Integra-Mente Gennaio/Aprile 2016

Integra-Mente è un periodico che si occupa dell’Area Salute Mentale delle Cooperative Comunità Fraternità Società Cooperativa Sociale ONLUS e Fraternità Giovani Impresa Sociale S.C.S. ONLUS

Periodico Area Salute Mentale

INTEGRA - MENTE n°1 Gennaio 2016/Aprile 2016 anno 14°

per le Piccole Pesti SOGNIAMO UN FUTURO

o m a i s Chi

COPERATIVE SERVIZI

Comunità Fraternità Società Cooperativa Sociale ONLUS Sede Legale: via Seriola n°62 25035 Ospitaletto (BS) Tel. 030/7282705 – Fax 030/7282780 comunita@fraternita.coop C.F. e P.I. 03221920170

Comunità Fraternità C.P.M. Comunità Psichiatrica a Media Assistenza - Ospitaletto

Il Platano Servizio di Trattamento specialistico per la Comorbilità Psichiatrica - Ospitaletto

Giovanni Borghetti C.P.B. Comunità Psichiatrica a Bassa Assistenza - Ospitaletto

La Farnia Servizio di Trattamento specialistico per la Comorbilità Psichiatrica - Ospitaletto

Giovanni Borghetti Centro Diurno Psichiatrico - Ospitaletto Stella del Mattino Centro Diurno Psichiatrico - Nozza di Vesone

Il Frassino Centro Specialistico/Riabilitativo con modulo per alcol e polidipendenze Travagliato Il Carpino, L'Agrifoglio, La Romiglia Alloggi per l'autonomia - Ospitaletto

Progetti innovativi di domiciliarietà psichiatrica

Progetto accoglienza profughi

Fraternità Giovani Impresa Sociale Cooperativa Sociale ONLUS Sede Legale: via Seriola n°62 Tel. 030/7282709 – Fax 030/7282780 25035 Ospitaletto (BS) C.F. e P.I. 03550510170

Raggio di Sole Centro Terapeutico Residenziale di Neuropsichiatria - Ome

La Carica dei Bebè Asilo Nido - Ospitaletto

Fraternità Impronta Impresa Sociale Società Cooperativa Sociale ONLUS Sede Legale:via Seriola n°62 25035 Ospitaletto (BS) C.F. e P.I. 02239260983

Il Sentiero Incantato Asilo Nido per bambini da 3 a 36 mesi – Brozzo di Marcheno

Azimuth Comunità di pronto intervento per adolescenti e preadolescenti – Brescia

Il mondo Incantato, Il Bosco Incantato, Coccimella Spazi gioco per bambini da 3 a 6 anni, Marcheno, Tavernole sul Mella e Gardone val Trompia

Strade Nuove e Il Grande Cerchio Comunità residenziali per adolescenti Ospitaletto

Raggio di Sole Centro Diurno di Neuropscichiatria Brescia Raggio di Luna Centro Diurno di Neuropsichiatria - Bedizzole

Stella del Mattino Casa vacanze e studio per gruppi - Marmentino Altri servizi: assistenza ad personam per alunni disabili, attività di formazione e prevenzione nelle scuole e gestione del servizio sociale per alcuni comuni in collaborazione con Civitas S.r.L.

Le Ali dell'Aurora Laboratori avviamento lavorativo - Brescia Progetti territoriali socio-educativi

Namastè, Alisei, La Traccia Alloggi per l'autonomia per neo maggiorenni - Ospitaletto Rosa e Cialo Bergamini Alloggi di housing sociale - Ospitaletto Comunità Diurna Centro aggregazione giovanile - Ospitaletto Pizzeria Cattafame Servizio ristorazione con inserimento lavorativo - Ospitaletto Piccolo Ranch Fattoria Didattica Solidale - Ospitaletto

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Fraternità Creativa Impresa Sociale Società Cooperativa Sociale ONLUS Sede Legale: via Mercanti n°1 25055 Pisogne (BS) C.F. e P.I. 02239420983

Il Girasole Consultorio famigliare privato accreditato - Pisogne

Fraternità Solidale Associazione Volontariato Sede Legale:via Seriola n°62 25035 Ospitaletto (BS) C.F. e P.I. 98182310171

Attività di formazione e crescita per il volontariato a sostegno delle cooperative, Ospitaletto

Il Faro Consultorio famigliare privato accreditato - Palazzolo sull'Oglio

Servizio specialistico di diagnosi DSA e psicoterapia individuale, di coppia e famigliare Ospitaletto e Palazzolo sull'Oglio Servizio formazione e consulenza Psicopedagogica Ospitaletto e Pisogne Attività di solidarietà con iniziative a sostegno delle realtà di disagio, Ospitaletto

o i r a m m So Pagina 10

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Editoriale

Dalle Comunità 5

C.D.G. Borghetti Esempi di Ricovery sul CAMPO ...

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C.P.B. Borghetti Ero brava in qualche cosa

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C.D. Stella del Mattino Su e giù per le montagne

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Doppia Diagnosi 8 fotografi per 12 scatti del 2016

Dalle Coop.A Pagina 17

Pagina 20

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Fraternità Giovani Le Piccole Pesti si presentano

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Fraternità Impronta Stuolo di cuochi in Cascina Cattafame Capodanno in Cattafame A Pietro Margini

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Comunità Fraternità Esperienza con i migranti Quadrangolare di calcio Natalizio

Approfondimenti 20 22 24 26

La declinazione del male in Psicopatologia Keep your mind on running Finalmente un po’ di sollievo qualcosa è cambiato

Bibliografia e pagine web

Bakeca

www.cascina cattafame.it

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Difret: il film prodotto da Angelina Jolie

www.fraternità.it

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e l a i r o t Edi

La salute mentale in età evolutiva Uno sguardo sulle necessità di intervento precoce “La tutela della Salute mentale in età evolutiva mette al centro il bambino nel suo contesto ambientale (familiare, socio-culturale, educativo) e rappresenta pertanto una priorità che deve essere oggetto di investimento mirato”.

Partendo da questa premessa iniziale è indispensabile sottolineare l’importanza in età evolutiva del concetto di “patologie dello sviluppo”, considerando nel loro insieme tutte le condizioni che rallentano, alterano o impediscono la naturale maturazione psicofisica del soggetto e l’acquisizione piena delle sue autonomie funzionali. Si intrecciano infatti in maniera forte dimensioni di carattere organico, psichico, sociale, culturale, educativo e ambientale, aventi tutte un impatto sulla salute mentale del soggetto in via di sviluppo.

I settori di intervento della Neuro Psichiatria Infantile sono infatti diversi: Neurologia-Neuropsicologia-Psichiatria e Psicologia Clinica. **Descrizione del bisogno emergente in età evolutiva: Dal 2008 al 2013 gli utenti seguiti dalle UONPIA lombarde sono passati da circa il 4% della popolazione tra 0 - 18 anni (63.785 utenti - 839.555 prestazioni) al 6% (91.807 utenti - 851.264 prestazioni) con un aumento complessivo del 43%. Di contro le prestazioni ambulatoriali per utente/anno sono diminuite da 13,1 a 9,2; Oggi sono seguiti circa 100.000 utenti e famiglie all'anno. Il 90% accede a percorsi di valutazione e presa in carico ma solo il 25% di questi accede a prestazioni riabilitative; Aumento in Lombardia dei ricoveri per disturbi psichiatrici in età evolutiva dal 2011 al 2014 passando da 1.174 a 1.503 (+ 28%) . Ancora più critica la situazione dei ricoveri psichiatrici in urgenza presso i reparti di NPIA nel 2011 riusciva ad essere accolto il 33% dei casi nel 2014 scendono al 18%; Aumentano gli inserimenti residenziali terapeutici con un incremento delle giornate di presenza dal 9% nel 2012 all'11% nel 2013. Unici dati di riferimento al 2011 vedevano coinvolti 427 ragazzi per un totale 473 inserimenti complessivi di cui 218 pari al 46% in posti residenziali accreditati e a contratto e 255 pari al 54% in posti non contrattati (61 in regione e 194 extraregione). Questa risulta la fotografia: - il 61 % presentava una patologia psichiatrica;

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- l'87% presentava gravi problemi del comportamento, - il 45% presentava una doppia diagnosi, - il 60% presentava un provvedimento del Tribunale - il 75% gravi problemi familiari, - il 32% presentava un inserimento superiore ai 24 mesi.

La gestione tardiva o inappropriata o addirittura il mancato intervento determinano il peggioramento della prognosi, la cronicizzazione e l'aumento delle situazioni di non autosufficienza, con evidenti conseguenze a lungo termine su utenti, famiglie e società.

La diagnosi precoce e l'intervento mirato permettono di prevenire e ridurre la disabilità conseguente ai disturbi e di meglio affrontarla a partire dalla conoscenza della storia naturale delle malattie; La spesa destinata all'area NPIA è oggi circa un quinto di quella per la psichiatria dell'adulto, già nota per essere insufficiente a sua volta, e rappresenta solo una piccola parte della spesa per l'area pediatrica, a fronte di bisogni in continuo aumento e di ricadute rilevanti del mancato intervento in termini di costi emotivi, sociali ed economici per le famiglie e per la società.

Con questo scenario a fronte di un bisogno in grossa espansione e trasformazione dove le risorse per rispondere a queste nuove necessità mancano e le strutture e gli interventi esistenti messi in campo fino ad ora risultano ampiamente insufficienti alla richiesta. Risulta chiaro che l'unica possibilità di uscita sarà determinata da un radicale cambio di strategia che metta al primo posto il bene della persona presa in carico e del suo contesto familiare e poi di conseguenza l'attivazione di tutte le modalità possibili di intervento per raggiungere questo obiettivo. Favorendo la massima collaborazione tra il Privato Sociale, A.S.S.T. del territorio e tutte le figure cliniche e sociali coinvolte a vari livelli nella gestione dei ragazzi in un’ottica di virtuosa sinergia rispettosa di ruoli e competenze specifiche di ognuno. . * Tratto da: “Linee di indirizzo nazionali per la salute mentale redatte dal Ministero della Salute (pag. 21)”. ** Tratto da "L'assistenza ai Minori con Disturbi Neuropsichiatrici in Lombardia" Società Italiana di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza Ottobre 2015.

Impresa Sociale “FRATERNITA’ GIOVANI” Soc. Coop. Soc. ONLUS

à t i n u m o C e Dall

Esempi di Recovery sul “CAMPO”…

Dal Centro Diurno “G.Borghetti” Dopo mesi in cui si è sentito parlare di atteggiamento Recovery, Recovery star e approccio nuovo alla psichiatria, provo a descrivere come questa filosofia sia stata calata concretamente nel quotidiano del Centro Diurno Borghetti.

Ammetto che dal punto di vista di operatrice non è stato facile adattarsi a questo cambio di prospettiva, riconoscere di fare un passo indietro per dare maggiore voce al gruppo di ospiti e ascoltare le iniziative proposte da loro ha suscitato dubbi e perplessità, “sarà fattibile? come ci organizziamo? In quali momenti inseriamo le nuove attività “non strutturate” dall’equipe? ”. Un grosso contributo è stato dato da Nadia, una collega che in precedenza, attraverso altre esperienze professionali e formative, ha avuto modo di approfondire l’approccio Recovery, così da stimolare anche nell’equipe e nel gruppo degli utenti questo atteggiamento di apertura verso il cambiamento, la novità, la cooperazione con gli utenti e nel vedere nel trattamento dei disturbi psichici l’incontro tra due visioni di vita di cui gli utenti sono i primi conoscitori. Grazie alla sua convinzione e motivazione è riuscita ad organizzare con un piccolo gruppo, un momento di ritrovo settimanale in cui gli ospiti stessi si confrontano, propon-

gono iniziative, critiche su come vorrebbero migliorare il servizio, si ascoltano e supportano tra loro condividendolo con gli operatori.

Inizialmente il gruppo era stato pensato come occasione in cui tre utenti, scelti dall’equipe, potessero esprimersi e farsi portavoce delle esigenze anche degli altri. I membri erano stati scelti in base alla loro esperienza di vita, all’età (erano di tre età differenti così da rappresentare il target più verosimile degli utenti inseriti) e alle predisposizioni caratteriali, ossia l’intraprendenza, la loquacità, le risorse introspettive e di consapevolezza sia della malattia che delle proprie risorse. Tuttavia dopo i primi incontri ci si è resi conto di alcuni limiti: i partecipanti erano tutte donne e mancava una voce che rappresentasse il parere maschile, qualora ne mancasse qualcuna il gruppo non si riuniva perché si cercavano occasioni in cui vi fossero tutte e per esigenze di servizio non sempre era possibile; infine le stesse “candidate” non sempre avevano la voglia e la motivazione di ritrovarsi regolarmente.

Grazie al confronto nato all’interno del laboratorio recovery sulle Buone Prassi, che vede coinvolte diverse cooperative bresciane attive nell’ambito della salute mentale, siamo riusciti a trovare una valida alternativa. Ascoltando le esperienze di altri servizi e stimolati dal valore della coproduzione, abbiamo pensato di offrire a tutti gli utenti la possibilità di partecipare alle “riunioni Recovery”, rendendo il gruppo più aperto, flessibile e dinamico.

Tendenzialmente gli utenti che vi prendono parte sono sempre gli stessi, con qualche intrusione saltuaria di qualcuno a seconda del tema trattato, c’è chi entra anche per poco, ascolta e se ne va, ha una dinamica molto più libera ma sicuramente più sentita e partecipata. Il gruppo si ritrova ogni

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Dalle Comunità - Centro Diurno “G. Borghetti” venerdì pomeriggio, è rientrato a tutti gli effetti tra le attività proposte dal centro a cui gli ospiti possono partecipare, è condotto da un’educatrice, un’ospite ha la funzione di “segretaria” scrivendo un verbale di quanto emerge, chi vi partecipa e i compiti stabiliti. Ogni lunedì, nella consueta riunione organizzativa, uno dei partecipanti riporta al resto del gruppo degli utenti quanto è emerso nell’incontro del venerdì, le riflessioni più significative, eventuali proposte ed iniziative.

Il primo cambiamento effettivo conseguente alle riunioni, è stato in merito a questioni pratiche ed organizzative: la gestione dei turni pulizia degli spazi comuni e nel momento del caffè pomeridiano. Fino ad allora l’equipe aveva stilato dei turni pulizie abbinando due ospiti al giorno, le mansioni erano pulire i pavimenti dei bagni e riordinare il tavolo della merenda dopo aver bevuto il caffè. Dalla riunione Recovery è emersa la proposta di rivedere questi turni ampliandoli, suddividendo le mansioni tra chi passa la scopa, chi lo straccio, chi lava le tazzine del caffè e riordina il tavolo ed infine chi svuota i posaceneri prima di tornare a casa. Un’ospite e un educatore hanno collaborato nella revisione dei turni, valutando le giornate di frequenza di ciascun ospite e le esigenze di servizio. La proposta è stata poi portata nella riunione organizzativa del lunedì,

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in modo da mettere a conoscenza anche gli altri operatori e utenti.

Già durante questi primi confronti tra ospiti sono emerse personalità e aspetti caratteriali molto diversi. C’è chi è più servizievole e accondiscendente, chi più pretenzioso, chi più propositivo, chi ha la stoffa del leader, chi ascolta in silenzio. L’educatrice ha sempre cercato di lasciar gestire agli utenti i loro confronti mantenendo una ruolo marginale e di intervenire solo qualora le incomprensioni degenerassero. A tal proposito gli interventi sono stati minimi: gli utenti hanno dimostrato di riuscire a confrontarsi, ascoltarsi e supportarsi reciprocamente.

La settimana scorsa ho partecipato ad una di queste riunioni. Inizialmente il gruppo era stranito ed incuriosito dalla presenza di una seconda operatrice, pur conoscendoci da anni. Ho spiegato loro il mio interesse e il voler descrivere anche a chi legge l’articolo, i cambiamenti concreti che l’approccio Recovery ha apportato, e sta continuando a fare, nel nostro servizio. Tutti si sono detti d’accordo a descrivere e far conoscere l’esperienza. Inizialmente qualcuno è sembrato più timido ed imbarazzato nell’esprimere la propria opinione in merito al tema del giorno ma il gruppo l’ha sostenuto ed incoraggiato. Talvolta durante le riunioni Nadia suggerisce un tema, un “compito” a cui gli utenti devono pen-

Dalle Comunità - Centro Diurno “G. Borghetti” sare durante la settimana, per poi parlarne con gli altri la settimana successiva. Il compito era pensare a “Qual è il momento che mi piace di più e mi fa stare bene al centro diurno?”. I partecipanti erano cinque, quattro donne ed un uomo. Dalle riflessioni espresse è emersa per tutti la piacevolezza dello stare insieme, la felicità che si prova nel rivedersi il lunedi, “nel cercarsi e assicurarsi che ci siano tutti gli amici che ci si aspetta di vedere”.

Qualcun altro dice di sentirsi bene quando gli altri (operatori in particolare), notano che si è cambiata d’abito e lavata con cura, “è un modo in cui mi vedono e si prendono cura di me. Non è che abitualmente non lo facciano ma mi piace quando mi fanno notare che sto bene e sono in ordine”. La riflessione si è poi concentrata sul tema dell’ascolto grazie al contributo di un ospite che ha sottolineato come uno dei momenti che lo fa stare meglio al centro, sia il sentirsi ascoltato, diversamente dal sentire mediocre della gente a cui era abituato. Anche gli altri utenti hanno argomentato la tematica dell’ascoltare a differenza del sentire, sostenendo che “tante persone sentono anziché ascoltare, la persona ha piacere ad essere ascoltata perché nota un interesse verso se stessa, ha piacere a farsi conoscere… dare sempre agli altri a prescindere dal ricevere qualcosa in cambio è malinconico, qui sento che ci sono persone che mi vogliono bene e mi sento ascoltata”. Anche Nadia ha riportato un episodio accaduto in settimana con un ospite, a conferma dell’importanza del sentirsi ascoltati, non solo da parte degli utenti ma anche per noi equipe. Tante volte lo stimolo alla riflessione e al cambiamento nasce perchè si ascoltano le parole di qualcuno di cui ti fidi in un momento di particolare “apertura”, bisogno e vulnerabilità. È lì che l’Altro ti è di aiuto e semina la curiosità verso qualcosa che può essere diverso e nuovo rispetto a quello che già si conosce. Lo stesso per noi operatori: le parole dei nostri ospiti possono stupire, colpire, far riflettere. Capita che colgano aspetti che noi pensiamo di mascherare con la professionalità, con gli abiti di un ruolo a cui siamo chiamati ogni giorno, sono i primi esperti nell’ “ascolto emotivo” Nei servizi di salute mentale come il nostro, l’esperienza teorica fornita da noi operatori incontra l’esperienza di vita che ci offrono gli utenti; usando proprio le parole di un utente “non si può capire come siamo stati se non lo si prova”. Dal confronto tra le due può nascere la conoscenza reciproca e il seme del cambiamento.

Personalmente mi ha colpito l’intervento di un’ospite che ha chiesto a me e Nadia se noi operatori fossimo seguiti dai medici, avessimo dei con-

trolli per evitare che ci ammalassimo come loro.

Ha suggerito di non affezionarsi agli utenti perché l’affetto comprometterebbe il nostro lavoro, sarebbe più difficile “lasciarli andare e accettare le ricadute”. Ci è venuto spontaneo chiederle come sia possibile aiutare qualcuno a cui non si vuol bene o se l’affetto, invece, non possa contribuire nel motivarli, nel vedere possibilità di miglioramento. Lo

stesso affetto è causa di frustrazioni qualora vengano disattese le nostre aspettative, talvolta eccessive; è inevitabile vedere un “disegno” su ciascun ospite, una via che se tracciata insieme, possa aiutarli a stare meglio. Senza questa speranza e ottimismo il nostro lavoro non credo abbia molto senso.

Il tema dell’aiuto è strettamente correlato a quello dei bisogni: si aiuta chi vuol farsi aiutare ma è necessario che la persona sia consapevole dei suoi limiti. Così è stato dato il compito per la settimana successiva, pensare ai propri bisogni. Sul finire dell’incontro il clima era ancora fecondo per ulteriori riflessioni, c’era già chi diceva che tutti abbiamo bisogno di qualcuno e qualcosa, sono emersi soprattutto bisogni affettivi, di accettazione e di vicinanza.

Personalmente credo che il contributo principale dato da questi incontri sia stimolare una riflessione nel gruppo degli ospiti, una coscienza critica delle loro possibilità, la consapevolezza che le situazioni di benessere o meno possano essere fortemente condizionate dal loro modo di affrontare la malattia, rendendoli protagonisti del loro percorso… attraverso gli strumenti forniti dagli operatori e dai servizi in genere.

Ilaria

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Dalle Comunità - C. P. B. Borghetti Ero brava in qualche cosa Dal C.P.B. Borghetti Questo breve articolo nasce dalla partecipazione a due serate con pazienti ed operatori (Augusto, Gabriele, Francesco, Simone, Osvaldo, Cristian, Renzo ) della CPB relativamente alle giornate di incontri che sono state organizzate sul territorio bresciano da diversi Enti ed Istituzioni per la salute mentale.

Il 10 Ottobre 2015 è stato un piacevole pomeriggio trascorso alla casa delle Associazioni a Brescia, dove abbiamo assistito ad un monologo teatrale tratto da un racconto scritto da una paziente. Interessanti gli spunti di riflessione che sono emersi dalla esposizione di questa narrazione sulla salute mentale. Il racconto incentrato su uno stato di depressione acuta vissuto dalla protagonista, dove alla fine la richiesta di aiuto emerge come strategia di un possibile percorso di cura.

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L’ interprete del monologo descrive un passaggio significativo della sua vita, in cui non riesce ad accettare il suo stato di depressione e di conseguenza si rifiuta di essere aiutata. Sarà un evento importante che interviene nel suo ménage quotidiano che le darà una scossa interiore. A questo punto prenderà coscienza del fatto che continuare a cercare scuse, per rimandare le sedute al CPS e fingere a se stessa che tutto va bene, non è la soluzione al suo problema. Oltre il fondo ormai non c’era più nulla dà raschiare, quindi era giunto il momento di affidarsi alle cure dei Servizi di Salute Mentale. La protagonista di questo monologo teatrale ha descritto in modo semplice e diretto la realtà della malattia mentale in cui ciascuno di noi si può rispecchiare nelle proprie ansie, paure, incertezze, angosce. Morale di questo breve rac-

Dalle Comunità - C. P. B. Borghetti conto sta nel fatto che se si vuole affrontare con esito positivo la malattia mentale ci si deve affidare e guardare alle istituzioni con fiducia chiedendo aiuto, in questo modo avverrà il cambiamento. A proposito di cambiamento altrettanto interessante è stata la serata organizzata dal CPS di Leno sul tema Recovery il giorno 21 ottobre 2015 a cui abbiamo partecipato. Dal dibattito è emerso che la Recovery può essere intesa come un percorso di cura centrato su tre parole chiave: cambiamento, protagonismo, relazione. Queste tre parole sono fra di loro interconnesse nel percorso di cura, perché il cambiamento nasce principalmente dalla relazione di collaborazione con l’altro e dal senso di responsabilità che ciascuno di noi esprime nell’essere protagonista del proprio cammino di vita. La parola cambiamento significa imparare a fare quello che si deve fare per migliorare la propria qualità di vita. Il limite di questo cambiamento, però, spesso sta nel fatto che non vogliamo o non riusciamo a fare ciò che è necessario per migliorare la nostra condizione di vita. Dovremmo quindi interrogarci su quali sono gli ostacoli, le difficoltà che ci impediscono di porre in essere questo cambiamento. Innanzitutto bisogna pensare che il cambiamento non può essere inteso come un percorso di guarigione totale, ma come un percorso di accoglienza, di sostegno, di accompagnamento che aiuta il paziente a recuperare parte delle sue capacità resilienti, che sono andate perdute, che però sono fondamentali per stare meglio. Con il termine resilienza possiamo individuare una serie di caratteristiche psicologiche, comportamentali che fanno parte della personalità del paziente e che lo possono aiutare ad affrontare il disagio e la fatica del vivere quotidiano. Possiamo quindi dire che quanto più sono presenti i fattori di resilienza nella personalità del paziente tanto più è possibile imboccare la strada di un reale cambiamento di vita. Alcune caratteristiche che compongono la resilienza sono: l’ottimismo, l’altruismo, avere un equilibrio morale, una dimensione spirituale, un ruolo sociale ed un rapporto sociale fatto di persone di cui si ha fiducia.

Non ultimo avere un senso della propria missione nella vita. Il processo di cambiamento quindi si lega molto alla presenza di queste caratteristiche che definiscono la nostra personalità. Ciascuno di

noi può diventare protagonista del proprio cambiamento di vita nella misura in cui riesce ad interiorizzare dentro di sé queste capacità. Credo che sia quanto accaduto alla protagonista del monologo teatrale. Viceversa diventa davvero difficile parlare di cambiamento, quando queste capacità resilienti sono scarse e poco presenti nella personalità di un individuo. I soggetti coinvolti in un percorso di cura (operatori, pazienti, familiari) dovrebbero interrogarsi su ciò che è possibile fare per accrescere queste capacità resilienti, che si trovano dentro di noi, ma che hanno bisogno di essere stimolate attraverso una sana relazione con l’altro.

Alberta e Francesco

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Dalle Comunità - Centro Diurno Stella del Mattino Su e giù per le montagne La nostra prima vacanza in montagna Quest’anno, nel tentativo di portare qualche novità, abbiamo avanzato agli ospiti del Centro Diurno “ Stella del Mattino” la possibilità di partecipare ad una breve vacanza in montagna. Durante la riunione generale, abbiamo presentato l’intenzione di trascorrere, da veri turisti, tre giorni e due notti in una località da scegliere in Trentino. Abbiamo pensato di provare un soggiorno diverso, che potesse interessare anche a coloro che non amano il caldo eccessivo ed il mare, ma preferiscono un clima più mite e prediligono la quiete della montagna e la tranquillità che trasmette.

La proposta è stata accolta subito con entusiasmo da parte di molti ospiti.

La vacanza si è svolta da giovedì 17 a sabato 19 dicembre, presso la struttura “Casa Santa Maria” a Folgaria in Trentino, vi hanno partecipato otto ospiti del Centro Diurno “Stella del Mattino” accompagnati dagli educatori Serena e Paolo.

Siamo partiti entusiasti di vivere questa nuova esperienza ma anche un po’ curiosi di scoprire come sarebbe andata.

Precisiamo, che il nostro scopo era quello di effettuare una vacanza in montagna a cui tutti potessero partecipare, che non fosse rivolta esclusivamente a coloro che sono camminatori allenati, ma anche a chi è un po’ più pigro.

Il primo giorno ci siamo fermati lungo il viaggio a Spiazzi in provincia di Verona per visitare il Santuario della Madonna della Corona.

Questo splendido luogo di culto si trova a Spiazzi in una delle località più suggestive dell’alta Italia, sorge aggrappato sulla roccia dei monti che lo circondano, a 774 metri sul mare, a strapiombo sulla valle dell’Adige.

Il Santuario della Corona è luogo di silenzio e di meditazione, sospeso tra cielo e terra, celato nel cuore delle rocce del Baldo.

Documenti medievali attestano che già intorno all’anno Mille nell’area del Baldo vivevano degli eremiti legati all’Abbazia di San Zeno in Verona e che almeno dalla seconda metà del 1200 esistevano un monastero ed una cappella dedicata a S. Maria di Montebaldo accessibili attraverso uno stretto e pericoloso sentiero nella roccia.

Una pia tradizione collocava la nascita del Santuario della Madonna della Corona nel 1522, anno in cui la scultura qui venerata sarebbe stata miracolosamente traslata per intervento angelico dall’isola di Rodi, invasa dall’armata mussulmana di Solima10

no II. Tra il 1434 ed il 1437 viene fatto risalire il gruppo in pietra della Pietà poi venerata come Madonna della Corona. Alta 70 centimetri, larga 56 e profonda 25, la statua è in pietra locale dipinta. La statua poggia su un piedistallo recante la scritta “HOC OPUS FEClT FIERI LODOVICUS D CASTROBARCO D 1432″, tradizionalmente considerata come prova che la statua venne fatta realizzare e donata alla Corona nel 1432 da Lodovico Castelbarco, proveniente da una nobile famiglia roveretana. Nei quattro secoli di gestione, trasformò radicalmente la Madonna della Corona, facendola diventare un autentico Santuario capiente ed accessibile grazie alla sistemazione del ponte in legno di accesso a valle e alla costruzione sopra la preesistente di una nuova chiesa, di circa 18 metri per 7 (1490- 1521).

Nel corso del Cinquecento vennero realizzate le due scale di accesso tuttora visibili: la più ampia, di 556 gradini, poi denominata “Fonte dell’Indipendenza”, e quella più stretta, di 234 gradini, ricavata nella roccia lungo l’originario strettissimo percorso che conduceva dal ponte alla chiesa.

Raggiungiamo Folgaria verso le 17.30.

Folgaria è una comunità tra le più antiche del Trentino, situato a 1170 m. Di origine tedesco cimbra, si trova ai piedi del Monte Cornetto ed è comune costituito da sette frazioni.

La struttura dove siamo alloggiati ci appare subito molto accogliente, immersa nel verde dei boschi a pochi minuti dal centro del paese.

Gli spazi sono molto ampi, dispone di una sala tv,

Dalle Comunità - Centro Diurno Stella del Mattino sala giochi per lo svago con il calcetto, una chiesetta per la preghiera, mentre all'esterno è circondata da un grande parco.

La casa vacanze è gestita dalla suore, di cui una bresciana che ha subito riconosciuto il nostro accento famigliare.

Ci siamo trovati bene, le camere calde e comode, cibo di buona qualità ed abbondante.

Luca ed Emanuele ricordano “ una notte avevamo così caldo in stanza che abbiamo aperto in piena notte la finestra per far entrare un po’ d’aria fresca e Sergio dormiva pacifico e tranquillo quasi non si è accordo del freddo!!”

La prima sera qualcuno di noi ha voluto subito fare una visita alla cittadina, Luca ricorda il piccolo centro storico addobbato a festa e illuminato dalle luci Natalizie.

Mentre qualcun altro, tifoso milanista, è rimasto in albergo a vedere la partita di calcio.

Il giorno successivo il nostro gruppo si è diviso, i temerari, Sergio, Loriano Loretta ed Enza, con Serena.

Abbiamo preso gli impianti di risalita e con la seggiovia raggiunto il rifugio a quota 1.600 m.

Enza racconta di essere stata molto intimorita: “ avevo paura di prendere la seggiovia, infatti ho avuto bisogno di molto coraggio da parte dei miei compagni che mi sono stati vicini e mi hanno accompagnata nella salita e nella discesa. Devo dire però, che una volta arrivati in cima si è presentato uno spettacolo bellissimo, il panorama con le alte montagne, il cielo azzurro e limpido, peccato che non c’era molta neve, anche le cime più alte erano ancora spoglie, solamente le piste da sci erano imbiancate.”

Coloro invece che non sono venuti con noi, Lucio, Roberto, Emanuele e Luca, insieme a Paolo, hanno visitato il vicino paesino di Guardia, conosciuto come il paese dipinto. Un piccolo borgo la cui denominazione è dovuta ai dipinti murali visibili sulle pareti delle case, infatti ogni casa possiede una parete dipinta, con scene e paesaggi rappresentanti il lavoro contadino e la vita di montagna.

Ci siamo ritrovati insieme per il pranzo e nel pomeriggio siamo andati a Trento a Visitare i mercatini di Natale. Si trovano in una delle piazze centrali e più suggestive della città.

Il Mercatino di Natale di Trento è un mercatino Natalizio ricco di specialità gastronomiche trentine, dolci, salumi, vini e piatti caldi e di una scelta rilevante di prodotti di artigianato, regali e addobbi per l’albero e la casa. Si respira un'atmosfera davvero magica a pochi giorni dal Natale.

Qualcuno ha acquistato souvenir e regali per famigliari e amici.

Siamo rientrati in albergo stanchi dopo la intensa giornata, infatti la sera decidiamo di rimanere nella

struttura e sfidarci in un piccolo torneo di calcetto.

Siamo ormai giunti all’ultimo giorno della nostra vacanza, ma non vogliamo ancora tornare subito a casa, decidiamo di fermarci per visitare il castello di Rovereto al suo interno ospita il museo dedicato alla Prima guerra mondiale.

Il percorso di visita si articola su due livelli: da un lato gli eserciti e le guerre tra Ottocento e Grande Guerra, dall’altro il castello e le armi di età moderna.

La nostra ultima tappa La città di Rovereto ospita sul Colle Miravalle la Campana dei Caduti, Maria Dolens, voluta dal sacerdote roveretano don Antonio Rossaro all’indomani della Grande Guerra come simbolo di condanna del conflitto, di fratellanza fra gli uomini, di solidarietà fra i popoli. Venne fusa a Trento il 30 ottobre 1924 col bronzo dei cannoni offerto dalle nazioni partecipanti al primo conflitto mondiale.

E’ la più grande Campana del mondo che suoni a distesa: altezza metri 3.36, diametro metri 3.21, peso quintali 226.39.

Da oltre ottant’anni la Campana dei Caduti, fa udire ogni sera i suoi cento rintocchi per celebrare i Caduti di tutto il mondo, senza distinzioni di fede o di nazionalità e per rivolgere un severo monito ai viventi: “Non più la guerra”.

Con questo messaggio di pace e fratellanza, termina così la nostra vacanza in montagna.

Loretta ha apprezzato in particolar modo quest’ultima visita; “ finalmente dopo aver visitato vari musei e mostre che trattano sempre della guerra, un simbolo che vuole diffondere pace e conciliazione tra gli uomini. Inoltre io amo la montagna i suoi paesaggi ed il clima fresco. “ Tutti gli ospiti concordano nel definire come molto positiva e piacevole questa nuova esperienza, Loriano e Lucio: noi frequentiamo da poco il Centro Diurno e questa è stata una grossa novità, ci siamo trovati bene tra noi ed abbiamo passato momenti divertenti e piacevoli insieme.”

Enza: ” all’inizio non volevo partecipare alla vacanza, per pigrizia e perché era da molto tempo che non trascorrevo molto tempo lontana da casa e dai miei famigliari, ma per fortuna i miei operatori e i miei compagni al centro hanno insistito perché andassi con loro. E al termine dei tre giorni sono rimasta soddisfatta!”

Roberto ed Emanuele: “ temevamo di soffrire troppo il freddo, invece abbiamo trovato delle giornate stupende e con temperature decisamente miti!”

Sergio sorride dicendo “ ormai i miei compagni mi conoscono bene e sopportano bene anche le mie russate notturne!”

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Dalle Comunità - Doppia Diagnosi 8 fotografi per 12 scatti del 2016 Il nuovo calendario fotografico

Nel corso del 2015 all'interno delle comunità di doppia dignosi “Il Platano” e “La Farnia” è stato realizzato un laboratorio fotografico. Al termine di di 5 mesi di lezioni teoriche e gite una giuria esterna ha scelto le migliori 12 fotografie che hanno realizato un bellissimo calendario.

Per la prima volta viene proprosta agli ospiti della comunità di poter partecipare ad un laboratorio fotografico. Il laboratorio prevedeva un piccolo corso teorico di tre-quattro incontri per poter appreneder le regole principlai per scattare una fotografia. Sarebbero poi seguite una serie di uscite di tutta la giornata in cui i partecipanti potevano fotografare tutto ciò che volevano. Al termine del delle gite una giuria esterna avrebbe selezionato le migliori 12 fotografie per realizzare il calendario del 2016.

Obbiettivo del progetto era da un lato l'acquisizione di capacità di base di base per poter utilizzare la fotografia come strumento di espresione dall'altro la condivisione di momenti di gruppo.

Nonstante le paure e i dubbi per un progetto che sembrava ambizioso, anche a chi lo aveva propo-

Non fai solo una fotografia con una macchina fotografica.

Tu metti nella fotografia tutte le immagini che hai visto, i libri che hai letto, la musica che hai sentito, e le persone che hai amato.

Ansel Adams

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sto, inizia il corso a cui aderiscono ben 10 ragazzi.

I primi incontri vedono una partecipazione attenta e curiosa da parte di tutti. Terminata la parte teorica possono iniziare le gite: Sirmione, Castellaro Lagusello, Mantova, Venezia, Montisola e Brescia in notturna. La partecipazione alle gite è sempre stata numerosa, la voglia di fotografare è sempre stata alta da parte di tutti. La cosa più positiva è stato il clima sereno e l'entusiasmo che ha contraddistinto tutti i partecipanti.

Nonostante i dubbi e i timori iniziali dobbiamo dire che è stato davvero un successo!!!

Non ci resta che ringraziare i giudici che con pazienza hanno selezionato le fotografie e tutte le persone che con entusiasmo si sono prodigate a distribuire i calendari.

Non fai solo una fotografia con una macchina fotografica. Tu metti nella fotografia tutte le immagini che hai visto, i libri che hai letto, la musica che hai sentito, e le persone che hai amato.

Grazie ai fotografi: Marco, Valentino, Efisio, Ronny, Mauro, Maurizio, Kamljit, Alessandro.

Annalisa, Benedetta, Maria

Dalle ComunitĂ - Doppia Diagnosi A seguire le fantastiche fotografie presenti nel Calendario 2016.

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A . p o o C e l l a D Le Piccole Pesti si presentano L’innovativo progetto di Fraternità Giovani La Cooperativa Fraternità Giovani dopo un periodo di sperimentazione visti i buoni risultati ottenuti ha deciso di strutturare il Progetto Piccole Pesti PREMESSA A seguito della decisione presa dal Consiglio di Amministrazione del 24.06.2015 di procedere alla strutturazione del progetto Piccole Pesti, la Presidente ed il Coordinatore del Centro Diurno Raggio di sole si sono trovati in via preliminare per definire alcune linee guida sul progetto da condividere poi con la Neuropsichiatra Dott.ssa Viganò e con l’Amministratore Delegato Dott. Belandi, per poi completare la proposta e restituire quanto elaborato nuovamente in CDA. Stante l’esperienza realizzata con alcuni bambini durante l’anno 2014 e i primi mesi del 2015 all’interno del progetto sperimentale “Piccole Pesti”, è opportuno definire con precisione gli obiettivi che il progetto intende perseguire al fine di avere chiaro che cosa realmente il progetto è in grado di raggiungere.

In linea generale il progetto si è caratterizzato attraverso azioni (laboratori ed attività ludico-relazionali) a sostegno di bambini di età compresa tra i 6 e i 12 anni in situazioni di grave disagio psichico/sociale e delle loro famiglie. Tale progetto si è sviluppato con il macro obiettivo di prevenire la cronicizzazione dei comportamenti ed i conseguenti impatti a livello personale, famigliare, sociale ed economico.

Alla luce dell’incontro effettuato per ridefinire le finalità, le modalità di realizzazione, gli strumenti e le risorse economiche necessarie, riportiamo di seguito quanto stabilito.

FINALITA’ Il progetto Piccole Pesti ha innanzitutto una finalità preventiva o di intervento precoce. In particolare si prevede di prevenire la cronicizzazione del disturbo o dei disagi comportamentali personali o relazionali, manifestati dal bambino che nella maggior parte dei casi se non gestiti comportano una cristallizzazione del comportamento e addirittura lo sviluppo della patologia.

OBIETTIVI • Favorire nei bambini con un importante disagio sociale ed emotivo le migliori condizioni per promuovere il cambiamento e lo sviluppo delle proprie abilità personali, di competenze emotiveaffettive e relazionali che consentono una ade14

guata definizione del sé da parte del bambino.

• Offrire progetti abilitativi individualizzati rivolti a minori con patologie ad elevato impatto sociale, disturbi di apprendimento e/o del comportamento al fine di promuovere un armonico sviluppo psicofisico, sviluppare le potenzialità cognitive, emotive e relazionali, potenziare le autonomie e gli apprendimenti, migliorare la qualità della vita (gli scopi degli interventi abilitativi saranno dettagliati nel paragrafo “obiettivi specifici”).

• Fornire sostegno, informazioni e strumenti alle famiglie, in modo che i genitori possano comprendere la situazione del figlio ed essere parte attiva nel percorso abilitativo, aiutando il figlio a generalizzare e a mantenere le competenze apprese durante le sedute abilitative.

• Mantenere contatti regolari con la scuola e gli insegnanti, al fine di condividere strategie e strumenti che possono facilitare gli apprendimenti.

GLI INVII/SEGNALAZIONI I bambini arriveranno al progetto attraverso:  l’invio della NPI  l’invio dei servizi sociali  la segnalazione delle scuole  i consultori famigliari  le famiglie stesse TIPOLOGIE D’INTERVENTO Il progetto prevede diverse tipologie di azioni con i bambini e le famiglie ed in particolare:  Colloquio/i preliminari con il minore e la famiglia.  Pianificazione del progetto individualizzato.  nterventi individuali e/o di gruppo all’interno della struttura con diverse tipologie di pacchetti a seconda delle necessità.  Eventuali interventi domiciliari all’interno del pro-

Dalle Coop.A - Fraternità Giovani getto individualizzato definito dall’équipe.  Colloqui con il NPI/Psicologo al bisogno sia con il bambino che con i genitori.  Collaborazione con la Scuola.  Collaborazione con le Istituzioni se in carico o inviati da Servizi Sociali o NPI territoriale.

LE METODOLOGIE DI LAVORO 1) Il progetto prevede innanzitutto, quale precondizione per il raggiungimento dei risultati, UN COINVOLGIMENTO CARATTERIZZATO DA FIDUCIA CON LA FAMIGLIA DEL BAMBINO/A. In questa fase dell’età i bambini sono infatti molto dipendenti dal giudizio dei genitori e per questo è molto importante che i bambini avvertano la relazione di fiducia tra i genitori e il progetto, nel senso più ampio del termine (coordinatore, educatori, la proposta vera e propria, etc.).

2) Tra le modalità di lavoro si privilegia l’USO DI MODALITA’ ATTIVE CHE FAVORISCONO LA PARTECIPAZIONE ATTIVA (EMOTIVO-CORPOREA, PSICOLOGICO-COGNITIVA) E DA PROTAGONISTA DEL BAMBINO/A. Le metodologie animative sono tutte quelle attività, proposte, giochi, strumenti, che “fanno muovere” e favoriscono l’espressione con canali diversi (corpo, voce, disegno, colore, musica, favole…), che favoriscono l’emergere di contenuti nuovi, ovvero favoriscono l’uscita da comportamenti stereotipati, cristallizzati, favoriscono cioè il cambiamento. Inoltre attivano dimensioni che mettono in sintonia corpo-mente-emozioni-creatività. Proprio per questa sintonia gli apprendimenti sono facilitati o consolidati: così si favorisce il conseguimento del pensiero logico-formale e il potenziamento dell’attività simbolica. Valorizzano il singolo nel gruppo, la sua evoluzione, l’individualità, la libera espressione e la diversità. Le tecniche animative promuovono l’integrazione tra le diverse dimensioni e manifestazioni dell’essere. Occorre aiutare i bambini ad integrare, a raccogliere e ricomporre le varie parti di sé. (Vedi nel dettaglio l’allegato A).

3) Estrema CURA DEL SETTING (AMBIENTE), DEI RITMI E RITUALITA’ delle attività proposte.

Per bambini “disturbati”, iperattivi, con problemi di concentrazione, tenuta, è importante l’ambiente.

Deve essere accogliente, stimolante, ma tranquillo, ordinato e occorrono delle abitudini, dei riti che diano sicurezza al bambino e che facciano vivere la sensazione di essere in un ambiente che tutela, che contiene tutte le loro fatiche, tutte le loro esplosioni.

LE ATTIVITA’ PREVISTE Le attività possono essere svariate, purché adeguate alle caratteristiche del bambino/a e del gruppo.

In base agli obiettivi specifici previsti, è opportuno che le attività favoriscano l’espressione di sé, che siano adeguate alle competenze motorie, psicologiche, relazionali del singolo e del gruppo e che passino attraverso stimoli artistici, corporei, comunque espressivi. L’uso della parola e del ragionamen-

to vengono dopo.

TEMPI E LUOGHI Il progetto è già in essere. L’esperienza fino ad ora sperimentata necessita di un luogo dedicato, curato in modo esclusivo per il progetto e organizzato in modo da poter prevedere ulteriori evoluzioni al progetto stesso, tra cui altre azioni complementari (spazi di counselling familiare, psicomotricità, orienteering, etc.).

Il progetto si prevede possa partire, adeguando accuratamente gli spazi presso la sede AISM, a partire da Ottobre 2015.

RISORSE PROFESSIONALI IMPIEGATE Il progetto prevede la presenza di un’èquipe multidisciplinare composta dal Medico Neuropsichiatra, dal Responsabile, dal Coordinatore con funzioni operative e da un Educatore (con impostazione pedagogica). Al bisogno si prevede la presenza dello Psicoterapeuta.

Ore settimanali impiegate: Ore/settimana Funzione 2 Responsabile di progetto 2 NPI 20 Coordinatore/operatore 20 Educatore 2 Psicoterapeuta COSTI PER L’UTENZA E MODALITA’ DI ACCESSO AI CONTRIBUTI DA PARTE DELLE FAMIGLIE I costi degli interventi del progetto dipendono dai pacchetti che vengono attivati per ogni singolo bambino. I pacchetti sono modulabili e flessibili a seconda dei bisogni rilevati.

INTERVENTI MINIMI DI TRE MESI Costo: € 70,00 ad intervento durata singolo intervento 3 ore

(*) Fondazione Dominique Franchi o Fondazione Folonari. Prestazioni erogate in base all’ISEE La compartecipazione economica al progetto da parte di Fraternità Giovani è sostenuta anche grazie al contributo della Fondazione Comunità Bresciana

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Dalle Coop.A - Fraternità Impronta Stuolo di cuochi in Cascina Cattafame Da Fraternità Impronta Oggi voglio raccontare di grande esperienza di vita prima ancora che professionale. Tutto nasce da una telefonata di Giuseppe Rambaldi Sous Chef del Ristorante Combal.zero, nella quale mi avvisava di aver dato il mio recapito ad una persona (Carlo Caravaggi che non conoscevo) che mi avrebbe contattato per organizzare una serata…

Confesso che, tra i mille impegni che riempiono le mie settimane, sono abbastanza restìo ad accettare questo genere di proposte ma poi ho ricevuto la telefonata di Carlo.

Mi ha parlato con grande passione di Cascina Cattafame, una comunità di recupero minorile e dei progetti che lì vengono realizzati.

Puoi vedere il nuovo articolo sul seguente link http://www.lorenzorizzieri.it/2015/11/19/cascina cattafame-esperienza-di-vita/ Lorenzo Rizzieri

Capodanno in Cattafame Da Fraternità Impronta “Nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma”. Mica l’ho detta io questa verità assoluta. Prendi per caso il 2015…è vero, pare sia finito. Ma, si è distrutto? No, solo s’è trasformato in un numero più alto di un gradino. E a Silvestro, che dicono sia Santo, gli è toccato fare da anello di congiunzione tra il prima e il poi. Come sempre, del resto. Noi della Cascina Cattafame nel giorno di Silvestro abbiamo fatto l’en plein. O quasi, perché il futuro è di tutti ma nessuno lo conosce. Comunque, dicevo…lì in Cascina ci sono state 530 bocche da sfamare, 530 pance da riempire, 1060 occhi (credo…) da far meravigliare eccetera eccetera.

Cinquecentotrenta si fa presto a dirlo ma ad accontentarli tutti quello è un po’ più complicato. A quanto pare però sembra che anche quest’anno ce la siamo cavata mica male dai. Chi ha mangiato lo spiedo, chi la pizza chi pasta e cotoletta, chi a mezzanotte aveva ancora appetito e s’è magnato un piattone di lenticchie e cotechino, chi ha bevuto e brindato con gli amici, chi con la moglie chi coi figli chi con sé stesso e chi con chiunque.

Durante la serata Magico Camillo ha meravigliato gli occhi dei più piccoli dando loro pane adatto alle loro ganasce. Invece, sul tardi, prima durante e dopo il brindisi, karaoke e musica da ballo per tutti gli invitati.

Tra tavolate, amici, parenti, fuochi artificiali vin brulè e tutto ciò che segue, la serata se n’è andata via piacevolmente lasciando spazio all’anno che verrà. Volti sorridenti, pargoli stanchi ma felici. E come sempre, loro. Sì loro, i volontari. Un sacco di bella gente che è stata con noi a rendere la serata piacevole agli ospiti, lavorando sodo preparando prima, faticando durante e pulendo poi. Credo sia giusto che esista anche San Volontario, che se lo meritano un po’ tutti, dico io. O magari già esiste. Mi documenterò.

La Cascina Cattafame ringrazia ed è contenta. Si ricorda di tutti voi, partecipanti, volontari e lavoratori.

Saluta affettuosamente tutti gli ospiti e si augura che l’anno a venire possa offrire ancora meglio, visto che avrà più tempo a disposizione per organizzarsi. Già, visto che ogni quattro anni tocca il bisestile e il 2016 ci regala un giorno in più, ché a dirla tutta 24 ore è meglio trovarle che perderle.

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Dalle Coop.A - Fraternità Impronta A completamento dell’interessante serata di cucina svolta in Cattafame è stato realizzato un bellissimo video da parte del videomaker Federico Cicogna che vi invitiamo a visualizzare: https://vimeo.com/148097781

A Pietro Margini Da Fraternità Impronta L’unica certezza che abbiamo nella vita è scontata. Presto o tardi, quella certezza, bussa e ti chiede il conto. Per te, Pietro, è arrivato forse troppo in fretta, ancora con gli avanzi sulla tavola piena di briciole e il caffè sul gas. Pietro era, come tutti del resto, perfettamente difettoso. Qualità che ci rende unici e diversi gli uni dagli altri. Quante volte dimenticava gli attrezzi in giro, quante volte scordava di comprare questa o quella cosa che gli era stato chiesto. Mi fa sorridere ricordare ciò. Sì, esatto… lavoravamo insieme. Ma c’era una lieve differenza fra me – e i miei colleghi – e Pietro. Perché Pietro era un volontario. Aveva fatto una scelta Pietro.

Quella di regalare il suo tempo alla Cascina Cattafame. Regalare il bene più prezioso che ci è stato dispensato è il valore più alto che uno possa mai offrire e lui lo faceva tutti i giorni. Lavorava quotidianamente coi ragazzi, si prestava ad ogni situazione o necessità, non si tirava indietro. Non aveva la laurea in bacheca ma la dimostrava quotidianamente attraverso i gesti, l’insistenza e la caparbietà necessaria per lavorare all’interno di una struttura educativa con adolescenti difficili.

Questo era, Pietro.

Tanta gente ad accompagnarti per l’ultimo saluto.

Un ragazzo che ha finito il suo percorso comunitario da noi in Cascina da diversi mesi e ormai ritornato a casa sua è partito stamane alle 6:30 da Milano per poter essere presente alla cerimonia. Stamane durante il corteo funebre, mentre ci accingevamo a varcare le porte del campo santo, un gesto mi ha regalato un sorriso. Mentre i vigili urbani bloccavano il traffico, dall’altra parte della strada un anziano

a piedi che andava per i fatti suoi, nel vedere il carro funebre si è fermato, si è levato il cappello ed è rimasto sull’attenti il tempo necessario per lasciar sfilare davanti a sé il mezzo, porgendo l’ultimo saluto al defunto. Un gesto ammirevole che uno sconosciuto ha dato gratuitamente a uno, a lui, sconosciuto.

Ora che sei polvere nel vento, ti potremo ricordare attraverso gli occhi di Sonia o in certi tratti somatici stampati nel volto di Federico. Ma lascia che ti dica una cosa, amico Pietro, grazie a quello che hai fatto avremo la fortuna di respirarti e di viverti quotidianamente anche tra le mura della Cascina Cattafame. Perché tutto ciò che ci hai dato non è verbo che vola, ma la dimostrazione che i gesti concreti hanno più tempo che vita e rendono l’uomo immortale.

Buon cammino amico. Guardaci da lontano, il più vicino possibile.

Nicola Naboni

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Dalle Coop.A - Comunità Fraternità Esperienza con i migranti Da Comunità Fraterntà Nel maggio 2015 il servizio di accoglienza dei richiedenti asilo di Comunità Fraternità ha inserito nell’équipe Debora Pelleri, una studentessa del corso di laurea in Assistenza Sanitaria dell’Università degli Studi di Brescia, affidandole il compito di occuparsi della presa in carico sanitaria dei beneficiari.

Dopo un breve periodo di inserimento e di osservazione delle attività, Debora ha fatto del servizio il protagonista della sua tesi di laurea, “I richiedenti asilo in Italia. Approccio metodologico in ambito sanitario in un servizio di microaccoglienza integrata.” I risultati del lavoro svolto sono stati presentati il 24 novembre 2015 e Debora è stata proclamata Dottoressa Assistente Sanitaria con una votazione di 110e lode/110.

Lo sviluppo del progetto è stato preceduto da una ricerca sul fenomeno immigratorio e da un’analisi della normativa relativa all’asilo, dalla quale è emerso che l’accoglienza e la tutela di coloro che richiedono protezione in Italia è un dovere istituzionale. Tuttavia per garantire il raggiungimento

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dell’integrazione e dell’autonomia è necessario allontanarsi dall’assistenzialismo e sviluppare una presa in carico globale del richiedente asilo accolto perché egli sia in grado, terminata esperienza di accoglienza di integrarsi in casa, nel mondo del lavoro, nella vita di relazione (sia in Italia che altrove) con autonomia e nel rispetto della diversità. E’ il percorso che Comunità Fraternità ha scelto di intraprendere in questo nuovo servizio che oggi ospita 27 persone in diversi appartamenti sparsi sul territorio. In collaborazione con l’équipe di lavoro Debora ha realizzato diversi interventi, tra i quali, la predisposizione di schede e strumenti operativi utili alla gestione del servizio, incontri informativi per l’orientamento ai servizi sanitari. Ha inoltre somministrato due questionari utili per l’indagine e lo sviluppo di un progetto specifico dell’ambito sociosanitario. In tale progetto sono ricompresi gli interventi rivolti ai richiedenti asilo, atti a fornire orientamento e informazione sui servizi sanitari, individuare le problematiche sanitarie, supportare nel raggiungimento dell’autonomia nei rapporti con i ser-

Dalle Coop.A - Comunità Fraternità vizi sanitari e di formare su temi rilevanti per la salute dei richiedenti asilo. Nel nostro progetto sui richiedenti asilo, l’inserimento di un operatore con competenze che spaziano dall’ambito sociale a quello sanitario è stata una scelta efficace, infatti, l’assistente sanitario, costituisce, unitamente agli altri professionisti dell’équipe, un punto di riferimento fondamentale sia per i beneficiari sia per i professionisti sanitari del territorio. Dalle conclusioni dell’elaborato di Debora si legge: “I flussi migratori degli ultimi tempi hanno interessato persone in fuga da persecuzioni, violenze, catastrofi ambientali o impoverimento, ma tutte accomunate dal senso di perdita della propria identità, degli affetti e della propria storia personale. Coloro che sono stati costretti a migrare hanno smarrito i punti di riferimento e quando arrivano nei paesi occidentali si trovano in un contesto totalmente nuovo, in una condizione di inadeguatezza sociale e senza la possibilità di esprimersi nella propria lingua. La presa in carico del richiedente asilo deve tenere in considerazione tutti gli aspetti relativi ai suoi diritti, ai suoi doveri, alle caratteristiche personali, al contesto culturale e politico di provenienza, attraverso un approccio che si basa sull’identificazione e sulla valorizzazione delle risorse individuali di ciascun beneficiario. Negli ultimi anni il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo italiano si è ampliato rapidamente per poter affrontare i continui arrivi di migranti dai Pae-

si Terzi e ha coinvolto sempre più Comuni, Enti locali e persone che, grazie alle proprie competenze, contribuiscono alla definizione di linee di intervento comuni e precise. Una fase fondamentale del percorso di accoglienza del richiedente asilo è la riconquista del diritto alla salute e affinché questo possa realizzarsi è importante individuare all’interno di un servizio di microaccoglienza uno o più referenti per gli aspetti sanitari di ogni beneficiario. L’adozione di nuovi strumenti operativi, i risultati dell’indagine ed il Progetto di “accoglienza sanitaria” descritti nel presente elaborato possono permettere il raggiungimento degli obiettivi prefissati, tuttavia sono da considerarsi soltanto un primo passo verso la costituzione di buone prassi condivise ed uniformi tra i vari servizi di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale.”

Non resta che concludere con i ringraziamenti riportati nella tesi di Debora: “Questa tesi non esisterebbe senza la Comunità Fraternità e le persone che vi lavorano. Vorrei ringraziare in particolare Alberto Festa, Giorgio Olivari, Elena Gallinari, Carlo Zanni e Luisella Marelli e l’équipe di lavoro che mi ha accompagnata in questo percorso: Roberto, Ilaria, Doudou, Monica e Delia.”

Comunità Fraternità ricambia i ringraziamenti e spera che l’esperienza di Debora aiuti a migliorare sempre più i nostri servizi.

Quadrangolare di calcio Natalizio Da Comunità Fraternità In data 23 dicembre 2015 s’è svolto il primo quadrangolare di calcio fra alcune squadre ruotanti attorno alle Cooperative di tipo A di Fraternità, tutto in una serata.

Presso le strutture sportive del centro Tennis di Ospitaletto ha preso vita un torneo a eliminazione a scontro diretto.

Le squadre partecipanti erano: Squadra Casa Arcobaleno rappresentante l’area psichiatria, Squadra Appartementi rappresentante dell’area Dipendenze, Squadra dei richiedenti asilo, e la Squadra Stakeholder un gruppo di amici della Fraternità.

Le sfide si sono svolte all’insegna della correttezza e della sportività, ben dirette da Marco e Renzo che hanno espresso un’arbitraggio all’inglese.

Finiti gli scontri tutti gli atleti si sono ritrovati presso la sala del centro tennis per le premiazioni, e a seguire, davanti ad un buffet, ci si è scambiati gli

auguri natalizi.

Per la cronaca è risultata vincitrice della sfida la Squadra richiedenti Asilo.

L’esperienza è piaciuta molto, e si spera di poterla riproporre in altri momenti dell’anno.

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i t n e m i d n o f o Appr

La declinazione del male in psicopatologia Una serie di spunti del Dott. Ferrari all’incontro di Ospitaletto All’interno del percorso di formazione e aggiornamento 2015 per gli operatori sanitari di “Comunità Fraternità e Fraternità Giovani abbiamo avuto il piacere e l’onore di poter ospitare il dr. Enrico Ferrari medico psichiatra, analista junghiano, è stato segretario scientifico del CIPA di Milano e Direttore dei Corsi di formazione analitica. E’ membro del direttivo nazionale e della IAAP, la associazione internazionale di psicologia analitica. Prima di lavorare come libero professionista a Novara dal 2003, Enrico Ferrari è stato per molti anni impegnato in vari servizi psichiatrici in Piemonte. Non solo terapeuta, quindi è autore di numerosi lavori comparsi in prestigiose riviste – come Comprendre – oltre a testi scritti a più mani.

Ha pubblicato con Moretti&Vitali “L’ambiguità del Patire” testo del 2014. .1 Non sarà un intervento tecnico. Sarà un intervento sui significati: dei problemi dei pazienti e dei problemi di chi se ne prende cura. .2 In questione sono le declinazioni del male nella psicopatologia (non è esattamente la stessa cosa della clinica) e nella relazione tra chi cura e chi è curato. Tali declinazioni si manifestano soprattutto, ma non solo, attraverso le emozioni. .3 La prima esigenza è quella di esplorare il linguaggio. Il linguaggio, nel suo sorgere, contiene più significati di quelli che consapevolmente utilizziamo. Il linguaggio, con la sua origine e la sua storia, è più complesso e ricco dei significati che abitano la nostra coscienza. Allora, da un lato, è giusto badare ai significati comuni usuali; dall'altro, è giusto fare l'esegesi della parola, che viene sempre prima e va oltre l'intenzionalità consapevole. .4 Quali le parole più usate e quale il loro significato? Aggressività, rabbia, ira, collera, odio, violenza (che per la verità è un'azione più che un'emozione, che spesso comporta il blocco delle emozioni), paura, angoscia. .5 Gettiamo ora uno sguardo sull' “origine” (da orior) del male, nella sua declinazione non di limite

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ma di irruenza distruttiva (esiste un male passivo e un male attivo; un male incontrato, o subìto, e un male attuato). Lo sguardo non è tanto agli elementi biografici psicodinamici, quanto a quelli antropologici. Ci serviamo dei racconti del mondo greco e del mondo ebraico.

La teogonia di Esiodo (VII sec. a.C.): violenza (le Erinni = trascinar via o Furie: la FOLLIA) e amore (Afrodite) come due possibilità inevitabili dopo la differenziazione/separazione tra cielo (le ambizioni) e terra (il radicamento della sicurezza). Finita la simbiosi originaria, ferma nell'eterno, ha luogo il tempo storico (Cronos), il cui inizio è un atto violento (la castrazione di Urano, la fine dell'unione tra cielo e terra). Le Erinni si trasformeranno in Eumenidi (V sec.) quando il conflitto è accettato e non più vendicato, e quando è contenuto dalla politica fatta da dei e uomini insieme: l'Orestea di Eschilo.

Il racconto della Genesi (VI sec. a.C.): la rottura originaria dà luogo all'inimicizia e all'affermazione mediante la violenza (Caino e Abele).

Da entrambi i racconti: l'irruenza del negativo accompagna l'uscita dall'indifferenziato e l'affermarsi del nuovo (la paura dei figli da parte di Urano; la pretesa di sostituirsi a Dio di Adamo). L'esperienza aggiunge poi che l'irrompere del male è anche tentativo di ritornare all'indifferenziato. Il discrimine da quel territorio che chiamiamo malattia passa sul binario della capacità simbolica (antitesi del concretismo). Ma sempre il significato in gioco è dato dal tentativo di costruire il proprio tempo storico. .6 Questi discorsi porterebbero a dire che il male operato non è un incidente di percorso, ma un'istanza antropologica. E, inoltre, si fa necessità concreta, non solo sentimento o fantasia. Un fatto, una cosa, che si sostituisce al vissuto psichico, che permette invece anche l'entrare in dialogo con il resto della psiche.

Su questo, la psicoanalisi si è interrogata in vari modi sul perché si strutturano personalità di questo tipo. Le risposte più utili sono quelle che vanno alla ricerca delle distorsioni primarie. Si sottolinea la mediazione dell'umano nell'ingresso del divino (il sovraindividuale, l'incontrollabile dall'Io) nella storia.

Su questo punto, da Esiodo arriva il messaggio che l'atto violento che fa proseguire la vita è richiesto dalla madre (la natura che si deve liberare e rinno-

Approfondimenti vare ma che, recidendo l'altra polarità, produce la coazione a ripetere: la vicenda di Crono); dalla Bibbia, il messaggio che a sconvolgere Caino è il rifiuto di Dio nei suoi confronti, segno della rottura dell'originario (l'uomo si confronta con qualcosa che non rientra nella sua logica). Il problema, dunque, è come uscire dall'originario. .7 Per una fenomenologia del negativo attraverso la psicopatologia  La rabbia (pro-testa radicata nella non accettazione per la presunzione di un torto subito)  la direzione isterica (domanda/costrizione volta alla “considerazione”, da “con” + “siderare”, guardare le stelle nel senso di inserire in un disegno che conti)  la direzione narcisistica (rifiuto/opposizione del limite, cioè della frontiera per fermarsi ma anche incontrare l'altro, e della “frustrazione”, cioè dell'inutilità)  la direzione invidiosa (sguardo malevolo sull'altro per ciò che egli ha e desiderio di toglierglielo)  la direzione disgregante (soggetti borderline: rompere i legami, la dimensione del grex, gregge; bisogno di disconoscere la possibilità unitiva; ripetere la stimmung abbandonica)  La violenza dissociata (psicosi)  sperimentare l'emozione vibrante della superiorità (psicopatia): bullismo, violenza di gruppo; oppure togliere di mezzo un ostacolo umano (spesso genitoriale) con modalità apatica (di nuovo: psicopatia), abortendo il conflitto  venire alla luce separando il (dis-giungendosi dal...) numinoso, cioè il non governabile dall'Io (omi-cidio, caedere, tagliare), interrompendo l'atmosfera fusionale e confusiva che impedisce l'individualità; spesso con freddezza mirata, con lo sguardo della coscienza polarizzata, come in certi deliri paranoidei  to r n a r e a l l 'o r i gi n a r i o fu si o n a l e , deindividualizzato, fermando la differenza o la separatezza (es. degli infanticidi o dei delitti amorosi, oppure ancora della esplosione scomposta e generalizzata)  In ogni caso si tratta sempre di modalità concretistiche, prive di capacità simbolica. .8 Il contagio: il negativo nell'operatore Consideriamo il male “in secundis” nell'operatore, ma ovviamente c'è anche quello “in primis”.

Il contagio riguarda la sfera inconscia della psiche, quella che non si avvale dei confini tracciati dall'Io e si compie al di qua della riflessione. Il modo con cui la psiche lo rivela è la sensazione somatica e l'emozione.

Nell'altro si costella un'emozione uguale o contro-

polare: la paura (pericolo + fuga, fisica o psichica; pericolo + reazione uguale e contraria, cioè passaggio da vittima a carnefice); la rabbia (verso l'altro, verso la situazione di vita, verso l'istituzione matrigna); la violenza (perseguimento del depotenziamento altrui: isolamento, punizione, danneggiamento, sadismo).

Qui si pone anche il tema della punizione: Quando serve? Con chi serve? Quando sconfina nel sadismo, cioè nel piacere di vedere nell'altro la vittima che soccombe?

Inoltre: atmosfera emotiva dell'operatore e contagio dei pazienti (es. clima di incertezza con smarrimento dell'azione contenitiva ed episodi di violenza) .9 Il tema del contenimento (della trasformazione): l'argomento più debole Trasformare è contenere (dhar, forma). Non per forza eliminare. Dare una forma. Varie gradazioni: dal simbolico (quando il paziente sa mettersi dal punto di vista dell'altro, struttura l'alterità come tale, allora è possibile l'operazione del sun – ballein) al concreto.

Da “cum – tinere”. Il cum relativo al mondo interno e alla relazione int-est Di fronte all'impossibilità di un dialogo interno alla psiche, l'unica possibilità è il dialogo esterno.

La rabbia e la sua necessità (per non stare nella dimensione del subire). La risposta asimmetrica (però co-involgente, priva di estraneità: può essere da un lato la paura, il disagio, il dolore, dall'altro la tenuta e la resistenza): esige la comprensione del senso (la rabbia, sempre, cela altro). Utilità della psicoterapia (in senso stretto e in senso ampio), cioè del contenitore della parola.

Rispetto al violento, saper distinguere tra:  chi ha bisogno di regole per accettare il consorzio umano (ed è in grado di capitalizzarle);  chi ha bisogno di forme protette per sentire di “affermarsi” (valore delle attività);  chi ha bisogno di stare nel legame che protegge dall'auto-nomia (priorità del legame).  Spesso sono fasi diverse delle stesse persone.

Di nuovo l'indicazione delle origini: La Genesi (non uccidere Caino, cioè non tagliarlo fuori dal consorzio umano) e l'Orestea (dimensione del collettivo nel gestire destini di violenza). Destino (l'extraumano) e politica. In entrambi i casi è decisivo l'inserimento nel collettivo e il potere superiore (o istanza superiore; in Eschilo e nella Genesi è il divino): è molto gerarchica sia la protezione sia la decisione del porre fine. Di nuovo, ma in altra veste, l'asimmetria.

Dr. Enrico Ferrari

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Approfondimenti Keep your mind on running Attività dal gruppo famigliari

Dall’incontro di due persone una si occupa di salute mentale, una di corsa nasce il progetto di far incontrare questi due mondi. Claudio racconta i primi passi e i primi successi di questo interessante progetto.

Ciao ragazzi, sono Claudio della Carovana e nello scorso numero vi avevo promesso altre novità in merito alle iniziative intraprese e sostenute dal gruppo dei famigliari in ambito di salute mentale.

Perciò vi racconto delle corse e maratone della “Banda Alice” di via Romiglia.

Dall’incontro tra Alice Saiani Consolati, dell’omonima onlus, e Patrizia Guzzardi, assistente del Dr.

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Rosa di Rosa e associati, è nato il progetto “ Keep your mind on running”. Lo studio Rosa aveva già realizzato importanti progetti di valore sociali quali la corsa delle donne operate al seno o dei diabetici. Tramite esse è nata una collaborazione con l'unità operativa 23 di via Romiglia e grazie ad un accordo con medici e direzione, è stato possibile realizzare un disegno per cui alcuni utenti del centro, i loro infermieri disponibili e alcuni tecnici della Marathon. E’ stato preparato un piano di lavoro al fine di sviluppare e migliorare le loro prestazioni sportive, ritrovando, malgrado le medicine e il disagio vissuto, uno stato di benessere. Lo scopo era diffondere nel settore della malattia mentale questa esperienza in modo da contagiare gli altri e creare altre esperienze simili.

Un giorno, due belle ragazze, Alice e Patrizia, si in-

Approfondimenti

contrano e, chiacchierando e “comunicando “ fra di loro, come fanno le donne, nel modo che noi maschietti non comprendiamo, si inventano che sarebbe stato meraviglioso far partecipare alcuni utenti alla maratona di New York. Parlandone con i loro referenti e responsabili fanno partire il progetto: raccolgono alcuni sponsor e con l’appoggio degli Spedali civili di Brescia e del centro Marathon di Rosa, il disegno prende corpo. La “Rosa e associati” manda due volte alla settimana i suoi preparatori atletici, il centro di via Romiglia si entusiasma al progetto come pure una quarantina di utenti, familiari e operatori, uomini e donne di varie età con disturbi diversi.

Tutti i martedì e venerdì, da marzo al 28 novembre si sono ritrovati al parco Ducos, sotto il sole cocente di questa estate, con il buio e il primo freddo di novembre, a correre e camminare, prima piano, poi con intensità crescente.

Pensate, infermieri, operatori, e una mamma correvano, sudavano, brontolavano assieme ai loro “malati”!

Incredibile! Una persona al parco mi ha detto: “va bene lavorare, ma correre e sudare e fare una simile fatica, non è un lavoro… o è una fatica incredibile o è una gioia, una passione. Non ci sono straordinari sufficienti per questo”.

Io che sono un familiare, e ho dovuto accompagnare mio figlio, ho passato tutta l’estate, seduto con il mio bassotto su una panchina, leggendo e incitandoli: tra di loro c’era chi camminava trascinando i piedi, a testa bassa e triste, senza guardarsi in giro.

Dopo due mesi le stesse persone camminavano spedite e ringiovanite, parlavano tra di loro, salutavano gli altri frequentatori del parco, e poi han-

no cominciato a correre Ebbene, nessuno saltava gli allenamenti, non c’è stato alcun malessere e hanno fatto gruppo tenendosi in contatto.

Poi hanno partecipato ad alcune maratonine, come quelle cittadine, alla corri per Brescia del giovedì sera, i cui organizzatori volevano conoscerci, poi a Camignone, e persino a Milano alla Dj Marathon. Ad alcune ho partecipato anch’io, rigorosamente in ciabatte come al parco, perché mi sono sempre dimenticato le scarpe.

Purtroppo a novembre ci si è resi conto che non c’erano i soldi necessari per affrontare il viaggio a New York per atleti, preparatori, accompagnatori sanitari. Nessun problema! Con lo stesso entusiasmo le nostre due amiche, Patrizia e Alice, hanno organizzato la maratonina di Verona e, dulcis in fundo, la maratona di Firenze, bistecca compresa.

Tutti gli iscritti l’hanno portata a termine, con una allegria e gioia contaminante. Molti partecipanti, atleti e spettatori, ci chiedevano da dove venisse quello strano gruppo, con la maglietta bianca e che ora imperversa anche su Facebook. Noi abbiamo spiegato che era un gruppo di persone proveniente un centro di salute mentale di Brescia, che stavano bene, con un’ altissima autostima e gioia di vivere… altro che attacchi di depressione! In quei giorni volevano diffondere nel mondo della salute mentale questa esperienza.

L’abusato detto “mens sana in corpore sano” si è realizzato davvero! I ragazzi e le ragazze, mamma compresa, dopo la corsa dei babbi natale in castello a Brescia ora si riposeranno per riprendere dopo il letargo invernale forse con modalità diverse… aspettiamo anche voi!

Dai, forza, cominciamo…noi ci siamo e vi aspettiamo. Anche le due ragazze di acciaio e tutta la banda.

Un abbraccio a tutti gli amici.

Claudio maratoneta zoppicante e tossicchiante.

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Approfondimenti Finalmente un po’ di sollievo Associazione Nessuno è un’isola

Gruppo di 5 persone con disagio mentale, due accompagnatori esterni e quattro giorni in Trentino. Ecco il racconto di questa particolare vacanza fatto da Monica Zinelli coordinatrice dell’Associazione Nessuno è un’isola.

L’idea del progetto “Finalmente un po’ di sollievo” è nata per offrire la possibilità di un’occasione di un “viaggio”, una breve vacanza per persone che soffrono di disagio mentale, che oltre a rappresentare un momento di svago e riposo, diventasse anche un appuntamento con la “normalità” e un’occasione di crescita. Da un lato si voleva favorire abilità e funzioni sopite in quanto mettersi nell'ottica di fare un'esperienza di vacanza in gruppo, condividendo il tempo con altre persone, aiuta a favorire la crescita e la consapevolezza delle proprie risorse e Il potenziamento dell'autonomia. Il percorso ha avuto anche una valenza socializzante e riabilitativa in un ambito decisamente sociale potendo servire anche a formare nuove relazioni e recuperare una corretta autostima.

Il disturbo mentale, specie se grave e cronico, è fonte di importante disagio per il contesto del paziente e, prima di tutto, per la famiglia, protagonista principale della presa in carico. Infatti, è la famiglia nel suo complesso (genitori, coniugi, fratelli e parenti) a essere impegnata quotidianamente nella “gestione” di queste persone. Per questo abbiamo pensato che offrire la possibilità di un periodo di distacco potesse rappresentare un momento salutare per le persone che soffrono di disagio mentale ma anche per i loro familiari, che necessitano spesso di momenti di sollievo e sostegno per meglio far fronte al peso del loro gravoso impegno. Questo progetto intendeva fornire la possibilità anche ai familiari di prendersi una pausa dalla gestione quotidiana sia dal punto di vista del carico fisico che psicologico. Per i famigliari può permettere di ritornare (anche se per un breve periodo) "padroni" del proprio tempo e spazio che solitamente è totalmente assorbito dall'attenzione per la persona che soffre di disturbo mentale.

Quindi lo stesso periodo di vacanza dell'utente, diventa spesso l'unica speranza di vacanza, intesa come svago e riposo per rigenerarsi anche per i

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familiari. In un momento di crisi, di incertezza, di difficoltà assume per la nostra associazione un’ importanza fondamentale l’ascolto delle necessità di chi vive il disagio psichico.

La meta è stata Trento e il Trentino. La scelta di un luogo di vacanza in montagna non è stata casuale ma riconduce al pensiero legato alla "montagna-terapia": La montagna può aiutare a vivere la realtà del disagio psichico, dove la modalità del salire, il camminare non è solo ascesa fisica, ma anche procedere nel percorso della salute, passo dopo passo, un alleggerirsi dei pensieri negativi per ritrovare un maggiore benessere.

Inoltre permette di recuperare una relazione sana con la percezione di sé e del proprio corpo, del piacere e benessere che deriva anche dall'attività fisica. In più l'esperienza in gruppo stimola la questione dell'accettazione e del rispetto dei compagni di viaggio e accresce il senso di solidarietà umana attraverso la condivisione di esperienze comuni.

Il programma di soggiorno è stato di 4 giorni a Trento e in Valsugana. In sintesi abbiamo trascorso tre giorni a Trento alla "Casa del Sole", una struttura ricettiva gestita da alcune associazioni che fanno capo all'azienda sanitaria provinciale della salute mentale. Si tratta di una proposta di attività riabilitativa in cui gli ospiti e gli operatori della struttura sono aperti ad accogliere piccoli gruppi di persone formate da utenti, familiari, operatori del circuito della salute mentale a cui hanno adibito il terzo piano della struttura, trasformando in una formula di turismo sociale. Durante la prima giornata siamo andati a Fai della Paganella a fare una passeggiata nel bosco e ad Andalo per una sosta ristoratrice. La seconda giornata è stata scandita da una istruttiva visita al caseificio socia-

Approfondimenti

le di Cavalese dove abbiamo potuto vedere le fasi di produzione del formaggio, e nel pomeriggio abbiamo visitato Bolzano e in funivia siamo andati all’altopiano del Renon. Il terzo giorno è iniziato con una interessante visita al museo della scienza e della tecnica - Muse di Trento, e nel pomeriggio ci siamo diretti verso il lago di Levico e di Caldonazzo. L'ultima sera abbiamo soggiornato presso il rifugio sociale Erterle in Valsugana a 1450 m.s.l.m., gestito dall'associazione Montagna solidale, che permette occasioni di vacanza e stage lavorativi a persone con particolari bisogni, proponendo escursioni e convivialità in un ottica di integrazione e rispetto dell'ambiente. Infatti la mattina seguente alcuni utenti hanno fatto una passeggiata breve nei dintorni accompagnati da una guida volontaria segnalata dai gestori del rifugio. Il viaggio di ritorno è stato allietato da una breve visita a Peschiera del Garda.

Sono stati coinvolti 6 utenti (5 maschi e una femmina) accompagnati da un volontario dell'associazione (Claudio Ferrandi) e dalla coordinatrice del progetto (Monica Zinelli).

In sintesi possiamo dire che l’esperienza è stata positiva dal punto di vista della socializzazione, in quanto ci sono stati momenti interessanti di scambio, di spensieratezza e leggerezza con sensazione di distacco dai soliti problemi della vita quoti-

diana, sollevati da un’atmosfera amicale che si è creata in tutto il gruppo. È stata anche un’esperienza molto impegnativa sia per gli utenti che per gli accompagnatori, perché vivere tanti giorni a stretto contatto con altre persone non è sempre facile, per tutti, maggiormente per persone alle prese con difficoltà di gestione dei sintomi dovuti al disagio, agli effetti dell’assunzione di farmaci spesso importanti, e alla stanchezza dovuta al viaggio in se. Le risposte però sono sempre state caratterizzate da motivazione a fare esperienza, dal rispetto per gli altri e dal sentirsi liberi di poter chiedere la possibilità di prendersi una pausa nei momenti di bisogno. In sostanza non ci sono state complicazioni particolari e il tempo meteorologicamente parlando è stato

molto bello. Il tutto è stato condito dalla visita di paesaggi naturali dove la bellezza è di casa e probabilmente anche questo ha aiutato a conciliare la condivisione e la partecipazione. Per finire era prevista la presenza anche di un operatore dei servizi che però all’ultimo momento è stato impossibilitato a partecipare, ma alla fine anche questo può essere letto come un elemento positivo in quanto come accompagnatori “esterni” non avevamo alcuna aspettativa particolare nei confronti dei singoli partecipanti e nessuna preclusione rispetto al loro modo di rapportarsi e questo ha forse permesso maggiore libertà. Ci siamo lasciati con una proposta da parte dei partecipanti di poter creare un album fotografico della vacanza, di cui si sono occupati totalmente loro, ci siamo ritrovati dopo un paio di settimane per scambiarci le impressioni post -vacanza e per condividere questo piacevole ricordo fotografico.

Monica Zinelli Coordinatrice Nessuno è un’isola

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Approfondimenti Qualcosa è cambiato Un nuovo libro di Marialuisa Agostinelli Con piacere riproponiamo l’introduzione a alla Presentazione del libro “Qualcosa è cambiato” della dott.ssa MariaLuisa Agostinelli con le fotografie di Francesca Bettera. In questa introduzione Francesca Vavassori ripercorre il diverso approccio avuto nel tempo verso la malattia mentale.

“La balena non è un pesce, la malattia mentale non è una malattia. Individui affetti da malattie cerebrali (disfunzioni del cervello) sono letteralmente malati. Individui affetti da malattie mentali (disfunzioni del comportamento) sono metaforicamente malati… La malattia mentale quindi è una metafora. Il termine «malattia» denota un processo biologico, dimostrabile, che attacca il corpo degli organismi viventi. Il termine «malattia mentale» è

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riferito ai pensieri, ai sentimenti ed ai comportamenti indesiderati delle persone. La classificazione di pensieri, sentimenti e comportamenti come malattie è un errore logico e semantico, come la classificazione della balena come pesce.”

Così scriveva, ne “Il mito della malattia mentale”, Thomas Szasz, nel pieno vigore di quel movimento antipsichiatrico che ha posto come oggetto della propria riflessione critica le strutture portanti della psichiatria, rompendo schemi usuali e ben oliati del pensiero che circolava e che caratterizzava la malattia mentale sul finire degli anni ‘60. Quel movimento non unitario, seppur forse sedotto e difficilmente svincolabile dall’ondata ideologica che simboleggia ed è spesso stigma quel periodo storico, ha dato il via ad un’ineluttabile rottura con il pensiero dell’epoca. Infatti, la riflessione dominante sull’analisi della psicopatologia era fortemente

Approfondimenti caratterizzata dalla psichiatria organicista che, nella seconda metà del 18° secolo, “postulò alla base delle malattie mentali una lesione, macroscopica, istologica o biochimica del cervello.”

L’assunto di base era ricondotto alle dottrine di Grisinger e Wernicke, alle loro teorie sulle reazioni psichiche come conseguenza di lesioni anatomiche del cervello. Quella maniera di interpretare la sofferenza mentale si diffuse massivamente nei due secoli a seguire: nonostante vi fossero esperienze estremamente significative di riflessioni “fuori coro”, il pensiero colonizzante rimase quello.

Le teorie psichiatriche si orientarono così ad un modello meccanicista e riduzionista, votate alla comprensione della sofferenza mentale come reazione a disfunzionamenti organici curabili soprattutto con i metodi di shock in luoghi totalitari come i manicomi.

Ma qual è l’origine della relazione tra emozioni, pensieri, comportamenti devianti e corpo?

I maggiori testi di storia della psichiatria fanno risalire l’origine della correlazione tra malattia mentale e soma a Ippocrate e alla sua teoria dei quattro umori. Il padre della scienza medica ricostruisce e riconduce il temperamento collerico, malinconico, flemmatico, sanguigno ad un eccesso di produzione di bile. Ma il maggior contributo indiretto alla psichiatria organicista e alla malattia mentale fortemente medicalizzata deriva dal pensiero aristotelico e dalle sue teorie che assoggettano la medicina e la cura ad un branca della scienza, e così pensando è presto fatto: la medicina non si occupa solo di curare una patologia ma contribuisce a svelarne il vero in quanto scienza! E proprio sullo svelare non possono non essere presenti in questa breve riflessione sulla malattia mentale accenni di quella lunga disamina che Foucault fece sulla storia della “follia”, scusandomi per la sintesi che, ovviamente, non restituisce il pieno valore del suo enorme contributo.

Partirei con una delle sue prima analisi, con una delle sue teorie più illuminati: mi riferisco allo studio della relazione che il filosofo francese fece non sull’equivalenza tra medicina scienza e verità ma sul senso dell’esperienza medica nel corso del tempo, sui suoi dispositivi e sulle sue mutazioni nei diversi periodi storici, sulla relazione tra il sapere medico, la politica, la società: insomma sulle trame di una complessa dialogica tra sapere, quello medico, e potere, quello politico istituzionale. Allora, seguendo il filo logico del discorso si può dire che il sapere medico non sia affatto ostacolato dal potere politico, anzi, le due grandi madri, medicina e politica, non sono altro che un connubio

alchemico generatore di un controllo biopolitico.

Lo sapevano bene Antonucci, Basaglia, Cooper, Szasc, Laing, in perfetta sintonia con le riflessioni di Foucault nel porre critica feroce alla psichiatria votata all’oggettivizzazione del soggetto, alla sua disumanizzazione e all’interesse del potere politico istituzionale, ma soprattutto economico, nel punire ed esiliare individui non produttivi. Si generarono così prima asili per gli alienati, poi manicomi dove è bene ricordare i trattamenti psichiatrici: docce di acqua gelata, ferri roventi applicati sulla nuca, asportazione di ovaie, clitoridectomia, grate di contenzione o culle, elettroshock. Pratiche aberranti su corpi già feriti da un’anima ferita, di cui ancora si sente l’eco. E proprio su Eco, quella del mito, entra Narciso e, come in quella narrazione, Eco e Narciso, condannati l’una senza corpo e l’altro senza anima, non sono altro che un’istantanea, una metafora della società contemporanea occidentale.

Eco, come la follia, scompare agli occhi per il dolere inflitto dall’assenza di amore, quell’amore negatole da Narciso. Narciso, la società contemporanea, medicalizzata, che risponde a canoni di bellezza, efficienza, competitività, tecnicismo, non può cedere alla tentazione di vedere altro che non se stessa così ri-significata dal potere. Separazione chirurgica e ben pensata, mi vien da dire, tra luci ed ombre, tra integrità e frammentazione, tra follia e ragione.

E allora se la società contemporanea è ancora così lontana dal ri-compredendere follia e ragione, se il contesto è ancora colonizzato dal pensiero medico detentore di verità, dalla figura dell’esperto scientifico come padrone del razionale, come ci si può avvicinare ad una delle prospettive tanto agognate da Franco Basaglia quando scriveva: “La follia è una condizione umana, in noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione umana.

La società dovrebbe accettare tanto la follia quanto la ragione, invece incarica una scienza, la psichiatria, per tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla”.

Il movimento antipsichiatrico, a volte incompreso e, come nel caso specifico di Szasc, tacciato di annullamento della sofferenza mentale, è figlio di un periodo storico nel quale era d’obbligo, a mio parere, operare una rottura forte. Ad esso si deve la chiusura, forse, di un capitolo perverso della storia della salute mentale; ad esso si deve la ripresa e l’attualizzazione di concetti e riflessioni di autori come Jasper e Binswanger e i loro postulati sulla psichiatria fenomenologica, Foucault e il potere biopolitico, Bateson e la teoria del doppio vincolo.

In sintesi, l’antipsichiatria vuole ridefinire il concetto di cura di un soggetto in sofferenza psichica nella 27

Approfondimenti sua complessità: il percorso terapeutico cocostruito con l’individuo, restituendogli dignità, potere e voce, non può prescindere da una costante dialettica tra contesti sociali, politici, economici, famigliari e intrapsichici.

Si è fatto tanto ma non abbastanza, perché parlare di antipsichiatria oggi non è una nostalgica rievocazione di quegli anni passati virtuosi e rivoluzionari ma un’urgenza e, come scrive Francesco Codato, filosofo studioso di bioetica e filosofia della medicina, “urgenza che trova il proprio fondamento nell’oblio dei contesti sociali a cui la psichiatria moderna si sta avviando, scegliendo di sposare le teorie sociobiologiche e neuroscientifiche.”

Allora come si può far luce su esperienze di cura del soggetto nella sua complessità all’interno di un palcoscenico dove spesso rimangono relegate a ruoli marginali?

Penso e sostengo che il libro che andremo a presentare possa essere uno strumento indispensabile per chi vuole rendere visibile, far conoscere un percorso di cura possibile nella sua complessità.

Penso che la narrazione scritta in maniera non accademica, non usuale, da Maria Luisa Agostinelli, psichiatra e psicoanalista junghiana, sia un raro esempio di come la relazione terapeutica possa assumere un significato d’incontro, sgomberando il campo relazionale da stigmi quali sano-malato, dottore-paziente ma soprattutto liberandosi da mere letture che riconducono a categorie ogget-

tuali e a etichette diagnostiche, a volte maschera e difesa profonda di chi pensa di condurre.

Storielle, così la dottoressa definisce tracce di storie di vita dei suoi matti, vicende che raccontano, tra ironia e profondità, micromondi ricchi di oscillazioni e virate emotive che ben rappresentano lo stato d’animo del soggetto in cura e, come nel pensiero di Pierluigi Pagliarani, assumono in sé elementi distintivi, caratteristiche di ciò che accade fuori, richiamando quel nesso individuo-coppia-società.

Da quelle narrazioni si evince un modo di stare in relazione con l’altro, con la diversità, presente e interagente, profondo e rispettoso, capace di restituire all’altro il potere di determinare assieme il proprio percorso di cura. Quest’ultima considerazione non è cosa così scontata, anzi, spesso nei luoghi deputati alla riabilitazione si avverte ancora quell’oppressione, quel potere che si manifesta attraverso il non coinvolgimento del soggetto nei processi di riflessione e decisionali che lo riguardano, alienandolo nuovamente.

A lei il merito di avermi fatto conoscere e riconoscere quale strada percorrere fra le tante. A lei il valore di comprendere il potere dell’ascolto, del sentire, delle parole come strumenti istituenti del processo terapeutico e di cura.

E se non c’è parola che non rievochi immagine, il lavoro di Francesca Bettera, nei suoi scatti fotografici, svela un altro aspetto del libro, quello di denuncia dello stigma sociale, quello di attenzione costante dentro e fuori ai luoghi di cura, come a ricordare un passato ancora presente.

Francesca Vavassori

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a c e k a B Difret: il film prodotto da Angelina Jolie Il coraggio di rompere con le tradizioni per guardare al futuro delle donne etiopi Hirut nel 1996 è solo una quattordicenne, ma dimostra di avere un coraggio straordinario: rapita, picchiata e stuprata dall’uomo che vuole sposarla e che con questo suo atto di violenza porta avanti una delle più antiche tradizioni etiopi, la giovane si difende uccidendolo. Ma non è ancora salva: da una parte l’aspetta la collera dei parenti del ragazzo, che vogliono vendicarlo con la sua morte, dall’altra il carcere a vita come previsto dalla legge. In sua tutela interviene Meaza, giovane avvocatessa dell’associazione Andenet, che si occupa di prestare assistenza legale a chi non può permetterselo. Le due si batteranno insieme per far applicare la legge ufficiale del Paese e dimostrare che Hirut ha agito per legittima difesa.

Difret – Il coraggio per cambiare è un film dalla straordinaria potenza comunicativa, che ha catturato l’attenzione di Angelina Jolie, da sempre attenta alle cause umanitarie, tanto da diventarne produttrice. Qui si mostra una parte di mondo in cui le donne lottano ogni giorno per l’affermazione dei propri diritti in una società in cui, purtroppo, ancora oggi in pochi si affidano alla legge ma preferiscono dar ragione a quei consigli composti da soli uomini che rappresentano un passato che non riesce ad estinguersi. “Difret” vuol dire coraggio, e rappresenta il coraggio di quelle donne che dicono basta alle tradizioni discriminatorie nei loro confronti, che lottano per l’affermazione dei propri diritti, che non vogliono essere seconde agli uomini in un Paese che cerca lentamente di superare le barriere del maschilismo.

Le attrici sono abilissime nei loro ruoli. Meron Getnet, dalla carriera già avviata, in Etiopia è molto conosciuta e ricercata, ma ancora più pregevole è l’interpretazione della giovane Tizita Hagere, che alla sua prima prova recitativa in un ruolo sicuramente non semplice, dimostra di non essere da meno della matura collega. Le due vestono i panni di due donne che per la propria libertà hanno rinunciato a molto, prima di tutto alla famiglia, una per scelta l’altra per obbligo, rompendo con le tradizioni della propria terra.

Ma Difret è anche il coraggio di un giovane etiope, il regista Zeresenay Berhane Mehari, da anni trasferitosi negli Stati Uniti, che si è battuto affinché questo film fosse girato nel suo Paese nonostante l’in-

dustria cinematografica nazionale sia ancora poco sviluppata e sia difficile reperire troupe all’altezza e attrezzatura: una determinazione che gli è valsa il Premio del pubblico al Sundance e al Festival di Berlino.

Ma soprattutto è il coraggio dimostrato nel portare in scena in modo assolutamente obiettivo, mai melenso, ma toccante, una battaglia ancora in corso sul raggiungimento dell’uguaglianza dei diritti tra uomo e donna che non può non avvenire se non rompendo con il passato: la storia vera della piccola Hirut e di Meaza Ashenafi (che nel 2003 ha ricevuto il Premio Nobel Africano – The Hunger Projects Prize) è lo specchio di una realtà in lenta trasformazione, di una società in cui il desiderio di cambiare è più forte delle tradizioni.

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Comunità Fraternità

Società Cooperativa Sociale – ONLUS Iscritto all'Albo delle Società Cooperative n°A127761 C.F. e P.I. 03221920170 Capitale Sociale € 562.194,86 interamente versato al 31/12/14 Iscritta nel Registro Regionale delle strutture Accreditate dalla Regione Lombardia quale Ente Unico al n°897 con D.G.R. n°VIII/006285 del 21/12/2008 Presidente: Dott. Paolo Corradi Amministratore Delegato: Dott. Festa Alberto Responsabile Area Salute Mentale: Dott. Massimo Belandi

Sede legale: OSPITALETTO (BS) Via Seriola, 62 Tel. 030.7282705 - Fax 030.7282780 e-mail comunita@fraternita.coop Sito internet: www.fraternita.coop Comunità Protetta Media Assistenza “Comunità Fraternità” (CPM) OSPITALETTO (BS) Via XXV Aprile, 1/a Tel. 030.7282737 - 7282738 - Fax 030.7282788 e-mail: pischiatria.comunita@fraternita.coop Coordinatore: Dott. Paolo Corradi

Comunità Protetta Bassa Assistenza “G.Borghetti” (CPB) OSPITALETTO (BS) Via Trepola, 197 Tel. 030.7282733 - Fax 030.7282788 e-mail: pischiatria.comunita@fraternita.coop Coordinatore: Dott. Renzo Taglietti

Centro Diurno Psichiatrico “G.Borghetti” OSPITALETTO (BS) Via Trepola, 197 Tel. 030.7282731 - Fax 030.7282788 e-mail: borghetti.comunita@fraternita.coop Coordinatore: Ed. Prof. Antonio De Pani

Centro Diurno Psichiatrico “Stella del Mattino” NOZZA di VESTONE (BS) Via Sardello, 19 Tel. 030.7282762 - Fax 030.7282798 e-mail: stelladelmattino@fraternita.coop Coordinatore: Ed. Prof. Dania Saccani

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Fraternità Giovani

Impresa Sociale, Società Cooperativa Sociale - ONLUS Iscritto all'Albo delle Società Cooperative n°A134331 C.F. e P.I. 03550510170 Capitale Sociale € 262.844,44 interamente versato al 31/12/14 Presidente: Dott.ssa Laura Rocco Amministratore Delegato: Dott. Massimo Belandi

Sede legale: OSPITALETTO (BS) Via Seriola, 62 Tel. 030.7282709 - Fax 030.7282780 e-mail giovani@fraternita.coop Sito internet: www.fraternita.coop

Centro Terapeutico Residenziale di Neuropsichiatria Raggio di Sole OME (BS) Via Negrini, 2/a tel 030.7282765 - 030.7282766 fax 030.7282795 e-Mail: mauro.ghilardi@fraternita.coop Coordinatore: Mauro Ghilardi Centro Diurno di Neuropscichiatria - Raggio di Sole BRESCIA Via Bettinzoli, 5 tel 030.7282746 - 030.7282748 fax 030.7282792 E-Mail: emanuele.frugoni@fraternita.coop Coordinatore Ed. Prof. Emanuele Frugoni

Centro Diurno di Neuropsichiatria - Raggio di Luna BEDIZZOLE (BS) Via G. Quarena, 10, Fraz. Macesina Tel. 030.7282775 - 030.7282776 Fax 030.7282777 - Cell. 345.6261324 e-Mail laura.piemonti@fraternita.coop Coordinatore: Ed. Prof. Laura Piemonti

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Comunità Fraternità S.C.S. ONLUS Fraternità Giovani Impresa Sociale S.C.S. ONLUS

INTEGRA-MENTE Periodico Area Salute Mentale

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Pubblicazione interna di Comunità Fraternità realizzata con il contributo della Fondazione della Comunità Bresciana ONLUS all’interno del Progetto “INTEGRA-MENTE”

Direzione, redazione e segreteria Via XXV Aprile, 1/a - Ospitaletto (Bs) Tel. 030-7282737 - Fax 030-7282788 E-mail: cpm@fraternita.coop Direttore responsabile: Massimo Belandi tel. 030-7282738 Redattori/Collaboratori: operatori, ospiti e volontari dell'Area Salute Mentale della Comunità Fraternità e Fraternità Giovani.

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