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ORDINI IN AUMENTO MA PESANO I RITARDI DEI COMPONENTI
Resta in quota 8 miliardi il fatturato totale dei costruttori italiani di macchine per packaging: nel 2022, secondo i dati preconsuntivi di MECS-Centro Studi di Ucima (Unione costruttori italiani macchine automatiche per il confezionamento e l’imballaggio). Il fatturato complessivo del settore si attesta a 7 miliardi e 986 milioni di euro, in calo del 3% rispetto al risultato registrato nel 2021. Un dato che si attesta di poco sopra il risultato del 2020 (anno della pandemia) e di poco sotto quello del 2019.
Nel dettaglio, il mercato dei costruttori italiani di macchine per il packaging è aumentato dell’1,3% in Italia, per un valore assoluto di 1 miliardo e 800 milioni di euro (+ 1% rispetto al 2021). L’export, che come al solito rappresenta la linfa vitale del settore, ha contribuito complessivamente per 6 miliardi e 186 milioni di euro, perdendo il 4,3% rispetto all’esercizio precedente.
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I numeri vanno inquadrati nel contesto geopolitico degli ultimi 12 mesi, con i ritardi di consegna della componentistica che hanno gravato sulle aziende italiane per tutto l’anno (e con avvisaglie concrete già a partire dall’estate 2021), col risultato di avere macchine ordinate, ma non consegnabili per la difficoltà nel completarle. Inoltre, hanno pesato il rincaro dei costi delle materie prime e dell’energia, oltre agli incrementi dei trasporti. Infine lo scoppio, a febbraio, del conflitto tra Russia e Ucraina ha rappresentato un ulteriore motivo di criticità.
A completare la fotografia della situazione del settore è il dato riguardante i mesi di produzione garantita per il 2023 già a dicembre scorso: 7,5. A significare che il settore è in salute, nonostante i tanti motivi frenanti che hanno contraddistinto la fase di ripartenza post pandemia.
“Lo scenario che denunciavamo un anno fa – dichiara Riccardo Cavanna, presidente di Ucima - si è purtroppo verificato: continuiamo a ricevere ordini da tutto il mondo, ma i ritmi di consegna hanno subito un brusco rallentamento per il ben noto problema della mancanza di componenti”.
“Abbiamo aree geografiche in via di sviluppo sempre più interessate alle nostre tecnologie e abbiamo bisogno di ritrovare le performance di prima per dare risposte rapide. Mi auguro che le decisioni comunitarie sull’energia diano presto respiro all’intero tessuto imprenditoriale italiano, e mi auguro anche che venga fatto di più, a livello nazionale, per continuare a sostenere gli investimenti di Industria 4.0”. Inevitabile anche un riferimento al nuovo regolamento degli imballaggi voluto dall’Unione europea, che privilegia il riuso a scapito del riciclo: “Il nuovo regolamento non ci convince, ma noi ci siamo”, prosegue Cavanna. “Abbiamo sviluppato le tecnologie per il riciclo completo degli imballaggi e abbiamo avuto sempre un ruolo da protagonisti nel portare la filiera a raggiungere importanti risultati in termini di circular economy, contribuendo a sviluppare quell’Italian way to circular economy che è uno dei vanti del nostro Paese. Ora siamo pronti a spingere anche sul fronte riuso, come un leader tecnologico mondiale quale siamo deve fare”.
“Siamo pronti a tutto, senza retaggi ideologici, ma affrontando il tema ambientale con serietà e concretezza, a partire dall’analisi della LCA di tutti i materiali e di tutti i cicli di vita, nella consapevolezza che solo un’analisi scientifica e ragionata ci possa condurre al reale miglioramento dello stato di salute del pianeta”.
ACIMAC, AMAPLAST E UCIMA ALLA CAMERA PER DESCRIVERE LE CRITICITÀ DEL MOMENTO
Attraverso la voce del presidente di Ucima Riccardo Cavanna, le tre associazioni Acimac (Associazione
Costruttori Italiani Macchine e Attrezzature per Ceramica), Amaplast (Associazione Nazionale Costruttori di Macchine e Stampi per
Riccardo Cavanna, presidente di Ucima: “Bisogna affrontare il tema ambientale con serietà e concretezza, a partire dall’analisi della LCA dei materiali e dei cicli di vita, nella consapevolezza che solo un’analisi scientifica e ragionata ci possa condurre al miglioramento della salute del pianeta”

Materie Plastiche e Gomma) e la stessa Ucima hanno partecipato nel mese di febbraio all’audizione
“Indagine conoscitiva sul Made in Italy: valorizzazione e sviluppo dell’impresa italiana nei suoi diversi ambiti produttivi” alla X Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo presso la Camera dei Deputati.
Si tratta della prima volta che le tre associazioni, che rappresentano tre settori italiani leader al mondo con una quota media di export pari al 75,8% e un saldo commerciale all’attivo 9,9 miliardi di euro, hanno la possibilità di presentare direttamente al Governo le criticità che stanno vivendo le filiere di cui sono portavoce e le possibili soluzioni nel medio-lungo termine.
Focus, dunque, su Industria 4.0, che “dopo il boost degli ultimi anni –spiegano le tre associazioni di categoria – necessiterebbe di un programma di medio-lungo periodo per continuare a supportare la transizione digitale delle aziende clienti, anche in un’ottica di sostenibilità ambientale.
Gli attuali rinnovi su base annuale dei finanziamenti in materia non consentono infatti una programmazione degli investimenti pluriennali necessari per sostenere lo sviluppo in questa direzione”.
Un altro tema toccato è quello dell’innovazione tecnologica e dello sviluppo di competenze “poiché è necessario sostenere i piani di investimento delle imprese. Un cambiamento che preveda innovazione e transizione digitale come parte integrante del progresso. Per questo le aziende necessitano di un supporto finanziario, migliorando l’accesso al credito, ma anche di investimenti in programmi di formazione dedicati a formare figure specializzate”.
In Italia il numero di diplomati negli istituti tecnici e negli ITS così come quello dei laureati in materie scientifiche (in primis, ingegneri) “è totalmente insufficiente a soddisfare le richieste provenienti dal mondo delle imprese”.
“Per colmare il gap fra domanda ed offerta – sostengono Acimac, Amaplast e Ucima – occorreranno anni in cui l’obiettivo dev’essere intraprendere politiche attive (sfruttando anche i fondi del PNRR) volte a potenziare le strutture oggi esistenti e ad avvicinare i giovani agli istituti tecnici”.
I tre settori rappresentati contano 1.170 aziende che occupano 57.500 addetti e generano un fatturato di 14,2 miliardi di euro, pari al 38,8% del settore dei beni strumentali italiani: uno dei comparti italiani maggiormente riconosciuto nel mondo per la qualità e l’innovazione tecnologica che è in grado di esprimere.