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Le Piccole donne e la ciclicità femminile
from L'Altrameta n.7
by L'altrameta
L’energia della donna è molto differente da quella dell’uomo; lo è nella misura in cui possiede delle sue specificità che la rendono unica, insostituibile. Questa energia femminile si respira intensamente all’interno del romanzo di Louise May Alcott, dove si declina in molteplici forme, incarnandosi e prendendo vita nei caratteri delle quattro sorelle March. Meg, Jo, Beth ed Amy rappresentano ciascuna un modo diverso di esprimere la femminilità e di portarla nel mondo.
Amy è capricciosa come una pioggerellina di marzo, vanitosa e raffinata come i narcisi, che sbocciano proprio sotto la carezza di queste pioggie primaverili.
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Beth è modesta e semplice come l’estiva ginestra, che nel suo coraggio e nella sua fragilità richiama la celebre Ginestra leopardiana, precaria sulle pendici del Vesuvio tanto quanto la terzogenita delle sorelle March fu nella sua vita, che precocemente abbandonò.
Jo è vivace ed aspra come il corbezzolo, che in autunno esplode in grappoli di fiori bianchi e frutti rossi. Plinio il Vecchio chiamava il corbezzolo arbutus unedo, che significa “ne mangio uno solo” alludendo così al gusto dei suoi frutti, pungente ed arguto come solo Jo sapeva essere.
Meg è elegante e femminile come una camelia, fiore invernale che nella cultura orientale allude al patto d’amore e devozione tra un uomo ed una donna, quello stesso patto che Meg March stringerà con John Brooke, l’istitutore del caro amico Laurie Laurence.
E se mi sono divertita a paragonare le Piccole donne alle quattro stagioni e ad altrettanti fiori, non è stato solo per compiere un esercizio di stile. È piuttosto perché le quattro sorelle March, proprio come le quattro stagioni, esprimono perfettamente la natura ciclica della donna. Questa ciclicità non si attesta solo sull’evidente piano biologico, ma è destinata ad andare oltre.
Perchè la donna nei suoi cicli vitali attraversa tutte queste quattro fasi, transita lungo le stagioni, diventa Amy, Beth, Jo e poi Meg in un ciclo continuo di eterno ritorno.
Forse in questo senso possiamo pensare alle quattro sorelle March come a degli archetipi del femminile, unici ma tuttavia complementari. Tali archetipi si tengono la mano, per tramandare la saggezza dell’essere donna di madre in figlia, affinchè l’energia fluisca e scorra. Proprio come in un circuito elettrico. Quando il circuito è chiuso e le mani sono intrecciate insieme in un girotondo l’energia gira e la lampadina si accende.
Mai come oggi abbiamo bisogno di questa energia femminile, solidale, accogliente, in un mondo fin troppo maschile e agonistico, lineare. Un mondo fatto di circuiti aperti e di persone che non sanno tenersi per mano. Abbiamo bisogno, grazie a questa speciale energia, di accendere il più alto numero possibile di lampadine, vere o metaforiche: abbiamo bisogno di illuminare questo Mondo.
Non potrei immaginare modo migliore per concludere che con una citazione della stessa
Louise May Alcott:
Aiutarsi l’una con l’altra fa parte della religione della sorellanza.