Anno 21
5 dicembre 2025

Periodico del Master in giornalismo “Giorgio Bocca” - Università di Torino
STUDENTI E PSICOLOGI VIRTUALI
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Anno 21
5 dicembre 2025

Periodico del Master in giornalismo “Giorgio Bocca” - Università di Torino
STUDENTI E PSICOLOGI VIRTUALI
Simone Bianchetta
Pagine 2 e 3
IL FENOMENTO
Sicurezza sul lavoro, il freno sui controlli
Bianca Caramelli | PP4-5
TECNOLOGIA
Impact Deal per aiutare il sociale
Beatrice Galati | P6
LA GUERRA Il viavai dei profughi ucraini
Luca Marino | P7
APPUNTAMENTI
Sottodiciotto: cinema per i giovani
Bianca Caramelli | P8
di Simone Bianchetta
L’intelligenza artificiale è entrata anche nella sfera emotiva della Generazione Z. Ma l’uso dei chatbot di Ia come psicologi improvvisati, dispensatori di consigli sentimentali o argini alla solitudine, non conquista del tutto i ventenni torinesi. Lo abbiamo scoperto parlando con alcune decine di loro nei corridoi delle sedi universitarie, incuriositi da un’indagine di Altroconsumo che ha registrato come il 63 per cento dei giovani tra i 18 e i 26 anni si sia rivolto all’Ia in momenti di difficoltà emotiva. Nelle risposte prevale la consapevolezza dei limiti degli algoritmi intelligenti: l’assenza di reale empatia, i bias confermativi e l’insostituibilità del supporto umano.
UNO SPECCHIO VIRTUALE
Tra i giovani torinesi intervistati la diffidenza verso i meccanismi accomodanti dei chatbot, sempre dalla nostra parte e riluttanti a contraddirci, mette d’accordo sia chi ne fa uso come sostegno emotivo sia la coalizione dei No, che va dal partito anti-Ia a chi la considera solo per ragioni di studio, lavoro o curiosità. «Ti dice esattamente quello che vuoi sentirti dire e non dà risposte feconde - sostiene Leon, 24 anni - al contrario delle conversazioni umane, dove anche nelle divergenze si crea qualcosa di nuovo». Un altro tema sollevato riguarda l’autenticità delle risposte, ritenute dalla maggioranza soltanto delle «simulazioni», per quanto secondo alcuni potenzialmente utili.
«Ero rimasto con un vuoto e, non potendo agire sulla realtà, mi sono rivolto a ChatGpt per elaborare le mie emozioni», confessa Fabio, 24 anni, che ha superato la fine dolorosa di una relazione anche con il supporto emotivo dell’Ia, usata come strumento di journaling quotidiano. I feedback tempestivi e su misura hanno fatto breccia nella sua vita, che però non ha ignorato


la loro autoreferenzialità: «Per me è una pagina bianca dove amplificare ogni mio pensiero, ma non lo consiglierei: non tutti hanno la capacità di tracciare un confine e se insisti su ragionamenti sbagliati, l’Ia tenderà ad assecondarli».
Per Fabio, come anche per Alice e Fabiola, 19enni, il supporto emotivo garantito dai chatbot è stato un’aggiunta rispetto alle loro interazioni umane, sempre al primo posto. Non a caso, Fabio ha scelto di intraprendere in parallelo anche un
RELAZIONI SENTIMENTALI
«Ho detto no, siamo tutti troppo chiusi in noi»
Come oracoli di Delfi prestati alla vita sentimentale, fino a fine agosto i chatbot di Ia erano spesso usati come confidenti per la vita sentimentale degli utenti. Poi, OpenAi ha scelto di impedire a ChatGpt di dare risposte definitive ai problemi di coppia, a favore di un approccio che stimoli soltanto la riflessione. C’è chi si rivolge all’Ia per processare la fine di una relazione e chi come Maria Eva, 20 anni, ha provato per curiosità a chiedere consiglio su come comportarsi in una situationship: «Il fatto che fossero risposte soddisfacenti mi ha spaventato e non ci ho più fatto affidamento: ho detto no, siamo già tutti troppo individualisti e chiusi in noi stessi».

MARIA EVA
20 ANNI
Chi parla di problemi di cuore
percorso strutturato di psicoterapia.
DEFINIRE UN LIMITE
Nell’era più immateriale della storia, tracciare una linea di demarcazione tra interazione fisica e digitale non è banale. «Il mondo onlife in cui viviamo riporta alla luce alcune domande esistenziali: cos’è davvero una relazione umana?», si chiede Anna Pisterzi, che insegna Psicologia dell’innovazione all’Università di Torino. Nel caso dei chatbot di Ia, dall’altra parte dello schermo, tutta-
via, non c’è un soggetto reale, ma solo una vasta potenza di calcolo probabilistica: «Usando la stessa porta sfruttata dalle truffe affettive via mail o via telefono - prosegue Pisterzi - oggi i Large language models (Llm) possono entrare negli spazi di vulnerabilità. Quindi occorre agire per avere consapevolezza delle nostre fragilità: può capitare di essere soggetti al piacere del calore artificiale di un algoritmo. Un fattore protettivo è essere consci che si sta interagendo con una macchina, un essere non senziente
che non prova un interesse autentico per noi».
IL BOOM DEI CHATBOT A 12 anni dall’uscita nelle sale del film Her, la distopia sentimentale di Spike Jonze, il mercato dei chatbot di Ia non è più fantascienza. Tra compagni virtuali come Replika e modelli tuttofare come ChatGpt, negli ultimi anni è cresciuta l’offerta di assistenti di Ia specializzati nella salute mentale, come Wysa o Ebb di Headspace. L’ultima frontiera dei
«Mi sentivo sola e cercavo soluzioni per socializzare» «Ero in ansia, non sapevo come comportarmi»
Fabiola, 19 anni, si è rivolta a un chatbot di Ia per affrontare la solitudine: «Quando avevo 17-18 anni in certi momenti mi sentivo sola, senza stimoli ed ero in cerca di soluzioni per socializzare di più, dato il mio carattere chiuso». Secondo lei, le risposte ricevute erano «autentiche» e utili sul piano pratico, ma abbastanza d’aiuto rispetto al supporto di amici e familiari. Meno soddisfatto è invece Edoardo, 23 anni, a cui è capitato di domandare a ChatGpt perché si sentisse triste: «Le sue risposte erano banali e limitanti, così ho preferito chiedere supporto ai miei affetti e a uno psicologo. Il rapporto umano è insostituibile e ho paura che l’Ia ci renda schiavi».

FABIOLA
19 ANNI
Chi chiede aiuto per disagio psicologico
L’ansia è un altro motore di interazione tra i giovani e l’Ia. Alice, 19 anni, al liceo chiedeva consiglio a ChatGpt quando stava per iniziare qualcosa di nuovo che la impegnava socialmente, come un lavoro di gruppo a scuola: «Provavo ansia e non sapevo come comportarmi, quindi cercavo consigli o rassicurazioni sul fatto che fosse normale sentirsi così - continua -. Mi ha aiutato, ma non le trovavo risposte oneste, perché il chatbot era sempre dalla mia parte». Anche a Gabriele, 23 anni, capita di chiedere pareri ai chatbot di Ia, ma per i grandi bivi della vita: «Se devo prendere una decisione importante, preferisco avere una conferma del mio pensiero».

ALICE
19 ANNI
Chi cerca pareri, conferme e rassicurazioni

chatbot prestati al supporto emotivo sono le piattaforme ibride, in cui l’Ia è affiancata a terapeuti in carne e ossa, come nel caso di Talkspace. Un’offerta in espansione con un’origine comune. Era il 1966 quando il fisico Joseph Weizenbaum inventò il primo chatbot della storia: Eliza, un software programmato per simulare il comportamento di uno psicologo. L’obiettivo dell’autore era ribadire i confini che separano l’intelligenza emotiva umana dalle macchine, ma l’esperimento lo sorprese: l’incantesimo artificiale illuse molti utenti, che iniziarono a umanizzare il chatbot, sviluppando la sensazione di essere davvero ascoltati e compresi. Da qui, l’effetto Eliza: la tendenza dell’uomo a proiettare qualità umane come l’empatia su sistemi artificiali. Una trappola psicologica tornata in auge con i bias confermativi di ChatGpt e simili. Ma in cui i giovani torinesi intervistati da Futura non cadono: la parola umana e quella artificiale non sembrano coincidere, almeno per ora.
IL PARTITO DEI NO
di Simone Bianchetta
Nei corridoi dell’Ordine degli Psicologi la domanda delle domande coinvolge anche i più scettici: l’Ia sostituirà lo psicologo umano? Secondo Simone Carpignano, psicoterapeuta esperto di Ia e consigliere dell’Ordine piemontese, «l’agency umana è ancora insostituibile», ma l’innovazione ha rivoluzionato il mondo della psicologia, dal lettino del paziente al taccuino del terapeuta.
L’INDAGINE DI ALTROCONSUMO
Sei giovani su 10 si rivolgono all’IA in momenti di difficoltà emotiva

«È un circolo vizioso se manca un supporto»
di S.B.
Il partito del No ha le idee chiare sui rischi dell’effetto Eliza, per cui gli algoritmi finiscono per essere umanizzati. Tra i giovani torinesi, alcuni confessano di essere preoccupati per la dipendenza sviluppata da persone vicine: «Ho visto amici parlare con ChatGpt come se fosse uno psicologo e l’ho trovato inquietante. Può essere utile solo se affiancato a un supporto umano, altrimenti si entra in un circolo vizioso di solipsismo, in un mondo virtuale che non è necessariamente reale», sostiene Karin, 22 anni. Le fa eco Helia, 24 anni: «Come prima cosa al mattino, una mia amica scriveva sempre al suo chatbot: la dipendenza è pericolosa, ma le nuove tecnologie vanno studiate, non demonizzate».

KARIN 22 ANNI Chi teme l’effetto Eliza
Dottor Carpignano, gli strumenti di Ia sono entrati anche negli studi degli psicologi?
«Non ancora su larga scala, ma i più smanettoni si affidano a ChatGpt per sistemare relazioni, sbobinare sedute o magari per chiedere un parere. L’Ia ha una capacità predittiva più potente rispetto al singolo psicologo clinico»
Cosa la rende più efficace?
«Elabora grandi quantità di dati con un approccio diagnostico più oggettivo, che in un certo senso ribalta la psicodiagnostica classica. Prima si agiva a problema già emerso, mentre attraverso l’Ia si possono individuare in anticipo le insorgenze di possibili future psicopatologie»
L’Ia partecipa alle sedute?
«Non direttamente ma, soprattutto tra i pazienti più giovani, l’uso di ChatGpt in privato come co-terapeuta è un punto di partenza per condividere qualcosa. Va letto in un’ottica costruttiva, può essere uno stimolo in più per la seduta: che siano riflessioni nate con un chatbot, un amico o attraverso un romanzo, l’importante è vedere insieme come il paziente ha vissuto l’interazione e quali spunti gli ha dato»
I giovani si rivolgono sempre di più all’Ia come supporto emotivo. Cosa fotografa questa tendenza?
«C’è tanto bisogno di educazione emotiva e affettiva nelle scuole. Molte domande sono sintomo di una mancanza di alfabetizzazione di base nella gestione di una relazione umana. Tuttavia, i chatbot sono i primi strumenti a disposizione per riflettere sul proprio quotidiano, magari in vista di un percorso di psicoterapia. Se ChatGpt riesce ad alleviare l’ansia durante un attacco di panico, va benissimo»
Cosa ne pensa dei chatbot di Ia specializzati sulla salute mentale?
«Possono dare una mano, ma non sono veri psicologi. Non sono iscritti all’Ordine, non sono tenuti a rispettare il nostro codice deontologico e non danno garanzie. Infatti, legalmente non possono parlare in

L’ORDINE DEGLI PSICOLOGI DEL PIEMONTE
Quattro seminari sul mondo digitale
In un ecosistema onlife, in cui le realtà dentro e fuori lo schermo si sovrappongono, il gruppo di lavoro Psicologia degli ambienti digitali è la risposta dell’Ordine piemontese per formare i professionisti del territorio. Guidato dalla dottoressa Anna Pisterzi, insieme a Carpignano, si articola in quattro seminari ed è a metà dell’opera: dopo un primo webinar di infarinatura generale, il 13 novembre l’evento online “AI e clinica” è stato tra i più seguiti dell’anno. Seguiranno due seminari sull’età evolutiva e sulla psicologia del lavoro.
forma esplicita di terapia o supporto psicologico»
La psicologia online può essere un’alternativa?
«Sì, ma è uno strumento diverso e ChatGpt costerà sempre meno a confronto. In ogni caso, la psicologia online permette di raggiungere una fetta di popolazione spesso tagliata fuori, perché riduce i tempi e i costi. La riduzione della fisicità ha vantaggi e svantaggi ma, come diceva Freud, la psicologia è una talking cure: la relazione è sempre basata sulla parola, online come dal vivo»
La parola umana regge ancora il confronto con quella artificiale?
«Il valore umano fa ancora la differenza. Con la mia start up Bmind stiamo progettando strumenti di Ia per potenziare la psicoterapia online: gli ingegneri al nostro fianco scrivono i confini degli algoritmi, ma siamo noi psicologi, umani, a mettere i contenuti».

L’EFFETTO CHATGPT Il 30 novembre ha compiuto tre anni
di S.B.
L’intelligenza artificiale non è più bandita dalle aule universitarie, ma fatica a entrare in quelle di Psicologia. L’offerta italiana sulla cyberpsicologia, infatti, è frammentata e solo alcuni atenei privati o telematici garantiscono indirizzi strutturati, a fronte di un mercato in espansione. E Torino conferma la regola. «Le piattaforme online sembrano essere uno degli sbocchi professionali con più domanda per i neo psicologi clinici, ma in Italia manca la formazione. La psicologia digitale dovrebbe entrare in tutti i percorsi universitari di psicologia - sostiene Anna Pisterzi (Psicologia dell’innovazione a Unito) -. Per motivi culturali o anagrafici, l’Italia manifesta una certa fatica ad aggiornarsi sulle nuove tecnologie: chi vuole specializzarsi in psicologia digitale deve spostarsi in Nord Europa, come a Rotterdam, dove insegna Tom Van Daele». Il corso da quattro crediti di Pisterzi per la laurea magistrale in Psicologia clinica è opzionale, così come gli altri due insegnamenti affini alla cyberpsicologia inclusi nei piani didattici del dipartimento torinese. Il professore a contratto Danilo Dimitri insegna “Clinical application of virtual reality and Ai” (quattro cfu), mentre da quest’anno la professoressa Tiziana Callari tiene un corso da due crediti di Ergonomia cognitiva, con un focus sulle interazioni uomo-macchina. «Alla Scuola di amministrazione aziendale la risposta degli studenti è stata incredibile», racconta la docente. Tra le università private, nel 2021 l’Istituto universitario salesiano Torino Rebaudengo aveva lanciato il corso magistrale in Psicologia applicata all’innovazione digitale ma, dopo una decina di iscritti al primo biennio, la soglia minima non è più stata raggiunta. Un nulla di fatto che però non scoraggia l’istituto: come anticipa la direttrice accademica Claudia Chiavarino, il biennio diventerà un corso di perfezionamento, per attirare anche i laureati di altre facoltà. Fuori dal Piemonte, l’offerta principale vede protagonista la sede milanese dell’università privata Sigmund Freud di Vienna, che vanta un master in Psicologia digitale. Come anche le università telematiche Uninettuno e Unicusano.
Aumentano in Piemonte (63 fino a settembre), anche se i fondi per la prevenzione ci sono: i posti da controllore restano poco appetibili
di Bianca Caramelli
In Piemonte si continua a morire di lavoro
In due anni assunti solo 22 addetti alla sicurezza
La soglia minima di controllo (il 5% delle aziende) non viene raggiunta
n Piemonte il lavoro continua a mietere vittime e la prevenzione arranca. Secondo i dati sui primi 9 mesi del 2025, elaborati dall’Osservatorio Vega, la regione si colloca sopra la media nazionale, con 25,3 morti per milione di occupati a fronte dei 24 in tutta Italia. Fino a settembre sono state 63 le morti sul lavoro: il 17 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nonostante questi numeri, la strategia di prevenzione rimane indietro. Con i 15 milioni di euro incassati dalle sanzioni alle aziende responsabili di illeciti sulla sicurezza, in due anni la Regione ha assunto solo 22 tecnici della prevenzione Spresal. Tocca a loro a vigilare sui luoghi di lavoro e, senza un organico adeguato, è difficile ridurre infortuni e morti.
IL PIANO STRATEGICO
Secondo gli obiettivi fissati per i dipartimenti di Prevenzione nel Documento strategico 2024-2026, ogni anno dovrebbero essere controllate 10mila aziende, 600 aziende agricole e 2mila cantieri, pari al 5 per cento totale delle realtà presenti sul territorio. Nel 2024, però, le verifiche sono state rispettivamente 8451, 590 e 1633. I numeri sono dunque sotto la soglia fissata dal piano, giunto ora alla metà del suo percorso triennale. I dati dell’anno corrente non sono ancora disponibili, ma secondo Bartolomeo Griglio, vicedirettore della Direzione sanità del Piemonte e responsabile delle attività dei Dipartimenti di prevenzione delle Asl, la situazione sarebbe migliorata. Il dato dei tecnici assunti è venuto alla luce durante un’audizione mirata di Griglio, chiesta da una Commissione del consiglio regionale. Ma secondo il dirigente la condizione dello Spresal sarebbe stata potenziata nel suo complesso: «In realtà le assunzioni totali sono state circa 40 e hanno riguardato anche altre figure come psicologi, ingegneri e chimici, perché la sicurezza sul lavoro richiede competenze molto diverse». Eppure, secondo le linee guida, i fondi derivati dalle sanzioni pagate dalle aziende dovrebbero servire a rafforzare le attività Spresal in particolare per le figure professionali specifiche per questo ambito, ossia i medici del lavoro. Per ora tale rafforzamento sembra rimanere sulla carta.

ANALISI CONTRASTANTI
«Questi fondi ci permettono di aggirare il tetto massimo di spesa del Sistema sanitario, assumendo nuove professionalità a prescindere da questo» sostiene Griglio. Ma proprio la loro modalità di applicazione potrebbe essere uno dei motivi per cui aumentare l’organico Spresal risulta così difficile. I 15 milioni, infatti, consentono solo la creazione di contratti a tempo determinato della durata di 3 anni, che secondo la consigliera regionale Monica Canalis (Partito democratico) «non sono abbastanza appetibili. Per tale motivo la Regione, da cui gli Spresal dipendono, dovrebbe stanziare nuovi tipi di fondi, non dipendenti

dalle sanzioni alle aziende, che per loro natura sono aleatorie».
Anche secondo la Cgil, molto spesso le persone si tengono lontane dagli incarichi Spresal perché richiederebbe loro di assumere la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria. Inoltre, anche una volta assunti, i tecnici devono affrontare una lunga formazione sul campo. Da un lato quindi il posto non è ambito, dall’altro ogni assunzione è un investimento a lungo termine che non migliora la situazione nell’immediato e dovrebbe dunque essere accompagnato da altre strategie. Le condizioni di lavoro complesse, gli orari non regolari e il turnover elevato peggiorano ulteriormente
la situazione. Sarebbero queste le cause per cui gli organici dei tecnici della prevenzione rimangono «molto sotto la soglia», denunciano i sindacati. Lo pensa anche il consigliere regionale Daniele Valle (Partito democratico), secondo cui «gli Spresal operano con numeri spesso insufficienti rispetto alla mole di aziende e cantieri da monitorare, cosicché la capacità di svolgere una vigilanza programmata che vada al di là degli interventi dopo incidenti o esposti, rimane limitata». I dati in effetti sembrano confermarlo: nel 2024 sono state controllate state ispezionate circa 1600 aziende e 400 cantieri in meno rispetto alla soglia fissata al 5 per cento.
Il Piemonte scala le classifiche nazionali per le morti sul lavoro e Cuneo finisce nel quadrante peggiore: la “zona rossa”. Lo sottolinea l’osservatorio Vega, che ha elaborato i dati Inail per i primi 9 mesi del 2025. Fino a settembre, in questa provincia ci sono stati 10 decessi sul lavoro, con un’incidenza di 38,1 vittime per milione di abitanti. Un valore maggiore sia della media piemontese (25,3) sia di quella nazionale (24) e superiore a quello di province più popolose come Torino, che conta più decessi in assoluto nella regione (21) ma un indice di rischio inferiore rispetto
«QUESTI DATI SULLE MORTI HANNO SOLO UN FORTE IMPATTO MEDIATICO. NON SONO SIGNIFICATIVI DAL PUNTO DI VISTA STATISTICO»
BARTOLOMEO GRIGLIO RESPONSABILE PREVENZIONE ASL
alla quantità di occupati. Ma secondo Bartolomeo Griglio, vicedirettore della Direzione sanità del Piemonte e responsabile delle attività dei Dipartimenti di prevenzione delle Asl, «non c’è un’emergenza e la tendenza è in diminuzione. Il numero di casi è talmente basso che anche solo un incidente in più fa scattare dei dati con forte impatto mediatico, ma che non sono significativi dal punto di vista statistico». Eppure, anche se la zona più a rischio in Piemonte rimane quella di Verbano-Cusio-Ossola, il trend a Cuneo è in crescita rispetto allo scorso anno. Nei primi 9 mesi del 2025 le vittime sono aumentate di circa un terzo rispetto allo stesso periodo del 2024, segnalando un peggioramento del rischio e una possibile emergenza. Secondo i dati dell’osservatorio Vega, la maggioranza delle morti sul lavoro nella provincia di Cuneo riguarda uomini di mezza età, tra i 50 e i 60 anni, impiegati nei settori più esposti:

UN OBIETTIVO LONTANO
Il 3 novembre questi temi sono stati al centro di un incontro della Cabina di regia in materia di Salute e sicurezza sul lavoro, un organo di coordinamento che riunisce i sindacati (Cgil, Cisl e Uil Piemonte) con l’assessorato alla Sanità, la direzione regionale Sanità e il settore Prevenzione. Proprio questa cabina è stata all’origine del Documento programmatico 2024-2026, che a prescindere dalla sua attuazione era stato accolto alla sua delibera alla fine del 2023 come un’importante novità, anche da parte dei sindacati stessi che si erano battuti per la sua creazione.
Prima di questa strategia, infatti,

quello dell’edilizia, ma anche la logistica, l’agricoltura e le manutenzioni. Non si tratta di lavoratori alle prime armi, bensì operai con anni di esperienza alle spalle. Inoltre, la definizione della provincia come zona rossa è trainata soprattutto da-

dipendenti Inl in meno dal 2023 al 2024
nuovi assunti in Piemonte a ottobre
per cento di aziende irregolari
di Bianca Caramelli
Nla programmazione della prevenzione era interamente affidata ai Piani mirati di prevenzione (Pmp), progetti di prevenzione con cui gli Spresal lavorano su uno specifico settore a rischio costruendo delle linee guida che vengono successivamente distribuite alle aziende. A queste ultime viene chiesto di applicare le misure indicate e di autovalutarsi, mentre gli Spresal effettuano controlli soltanto su un campione di imprese tra quelle coinvolte dal piano mirato di prevenzione. È il limite che vuole superare il Documento 2024-2026, anche con i 15 milioni in più stanziati per gli Spresal. Ma questo obiettivo purtroppo sembra ancora lontano.
gli incidenti “in occasione di lavoro”, più che di casi in itinere (quelli che si verificano negli spostamenti da e verso il luogo di occupazione).
Però dietro questi numeri ci sono volti e storie concrete. L’ultima è quella di Gianluca Balzerini, operaio di 55 anni che il 19 novembre 2025 è morto all’ospedale Santa Croce di Cuneo dopo essere stato ricoverato per due mesi in terapia intensiva.
A settembre, era caduto dal tetto di un capannone in costruzione della Sedamyl, industria agroalimentare di Saluzzo, riportando un trauma cranico grave. Oltre a lui, ci sono tra gli altri Elio Ghione, 56 anni, morto a febbraio mentre raccoglieva materiale ferroso a Bernezzo, Paolo Schiena, 55 anni, caduto da un tetto in cantiere, e Petru Vintilu, 54 anni, travolto da un muro crollato in un cantiere in costruzione sulle piste della Riserva Bianca.
on è solo una questione di numeri. A ottobre 83 nuove unità di personale sono state assegnate alle sedi piemontesi dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl). Appena un mese dopo, alcuni dei suoi lavoratori sono scesi in piazza. Il 25 novembre in occasione della mobilitazione nazionale, i sindacati Fp Cgil, Uilpa e Usb si sono riuniti davanti alla Prefettura in piazza Castello per denunciare che non bastano nuovi ingressi e obiettivi di ispezione: senza compensi adeguati e condizioni di lavoro sostenibili il rischio è quello di gravare su un quadro già critico.
Al 31 dicembre 2023 l’Inl contava poco più di 5100 unità e l’anno successivo l’organico si è ridotto ulteriormente di circa 200 unità. Gli ultimi concorsi non hanno risolto la situazione, perché non sono stati coperti tutti i posti messi a bando e molti vincitori hanno rinunciato. Senza un organico adeguato, è difficile tenere sotto controllo le violazioni della sicurezza. Nel 2024, nella Direzione interregionale del lavoro Nord, di cui il Piemonte fa parte, quasi due terzi delle aziende controllate sono risultate irregolari. Un dato in linea con quello nazionale, dove nello stesso anno l’irregolarità ha riguardato il 74 per cento delle imprese sottoposte a ispezione.
«La sicurezza non si produce senza gli strumenti idonei a realizzarla», sottolineavano i sindacati riuniti nella giornata del 25 novembre. Chi protesta sostiene che non bastano nuovi bandi, perché stipendi, carichi di lavoro e tutele offerte dall’Inl non sono abbastanza attrattivi rispetto alle responsabilità richieste. La loro speranza è dunque quella di un miglioramento trasversale. I lavoratori chiedono retribuzioni più alte, una maggiore sicurezza nelle sedi di lavoro e durante i sopralluo-
ghi, così come degli strumenti informatici adeguati alle indagini che gli ispettori devono svolgere. Le richieste dei lavoratori e delle lavoratrici arrivano a fronte del Decreto legge 159/2025 sulla sicurezza sul lavoro, che rafforza formalmente il ruolo dell’Inl ma che secondo i sindacati rischia di scaricare sull’ente una mole di lavoro impossibile da sostenere. Il decreto parla infatti di 300 nuove assunzioni nel triennio 2026-2028 e di maggiori controlli sulla sicurezza, lascerebbe però irrisolte le condizioni che oggi rendono l’ispettorato poco attrattivo. Proprio le disposizioni più attese in materia di welfare sono scomparse dal testo quando il decreto è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale.
Grazie alla mobilitazione del 25 novembre, i sindacati hanno ottenuto un incontro con una rappresentanza del ministero del Lavoro, che si è impegnata a riportare in aula le norme cancellate come
emendamenti in fase di conversione del decreto in legge. Ha anche dichiarato l’intenzione di far aderire l’Inl alla polizza sanitaria integrativa, già valida per gli enti pubblici non economici. Nella versione del Governo, il quadro appare roseo. Il ministero ha elencato l’investimento di 30 milioni di euro, le nuove assunzioni e le tutele economiche come prova che l’Inl è al centro delle sue politiche in materia di sicurezza. Contattati da Futura news, invece, i vertici dell’area metropolitana Torino-Aosta dell’Inl non hanno voluto commentare i fatti recenti e le richieste dei lavoratori. Ma al tavolo del 25 novembre il ministero ha anche annunciato il futuro avvio della discussione su un possibile smantellamento dell’Inl.
Se così fosse, il personale e i 300 milioni di bilancio dell’Ispettorato entrerebbero direttamente nelle fila e a carico del ministero del Lavoro.
Inl e Spresal: gli enti
In Italia la prevenzione e la sicurezza sul lavoro sono competenza di due enti che agiscono in maniera complementare. Da un lato, i Servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro (Spresal), che fanno capo alle Asl e si occupano di prevenzione sanitaria e ambientale. Dall’altro, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (Inl), che dipende dal ministero del Lavoro e vigila su sicurezza e legalità. Se i tecnici Spresal intervengono con competenze medico-legali e tecniche sulla salute degli ambienti di lavoro, l’Inl coordina l’opera di vigilanza, occupandosi anche del rispetto delle norme giuslavoristiche. Entrambi gli organi operano tramite ispezioni. Quelle degli Spresal sono sopralluoghi tecnico-sanitari. Quelle dell’Inl, invece, hanno un raggio d’azione più ampio perché, oltre alla sicurezza, servono
a verificare anche contratti e orari di lavoro, con la possibilità di imporre sanzioni e di sospendere le attività nei casi più gravi.
Questo sistema, però, mostra molti limiti. La carenza di personale su entrambi i fronti e un coordinamento non sempre efficace tra livello sanitario e ispettivo rischiano di lasciare dei buchi, con aziende che vengono controllate anche una volta ogni decennio.
Da anni si parla dell’idea di una fusione tra i due enti in un’unica agenzia di vigilanza, ma non c’è mai stato alcun progetto concreto. Le misure politiche portate avanti in materia di sicurezza vanno sempre nella direzione di piani integrati di prevenzione, lasciando però distinti i due livelli.
di Beatrice Galati
In questi anni abbiamo visto crescere una comunità europea di imprese, enti e partner capaci di trasformare i dati in valore per la collettività. Con la quarta edizione, vogliamo consolidare questo modello e ampliare ulteriormente le opportunità di sperimentazione e crescita», spiega Leonardo Camiciotti, direttore esecutivo del Consorzio Top-Ix. Il progetto si chiama Impact Deal e nasce nel 2022 alle Ogr. I risultati al netto di tre edizioni? Alba Robot si occupa di mobilità sostenibile per persone che hanno difficoltà negli spostamenti, con focus su ambienti chiusi come musei, aeroporti o stazioni. Nando.Ai smaltisce rifiuti tramite l’uso dell’intelligenza artificiale. Untap si occupa dell’analisi delle acque sporche, dei rifiuti, dei condomini e dei palazzi per rilevare in anticipo potenziali criticità legate, per esempio, a situazioni sanitarie.
Il programma di accelerazione data-driven, promosso da consorzio Top-Ix insieme a Ogr Torino, Fondazione Crt e Fondazione Isi, si rivolge a start-up, scale-up e organizzazioni non profit che mettono al centro del proprio modello le ricadute positive sul territorio e sulle comunità. «È un’esperienza che sta crescendo - siamo partiti nel 2022 con 40 candidati che l’anno scorso sono diventati 130 - e che si apre ogni anno a nuovi settori», racconta Christian Racca, project manager di Top-Ix. E con l’aumentare delle partecipazioni sono cresciuti anche i risultati economici. Il capitale raccolto, cioè la somma dei finanziamenti ottenuti sia prima sia dopo la partecipazione al programma, ammontava a 20,7 milioni di euro nella prima edizione. La seconda registrava un incremento del 55 per cento, raggiungendo quota 32 milioni. L’ultima edizione, infine, ha evidenziato un andamento positivo ancora più marcato, con 78 milioni di euro e un aumento del 141 per cento.
DENTRO IL PERCORSO
La call for impact enterprises, ovvero la fase di candidatura, resterà aperta fino alla fine dell’anno: da qui verranno selezionate un massimo di 30 realtà che accederanno alla fase 1, al via a febbraio 2026. La fase 2, tra aprile e luglio, coinvolgerà invece solo le imprese sopravvissute al processo di selezione. Queste ultime verranno affiancate da mentori esperti e potenzialmente coinvolti in data collaboration con i partner del programma, elemento cruciale del progetto. «Grazie al network del Data Club, le imprese selezionate accedono a dataset reali, testano soluzioni a impatto sociale e ambientale creando connessioni strategiche per crescere e scalare. È in questo laboratorio europeo che il futuro delle imprese impact-driven

DEMO DAY
La serata conclusiva della 3° edizione di Impact Deal
si costruisce, con risultati concreti e partnership strategiche che permettono di trasformare progetti in azione», dichiara il presidente delle Ogr, Davide Canavesio. Al cuore della collaborazione tra candidati e partner c’è la necessità di rispondere alle sfide globali, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (Sdgs). Conosciuti anche come Agenda 30, si tratta di diciassette punti fondamentali che vedono benessere umano, salute dei sistemi naturali e presenza di sfide comuni come interessi interconnessi.
I REQUISITI
Per partecipare, presentando domanda tramite la piattaforma F6S, è fondamentale rispettare dei requisiti. Oltre alla mission orientata al bene comune, vengono valutati team, modello di business, solidità degli asset sviluppati e livello di maturità data-driven. Centrale resta sempre l’impatto, come afferma la presidente della Fondazione Crt, Anna Maria Poggi: «Crediamo nel potenziale dei dati ‘for good’, una leva capace di orientare l’innovazione in modo responsabile e di produrre benefici reali per il territorio».
PIATTAFORMA CHE PROMUOVE IL PLURALISMO
di B.G.
The Newsroom nasce nel 2021 dall’incontro tra giornalismo e tecnologia ed è oggi una realtà consolidata che aiuta redazioni e giornalisti a orientarsi nel flusso quotidiano di informazioni online. Fondata da Jenny Romano e Pedro Henriques, l’azienda è partita da una domanda semplice ma ambiziosa: come può la tecnologia sostenere il giornalismo, anziché sostituirlo?
«All’inizio offrivamo una piccola rassegna stampa per i lettori - racconta Romano, cofondatrice e amministratrice delegata -. Ogni utente riceveva cinque storie al giorno. Ma ci siamo presto resi conto che volevamo aiutare chi produce le no-
tizie, senza frapporci tra giornalisti e lettori». Da quell’intuizione la piattaforma si è trasformata. Non più una b2c - business to consumerbensì una b2b - business to business - che oggi serve testate e professionisti, fornendo strumenti di analisi, monitoraggio e ricerca.
Il cuore tecnologico è un sistema di intelligenza artificiale che analizza e aggrega migliaia di fonti globali. «La nostra Ai non scrive articoli né decide quali fonti sono affidabili. Analizza, confronta, suggerisce. Il giudizio resta sempre al giornalista, che decide se utilizzare le fonti che già conosce, oppure includerne altre». In questo modo The Newsroom accelera i processi di ricerca, favorisce la pluralità di punti di vista e contribuisce a contrastare polariz-
FONDAZIONE CRT
Un piano quadriennale da 620 milioni per sostenere Piemonte e Valle d’Aosta
Fondazione Crt investirà nei prossimi quattro anni 620 milioni di euro, di cui 350 destinati alle erogazioni e 270 ad attività strategiche e investimenti a impatto sociale e ambientale. Il piano pluriennale, che è stato presentato il 24 novembre alle Ogr, secondo la presidente Anna Maria Poggi, «è l’esito di un lungo percorso di ascolto e confronto che mette al centro persone, comunità e valore delle collaborazioni». Poggi si dice convinta che con «questo documento tracciamo una direzione solida e di lungo periodo, capace di anticipare i bisogni e di accompagnare le trasformazioni economiche e sociali del territorio» Il documento nasce da un’analisi dei bisogni di Piemonte e Valle d’Aosta, che ha previsto una misurazione degli indicatori socioeconomici e un’indagine rivolta a oltre 700 enti del terzo settore e ad associazioni di categoria. Cinque le priorità emerse:

migliorare le condizioni di vita delle persone in difficoltà, rafforzare i settori di educazione e istruzione, favorire l’accesso al lavoro per chi ha maggiori ostacoli, sostenere la partecipazione sociale, civica e culturale e, in ultimo, investire in modo mirato su ricerca, trasferimento del sapere tecnologico e conoscenza per generare nuove opportunità nei settori emergenti. La riqualificazione delle Ogr, oggi dinamico centro culturale e tecnologico con 16 acceleratori a supporto di 130 start-up all’anno, ha portato alla generazione complessiva di oltre 480 milioni di euro. Intanto sul territorio sta nascendo anche la Digital Revolution House, un innovativo centro tecnologico che mette al centro la ricerca, la sperimentazione e la co-progettazione interdisciplinare. Dedicato a intelligenza artificiale e innovazione digitale, è finanziato proprio da Fondazione Crt.
B.G.

zazione, disinformazione e bolle di filtraggio.
La collaborazione con Impact Deal, a cui The Newsroom ha partecipato nella prima edizione del 2022, ha rappresentato un momento di crescita e apertura. «Era un progetto pilota per tutti» - ricorda Romano - «ma per noi è stato fondamentale: ci ha dato accesso a un network di esperti, fondazioni e aziende, diventando una vera estensione del nostro team».
Formata da un gruppo stabile di quattro persone, oltre che da vari collaboratori, oggi The Newsroom
JENNY
ROMANO Co-fondatrice con Pedro Enriques di The Newsroom
si sostiene grazie a un mix di ricavi da clienti e finanziamenti a fondo perduto, tra cui il supporto dell’Unione Europea. Tra le partnership di rilievo figurano quella con l’European journalism centre (Ejc), con cui ha realizzato programmi di formazione e accesso anticipato alla piattaforma, e quella con la London school of economics, attraverso il dipartimento JournalismAi, per progetti di mentorship e ricerca. «La nostra missione è rimasta la stessa: portare più prospettive nel giornalismo. Da lì siamo partiti ed è lì che continuiamo a guardare».
di Luca Marino
S1460
profughi ucraini arrivati a Torino fino ad aprile 2022
2000 profughi ucraini presenti a Torino a marzo 2025
250
profughi ucraini che vivono in struttura
ono passati quasi quattro anni dall’inizio della guerra in Ucraina che, secondo le intenzioni del presidente russo Vladimir Putin, sarebbe stata un’operazione lampo. Nelle ultime settimane le voci su una possibile pace sono tornate alla ribalta, ma nel frattempo i bombardamenti sulle città ucraine continuano incessanti e l’esercito di Volodymyr Zelensky è sempre in maggiore difficoltà nel controbattere all’offensiva russa. Questa situazione di incertezza ha fatto sì che il flusso di emigrazione dall’Ucraina non si sia mai interrotto, e Torino resta una meta molto gettonata.
A marzo di quest’anno si contavano duemila profughi ucraini presenti nel territorio torinese (1750 residenti e 250 in strutture di accoglienza), mentre erano 1460 fino ad aprile del 2022 (dati della Regione Piemonte). In questi anni però non c’è stato soltanto un movimento in entrata. Già nell’estate del 2022 la maggior parte degli ucraini arrivati a Torino era rientrata in patria e così è stato anche nei mesi a segui-
re: un flusso ininterrotto di persone che scappano dalla guerra e di altre che decidono di tornare a casa. «Visto che adesso la situazione non è molto migliorata tanti hanno deciso di lasciare il Paese - racconta Dario Arrigotti, console onorario per l’Ucraina a Torino -. Molte persone continuano ad arrivare perché la guerra non si ferma e le cose stanno peggiorando. Finora erano restati sperando sarebbe finita presto, ma non è successo».
I primi mesi di guerra avevano messo a dura prova l’apparato di accoglienza regionale. In poche settimane in Piemonte erano arrivate diverse migliaia di persone e serviva gestirle efficacemente senza farle passare dai normali canali per l’asilo di persone migranti. In questo ha avuto un ruolo anche l’Unione europea, che ha riconosciuto ai profughi ucraini in fuga dalla guerra lo status giuridico della protezione temporanea (creato appositamente per far fronte alla situazione di emergenza). Ancora oggi garantisce loro il permesso di soggiorno, la possibilità di avere un alloggio, l’accesso al mercato del lavoro, al sistema sanitario e il diritto all’istruzione per i minori. Il programma di

ITALIA E UCRAINA Sono tanti i rifugiati che hanno trovato ospitalità a Torino
accoglienza è seguito dal Sai (Sistema di accoglienza e integrazione), che garantisce, oltre ai servizi sociali fondamentali, un progetto di mediazione linguistica, di inserimento lavorativo, formazione, orientamento ai servizi, supporto sociale e accesso al sistema sanitario nazionale.
La prima accoglienza viene gestita dalla ong Red Nova che, con un centralino, offre supporto sanitario e socio-legale ai profughi ucraini. Chi arriva a Torino riceve un alloggio sulla base di un meccanismo misto tra pubblico e privato, in cui alcuni vengono ospitati in strutture private di cittadini italiani o ucraini che già da tempo si trovavano a Torino; una parte minoritaria viene invece collocata in strutture pubbliche.
L’ultima disposizione dell’Ue ha prorogato la protezione temporanea fino al 4 marzo del 2027, perciò il sistema di accoglienza continua
Questa non è una pace; è un mercato, una farsa. Anche se domani la Russia dovesse smettere di bombardare, tra cinque o dieci anni ricomincerebbe ancora. Qualcuno ha deciso che dobbiamo lasciare la nostra terra per avere in cambio solo una pace che chissà quanto durerà». A parlare è Anna Sokolova, rifugiata ucraina residente a Torino dall’aprile 2022. I suoi pensieri sulla proposta di pace promossa nelle scorse settimane dal presidente statunitense Donald Trump sono condivisi da diverse altre rifugiate che, come lei, sono dovute scappare dalla guerra e hanno provato a ricominciare un’esistenza normale in una nazione sconosciuta. Cosa succederà adesso a queste persone? Il dilemma è se rimanere al sicuro in Italia o ricongiungersi con la propria terra. «Conosco molti che ormai non vogliono più tornare in Ucraina - racconta Alla Chechoktina - perché la loro regione è sotto attacco o è già finita nelle
mani dei russi. Chi ha investito qui e ha trovato un alloggio e un lavoro è difficile che ora pensi di lasciare tutto ancora una volta».
Ci sono anche persone che però ancora sperano di fare ritorno nella propria città e alla propria casa. Si tratta soprattutto di chi ha avuto maggiori difficoltà a integrarsi e a trovare un lavoro a Torino, di chi vive in comunità abitate da soli ucraini e che continua a parlare quasi unicamente la propria lingua madre. Tra questi c’è Liliia Savchenkova, che non ha un attimo di tregua tra lavori part-time, commissioni varie e il tentativo di garantire una vita normale ai suoi due figli. In Italia non ha voluto ricominciare una nuova vita e aspetta il giorno in cui cesseranno i bombardamenti. «Appena si fa la pace noi torniamo a casa a Charkiv, dove ho lasciato mia madre e mio marito. Mio figlio piccolo sente tanto la mancanza di suo padre, vuole vivere con lui». Tra i duemila rifugiati a Torino ci sono per lo più madri con figli, mentre i padri hanno risposto alla chiamata alle armi e sono rimasti

in Ucraina. La loro principale difficoltà è trovare un lavoro stabile e che risponda alle proprie qualifiche. «Non sono tanti quelli che riescono a svolgere qui lo stesso lavoro che facevano in Ucraina - spiega Svitlana Bubenchykova, presidente dell’associazione culturale Ucraina Libera -. I motivi sono principalmente due: la difficoltà della lingua e vedere riconosciuti i titoli di studio conseguiti in Ucraina. Succede
spesso che sono costrette ad accettare occupazioni dove non è richiesta la laurea, perché non chiedono un buon livello di conoscenza della lingua italiana. Parliamo di addetti ai supermercati, badanti, colf o personale delle imprese di pulizia». La questione dei figli è altrettanto complessa. Anche se una delibera regionale ha promosso l’inserimento dei minorenni ucraini nel tessuto scolastico piemontese, non tutti
a valere sia per i rifugiati dei primi flussi migratori sia per gli arrivati dell’ultima ora. Ma mentre i secondi hanno bisogno di assistenza per ambientarsi e imparare la lingua, molti degli ucraini giunti in Italia nel 2022 hanno iniziato a inserirsi nel tessuto sociale torinese e stanno costruendo una vita qui. C’è chi è riuscito ad aprire una propria attività commerciale e a comprarsi casa con i soldi che ha guadagnato qui e con alcuni risparmi provenienti dall’Ucraina. Un esempio è il bar Kaffan all’incrocio tra via Garibaldi e via delle Orfane, un’attività inaugurata e gestita con grande entusiasmo unicamente da ragazzi e ragazze ucraini. Ma quanto durerà la protezione temporanea? «Non ne ho idea - dice Arrigotti - ma so che gli ucraini di Torino non avrebbero grandi difficoltà ad andare avanti. Ci sono ragazzi di grandi qualità che lavorano sodo e si sono ben integrati nella nostra città».
sono riusciti a integrarsi nell’ambiente. «C’è chi è in difficoltà e vorrebbe rientrare in Ucraina - spiega Chechoktina -. Sono soprattutto i bambini più piccoli che si integrano, imparano più facilmente la lingua e si ambientano bene nelle scuole. Per bambini dai 10 anni in su è più complicato».
E del presidente Volodymyr Zelensky cosa pensano gli ucraini? «Il nostro presidente è bravo - dice Savchenkova - perché chiunque altro sarebbe scappato in un altro Paese, ma lui rimane sempre lì, va al fronte e nelle città bombardate». Nonostante lo scandalo di corruzione emerso a novembre, in cui alcuni membri del governo sono stati accusati di aver riciclato un centinaio di milioni di dollari, Zelensky sembra dunque godere ancora di un’ampia popolarità tra i suoi connazionali. «Ha fatto tanto per l’Ucraina, per il nostro popolo e per la pace, non posso dire niente contro di lui», aggiunge un’altra rifugiata che ha preferito rimanere anonima. Diversa è invece la fiducia nutrita nei confronti delle promesse di pace di Trump: «Aveva detto che avrebbe fatto la pace in un giorno, ma è passato molto di più e non è stato fatto praticamente nulla».
a cura di Bianca Caramelli
Dal 5 al 14 dicembre, al Teatro Regio di Torino andrà in scena il balletto in tre atti di “Romeo e Giulietta”, un classico fatto di passione, sofferenza, lotta ma, soprattutto, amore. A interpretare il libretto di Sergej Prokof’ev e Sergej Radlov, musicato dal primo dei due, sarà

il Balletto del Teatro Nazionale di Praga, che torna a Torino per la prima volta dal 2023. A dirigere l’orchestra sarà il maestro Václav Zahradník. Dieci le repliche del balletto coreografato da John Cranko più di sessant’anni fa che continua a essere attuale.
5-14 dicembre,Teatro Regio
Il 18 dicembre, allo Spazio 211, Ginevra torna a Torino per il live finale di questo tour nei club. La cantautrice decide così di chiudere nella sua città natale l’anno di “Femina”, l’ultimo disco uscito a gennaio 2025. Sul palco con lei, per un concerto intimo ed

emozionale, il chitarrista Domenico Finizio, il batterista Marco Fugazza e il polistrumentista Gabriele MelliaAmari. Sarà un live all’insegna «della diversità e della dinamica», dice Ginevra, «non vediamo l’ora». I biglietti sono disponibili sull’app Dice.
18 dicembre (ore 21), Spazio 211
Nasce a Palazzo Barolo un museo unico a livello nazionale ed europeo. Si tratta del Pop-app Museum, tutto dedicato al mondo dei libri animati. L’inaugurazione è prevista per l’11 dicembre, occasione in cui verrà esposto anche un prezioso presepio di carta, proveniente dagli archivi della Fondazione Barolo. L’apertura del museo coinciderà con l’inizio della mostra “Sempre allegri bambini!”, dedicata allo storico autore e illustratore tedesco Lothar Meggendorfer, nel centenario della sua scomparsa. Tra le sue
opere, verrà esposto il raro libro animato “Pierino porcospino vivente”, che verrà portato in vita grazie a un tavolo interattivo multimediale. La mostra è visitabile fino al 28 giugno 2026. Le sei sale messe a disposizione dalla Fondazione Tancredi di Barolo integrano in un unico percorso quelle già presenti al Museo della scuola e del libro per l’infanzia (Musli) e prevedono anche delle attività didattiche rivolte ai più piccoli, che così verranno stimolati alla lettura ma anche alla creatività.

Tantissime le attività per cosplayer che costelleranno gli spazi dell’Oval-Lingotto Fiere di Torino, in occasione dell’Xmas Comics il 13 e il 14 dicembre. Spiccano tra queste le qualificazioni nazionali del Nordic Cosplay Championship, con cui sarà eletto il rappresentante

italiano che a luglio 2026 sfiderà cosplayer da tutto il mondo in Svezia. Ma alla grande festa natalizia ci saranno anche karaoke e laboratori. Quest’anno il tema dell’allestimento scenografico immersivo sarà la casa del Grinch, che sarà animata da tanti personaggi.
13 e 14 dicembre, Lingotto Fiere
Non esiste un’unica forma di intelligenza. Dagli animali agli esseri umani, dai funghi fino all’Ia, sono molte le “menti” che ogni giorno apprendono ed elaborano idee. -“Intelligenzæ”, nelle sale dell’Archivio di Stato fino al 4 gennaio 2026 racconta queste diverse

esperienze. Il percorso espositivo, è interattivo e multimediale, con installazioni, esperimenti e giochi. In questo modo, il visitatore ha la possibilità di immergersi direttamente in questi processi cognitivi, studiandone la storia dal passato al futuro.
Fino al 4 gennaio 2026, Archivio di Stato

11 dicembre-28 giugno 2026, Palazzo Barolo
Futura è il periodico del Master in Giornalismo
“Giorgio Bocca” dell’Università di Torino
Registrazione Tribunale di Torino
numero 5825 del 9/12/2004
Testata di proprietà del Corep
Direttore Responsabile: Marco Ferrando
Segreteria di redazione: Sabrina Roglio
Progetto Grafico: Nicolas Lozito
Impaginazione: Sabrina Roglio
di B.C.
Tanti film, naturalmente, ma anche un laboratorio di formazione per gli studenti di quattro scuole di cinema, un focus sulla forma filmica del documentario e un approfondimento sulla memoria. Dal 10 al 15 dicembre torna il Sottodiciotto Film Festival, una rassegna tutta dedicata ai giovani, con un programma di oltre 200 proiezioni, di cui 115 dedicate al grande pubblico. Il cuore dell’edizione di quest’anno è la forma filmica del documentario, a cui saranno dedicati gli appuntamenti di Wikicampus, dove registi e studiosi discuteranno di archivi, memorie e nuove forme di cinema reale. Ma ci sarà un focus anche su altre forme espressive, tra cui quella dell’animazione d’autore, con la proiezione di “Marcel et Monsieur Pagnol” di Sylvain Chomet. E poi c’è “Shaping Tomorrow”, un laboratorio di formazione per gli studenti di quattro scuole di cinema europee (Milano, Bolzano, Palermo e Locarno) che seguiranno masterclass con i registi Massimo D’Anolfi e Martina Parenti.
Ma Sottodiciotto si concentrerà anche sulla memoria del cinema torinese, riportando sul grande schermo due opere chiave nel racconto delle marginalità urbane e della resistenza. Si tratta di “Vite di ballatoio” di Daniele Segre e “I nostri anni” di Daniele Gaglianone, che sono stati appena restaurati.
Molti dei film in concorso sono stati selezionati tra le produzioni di scuole e giovani autori e saranno suddivisi in concorsi internazionali e nazionali. Tra quelli principali, il “Gianni Volpi” che premierà il migliore esordio italiano e il “Sotto18 Off”, con i suoi corti realizzati dai giovanissimi, ma al di fuori di contesti scolastici. Spicca su tutti il “Generazione futura”, sezione principale del festival, incentrata su lungometraggi internazionali, ovviamente a tematica giovanile. Il vincitore verrà premiato al cinema Massimo il 14 dicembre.
Redazione: Leonardo Becchi, Simone Bianchetta, Lorenzo Borghero, Vittoria Brighenti, Bianca Caramelli, Caterina Carradori, Nicolò Corbinzolu, Giovanni D’auria, Beatrice Galati, Mattia Giopp, Luca Marino, Pietro Menzani, Anna Mulassano, Andreea Alexandra Onofreiasa, Marco Papetti, Sofia Pegoraro, Cecilia Perino, Virginia Platini, Matteo Revellino, Valeria Schroter.
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