo impegnarmi per il continuo mio desiderio di muovermi all’interno della società, ho incontrato l’Associazione “La Strada-Der Weg”, che da solo due anni aveva iniziato una attività di ricerca e aiuto ai ragazzi in difficoltà: tossicodipendenti, ex carcerati o comunque disadattati, in cerca di appoggio per un aiuto ……..

Don Geki, inventore vivace, trascinatore e persona eternamente entusiasta per ogni nuova proposta, con il suo grande amore per il prossimo e in particolare per i ragazzi caduti in esperienze negative, con grande coraggio e inventiva, ha dato inizio a questa nuova avventura.

A quel punto, si è partiti con grande volontà e grandi speranze, aiutati da un bel gruppo di volontari adulti e giovani, da personaggi importanti e da chiunque amasse dare un aiuto per questo tipo di problema, (a quei 29

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tempi era forte la paura di affrontare un problema complesso come quello della droga).

Così a quel punto sono arrivata anch’io con tutto il mio entusiasmo. L’inizio è stato molto duro per tutti, in quanto non c’erano aiuti da parte dell’Ente Pubblico.

C’erano tanti amici, che con le loro of-

ferte ci sostenevano per i primi difficili momenti.

Non ci è mai mancato nulla. Il grande entusiasmo nel vedere qualche piccolo risultato, è stato di sprone per continuare anche nelle piccole….grandi difficoltà.

Poi la città si è risvegliata, e per paura che peggiorasse la situazione già esistente, per la voglia di aggregarsi a questo nostro Gran Trascinatore e per i problemi che nel frattempo erano diventati molto più grandi, ci si è incamminati nella grande avventura che ancora continua, del fenomeno “Asso30

ciazione La Strada der Weg”.

Io da parte mia, ho fatto alcuni passaggi di responsabilità nei compiti assegnatimi.

Ho amato molto tutto quello per cui mi ero impegnata. Mi si apre ancora il cuore quando incontro i primi nostri ragazzi che sono riusciti a superare quei momenti così faticosi per loro e per i loro genitori !!

Oggi sono ancora “alla Strada” praticamente ci sono “invecchiata dentro”, ho un sacco di amici, tanti ricordi in comune e devo confessare che, potendo, rifarei dall’inizio queste mie magnifiche esperienze (che augurerei a tanti giovani di oggi).

Grazia Francisci Volontaria

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Scuola calcio 2010 Eccoci qui pronti a tirare le somme della quinta edizione della Scuola calcio 2010, tenutasi anche quest’anno a Villa delle Rose con la collaborazione del Charlie Brown e dei colleghi del progetto On air, da lunedì 28 giugno a venerdì 03 settembre.

Una vera maratona dell’educazione, 50 giorni effettivi di attività diretta, 407 bambini e ragazzi partecipanti, 28 giovani volontari coinvolti, 120 i bambini e ragazzi purtroppo rimasti in lista di attesa. Oggettivamente sono numeri importanti, frutto di un percorso nato cinque anni fa da un’intuizione di un operatore e dalla condivisione dell’intera equipe. Una scommessa incentrata su un “credo” educativo, che prevede la centralità del bambino a discapito della complessità del progetto educativo. Troppe volte si rischia che la distanza tra i progetti, scritti in un linguaggio tecnico forbito e accattivante ed i reali bisogni dei bambini, sia enorme. Accade sempre più in ambito sociale di cascare in un ostinata ricerca di attività particolari, strane, nuove e sofisticate magari su esempi che provengono dall’estero, il che fa ancora più “figo”, perdendo di vista la semplicità delle richieste dei bambini e dei giovani frequentatori dei nostri servizi.

In sostanza con la scuola calcio si è cercato di lavorare per recuperare una dimensione di semplicità ed essenza educativa, dando ai bambini e ragazzi la possibilità di godere di uno spazio libero da riempire. Molte ricerche

pedagogiche dimostrano, a sostegno delle nostre idee, come ai bambini non piacciano gli spazi rigidamente definiti, separati e dedicati, mentre preferiscano gli spazi duttili, utilizzabili in maniera diversa a seconda delle esigenze di gioco.

Nell’organizzare l’estate ci siamo prefissi di non progettare ed ingabbiare il tempo delle vacanze dei bambini.

Invece di pensare e strutturare degli spazi per loro, dovevamo imparare a lasciare loro degli spazi. Lasciare questo spazio non significava rinunciare a progettare, significava progettare diversamente, con più umiltà, con più generosità, con più creatività, pensando che, il “come giocare, a che cosa e con cosa”, lo sapevano i bambini…ed è andata davvero bene. Molti genitori ci hanno continuato a chiedere il segreto della gioia dei propri bambini nello stare dentro all’attività estiva. La risposta che spesso abbiamo dato è stata: libertà di poter scegliere che cosa fare. Ci si è posti con la modalità di un grande cortile nel quale si incontra il proprio gruppo di amici, e con il plus valore di condividere il proprio spazio con degli educatori pronti a supportare, accogliere e gestire le proposte che quotidianamente nascono dallo stare insieme.

I cardini su cui poggia l’attività sono: * la libertà del bambino di poter scegliere che cosa fare, senza l’imposizione di orari prestabiliti o condizioni vincolanti – pensiamo infatti che siano già tante le richieste da parte del mondo adulto durante l’anno scolastico, con piani formativi che oramai non lascia31

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no più spazio alla libera iniziativa, con corsi che vanno dallo sci alla pallavolo, dalla costruzione di aquiloni alle tecniche per grattarsi al meglio la schiena; rientri, allenamenti e catechesi fanno il resto; * il favorire ampi spazi di gioco libero nel quale i bambini possano esprimere la propria creatività; * la centralità della relazione educativa tra bambini e operatori, che ha i suoi tempi, i suoi modi e la sua complessità; * no parking – ovvero struttura degli orari delle attività in modo da non coprire totalmente il bisogno di tante famiglie di “parcheggiare” il proprio figlio/a. Le attività coprono tutte le mattine e due pomeriggi. Siamo dell’idea che si possa integrare il ruolo della famiglia ma non sostituirlo; le stesse si possono attivare od organizzare in funzione delle scelte che vanno a fare; * clima tra operatori – un vero punto di forza del progetto sta nei colleghi coinvolti, davvero molto motivati, partecipi e propositivi, con quella capacità che nessun libro o studio può regalare ovvero la passione di stare in mezzo ai bambini e ragazzi con la disponibilità a mettersi in gioco e a investire tanto nella relazione, a discapito magari di super animazioni spettacolari o di grande impatto visivo che talvolta rischiano di soddisfare bisogni estetici di noi adulti; * giovani volontari – una sorpresa la grande richiesta di giovani dai 16 ai 20 anni di poter fare del volontariato all’interno dell’attività estiva. Si è creato un gruppo di adolescenti che diver32

tendosi ha incominciato ad assaggiare il gusto del fare animazione per i più piccoli, sperimentando lo stare insieme ma anche la fatica di ascoltare, pazientare, capire, condividere e offrire un servizio per gli altri; * coktails agio e disagio – in questo, penso che l’estate a villa sia stata da un punto di vista educativo, una valida risposta per le diverse situazioni di bambini e ragazzi segnalati dai servizi sociali per diverse problematiche famigliari, che hanno trovato in un contesto relazionale di “normalità” la possibilità di confrontarsi e nutrirsi di relazioni positive con educatori ed un gruppo di coetanei. Siamo convinti che non “ghettizzando” il disagio si abbiano più possibilità di integrazione e sviluppo dei ragazzi in difficoltà.

Questa è la filosofia che sta dietro a questa attività, che di scuola non ha proprio nulla e che di calcio solo l’aspetto ludico e divertente…forse più un calcio alla scuola o forse più una scuola di vita…beh dai non esageriamo…è una bella esperienza da vivere per bambini, ragazzi, educatori e volontari.

Andrea Vigni Area Cultura e Territorio

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Progetto Arianna e...... il cammino di Santiago Noi ragazze dell’Arianna abbiamo vissuto un esperienza stupenda, siamo andate (dal 5 luglio al 14 luglio) in Spagna, attraversando la Francia in furgone e viaggiando per 5000 km tra andata e ritorno!!!!!

Siamo partiti alle ore 4 e 30 … non c’era ancora il sole e noi ragazze eravamo piene di sonno .. anche i nostri educatori erano pieni di sonno (Barbara e Claudio).

Il primo giorno di viaggio in furgone è stato molto lungo, abbiamo viaggiato per 14 ore !!!!!!! eravamo tutte stanche; anche Barbara e Claudio erano stanchi e si facevano i dispetti, che ridere hahaha!!!! Ancora adesso pensando a quei giorni mi viene una gioia meravigliosa.

Ci siamo fermati + volte perchè anche i nostri educatori non ce la facevano più, infatti Claudio decide di far guidare Barbara - oddio che paura- !!!! Io sono scappata e volevo fare l’autostop (scherzo!!) però alla fine sono salita e confesso che per essere stata la sua terza volta è stata molto brava, io non mi ricordo tanto, perchè ero sotto effetto di antibiotici per le allergie.

Ci siamo fermati a dormire in Francia ,di preciso a Carcasson, in un residence. Il residence era abitato da ragni, formiche e altri insetti, però dentro, le nostre casette erano stupende. Finalmente potevamo riposarci e fare la doccia; una volta tutte pulite e profumate potevamo andare a vedere il

castello; se eri sporco non potevi andare!!!

Però prima c’è stato un piccolo problema, Barbara è rimasta chiusa fuori dalla sua camera per colpa del vento. Finalmente, dopo un po’ … siamo andati a vedere il castello Medievale meglio conservato di tutta Europa .

Magnifico! Quel castello era enorme, lo abbiamo visto tutto, era bello davvero!

Abbiamo fatto molte foto e giocato tra le mura.

Visitato tutto il castello era diventato un pò tardino, era ora di andare a cena. Il nostro ristorante era carino e si chiamava “divina commedia”, tutte noi ragazze abbiamo preso la pizza (consiglio: non prendete la pizza in Francia”!!). Dopo aver mangiato siamo ritornate nelle nostre stanze e come sempre c’era un problema … due di noi si erano chiuse fuori (ancora il vento!!!) e abbiamo dovuto chiedere la doppia chiave per aprire la stanza.

Finalmente tutto a posto, si poteva dormire! Ci siamo raccontate le nostre vite fino a notte tarda e poi finalmente a nanna.

Era mattino presto quando Claudio è venuto a svegliarci tutte quante alle 7.30 in punto. Abbiamo messo in ordine le stanze, pulito il furgone e fatta una buona colazione, siamo ripartiti; erano le ore 8.30 La Francia è molto cara: ogni 5 km sull’autostrada c’erano dei caselli e bisognava pagare buttando delle monete in un cestello, la voce elettronica diceva MERCI!!! Passati tutti i caselli della Francia (eravamo senza monete!) siamo entrati finalmente in Spagna....

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“HOLA” CI SIAMO TUTTE QUANTE MESSE AD APPLAUDIRE .

Siamo arrivati a Melide in un albergo strafigo, era di lusso per essere ad una stella! Mi ricordo che quella sera la Spagna giocava contro la Germania e chi vinceva andava alle finali.

La Spagna ha vinto ed è andata in finale ai mondiali, siamo andati a festeggiare un po’ per la vittoria e abbiamo conosciuto altri ragazzi che come noi festeggiavano, a fine serata siamo rientrate in albergo a dormire perchè eravamo stanchissime.

Continua ….

S. S. (17 anni)

Nel prossimo numero di Natale vi racconteremo la nostra avventura sul cammino di Santiago!!

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Sport ed esclusione Due termini che non potrebbero convivere! Invece…………

La parola esclusione ha la sua origine nella lingua latina: viene infatti da ex-claudere, dove “ex” sta per fuori e “claudere” significa chiudere; dunque escludere significa chiudere fuori, non ammettere a partecipare (fonte:www. etimo.it).

Dunque nella vita può capitare di esser esclusi, messi fuori: esclusi da un lavoro, da un’amicizia, da un concorso, da una qualsiasi graduatoria, ecc…

Dove non ci dovrebbe essere esclusione è nello sport, quantomeno in quello amatoriale. Infatti lo sport che è sinonimo di gioco, divertimento, impegno, rispetto e spirito di squadra non dovrebbe mettere alla porta nessuno, semmai includere e accogliere le persone desiderose di confrontarsi con i propri limiti e con quelli degli avversari. Che ciò non avvenga è sotto gli occhi di tutti e questa critica non riguarda solo il calcio ma un po’ tutte le discipline sportive soprattutto se di squadra. Il ragionamento che porta a generare meccanismi di esclusione è il seguente: ho un gruppo di giocatori e seleziono i più dotati affinchè la squadra diventi più competitiva e superi il livello di altre squadre. Ecco che lo sport, il calcio in particolare, se gestito con questa logica può diventare molto selettivo già con atleti in giovane età.

In questo modo si creano due gruppi: i migliori, che formano l’ossatura della

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squadra, in una situazione di privilegio perché “preferiti” dallo staff e le seconde e terze scelte, ragazzi o adulti che devono accettare l’idea di non essere all’altezza degli altri e di ricoprire un ruolo marginale all’interno del gruppo.

Questo tipo di gestione ha una sua logica se e quando il bagaglio tecnico individuale diventa l’unico criterio di valutazione della persona. Se però questo criterio inizia a diventarci un po’ stretto, a darci un po’ fastidio ecco che non è difficile , riflettendo un po’, individuare contraddizioni e punti deboli. Ad esempio: si può veramente ridurre la valutazione di un ragazzo o di una ragazza al livello tecnico espresso? E cosa rimane delle qualità caratteriali, dei bisogni (partecipare, essere considerati, stimati, valorizzati, trovare amicizie vere), dei desideri (giocare assieme agli altri, mettersi alla prova, contribuire a raggiungere qualcosa)?

Nel sistema selettivo solo ad alcuni privilegiati vengono riconosciuti questi bisogni e concessi altrettanti desideri.

Per gli altri il sistema prevede una lenta ma inesorabile presa di coscienza dei propri limiti che porterà prima o poi ad un abbandono volontario di quella data disciplina sportiva. Alcuni sostengono che anche questo sia un aspetto sano dello sport, perchè rinforza la persona in quanto essa impara ad accettare l’esclusione come una lezione, seppur dura, della vita. Personalmente non sono d’accordo perché non ritrovo questi aspetti nel significato profondo di fare sport. Nessun bambino che inizia una qualsiasi attività sportiva firma un contratto in cui si impegna a

soffrire e ad essere escluso, semmai quel bambino sogna solo di divertirsi e poter giocare con gli altri. Ma quanti bambini e ragazzi trovano risposte vere a queste richieste?

Solo selezionando si riesce ad aumentare costantemente il livello tecnico degli atleti e a produrre futuri bravi giocatori e magari qualche campione. Certo è difficile trovare valide argomentazioni contro questa logica, anzi, tutto sembra dare ragione a chi la pensa così. Se si lasciano i più dotati nello stesso brodo degli altri, questi non emergeranno mai e avremo un esercito di sportivi mediocri, incapaci di quelle gesta che incantano migliaia di spettatori sugli spalti o davanti alla tv. Il rischio forse c’è, ma quanto varrebbe la pena di correrlo se sull’altro piatto della bilancia avessimo persone più felici, più capaci di rispettare e accettare i propri simili , meno abituate ad emergere mettendo i piedi in testa agli altri?

Massimo Antonino Centro Studi “G.Antonin”

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Cosa bolle in pentola Dopo il successo della scorsa edizione stiamo lavorando alla realizzazione di un nuovo convegno sul macrotema dell‘antisocialità che nello specifico sarà intitolato „la famiglia nella gestione di fenomeni di antisocialità“ date: 20 gennaio, 10 febbraio, 10 marzo luogo:Libera Univesità di Bolzano.

Il comitato scientifico sta elaborando degli articoli di approfondimento sul tema che verranno pubblicati sulla stampa locale per pubblicizzare il convegno.

Il progetto Excelsior compie dieci anni Per festeggiare questo importante traguardo della squadra più perdente al mondo.... ai primi di dicembre, in data ancora da definire, verrà organizzata una tavola rotonda sull‘etica nello sport alla presenza di importanti testimonial.

27 nov: Art Day Natale a Villa delle Rose.

Giornata di creatività e costruzione di addobbi natalizi per bambini e famiglie.

4-5- dic.: Soggiorno in baita per ragazzi/e (organizza il c.g. Villa delle Rose) Associazione - Verein “La Strada - Der Weg” ONLUS Via Visitazione - Mariaheimweg, 42 39100 Bolzano Bozen Tel 0471 203111- Fax 0471 201585 e-mail: info@lastrada-derweg.org www.lastrada-derweg.org

Realizzazione/Ausführung: Centro Studi e Biblioteca Direzione/Direktion: Paolo Marcato Coordinamento/Koordination: Dario Volani Redazione/Redaktion: Dario Volani, Barbara Messner, Massimo Antonino, Paola Fioretta Grafica/Grafik: B. Elzenbaumer, M. Antonino Edizione/Ausgabe: Nr.02/2010 - ottobre 2010 36