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Si leggerezza ma solo legata all’EFFICIENZA

Bisogna stare attenti a non trasformare la voglia di leggerezza

In Superficialit

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La pandemia inizia a sembrare lontana ma ha lasciato la voglia di leggerezza nelle persone e la voglia di uscire e divertirsi ed apprezzare quello che per molto tempo è stato negato dalle restrizioni anti-contagio. Purtroppo, questa voglia di leggerezza spesso può trasformarsi in superficialità che ha risultati e risvolti da attenzionare! Se questo atteggiamento si riscontra nel mondo del lavoro il risultato è scoraggiante: la superficialità porta inevitabilmente a performance non soddisfacenti e, in concreto, all’innalzamento dei costi per mantenere un prodotto alla qualità standard richiesta dell’azienda. Sbagliare sarà sì umano ma non si deve considerare l’errore “normale e naturale“! Impiegare il doppio del tempo per avere un risultato passabile, e/o utilizzare maggior materiale del necessario, non può divenire un “nuovo standard”! Eppure, ognuno di noi, quando si appresta ad acquistare un prodotto, o chiedere un servizio, pretende qualità ed assenza di difetti/errori ad un prezzo proporzionato.

La richiesta del mercato non è diversa quando si legge dal lato del produttore rispetto a quella dell’acquirente: non esiste un doppio peso e una doppia misura! Nonostante le aziende studino il mercato per dare il proprio servizio come richiesto, e forse anche meglio, nella catena di produzione il sentimento dei lavoratori coinvolti, a volte ,non è lo stesso. Le offerte pubblicitarie sui social-media spingono a cercare i piaceri effimeri (un viaggio, un acquisto non indispensabile ecc...) in anticipo e non come gratificazione dell’impegno profuso nel lavoro svolto: la società in questo momento alimenta il concetto del “qui ed ora” sottovalutando il riflesso sul futuro delle scelte e delle proprie azioni. Il lavorare con dedizione per risparmiare, e magari permettersi un bel viaggio durante le ferie, è stato sostituito dal micro finanziamento per ottenere subito il “premio”: il risultato è stato trasformato nel “lavorare per ripagare i debiti di qualcosa che è solo un ricordo”. La motivazione, affrontata anche in qualche precedente articolo, potreb - be diventare da incentivante a stressante. Inoltre, questo meccanismo sta facendo perdere l’abitudine ad impegnarsi a fondo nel proprio lavoro, per la soddisfazione e la realizzazione professionale, per lasciare il posto ai risultati ottenibili con il minimo sforzo: si perde l’interesse a cimentarsi in lavori complessi ed a cercare l’eccellenza. Nel mondo del lavoro questo frainteso fra leggerezza e superficialità, purtroppo, crea un ritardo nelle lavorazioni e un appesantimento dei costi perché molta energia viene spesa per correggere errori e imperfezioni, cercando di dare al mercato un prodotto di qualità standard. Si potrebbe dire che si sta diffondendo la mentalità “dell’accontentarsi”. Il Pensiero che la vita vera sia quella fuori dalle ore di lavoro, non tiene conto che queste sono un terzo della nostra giornata e di gran lunga quelle più attive e importanti. Soventemente, in dialoghi legati alla contestazione di errori, mi riportano battute del tipo “per quello che mi paga faccio anche troppo” o “per farlo in quel modo do - vrei essere pagato molto di più” come se il datore di lavoro si dovesse “accontentare” del risultato perché la retribuzione (o il livello) non è considerata al pari della richiesta della prestazione lavorativa: ciò non vuol dire che in taluni casi sia anche vero, ma inizia ad essere una giustificazione ricorrente e generica diffusa in tutti i contesti. La retribuzione non dovrebbe essere l’unico vantaggio che si trae dal lavoro, ma si devono valorizzare anche le competenze e le relazioni acquisite che incidono sulla qualità della vita. Si sta perdendo anche la differenza tra “efficace“ e “efficiente“ dove il primo significa raggiungere il proprio scopo/ obiettivo (es. è efficace pranzare con un panino al bar per non tornare a casa, ponendo l’accento su un solo aspetto della sazietà) mentre il concetto di efficienza valuta l’abilità di farlo impiegando le risorse minime indispensabili (panino sostanzioso, ad un costo adeguato, con un servizio senza troppe attese, quindi una visione d’insieme).

Per un’azienda essere efficiente è fondamentale perché serve per contenere i costi e generare profitto. Le strategie per migliorare l’efficienza sono diverse: sicuramente vincente è investire sulla comunicazione tra i soggetti coinvolti nel processo produttivo ed alimentare il team-building. In questo modo si ricorda ai lavoratori l’importanza di: -portare a termine il compito affidato facilitando la fase successiva; -interagire tra loro in modo chiaro e semplice per non determinare rallentamenti del processo legati alla correzione di errori prima di passare alla fase successiva; -creare un clima incentivante e motivante per raggiungere la soddisfazione professionale. Inoltre è necessario che i lavoratori accolgano e si rendano consapevoli della propria responsabilità nel processo produttivo, senza che questa si configuri come un peso. In questo momento in cui la società tende alla superficialità, è importante risvegliare questi sentimenti di impegno legato alla gratificazione nei lavoratori che, per voglia di leggerezza, si trovano ad affrontare i piccoli ostacoli del lavoro come uno stress invece che come una sfida incentivante. Il progetto FORMIAMOCI è nato proprio per aiutare le aziende ad allenare le soft skills dei propri dipendenti ed in modo prevalentemente pratico e divertente, far prendere consapevolezza del migliorabile per arrivare all’efficienza, senza molti sforzi su studi teorici perché i concetti vengono appresi durante le simulazioni. Questo per dimostrare che la leggerezza non è contraria all’efficienza, anzi insieme riescono a veicolare messaggi in modo semplice ed incisivo: affrontare i compiti con entusiasmo e curando ogni aspetto, agevola la fase successiva di vendita del servizio/prodotto e, di conseguenza, risponde in modo più puntuale alle esigenze di mercato sempre più attento e pretenzioso.

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