
3 minute read
Il caro prezzo del Cashmere
Il caro prezzo del Cashmere
Il drammatico peso delle capre nell’economia della Mongolia.
Advertisement
FOTOGRAFIE E TESTO DI BENIAMINO PISATI/PARALLELOZERO — FOTOGRAFO
Se vogliamo trovare una nazione in cui gli effetti dei cambiamenti climatici sono già drasticamente reali, questa è la Mongolia. In questa terra di nomadi, una delle poche fonti di reddito è la pastorizia e la vendita del cashmere; la qualità della produzione del Paese, infatti, è considerata una delle migliori al mondo. Qui, negli ultimi settant'anni, la temperatura media è aumentata di oltre due gradi, il doppio della media globale. Questo ha causato effetti devastanti sull'ambiente e, di conseguenza, sulla millenaria cultura nomade della popolazione mongola. Tuttavia, la colpa non può essere attribuita esclusivamente al clima. Negli ultimi decenni il numero di capi di bestiame in Mongolia –principalmente pecore e capre – è passato da pochi milioni a circa 70 milioni, sottoponendo il territorio a uno stress incommensurabile e rendendo sempre più difficile la rigenerazione della vegetazione. Di conseguenza, alle famiglie non è rimasta altra scelta che abbandonare la vita nomade nelle campagne e migrare nell'unica città della nazione, la caotica Ulan Bator. La capitale, in effetti, negli ultimi trent'anni ha visto la propria popolazione triplicarsi. La maggior parte dei nuovi arrivati vive in squallide tendopoli nella periferia. Il governo mongolo sta cercando di affrontare il problema e di rendere sostenibile lo stile di vita dei nomadi, imponendo restrizioni ai pascoli per permettere alla terra di rigenerarsi. Tuttavia, la domanda di cashmere è elevata. Si tratta, dopo il settore minerario, della seconda fonte di reddito del Paese. È inoltre un settore particolarmente dipendente dalla vicina Cina, destinataria di otto tonnellate su dieci del cashmere grezzo prodotto dalla Mongolia.

Mongolia, Bayangovi, provincia di Bajanhongor. Il pregiato Baby Cashmere si distingue dalla versione adulta per la sua particolare morbidezza: è il 15% più fine rispetto al cashmere più sottile. Il Baby Cashmere è disponibile solo in piccole quantità in quanto può essere raccolto solo una volta nella vita di ogni capra, quando l'animale raggiunge l'età di circa 6 mesi.

Mongolia, Ulan Bator. Un negozio Goyo Cashmere, il marchio di abbigliamento mongolo che fa parte della Gobi Cashmere.

Mongolia, Bayangovi, provincia di Bajanhongor. Le capre sono radunate per essere pettinate così da ottenere il cashmere. La pettinatura si svolge da marzo a maggio.

Mongolia, Ulan Bator. Operai della Goyo Factory. Come la Gobi Cashmere, società di cui è parte, essa realizza prodotti "Made in Mongolia". La maggior parte del cashmere grezzo della Mongolia è venduta agli intermediari cinesi.

Mongolia, Bayangovi, provincia di Bajanhongor. Pettinatura delle capre. Ogni animale può produrre circa 250 grammi di cashmere grezzo. La pettinatura dura dai 15 ai 20 minuti.

Mongolia, Ulan Bator. Il cashmere viene lavorato presso Bodio's Cashmere, una delle poche aziende mongole a lavorare questo prezioso materiale, la quale presta particolare attenzione alla tutela dell'ambiente e dei pastori.

Mongolia, Bayangovi, provincia di Bajanhongor. Sacchi da 50 kg di cashmere grezzo sono accatastati e pronti per essere trasportati nella capitale, dove la lana sarà lavata e lavorata. Sono poche le aziende locali che realizzano il prodotto finito, mentre la maggior parte del cashmere mongolo è destinato alle aziende cinesi.

Mongolia, Ulan Bator. Tessitura del cashmere alla Gobi Cashmere Farm, la più grande azienda di lavorazione del cashmere in Mongolia. La Gobi Corporation lavora con la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo e la Sustainable Fiber Alliance (SFA) nell’ambito del progetto “Supporting sustainable cashmere production”.

Mongolia, Bayangovi, provincia di Bajanhongor. Fulcro del commercio di cashmere. Qui i pastori vendono la preziosa lana delle loro capre che poi viene trasportata in camion verso Ulan Bator, dove verrà lavorata o venduta.

Mongolia, Ulan Bator. Controllo di qualità nella Goyo Factory. Come la Gobi Cashmere, società di cui è parte, essa produce abbigliamento "Made in Mongolia" e ha attivato programmi sostenibili per gli animali e i pastori.

Mongolia, Ulan Bator. Un negozio di Goyo Cashmere, un marchio mongolo di abbigliamento facente parte della società Gobi Cashmere.

Beniamino Pisati — Nato a Milano nel 1977, vive a Sondrio. Fotografo professionista freelance specializzato in reportage geografico, da oltre 2 anni i suoi lavori sono rappresentati dall'agenzia italiana Parallelozero. Collabora attivamente con riviste e agenzie di viaggio internazionali. Da oltre 10 anni documenta lo stretto rapporto tra uomo e ambiente nel mondo. Ha ricevuto diversi premi fotografici nazionali e internazionali ed è stato due volte vincitore del Travel Photographer of the Year.
Parallelozero è un'agenzia di comunicazione fondata a Milano nel 2007. Nei primi anni, le sue attività si sono concentrate principalmente sulla produzione e distribuzione di reportage fotogiornalistici per i suoi clienti editoriali in tutto il mondo e sulla produzione di film e documentari per la televisione. Nel tempo, l'agenzia si è evoluta sviluppando competenze nella comunicazione digitale e dotandosi di tutti gli strumenti per lavorare con le nuove tecnologie, grazie al Creative Lab interno. Oggi Parallelozero è partner strategico-creativo di molte imprese ed enti pubblici, per cui gestisce ogni fase della comunicazione: la creazione e distribuzione di contenuti multilingue e multicanale, il marketing, la strategia di sviluppo, il posizionamento del marchio e l’analisi dei dati. — parallelozero.com