Sono qui, puoi sentirlo?

INA OTZKO SONO QUI, PUOI SENTIRLO? a cura di Maria Savarese

Castel dell’Ovo, Napoli 04.09 - 03.10.2015

INA OTZKO SONO QUI, PUOI SENTIRLO? Castel dell’Ovo, Napoli 4 settembre – 3 ottobre 2015 A cura di Maria Savarese Comune di Napoli Nino Daniele Assessore alla Cultura e al Turismo Castel dell’Ovo Antonio Carpenito Direttore Coordinamento organizzativo Francesco Parisio Perrotti, Renato La Monica Stampa Fotografie Fineart Lab di Luigi Fedullo, Napoli Cornici Mario Palermo, Napoli Neon Alles Neon, Berlino, Germania Magazine ArtstudioPaparo, Napoli Redazione Ina Otzko, Maria Savarese Ufficio stampa Eleonora Caracciolo di Torchiarolo Nora Comunicazione Ringraziamenti Comune di Alstahaug, Norvegia, Ambasciata di Norvegia a Roma - Bjørn T. Grydeland, Ambasciatore & Else L’Orange, Responsabile Uff. Culturale, Consolato Norvegese a Napoli - Lars H. Klingenberg, Console Generale & Sarah Oliver, Castel dell’Ovo - Rita Liguori, Comune di Napoli - Rachele Pennetta, Assessorato alla Cultura e al Turismo, Ciro Delfino, Eric and Louise Franck Collection, Londra

CONVERSATION WITH INA OTZKO CONVERSAZIONE CON INA OTZKO Maria Savarese: Ina, we begin this conversation talking about your artistic career. When did you realise that you wanted to express yourself through art and can you give me a few milestones during your career. Maria Savarese: Ina, incominciamo questa conversazione parlando del tuo percorso artistico. Quando hai capito di volerti esprimere attraverso l’arte e quali sono state per te sin dall’inizio le tappe fondamentali per la tua ricerca.

Ina Otzko: I have investigated my surroundings with the desire to absorb and analyse the information to possible create new connections between my findings as long as I can recall, my first solid memory was at 18 months old. Expressing myself artistically clearly came to the fore during my ‘teens with an exploration of multiple possibilities in how to escape from situations where I felt trapped; in essence this was when I didn’t appreciate a situation or I didn’t feel any belonging to it. My “escape” essentially created a world where I could see things from another perspective, where there were no limits or rules of what was possible to create or achieve. There are so many places, people and situations that have influenced the choices I have taken and made me who I am and also inspired the art I have created and will create in the future that it would be wrong to hang my hat on one particular episode or person or environment. Although I still regularly question myself whether what I do is important or interesting enough I have ultimately never been in doubt that as long as I don’t compromise and keep reflecting upon what I see and communicate it thoroughly, I am being true to myself and my art that I like to share. I always look for new ways of investigating the world, who and what I am and what I am capable of. We are all individually so complex but how many of us actually take the time and effort to really delve into the deep core of our inner self? For me it is essential to seek that holy place within, which I do on a daily basis to keep a focus on where knowledge turns into wisdom, which supports my personal growth and the development of my work. I also think it is essential to follow your personal flow no matter what obstacles obstruct your course; after all, whilst we may waver, we must always understand that in order to succeed, we must also define our own success. Ina Otzko: Ricordo che già da quando avevo meno di due anni, osservavo ciò che mi circondava con il desiderio di assorbire, analizzare e comprendere come creare delle connessioni tra ciò che scoprivo. L’ esprimersi attraverso l’arte si è palesato in modo evidente durante la mia adolescenza, come esplorazione delle molteplici possibilità di sfuggire a contesti in cui mi sentivo intrappolata, ovvero quando non apprezzavo una situazione o quando sentivo che questa non mi apparteneva. La mia “fuga” era essenzialmente creare un mondo dove potevo vedere le cose da un altro punto di vista, in cui non c’erano limiti o regole su ciò che era possibile creare o raggiungere. Ci sono così tanti luoghi, persone e situazioni che hanno influenzato le scelte che ho fatto, mi hanno reso quello che sono, ispirato l’arte che ho creato e creerò in futuro, che sarebbe sbagliato porre l’attenzione su un episodio, una persona o un contesto in particolare. Nonostante io chieda costantemente a me stessa se quello che faccio è abbastanza importante o interessante, non ho mai, in definitiva, avuto dubbi che fino a che non scenderò a compromessi e continuerò a riflettere su quello che vedo e comunico con cura, rimarrò fedele a me stessa e alla mia arte che amo condividere.

Sono sempre alla ricerca di nuovi modi di osservare il mondo, di chi e che cosa sono e di cosa sono capace. Noi tutti abbiano la nostra complessità, ma quanti di noi in realtà prendono del tempo per sforzarsi di capire veramente la profonda essenza del proprio io interiore? Per me è fondamentale cercare quel luogo sacro all’interno di ognuno di noi, cosa che faccio ogni giorno, per rimanere focalizzata su come trasformare la conoscenza in saggezza, questo è il principio che sostiene la mia crescita personale e lo sviluppo del mio lavoro. Penso anche che sia essenziale seguire il proprio flusso personale senza badare agli ostacoli che ostruiscono il suo corso, dopo tutto, anche se possiamo vacillare, dobbiamo sempre tenere a mente che per riuscire, dobbiamo definire cosa significa per noi il successo.

MS: I’m here, can you feel me? is your first Italian exhibition and I can feel what you have just explained. Tell us how the idea of this exhibition and your choice of works came about, particularly as they embrace a relevant mixture of old and new works, local and poignant. MS: Sono qui, puoi sentirlo? è la tua prima personale italiana in cui presenti un nuovo corpo di lavori accanto a progetti precedenti, mai esposti in Italia. Raccontaci com’è nata l’idea di questa mostra e la scelta delle opere, soffermandoti in particolare sui cicli di lavori antologici che abbiamo selezionato per l’esposizione.

IO: My previous exhibitions have been far more a mono-project, whereas this is my first major solo exhibition where I have had the freedom and the opportunity to bring together several projects (new & old as you noticed) in a large scale. My works here can be seen as a continual development of my ideas and although they are in different media, they are still related to each other no matter what year or where they were made. The works shown in this exhibition are carefully selected and created based upon relevance to the chosen subject matter and questions asked. IO: Le mie mostre precedenti sono state per lo più progetti singoli, mentre invece questa è la prima grande mostra personale in cui ho avuto la libertà e la possibilità di riunire diversi progetti (nuovi e vecchi, come avete notato) in larga scala. I lavori qui esposti, possono mostrare il continuo sviluppo delle mie idee e anche se sono presentati attraverso diversi supporti mediatici, sono legati gli uni agli altri, non importa in quale anno o dove sono stati creati. Le opere esposte in questa mostra sono state accuratamente selezionate e create in base alla pertinenza con il soggetto scelto e le domande poste.

MS: We know the subject matter is Leviathan and that this is your tribute to Naples. Part of it consists of a series of Polaroid photographs and a sound installation recorded in and around the crater of the volcano Solfatara, north of the city. Why did you choose Solfatara, and more generally what emotions were unleashed in you both there and in Naples? MS: Il progetto inedito Leviathan è il tuo omaggio a Napoli. Si compone di una serie di fotografie Polaroid e di una installazione sonora registrata all’interno e intorno al cratere del vulcano Solfatara, a nord della città. Quali emozioni ha scatenato in te il vulcano, e quindi perché hai scelto questo luogo, e più in generale cosa rappresenta per te Napoli dal punto di vista professionale ed emozionale.

IO: I wanted to portray the unfamiliar, choosing the heart of the volcano, which many won’t have seen. The juxtaposition of the context of time and how power and freedom (which don’t often sit well together) challenge our contemporary and social responsibilities at the same time as glossing over the contradictions between the sustainability of human life and nature’s ecosystems. Furthermore, I question how our thoughts affect our identity, behaviour and the inherent individual responsibility we have vis a vis our surroundings. Leviathan looks at the challenging position of our shared responsibility in the sustainability of life versus the increased corporate and private ownership of Earth’s assets. The title Leviathan is also connected with the ego and holds reference to the spiritual lesson of controlling one’s desire and making the right choices. We can create and we can destroy..... so can nature and what better way to show this than the volcano? Accordingly, I chose to transfer the feeling of this momentary experience by working with Polaroid film that changes with temperature, i.e. it will never end its development, its transgression or find its perfection, it’s a little like us human beings. There is another relevant separate work included in Leviathan; Trust, a freestanding neon-sculpture made of six separate glass tubes supporting the connected construction as a whole entity resembling the two tetrahedron reflectors on-site at the volcano, which monitors the Bradyseism. My emotional response to Solfatara was a complete feeling of awe - of being able to step into the open crater of an active volcano –feeling its power, sensing its sulphur scent, boiling mud pools, and fumaroles. While walking on its dry ground full of cracks with frequent whirlwinds whisking the earth and sky together to create spirals framed within the crater’s abundant green circle, I kept asking myself - is the circle I am walking within increasing akin to the infinite void of space or is the plethora of the various green colouring and playing with my mind as a hallucination? When it comes to Naples – it is the one and only city that has made me cry – being overwhelmed by its energy, power, rawness, its embracing beauty and openness. IO: Scegliendo il cuore del vulcano, ho voluto ritrarre l’insolito, ciò che molti non hanno mai visto. L’accostamento del tempo e di come il potere e la libertà (che spesso non vanno d’accordo) sfidano le nostre responsabilità contemporanee e sociali, così come, allo stesso tempo, dissimulano le contraddizioni tra la sostenibilità della vita umana e degli ecosistemi della Natura. Inoltre, mi chiedo come i nostri pensieri influenzino la nostra identità, il nostro comportamento e la responsabilità individuale che abbiamo vis à vis con ciò che ci circonda. Leviathan guarda alla difficile posizione della nostra responsabilità comune verso la sostenibilità della vita in contrapposizione con l’aumento della proprietà privata dei beni della Terra. Il titolo Leviathan è collegato anche con l’ego e fa riferimento alla lezione spirituale di controllare il proprio desiderio e fare le scelte giuste. Siamo in grado di creare e di distruggere... lo stesso vale per la natura, e quale soggetto migliore del vulcano per esprimere questo concetto? Di conseguenza, ho scelto di esprimere la sensazione di questa esperienza momentanea lavorando con pellicola Polaroid che cambia con la temperatura, vale a dire che non finirà mai il suo sviluppo, la sua trasgressione, non troverà mai la sua perfezione, un po’ come noi esseri umani. C’è un altro lavoro attinente, contenuto in Leviathan: Trust, una scultura di neon, costituita da sei tubi di vetro separati, che sostengono la costruzione collegata come un’entità unica, simile ai due riflettori tetraedrici che si trovano presso il vulcano e che monitorano il Bradisismo. La mia reazione emotiva alla Solfatara è stata una sensazione di completo stupore, potere entrare nel cratere aperto di un vulcano attivo, avvertire la sua forza, sentire il profumo di zolfo delle pozze di fango bollente e delle fumarole. Mentre camminavo sul suo terreno arido pieno di crepe con frequenti turbinii che fondono terra e cielo insieme per creare spirali incorniciate dal grande cerchio verde del cratere, continuavo a chiedermi: è il cerchio in cui sto camminando ad aumentare come il vuoto infinito dello spazio o è la pletora delle varie sfumature di verde a giocare con la mia mente come un’allucinazione? A proposito di Napoli, è l’unica città che mi ha fatto piangere, quando mi ha sommersa con la sua energia, il suo potere, la sua crudezza, la sua coinvolgente bellezza ed apertura.

MS: The art exhibited shows a subtle tension between a more intimate and personal character countered with strong social and universal outlook. Your work highlights the subjectivity of perception of time and space. You often use your body to challenge and provoke our ideas of private space and stimulate reflection on universal themes such as life, death, time, sustainability. Tell us about your personal vision. MS: La mostra si muove lungo una sottile tensione fra una dimensione più intima e personale e una dal carattere spiccatamente sociale e universale. I tuoi lavori evidenziano la soggettività della percezione del tempo e dello spazio. Tu spesso usi il tuo corpo per sfidare e provocare le nostre idee di spazio privato e stimolare una riflessione su temi universali quali la vita, la morte, il tempo, la sostenibilità. Parlaci di questa tua personalissima visione.

IO: In using my naked body, it is instantly something recognizable and the observer has to then see through that to interpret my stance, why the composition is as it is. By using black and white polaroid photographs that morph on their own over time as for Leviathan, the observer has to – no - is forced to imagine and visualize the juxtaposition of the greens with the harsh reality of smoke, hidden fire, potential destruction to understand how we slowly live our lives destroying our environment but with no real difference to nature itself. In a nutshell, I personally believe all life communicates through various forms of energy exchange and therefore everything is connected and is a whole one made out of many. IO: Quando uso il mio corpo nudo, lo faccio perché è qualcosa di immediatamente riconoscibile e l’osservatore deve quindi vedere oltre quello, interpretare la mia posizione, capire perché la composizione è così com’è. Utilizzando fotografie in bianco e nero polaroid, che si trasformano nel corso del tempo come per il Leviathan, l’osservatore deve, anzi no, è costretto ad immaginare e visualizzare l’accostamento dei verdi con la dura realtà di fumo, fuoco nascosto, potenziale di distruzione, al fine di capire il modo in cui viviamo le nostre vite, distruggendo lentamente il nostro ambiente, ma con nessuna reale differenza per la natura stessa. In poche parole, io personalmente credo che tutta la vita comunichi attraverso varie forme di scambio di energia e che quindi tutto sia connesso, un tutto fatto di molti.

MS: You founded and direct ArtBase Helgeland66°N - an artist-run project located in Helgeland, in Northern Norway, which provides exchange programs between artists through international residencies. Tell us about this project and if you think you can extend it here in Italy? MS: Hai fondato e dirigi il centro ArtBase Helgeland 66°N -un artist run project situato nell’Helgeland, nel nord della Norvegia, che prevede programmi di scambio tra artisti attraverso residenze internazionali. Parlaci di questo progetto e se pensi di poterlo estendere qui in Italia.

IO: ABH / ArtBase Helgeland 66°N was established ten years ago as a non-profit artist initiative where I collaborate with my project partner Kari Elfstedt organising and producing site-specific exhibitions and projects that challenge boundaries; we create critical discussion concerning development of rural places and spaces north of the arctic circle to analyse how it may affect the local environment over a long-term perspective. ABH aspire to cross-boarder projects that explore new ways of active participation aiming to connect people, places and spaces for cultural and critical exchange and expansion beyond what is already known.

In the post Cold War world, breaking down linear country borders is really needed to bring people together and perhaps this is made easier in such a desolate part of the world? ABH runs an artist-in-residency program entitled AiR Helgeland - Berlin and collaborates with ZKU, Zentrum für Künst und Urbanistik located in Berlin, Germany) enabling artists from NorthernNorway to reside in Berlin for four weeks and in turn German artists apply for residency at AiR Helgeland for five weeks. ABH also recently commissioned two Russian artists to paint two large scale graffiti works in central Sandnessjøen (Norway) as a result of a new established collaboration with Arkhangelsk Art Centre in Russia. ABH always looks for new ways to expand across boarders, growing our network to find new partners and project collaborations: so yes, Italy (and perhaps even Naples) is definitely a possible contender country to establish an artist exchange with. IO: ABH / ArtBase Helgeland 66 ° N è stata fondata dieci anni fa come iniziativa artistica non a scopo di lucro, dove collaboro con la mia compagna di progetto Kari Elfstedt, nell’organizzazione e la produzione di mostre e progetti che sfidano i confini: creiamo una discussione critica sullo sviluppo delle aree rurali e spazi a nord del circolo polare artico, per analizzare come questa possa influenzare l’ambiente locale in una prospettiva a lungo termine.

ABH aspira a progetti internazionali che esplorano nuove forme di partecipazione attiva al fine di coinvolgere persone, luoghi e spazi per realizzare uno scambio culturale, di critica e di espansione al di là di ciò che è già noto. Nel mondo post guerra fredda, abbattere i confini nazionali è davvero necessario per unire le persone e forse questo è reso più facile in una parte così desolata del mondo?ABH gestisce un programma di residenza per artisti chiamato AiR Helgeland - Berlino e collabora con ZKU (Zentrum für Kunst und Urbanistik a Berlino, Germania) consentendo agli artisti provenienti dal nord della Norvegia di trascorrere quattro settimane a Berlino e a loro volta ad artisti tedeschi di trascorrere cinque settimane a AiR Helgeland. ABH ha anche recentemente ingaggiato due artisti russi per realizzare due grandi opere di graffiti nel centro di Sandnessjøen (Norvegia) a seguito di una nuova collaborazione instaurata con il Arkhangelsk Art Centre in Russia. ABH cerca sempre nuovi modi per espandersi oltre i confini, per far crescere la nostra rete, trovare nuovi partners e collaborazioni: quindi sì, l’Italia (e forse anche Napoli) è sicuramente un possibile partner per stabilire uno scambio artistico.

LEVIATHAN

BIOGRAPHY BIOGRAFIA Ina Otzko (1972) lives and works in Sandnessjøen, Northern-Norway and Positano. She completed three Masters, two in Goldsmiths College University of London, UK (MA Image and Communication 2004, MFA Fine Art 2007) and one in UdK / Universität der Kunste in Berlin, Germany (MA Sound Studies 2012). In her statement she writes: “I use my body as my main tool to explore vulnerability, strength and discipline and to show how repetitive acts attune us to the given, chosen or forced situation. Add in my interest in how sound and vibration affects the body and mind and the aesthetic concept of energy exchange, and how it connects and affects life and its evolution, I express myself through the various mediums of photography, video, sound, installation, light, performance, text and sculpture. Particularly relevant, is the difficulty of projecting the physical, mental and spiritual perception of space & time, reading the body as a container and a temporary site-specific sculpture, which is also in constant flux. Patterns within human behaviour, cause and effects, identity and memory are issues related to the hierarchical organised society and I study these from different points of view to analyse the hidden subconscious matter involved, uncovering new ways of perceiving and comprehending life, aiming ultimately to make the invisible visible.“ Otzko initiated and co-directs ABH/ ArtBase Helgeland 66°N (Norway) and its AiR Helgeland - Berlin artist exchange program, is on the artistic advisory board for LIAF (Lofoten International Art Festival), is an Art Consultant for KORO (the Norwegian Public Art commissioning body), is Chair for NNBK/ North-Norwegian Visual Artist Association. Her works have been presented in numerous spaces, museums and galleries internationally and are represented in collections in Britain, Germany and Norway. She is a member of the Norwegian Association of Fine Art Photographers / FFF and the Norwegian Visual Art Association / NBK. Ina Otzko (1972) vive e lavora fra Sandnessjøen, Norvegia settentrionale, e Positano. Ha conseguito tre master: due presso la Goldsmiths College University of London (in MFA Fine Art, in Image and Communication) e uno presso la UdK / Universität der Kunste a Berlino (in Sound Research). Diversi sono i mezzi espressivi dei quali si avvale che variano dalla fotografia al video, dal suono all’installazione, dalla luce alla performance, al testo, alla scultura. In merito alla sua pratica artistica dice: “Io uso il mio corpo come strumento principale per esplorare la vulnerabilità, la forza e la disciplina e il modo in cui alcune azioni ripetitive ci sintonizzano con una situazione data, scelta o forzata”. Oltre alla partecipazione a numerose mostre in istituzioni pubbliche in Norvegia e Germania, di rilievo è anche la presenza di suoi lavori in collezioni pubbliche in Gran Bretagna, Germania, Norvegia. Attiva anche dal punto di vista della curatela, la Otzko ha fondato e dirige il centro ArtBase Helgeland 66°N -un artist run project situato a Helgeland, nel nord della Norvegia, che prevede programmi di scambio tra artisti attraverso residenze internazionali-, si occupa di progetti di ricerca in India, Gran Bretagna, Germania e Norvegia ed è membro, tra gli altri, della Norwegian Association of Fine Art Photographers e della Norwegian Visual Art Association.

www.inaotzko.net