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Essere gay al PoliMi: A coming (out) of age story
from Lantena #50
WALTER FIORE Essere gay al PoliMi: A coming (out) of age story
L’associazionismo mi ha salvato la vita. Non che meditassi di uccidermi, ma ha totalmente cambiato la qualità della mia esistenza. Partiamo dall’inizio. Venni a conoscenza di PoliEdro al mio primo giorno di università. In BL27 fu allestito un banchetto di benvenuto per le matricole, presso cui era possibile ritirare un raccoglitore ad anelli con le informazioni essenziali per muoversi all’interno del mondo politecnico: piano degli studi, tasse, alloggi e mense ed altro ancora. L’ultima sezione del raccoglitore era dedicata a rappresentanti ed associazioni. Le associazioni erano in numero decisamente minore rispetto a quelle che esistono oggi ed alcune di esse si sono sciolte. Scorrendo l’elenco mi soffermai su PoliEdro. La descrizione era chiara, non c’erano dubbi che fosse l’associazione giusta per me, ma non ero ancora pronto. Durante quell’inverno conobbi un ragazzo della Statale tramite app (non di incontri, siccome non ero ancora out) ed ebbi la mia prima relazione. Fu un caso fortuito: entrambi eravamo alla ricerca di noi stessi, entrambi non avevamo il coraggio di fare coming out in famiglia e nemmeno avevamo mai avuto una relazione omosessuale. La relazione durò pochi mesi, ma mi diede la forza di fare coming out con amici e genitori. I primi la presero bene e mi sostennero, i secondi si rifiutarono di ascoltare e provarono ad addurre alle mie parole qualsiasi ragione sembrasse loro plausibile. Per loro ero stato deviato, manipolato, non sapevo quello che dicevo e nel giro di poco tempo me ne sarei reso conto. Sono passati 4 anni dal mio coming out, con grande sorpresa sono ancora gay, con grande sorpresa restano convinti della loro idea e parlare della mia sessualità è tabù. Dato l’acceso litigio che seguì, per mesi fino al silenzio, e l’interruzione della mia relazione, decisi di non parlarne più e accantonai la mia sessualità. Non fui mai davvero felice durante l’anno successivo. Il primo evento a cui partecipai a PoliEdro fu in maggio. Mi risolsi a partecipare solo perché avevo trovato un’amica, anche lei all’inizio della scoperta della propria sessualità, che mi avrebbe accompagnato e, facendoci forza a vicenda, avremmo provato a riprendere quel discorso interrotto con noi stessi. L’evento era una semplice occasione per socializzare. Conoscemmo qualche studente, bene o male chiacchierammo e andò tutto bene. Partecipai all’evento successivo, da solo stavolta, e a quello dopo ancora. Dopo 3 anni, non ho ancora smesso di partecipare. In 3 anni succedono molte cose. Ci si infatua nuovamente, un altro tentativo di relazione, il mio primo Pride, poi la laurea, la pandemia, l’erasmus ai confini del mondo. In tutto questo PoliEdro è rimasta una costante. Al mio primo anno di magistrale decisi di candidarmi per il direttivo: volevo restituire ciò che PoliEdro mi aveva dato; volevo salvare altre persone, come io ero stato salvato. Gestire un’associazione può sembrare molto complicato ad occhi inesperti. Richiede tempo, non lo nego, e ci sono alcune cose da imparare, soprattutto nei rapporti con l’Ateneo e la sua burocrazia, ma è questione di organizzazione. Si può fare qualunque cosa collaborando tra i membri dell’associazione e strutturando il proprio tempo. In questi 2 anni di impegno personale, molte attività si sono realizzate: sharing sul coming out, testimonianze circa il proprio essere trans, asessuale, intersex o non monogamo, racconti sul vivere da LGBTI+ al di fuori dell’Italia, incontri con associazioni (LILA e Agedo) ed esperti psicoterapeuti. Esiste poi un lato meno noto di PoliEdro, che è quello esterno alle attività; si tratta delle collaborazioni con l’Ateneo, con le altre realtà arcobaleno di Milano, si trat-
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ta degli incontri con decisori politici e con persone volenterose di raccontare l’attività di PoliEdro alle proprie comunità, si tratta anche delle manifestazioni in favore dei diritti civili. In tutto questo, PoliEdro è sempre stata presente, anche con la pandemia, anche con gli attacchi giornalistici dell’estrema destra. In tutto questo, cosa ha fatto il Politecnico di Milano?
L’attività pubblica del PoliMi consiste nel citarci nel programma POP, nel dare il patrocinio per il Milano Pride, nel permettere la realizzazione della PoliMi Pride Week, nel realizzare il MOOC Embracing Diversity (nel 2017), nel realizzare un incontro all’anno con le aziende del Career Service per parlare delle loro policy circa la diversità e l’inclusione. Non sembrerebbe neppure così male, se non fosse che si celano pecche sotto vari aspetti:
1. Comunicazione
Tutte queste attività pubbliche sono pensate e pubblicizzate verso i soli studenti. Dottorandi, ricercatori, membri del personale tecnico amministrativo, docenti non esistono. Tutti gli studenti hanno saputo della PoliMi Pride Week o del PoliMi Pride perché Alessio Rocca, presidente del consiglio degli studenti, ha inviato un’e-mail a tutti gli studenti. Il rettore non ci cita mai, non parla mai di diversità ed inclusione, non partecipa mai alla PoliMi Pride Week o al PoliMi Pride, non manda e-mail a tutta la comunità politecnica per ribadire che si può essere se stessi al PoliMi. Inoltre, la comunicazione del PoliMi decide di non parlare della PoliMi Pride Week sugli account istituzionali di twitter e linkedin, principali social usati dai docenti. Chi, al di fuori degli studenti, sa che c’è stata la PoliMi Pride Week?
2. PoliMi Pride Week
C’è, inoltre, reticenza nel coinvolgere docenti per la realizzazione di attività. È da dicembre 2019 che propongo agli uffici del PoliMi attività con docenti che già dal 2017 collaborano con PoliEdro ed ogni volta si erge un muro di silenzio. Nemmeno una spiegazione, un commento sul perché non fare l’evento. Semplicemente non si può fare. Quest’anno ho provato ad agire diversamente. Ho contattato una docente per proporle di realizzare un evento. Lei ha accettato super entusiasta. Si è realizzata una videochiamata con gli uffici preposti per la realizzazione della PoliMi Pride Week per organizzare l’evento, evento che avevo proposto in precedenza agli stessi uffici ma mi era stato bocciato. Sembrava andare tutto bene, se non che, ad un mese dalla PoliMi Pride Week, il rettore e la prorettrice vicaria hanno deciso di comunicarci, per bocca degli uffici di cui sopra, il totale stravolgimento della PoliMi Pride Week. Nessun evento con questa professoressa, nessun evento con PoliPsi e Agedo, nessuna intervista a docenti per dare visibilità a un supporto concreto dell’Ateneo, tutto cancellato. La motivazione è stata che si preferisce spalmare questi eventi sul prossimo anno accademico e organizzare la PoliMi Pride Week diversamente (oggi, 22 maggio, non si ha certezza circa se e quali eventi saranno realizzati); motivazione comprensibile, dato che a fine giugno siamo tutti presi da altri impegni. Tuttavia, le proposte in questione sono ripetute indefessamente da due anni e il rettore ha comunicato a settembre, sempre per bocca degli uffici, di voler supervisionare la PoliMi Pride Week. Da settembre ha aspettato maggio per cancellare il nostro lavoro, con la promessa di eventi futuri. Spero che se ne ricorderà.
3. Potere decisionale
Come si evince, il potere decisionale degli studenti è inesistente. Le attività proposte non vengono commentate,
solo bocciate. La comunicazione avviene solo per tramiti, mai con il rettore o chi decide cosa fare della PoliMi Pride Week (che non sappiamo nemmeno chi sia). Siamo impossibilitati a conoscere la natura dei pensieri circa le nostre proposte e quindi non ci è permesso ribattere e tentare di convincere della loro bontà.
4. Censura
All’incirca ogni settimana PoliEdro realizza un’attività per parlare di discriminazione e creare un luogo accogliente. Il 10 marzo 2021 si è tenuto l’evento Animazione LGBT: quando qualcuno pensa ai bambini, evento finanziato dal PoliMi in accordo con il Bando apposito pubblicato ad ottobre 2020. Tutto regolare, se non che veniamo contattati dal PoliMi e ci viene caldamente chiesto di modificare la descrizione dell’evento, anche interrompendo l’uso dei fondi stanziati per la promozione su Instagram. Censura della quale non capiamo le ragioni, ma ci atteniamo. Scopriamo successivamente che qualcuno ha deciso di scrivere contro l’attività in questione: si tratta di ProVita (su Facebook) e CasaPound (su Il primato nazionale). Inoltre, da un blog apprendiamo di telefonate indirizzate agli uffici del PoliMi per lamentarsi dell’attività. [1] La storia si ripete per l’evento #iolochiedo: senza consenso è violenza, incontro incentrato sul consenso con special riguardo all’ambito del BDSM. La relatrice è un’educatrice di sessualità alternativa. L’evento è approvato a bando, come prima. La comunicazione è censurata, come prima. Non ci è permesso dire la professione della relatrice: il sesso è un tabù al PoliMi.
5. Partecipazione attiva del PoliMi
La partecipazione attiva del PoliMi è inesistente. Il simbolo di ciò è la manifestazione del Milano Pride. Alla manifestazione del Pride, seppure abbiamo il patrocinio, i docenti e membri del personale tecnico amministrativo che sfilano con noi sono meno di 5 e sono i soliti irriducibili che hanno sinceramente a cuore la questione (il rettore non sfila). Tuttavia, secondo l’Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali (FRA), a maggio 2020 si stima una popolazione arcobaleno del 6% [2]. Significa 86 docenti e 74 membri del personale tecnico amministrativo[3]. Di queste persone, nessuna sfila al Pride con noi. Che ci sia timore di fare coming out coi colleghi? Posto che ovviamente non si va al Pride solo se LGBTI+, anzi! Che ci sia però il timore di far presagire in qualche modo di non essere
[1] La testimonianza sul blog: https://samizdatmilano.wordpress.com/2021/03/07/cartoni-animati-lgbt-al-politecnico/ [2]European Union Agency for Fundamental Rights, A long way to go for LGBTI equality, 14 May 2020. URL: https://fra.europa.eu/en/ publication/2020/eu-lgbti-survey-results [3] I numeri del Politecnico: https://www.polimi.it/it/il-politecnico/chi-siamo/i-numeri-del-politecnico/#c21917 [4] Cishet: slang che sta per Cisgender heterosexual, ovvero coloro che sono eterosessuali e non transgender. [5] Pagina Facebook dell’Università di Strathclyde: https://www.facebook.com/UniversityOfStrathclyde/posts/10159208041169605 [6] Nazioni con leggi anti-LGBTI+: https://www.humandignitytrust.org/lgbt-the-law/map-of-criminalisation/?type_filter=crim_lgbt
cishet?[4] Cosa ci dice questo dell’ambiente inclusivo al PoliMi? Perché non si vuole organizzare un’intervista pubblica a docenti per sentire dalle loro bocche che non ci sono problemi ad essere LGBTI+ al Poli? Sarebbero parole rivolte da colleghi cishet agli altri colleghi, non sarebbero coming out (ovviamente non ho nessuna intenzione di forzare il coming out di qualunque persona). Perché il PoliMi mostra così tanta difficoltà al mettersi in prima linea (mentre le università britanniche lo fanno da anni, come l’Università di Strathclyde [5]), preferendo mantenere una posizione defilata?
6. Internazionalizzazione
Suggerii al mio docente coordinatore erasmus di stringere accordi con mete in Paesi non discriminanti (ricordo che essere gay è reato in 70 nazioni e in una decina di queste si è condannati alla pena capitale [6]) per avere così un’offerta di internazionalizzazione che non sia a svantaggio di donne e minoranze. Mi rispose: “La sicurezza è un fattore soggettivo”. Come se il reato di propaganda gay in Russia fosse una mia invenzione [7], non un fatto. Al termine della mia esperienza al Politecnico di Milano, mi sento soddisfatto di me stesso. Sono cresciuto umanamente, mi sono accettato, ho mantenuto viva PoliEdro, ho aiutato persone ad affrontare la propria sessualità e fare coming out coi genitori. Ho lottato quanto ho potuto, ma non è stato sufficiente. L’impressione che ho del nostro Ateneo è che i 7 valori[8] esistono solo sulla carta e che l’atteggiamento generale sia di individualismo: se non è un mio problema, io non mi muovo per aggiustarlo, anche se è il mio ruolo. Non credo che ci sia avversione a temi di diversità ed inclusione, ma che si faccia molta fatica a comprenderne l’importanza, talvolta bocciando a prescindere delle proposte che potrebbero essere utili, se considerate adeguatamente. Tutto ciò va a discapito di valori come la trasparenza (che non esiste per le decisioni della PoliMi Pride Week), l’integrità (che non esiste quando il PoliMi mette in primo piano l’opinione di parte della società al posto di un’attività che rispettava tutti i criteri del PoliMi stesso e che era già stata supervisionata ed approvata), la professionalità (che manca quando il PoliMi ritiene “educatrice di sessualità alternativa” una professione non abbastanza dignitosa da essere pubblicamente esposta), la responsabilità (che non esiste quando il PoliMi si rifiuta di cercare mete estere non discriminanti), l’equità (che non abbiamo in assenza di potere decisionale pari a quello dei docenti, inducendo una disparità classista nell’importanza delle esperienze e delle opinioni degli studenti rispetto ai docenti) fondanti lo spirito del PoliMi. Inoltre, cito quanto segue dal Codice Etico e di Comportamento, come risposta alla domanda Cosa significa essere membri della comunità politecnica?: “Rispettare, proteggere e promuovere i valori del Politecnico e astenersi da dichiarazioni pubbliche lesive del buon nome dell’Ateneo e dei membri della sua comunità.” Mi chiedo, quindi, se il PoliMi consideri non etico il mio desiderio di sottolineare, ai fini di una critica costruttiva, quei comportamenti che il Politecnico di Milano stesso adopera contro i suoi valori. In conclusione, rivolgo un appello a chi mi legge: siate partecipi e fate fronte comune. Gli studenti al PoliMi contano molto poco: 4/23 rappresentanti in Senato Accademico, 2/11 rappresentanti in Consiglio di Amministrazione, nessun potere decisionale sulla PoliMi Pride Week. È evidente quanto la nostra facoltà di intervenire nei luoghi decisori sia pura velleità, un piacere che ci viene elargito, come gli adulti lasciano parlare i bambini senza ascoltarli davvero.
Se si vuole provare a cambiare qualcosa al Poli, occorre fare quadrato attorno a una visione comune o quel misero 17% che ci ritroviamo varrà ancora meno. Tutto ciò per cui abbiamo lavorato, come rappresentanti studenteschi e dirigenti di associazione, potrebbe svanire se venisse meno la partecipazione alla vita del Politecnico di Milano.
Non lasciate che tutto questo scompaia, siate partecipi!
